kronos
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giovedì 12 settembre 2019
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il fiore del suo segreto
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E' il film più coraggiosamente autobiografico di Almodovar, quello in cui ha voluto svelare tutto se stesso senza troppe mediazioni.
Banderas, alla miglior interpretazioni della carriera, aderisce al personaggio con commovente sensibilità donando un'autenticità esemplare all'opera.
Tuttavia, come in tutti i lavori autobiografici, c'è il rischio che le vicende e i personaggi narrati (forse troppi) appassionino più l'autore che il suo pubblico.
Sarà l'ultimo film di Pedro? Speriamo di no
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enrica raviola
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domenica 8 settembre 2019
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insopportabile y indimenticabile
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Ci sono momenti faticosi, causa l’eccessivo indulgere sul binomio malanni fisici & eroina. Ma a differenza di molti altri film (altrui), nel finale, come nella volata di un campione del ciclismo, il film abbandona la zavorra e corre in volata verso il traguardo. E vince il tour. Grazie a un Antonio Banderas che finalmente può definirsi attore. Grande.
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uragano
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sabato 24 agosto 2019
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i lmale di vivere
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ALMODOVAR. DOLOR Y GLORIA
Ovvero il male di vivere
COMMOVENTE EMOZIONANTE PROFONDO VERO
Vedere un film di ALDOMOVAR è come assistere alla reppresentazione di una tragedia greca perchè come in essa ciò che ci cattura e ci coinvolge non sono i fatti che si raccontano ma i sentimenti e le emozioni che si celano dentro di essi perchè «Homo sum, humani nihil a me alienum puto».
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ALMODOVAR. DOLOR Y GLORIA
Ovvero il male di vivere
COMMOVENTE EMOZIONANTE PROFONDO VERO
Vedere un film di ALDOMOVAR è come assistere alla reppresentazione di una tragedia greca perchè come in essa ciò che ci cattura e ci coinvolge non sono i fatti che si raccontano ma i sentimenti e le emozioni che si celano dentro di essi perchè «Homo sum, humani nihil a me alienum puto». La storia è banalmente umana : un uomo maturo di professione regista scrive una sorta di biografia-confessione nella quale ricorda la sua infanzia felice che ancorchè povera di beni materiali è ricca di una sorgente inesauribile di amore materno di cui si ciba Salvador ( è questo il nome dell regista-scrittore) ed attraverso la quale diventa uomo.
L'imprinting recepito nella infanzia porterà Salvador a cercare ed a fondersi in una relazione sentimentale coinvolgente e significativo con una persona che ricambierà il suo amore. Una storia importante che anche quando finirà, perchè la vita è fatta di nascita e morte, resterà sigillata per sempre nel suo cuore. Il film racconta si delle attività e dei successi professionali del protagonista ma tutto ciò rimane in secondo piano. Ciò che rende una vita degna di essere vissuta sembra dirci Almodovar sono i sentimenti di cui l'uomo si nutre. Il film è intriso di ricordi di sfumature di emozioni di percezioni l'anima è la protagonista del film Non so se il film è autobiografico perchè in questo caso sarebbe davvero stato un atto di coraggio da parte del regista esporsi senza pudore ma ad ogni modo non sarebbe possibile comunicare una tale intensità di emozione se la stessa non avessero bucato ed oltrepassato la pelle dello scrittore .Il film di Almodovar sembra non potere scindere i due concetti antitetici e pare dimostrare che l'amore fonte di felicità non può essere scollegato dall'inganno che esso cela. L'amore infantile fonte di gioia che il piccolo Salvador prova nei confronti della madre e quello adulto nei confronti del compagno fondono in loro stessi dolore e piacere.
Una riflessione : è assai singolare che la parola amo prima persona del presente indicativo del verbo amare intesa come sostantivo abbia il significato di inganno,lusinga,tranello.
La citazione sulla quale riflettere ed anche discutere : l'amore non può salvarci dalla morte.
Uragano
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cinephilo
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domenica 18 agosto 2019
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todo sobre un director !
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Grandi Almodovar e Banderas che si superano nella miglior prestazione delle loro carriere. Eleganza, delicatezza e un pizzico di autoironia in un'opera con i tratti di un capolavoro che porta la firma del maestro del cinema europeo.
