
Anno | 2019 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Ucraina |
Durata | 106 minuti |
Regia di | Valentyn Vasyanovych |
Attori | Andriy Rymaruk, Vasyl Antoniak, Liudmyla Bileka, Lily Hyde, Philip Paul Peter Hudson Igor Tytarchuk, Sergiy Komishon, Sergiy Livitsky, Vitaliy Sudarkov, Kateryna Popravka, Olexandr Sobko, Igor Kaznacheyev, Karolyna Sheremeta, Stanislav Zymko, Hajibayli Aikhan Vagif Ogly. |
Uscita | lunedì 11 aprile 2022 |
Tag | Da vedere 2019 |
Distribuzione | Wanted |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: V.M. 14 |
MYmonetro | 3,70 su 10 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 25 ottobre 2022
Un uomo cerca di sopravvivere in un mondo non più adatto alla presenza umana. Il film è stato premiato al Festival di Venezia, ha ottenuto 1 candidatura a Satellite Awards, In Italia al Box Office Atlantis ha incassato 3,7 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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In un futuro prossimo la guerra tra Ucraina e Russia nella regione del Donbass è finalmente terminata. L'ex soldato Sergeij è tornato dal fronte con una sindrome da stress post- traumatico e non riesce ad adattarsi alla nuova realtà. Dopo il suicidio del migliore amico, anch'egli reduce di guerra, e dopo la chiusura della fonderia in cui lavora, Sergeij aderisce al progetto di un'associazione di volontari specializzata nel recupero di cadaveri di guerra. Poco alla volta, lavorando accanto alla responsabile Katya, capisce che un futuro migliore è possibile.
Il resoconto secco, spietato, stilisticamente controllato, di un ipotetico ma estremamente realistico dopoguerra nell'Ucraina libera dal conflitto con la Russia.
Un mondo in cui la ripresa dalla vita è resa impossibile dal trauma psicologico dei sopravvissuti e dall'avvelenamento della terra. Un incubo dal quale, però, può ancora nascere una speranza. Valentyn Vasyanovych è un regista e direttore della fotografia ucraino. Ha diretto quattro film e curato la fotografia del cult The Tribe di Myroslav Slaboshpytskkyi. È un autore dalla mano precisa, sicura, che osserva con la macchina da presa lo stato del suo Paese, da anni coinvolto in una guerra secessionista che coinvolge la parte orientale del paese, quel Donbass già al centro dell'omonimo film di Sergei Loznitsa. Atlantis non è la cronaca del conflitto: è il resoconto di ciò che esso si sta lasciando alle spalle, e che nella finzione del film è già un fatto concluso, una condizione da cui ripartire. Idealmente ricorda un altro grande film della stagione, Beanpole di Kantemir Balagov, che racconta l'immediato dopoguerra nella Leningrado sopravvissuta all'assedio nazista: entrambe sono opere che catturano con sguardo estremamente formalista il trauma psicologico di chi resta in vita, un blocco sia individuale sia collettivo. Nel futuro immediato immaginato da Atlantis, Sergeij vive immerso nella realtà del conflitto, sa solo sparare, non si adatta alla fabbrica, cerca luoghi dove combattere. La morte e la perdita del lavoro - in due scene visivamente stupefacenti, una con la ripresa in tempo reale di un suicidio, l'altra che sembra uscita da "1984" - segnano un punto di non ritorno. Per andare avanti, Sergeij deve tornare nel passato, scavare nella terra dal quale emergono cadaveri senza nome che infestano il suolo sul quale cammina.
La metafora è evidente nella sua crudezza, ma Vasyanovych - che pure nelle note di regia insiste sulla catastrofe ecologica già causata dalla guerra, con l'avvelenamento dei pozzi e dei fiumi del Donbass - non calca la mano sul valore politico del film. Il suo stile fatto di piani fissi e medi, di piani sequenza e scene insostenibili (l'autopsia di un cadavere, lo svuotamento di una fossa comune), crea un'atmosfera sospesa e iperrealista che costringe lo spettatore a sperimentare lo straniamento dei personaggi. L'impassibilità calcolata dello sguardo di Vasyanovych è l'indagine sul futuro non ancora realizzato, eppure già scritto, di un paese che ha compromesso il proprio destino, e cerca di sopravvivervi attaccandosi alla realtà dei desideri e delle speranze. Atlantis è un film disperato sulla disperazione di un popolo: ma come dimostrano le inquadrature al termografo in apertura e in chiusura - la prima con un brutale omicidio, la seconda con l'abbraccio di un uomo e una donna - è anche un film consapevole che i corpi, da vivi e da morti, possono ancora emettere calore.