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elgatoloco
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domenica 11 agosto 2019
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straordinario autobiografismo
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Questo"Dolor y Gloria"di Pedro Almodòvar(2019)è senz'altro uno dei grandi film di questo decennio, anzi della fi,mografia degli ultimi decenni: l'autobiografismo è totale, nel senso della completa reductio ad se, mai mascherata(non solo e forse non tanto la tematica omosessuale, legata al ricordo in forma di icona dell'artigiano che lavorava nella povera casa dell'infanzia dell'autore , ma la addiciòn, la dipendenza dalla droga, pur se solo fumata..., il senso del corpo nei suoi dolori e nella sua decadenza, dove Deleuze e Guattari, se fossero ancora vivi, avrebbero dedicato un saggio apposito al film....)ma anzi potentemente esibita, insieme al superamento della dicotomia diacronica(presente-passato)che si realizzaa attraverso l'abolizione della tecnica del flash-back e al recupero, in cvari momenti intensissimo del teatro e della "teatralità" è emblematica, essenziale, realizzata con una tecnca assolutamente comparabile a quella della "Recherche du temps perdu"proustiana con tanto di "madeleines"e dunque di oggetti d'affezione.
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Questo"Dolor y Gloria"di Pedro Almodòvar(2019)è senz'altro uno dei grandi film di questo decennio, anzi della fi,mografia degli ultimi decenni: l'autobiografismo è totale, nel senso della completa reductio ad se, mai mascherata(non solo e forse non tanto la tematica omosessuale, legata al ricordo in forma di icona dell'artigiano che lavorava nella povera casa dell'infanzia dell'autore , ma la addiciòn, la dipendenza dalla droga, pur se solo fumata..., il senso del corpo nei suoi dolori e nella sua decadenza, dove Deleuze e Guattari, se fossero ancora vivi, avrebbero dedicato un saggio apposito al film....)ma anzi potentemente esibita, insieme al superamento della dicotomia diacronica(presente-passato)che si realizzaa attraverso l'abolizione della tecnica del flash-back e al recupero, in cvari momenti intensissimo del teatro e della "teatralità" è emblematica, essenziale, realizzata con una tecnca assolutamente comparabile a quella della "Recherche du temps perdu"proustiana con tanto di "madeleines"e dunque di oggetti d'affezione. Straordinaria, assolutamente aliena da ogni paragone possibile(neppure il felliniano"Amarcord"può essere considerato un antesignano, diremmo), quest'opera valorizza in pieno, anzi "pretende"l'intervento creativo degli interpreti, Straordinario piàù che mai Antonio Banderas, uno dei grandissimi della filmogragia non solo attuale, ma anche Penelope Cruz, nella sua"forma"migliore, Asier Exteandia, Julieta Serrano, interpreti la cui intensità è assolutamente rara, anzi unica nel panorama attuale, non solo europeo ma mondiale. . Oggi più che mai, con questo"Dolor y Gloria", il cinema spagnolo torna al livello"assoluto"dell'opera di Luis Bunuel, uno dei pochi geniali cineasti nel panorama mondiale del Novecento, mentre il cinema di Amodovar, che inizia nel 1900, è però anche e pienamente del"mitico"Duemila. El Gato
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angelo umana
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giovedì 25 luglio 2019
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come sinfonia - dolcemente
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“Un tempo forse non lontano qualcuno mi diceva t'amo” è la frase di una bellissima canzone, “Sognando” di Don Backy. In essa si parla della pazzia, nel film invece si tratta della stasi esistenziale di un regista 60enne (Antonio Banderas alias Salvador) che non riesce più a scrivere o sceneggiare alcun lavoro. E' affetto da ipocondria e malanni veri e immaginari, vive un tempo che non gli permette di agire e creare, di svogliatezza, lassismo, quasi una non vita. E' solo e ricco, accompagnato da una collaboratrice domestica (di colore, tanto per differenziarla dal padroncino) e da una specie di press-agent che si prende cura di lui, nelle iniziative mondano-lavorative e nell'animo.
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“Un tempo forse non lontano qualcuno mi diceva t'amo” è la frase di una bellissima canzone, “Sognando” di Don Backy. In essa si parla della pazzia, nel film invece si tratta della stasi esistenziale di un regista 60enne (Antonio Banderas alias Salvador) che non riesce più a scrivere o sceneggiare alcun lavoro. E' affetto da ipocondria e malanni veri e immaginari, vive un tempo che non gli permette di agire e creare, di svogliatezza, lassismo, quasi una non vita. E' solo e ricco, accompagnato da una collaboratrice domestica (di colore, tanto per differenziarla dal padroncino) e da una specie di press-agent che si prende cura di lui, nelle iniziative mondano-lavorative e nell'animo. Qualcosa impara, a drogarsi per esempio, lo apprende per mezzo di un attore che ha diretto 32 anni prima e che rivede perché vengono invitati entrambi a parlare di quel film a un cineforum. Ed allora qualcosa lo fa risorgere: sono i suoi ricordi di bambino, di una mamma tanto dolce (Penelope Cruz), amorevole nell'abbracciarlo, a riprova che l'essere voluti bene – o il ricordo dell'esserlo stati – possono azionare le energie di un uomo in qualche fase problematica della vita, l'esser voluti bene dà sicurezza, benzina per agire, fiducia in sé. Quei ricordi gli sono serviti per riannodare i fili della sua vita, si è come ritrovato.
Fanno parte di quel tempo gli anni che passò con La Mala Educaciòn dei preti, per studiare allora si andava in seminario (esperienza comune a tanti, anche perciò ora mancano le vocazioni...). I preti gli facevano passare le classi pure senza studiare, era apprezzato per il suo canto. Così dice ora, il regista Salvador, che la geografia la apprese viaggiando poi col suo lavoro, l'anatomia pure, la imparò osservando i corpi degli attori e ci fa una grande rivelazione: da quell'incultura maturata da ragazzo scelse di diventare regista! Fu chiaro già allora però che il cinema era la sua vocazione, e amava leggere. Chiede alla mamma, in uno dei numerosi flash-back che ne mostrano l'infanzia, se secondo lei nel “pueblo” dove si sarebbero trasferiti avessero il cinema.
Un film altamente autobiografico, è la vita di Almodòvar, una vita come un film. Come in tutti i suoi film c'è il vissuto, le emozioni (qui abbastanza pacate), sono “carnali” di forme e colori umani, basta ripensare ai suoi titoli: Lègami, Tacchi a spillo, Carne tremula, La pelle che abito … Il film nel film, di 32 anni prima, si chiamava non a caso Sabor, fà pensare che egli abbia cercato e gustato il piacere, e bene ha fatto! Si vede qui, in Dolor y Gloria, il momento in cui ancora bambino gli nacque el primer deseo:svenne alla vista di un uomo nudo. Piccolo cameo da citare: nella colonna sonora è contenuta “Come sinfonia” di Mina, una canzone del 1961 in un film del 2019, tributo a qualcosa d'italiano!
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marco
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giovedì 20 giugno 2019
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un bellissimo film
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Finalmente ho potuto apprezzare totalmente un lavoro di Almodovar, molto più di tutti i precedenti film che mi lasciavano sempre un fondo di scontento e intolleranza. Sono uscita dal cinema con una sensazione di guarigione, invece che di malattia. Vi è una forza emotiva sottile ma costante in tutta la pellicola intrisa di comuni richiami al passato, esperienze che almeno in parte appartengono ad ognuno di noi. Più che nostalgia, presente in una caratteristica velata bellezza, in questa opera ho trovato maturità, consapevolezza e accettazione del passato e dei solchi della memoria. Egregia la scrittura del monologo, ben interpretato da Asier Etxeandia, e un Salvador (Banderas) che trasmettono nell’insieme una profonda riappacificazione col passato, un perdono e un’accettazione di rara bellezza e saggezza.