La forza del cinema la si trova in film come Atlantis. Duro, in presa diretta, prevedeva (è del 2019) quello che sarebbe successo. Ho avuto l'impressione di aver visto un film che ha preso il dopoguerra come pretesto per parlare di ciò vhe vive l'umanità dopo l'estraniamento della pandemia e la feroce sorpresa della guerra.
A rivederlo oggi, dopo tre anni dalla prima volta al Festival di Venezia 2019, dove vinse il primo premio nella sezione Orizzonti, Atlantis sembra abbia solo preconizzato i tempi e la sua distopia immaginata in un futuro vicino, il 2025, diventa oggi sconcertante e tragica cronaca e soprattutto di una, non immaginabile, cronaca di guerra. Nell'apocalittico scenario di una guerra tra russi e ucraini [...] Vai alla recensione »
Dopo aver portato in sala Reflection, che prese parte all'ultimo concorso veneziano, Wanted Cinema continua nella sua opera di distribuzione dei lavori di Valentyn Vasyanovych, e torna di poco indietro nel tempo recuperando Atlantis, che trionfò nella sezione Orizzonti della Mostra 2019. Contestualmente il prossimo 28 aprile metterà a disposizione degli esercenti Bad Roads, l'ottimo esordio di Natalya [...] Vai alla recensione »
Dopo Reflections, attualmente nelle sale, arriva al cinema anche un secondo film del regista ucraino Valentyn Vasjanovyc, Atlantis, che nel 2019 vinse come miglior film della sezione Orizzonti al Festival di Venezia. Portandoci in un futuro prossimo, nel 2025, in una Ucraina diventata, dopo una immaginaria guerra contro la Russia, un deserto inadatto alla presenza umana, il regista utilizza lunghi [...] Vai alla recensione »
Quando nel settembre 2019 Atlantis di Valentyn Vasyanovych vinse la sezione Orizzonti a Venezia, una guerra così devastante russo-ucraina era solo un pallido timore, almeno in Europa. E se nella finzione vedere quel film che si apriva nel Donbass del 2025 in periodo post-bellico era solo un'ipotesi, adesso nella realtà è addirittura un desiderio perché vorrebbe dire che questa tragedia dei nostri giorni [...] Vai alla recensione »
Sergeij, ex soldato ucraino che soffre di stress post-traumatico, perso il lavoro, si unisce alla missione che recupera i cadaveri di guerra. Vasyanovych, attraverso il percorso del protagonista - che, nel suo riesumare corpi, cerca di riportare alla luce anche una dimensione sentimentale possibile e un motivo per ricominciare - dipinge, con sguardo potente, il ritratto di un'Ucraina a un ipotetico [...] Vai alla recensione »
Ucraina orientale, anno 2025: la guerra contro la Russia è appena terminata. Atlantis, tra le visioni più intense della sezione Orizzonti di Venezia 76, mette in scena un percorso tarkovskijano nell'impero perduto del Donbas, un tempo tra i territori più ricchi e sviluppati del paese, ora trasformatosi in un deserto inadatto alla vita, tra distese di cimiteri e corpi da dissotterrare.
Proprio nei giorni in cui si organizza lo scambio tra prigionieri russi e prigionieri ucraini che dovrebbe, simbolicamente, porre fine alla Guerra del Donbass, a Venezia viene presentato Atlantis di Valentyn Vasyanovych. Un pugno nello stomaco. Un film implacabile che procede per lunghi piani per lo più fissi e frontali lasciando l'orrore, il dolore, la disperazione, la fine e anche la speranza (in [...] Vai alla recensione »
Se Orizzonti indica l'approssimarsi a scorci cinematografici più o meno distanti, prospettive di forme cinematografiche non omologhe, significanti per via di stili, allusioni, ellissi, montaggi del tempo, anche interni alla semplice sequenza - ciò che si è visto nel concorso principale grazie a Larrain e Marcello - allora Atlantis di Valentyn Vasyanovy è il film che legittima questa sezione, per il [...] Vai alla recensione »
47/79/369/788. Un numero cifrato. Tanto resta di quello che una volta era un uomo. Un numero impresso su una delle tante croci di un cimitero anonimo, nato in seguito alla guerra in Donbass, nell'Ucraina Orientale. Il film parla di un futuro imminente. Sergeij è un ex soldato che ha trovato lavoro dopo il conflitto nel settore siderurgico, all'interno di una fonderia, che però finisce in crisi.