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Finalmente ho potuto apprezzare totalmente un lavoro di Almodovar, molto più di tutti i precedenti film che mi lasciavano sempre un fondo di scontento e intolleranza. Sono uscita dal cinema con una sensazione di guarigione, invece che di malattia. Vi è una forza emotiva sottile ma costante in tutta la pellicola intrisa di comuni richiami al passato, esperienze che almeno in parte appartengono ad ognuno di noi. Più che nostalgia, presente in una caratteristica velata bellezza, in questa opera ho trovato maturità, consapevolezza e accettazione del passato e dei solchi della memoria. Egregia la scrittura del monologo, ben interpretato da Asier Etxeandia, e un Salvador (Banderas) che trasmettono nell’insieme una profonda riappacificazione col passato, un perdono e un’accettazione di rara bellezza e saggezza. Un messaggio, quello di Almodovar nelle vesti di Banderas, su cui tutti dovremmo riflettere. Un Banderas straordinario che sono stata felice di rivalutare oggi dopo numerosi film che lo hanno penalizzato. Un Banderas Eccellente. Finalmente sono riuscita ad apprezzare Almodovar totalmente, per scrittura, regia, colori, suoni in un connubio paradossalmente pacifico.
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giuseppe
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martedì 4 giugno 2019
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banderas rilancia almodovar
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Non mi piaceva Almodovar negli altri suoi film: troppo intimistici ed autoreferenziali e spesso poco leggibili, non come questo, ma un autore non cambia la sua cifra stilistica.
Questa volta il racconto si dipana meglio ed i narratori, gli attori, sono più credibili.
I colori forti o chiarisssimi degli ambienti sono descritti benissimo, basta pensare alla casa di Salvador, da grande, ed alla grotta in cui la famiglia viveva. A proposito del piccolo Salvador c'è da dire che era un genietto precoce cresciuto in ambienti difficili, se non ostili.
Il suo diventare adulto fa uscire tutto il potenziale creativo ed umano grazie al suo lavoro di scrittore e regista.
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Non mi piaceva Almodovar negli altri suoi film: troppo intimistici ed autoreferenziali e spesso poco leggibili, non come questo, ma un autore non cambia la sua cifra stilistica.
Questa volta il racconto si dipana meglio ed i narratori, gli attori, sono più credibili.
I colori forti o chiarisssimi degli ambienti sono descritti benissimo, basta pensare alla casa di Salvador, da grande, ed alla grotta in cui la famiglia viveva. A proposito del piccolo Salvador c'è da dire che era un genietto precoce cresciuto in ambienti difficili, se non ostili.
Il suo diventare adulto fa uscire tutto il potenziale creativo ed umano grazie al suo lavoro di scrittore e regista. Gli incontri della sua vita con gli uomini e con la eroina lo avevano decisamente plasmato, nel bene, nel male e nella sofferenza, anche il successo lo aveva fatto soffrire.
Il "dono" di quel copione del monologo all'amico - attore ne è la riprova.
L'incontro ed il bacio con il vecchio amore, grazie appunto al successo del monologo teatrale, lo fanno ritrovare ancora una volta con il suo passato e la sua attuale condizione di sofferenza. La rinuncia all'eroina ed il colloquio con il medico lo aiutano a ritrovare se stesso e la causa delle sue pene fisiche e creative.
Il ritrovarsi infine con la vecchia mamma lo aveva pacificato anche con se stesso.
Il conflitto tra dolore e fama sottolineato molto bene da Banderas, rendono questo film decisamente uno dei più bei film della stagione, segnano il ritorno di Almodovar dietro la macchina da presa con un il molto bello e ci aiutano a farci dimenticare il Banderas delle merendine.
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rosmersholm
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lunedì 3 giugno 2019
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senile
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Non manca nulla del kitsch almodovariano, i colori sgargianti, i vestitini fantasia, le scenografie appena uscite dalle mani dell'arredatore. Filmino ipocondriaco sui dintorni dell'ombelico dell'autore. A chi piace...
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writer58
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domenica 2 giugno 2019
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el primer deseo
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E' un impasto di malinconia, consapevolezza della fragilità del presente, ricordi rimossi e ritrovati, stanchezza di vivere, primi desideri e slanci creativi questo "Dolor y Gloria", ultima opera di Almodovar. La narrazione si dipana come un tessuto morbido, come un flusso di immagini che sgorgano una dall'altra con leggerezza e misura, mescolando i flash back degli anni '60 con un'attualità segnata da sterilità creativa, isolamento, dolori continui, una china discendente che appare ormai irreversibile.
E' facile identificare nel protagonista del film - il regista Salvador Mallo da tempo improduttivo e tormentato da un malessere psico-fisico fortemente invalidante- una proiezione dello stesso Almodovar: entrambi hanno studiato da bambini in scuole gestite da religiosi, hanno raggiunto il successo negli anni '80, sono dichiaratamente gay, sperimentano un rapporto ambivalente con la propria madre e hanno sviluppato la loro carriera a Madrid, diventando poi stelle del cinema internazionale.
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E' un impasto di malinconia, consapevolezza della fragilità del presente, ricordi rimossi e ritrovati, stanchezza di vivere, primi desideri e slanci creativi questo "Dolor y Gloria", ultima opera di Almodovar. La narrazione si dipana come un tessuto morbido, come un flusso di immagini che sgorgano una dall'altra con leggerezza e misura, mescolando i flash back degli anni '60 con un'attualità segnata da sterilità creativa, isolamento, dolori continui, una china discendente che appare ormai irreversibile.
E' facile identificare nel protagonista del film - il regista Salvador Mallo da tempo improduttivo e tormentato da un malessere psico-fisico fortemente invalidante- una proiezione dello stesso Almodovar: entrambi hanno studiato da bambini in scuole gestite da religiosi, hanno raggiunto il successo negli anni '80, sono dichiaratamente gay, sperimentano un rapporto ambivalente con la propria madre e hanno sviluppato la loro carriera a Madrid, diventando poi stelle del cinema internazionale. Tuttavia, l'analogia diventa più interessante proprio perché è imperfetta e giocata nel rapporto tra passato e presente, come se il regista, nella sua rappresentazione, si fosse allontanato da una prospettiva autobiografica per narrare una vicenda che tocca la vita di tanti.
Salvador ha almeno 60 anni, da tempo non produce film, è in preda a una deriva che pare inarrestabile e definitiva. Vive in una grande casa-museo a Madrid, accudito da una manager che sembra un membro della famiglia, medita un suicidio che non mette in atto per mancanza di energia, ha scritto dei testi e delle sceneggiature di valore che giacciono sepolti nel suo hard disk. Un elemento casuale -la cineteca di Madrid lo invita a presenziare alla visione di un suo film degli anni '80 restaurato- lo induce a cercare il protagonista dell'opera -intitolata Sabor- che non vede da 30 anni. I due sono in pessimi rapporti, ma il loro incontro provocherà una serie di eventi tra di loro concatenati che produrrà cambiamenti insospettabili...
I rapporti tra passato e presente sono illustrati da flash back dai colori chiari e accesi che ci mostrano Salvador bambino in un villaggio della Spagna rurale franchista, intento a divorare libri, mentre sua madre (un'eccellente Penelope Cruz) cerca di rendere abitabile una grotta che costituisce la loro dimora. I flash back assumeranno un significato particolare nello scioglimento del film, in omaggio a una gestione non lineare dei tempi narrativi.
Le interpretazioni dei protagonisti sono magnifiche: da quella di Salvador (interpretato da un bravissimo Antonio Banderas, una delle sue migliori performance), a quella di Etxeandia, nel ruolo di Alberto, il protagonista del film di Salvador, splendido nel monologo teatrale tratto da un testo autobiografico del protagonista. Ma occorre segnalare anche Sbaraglia che tratteggia con misura e tenerezza Federico, ex compagno del regista riapparso dopo 30 anni di assenza.
"Dolor y Gloria" è un film che parla del tempo che passa, dei solchi che crea nella mente e nel corpo di ciascuno, della necessità di fare i conti col passato per ricostruire il proprio presente. Lo fa con una leggerezza stilistica impressionante, a compimento di una parabola ormai più che trentennale, partita dalla movida madrilena e dal melodramma trasgressivo, passata attaverso una maturazione stilistica e sociale per approdare a una dimensione introspettiva di grande rilevanza e trascendenza. Una dimensione che non rinnega le tematiche fondanti del cinema almodovariano (passione, sentimenti, trasgressioni, comunità LGBT, rapporti ambivalenti con la figura materna), ma le rivisita con una nuova consapevolezza.
Il fulcro di tutto il cinema dell'autore è la nozione di desiderio. dal primo desiderio di un bambino all'investimento creativo di un anziano che ritrova la voglia di rappresentare la propria arte, la propria visione del mondo, a partire dal momento preciso in cui irrompe con forza sconvolgente "el primer deseo".
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