mimmo fvcg
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domenica 7 giugno 2020
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straordinario
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La genialita' di Woody Allen colpisce ancora ,92 minuti piacevoli con la solita ironia di Allen . Ottima interpretazione di Timothee Chalamet
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minnie
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giovedì 9 gennaio 2020
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"la sua risata..."
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Di “Un giorno di pioggia a New York”, fatto salvo il cotè turistico, quello che in sala fa esclamare coppie attempate o meno, sedute accanto a te, a rievocare tutto ciò che hanno visto di New York, ma magari non l’orologio De La corte, in un angolino del Central Park, ho ammirato tantissimo il meccanismo della commedia, degno di Shakespeare. Woody Allen sì che sa trattare un tema delicato come l’amore senza mai sbagliare un colpo, una battuta. Nel mondo ovattato di Manhattan ecco che s’inseriscono delle note stonate, la escort subito riconosciuta dalla madre severa che ha un oscuro passato, il regista dalla voce incantevole (Pino Insegno doppiatore di Leev Schreiber) in crisi d’ispirazione, e la bionda giornalista entusiasta che il protagonista pensa sia la sua ragazza battuta in corso d’opera da una mora perspicace.
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Di “Un giorno di pioggia a New York”, fatto salvo il cotè turistico, quello che in sala fa esclamare coppie attempate o meno, sedute accanto a te, a rievocare tutto ciò che hanno visto di New York, ma magari non l’orologio De La corte, in un angolino del Central Park, ho ammirato tantissimo il meccanismo della commedia, degno di Shakespeare. Woody Allen sì che sa trattare un tema delicato come l’amore senza mai sbagliare un colpo, una battuta. Nel mondo ovattato di Manhattan ecco che s’inseriscono delle note stonate, la escort subito riconosciuta dalla madre severa che ha un oscuro passato, il regista dalla voce incantevole (Pino Insegno doppiatore di Leev Schreiber) in crisi d’ispirazione, e la bionda giornalista entusiasta che il protagonista pensa sia la sua ragazza battuta in corso d’opera da una mora perspicace. A dimostrazione che l’amore è fatto di tante componenti (la risata chioccia di una ragazza può mandare in frantumi un matrimonio…) , non ultima l’intelligenza e questo Woody sono anni che ce lo va ripetendo, senza mai annoiarci. Genio allo stato puro!!!
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jonnylogan
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venerdì 3 gennaio 2020
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scende la pioggia, ma che fa ...
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Una coppia di studenti universitari decide di trascorrere un fine settimana a New York per consentire a Ashleigh d’intervistare il famoso regista Roland Pollard. I due partono in pullman alla volta della grande mela, ma una serie d’inaspettati eventi, fra cui la famiglia di Gatsby del tutto ignara del suo passaggio in città, creeranno nella coppia un temporaneo allontanamento.
Ennesima perla, non certo indimenticabile, della sconfinata filmografia di Woody Allen che in passato ci ha portato sul lettino dello psicoanalista e nel centro della sua mente labirintica, tormentandoci con ragionamenti a un passo dalla follia per poi finirci con battute in puro stile yiddish.
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Una coppia di studenti universitari decide di trascorrere un fine settimana a New York per consentire a Ashleigh d’intervistare il famoso regista Roland Pollard. I due partono in pullman alla volta della grande mela, ma una serie d’inaspettati eventi, fra cui la famiglia di Gatsby del tutto ignara del suo passaggio in città, creeranno nella coppia un temporaneo allontanamento.
Ennesima perla, non certo indimenticabile, della sconfinata filmografia di Woody Allen che in passato ci ha portato sul lettino dello psicoanalista e nel centro della sua mente labirintica, tormentandoci con ragionamenti a un passo dalla follia per poi finirci con battute in puro stile yiddish. Date queste premesse l’ultima pellicola tanto ostracizzata oltre oceano, causa le accuse di molestia piovute sul regista e che hanno portato il suo ultimo lavoro a essere diffuso solamente a due anni dalla conclusione delle riprese, non aggiunge nulla a quello che già il primo Allen aveva saputo offrirci. Storaro, maestro della fotografia e immancabile collaboratore di Allen, incornicia una splendida New York uggiosa e che cambia aspetto a seconda dei fenomeni atmosferici che la percuotono, anche se è all’interno degli attici e dei grandi appartamenti di Manatthan che si consuma la vera narrazione di un week end da commedia degli equivoci. Allen frattanto ci trascina ancora una volta lungo quello stesso Hudson che tante volte ha fatto da sfondo alle sue pellicole più celebrate, in una metropoli ove piaghe sociali e mendicanti non hanno trovato casa, come se fossimo avvolti in una bolla spazio temporale che proietta i due protagonisti, facoltosi rampolli di famiglie agiate, tra bar fumosi e le strade in pietra vista del Greenwich Village. Impiegando Timothée Chalamet, ventiquatrenne attore dal nome francese ma dai solidi natali newyorkesi, come suo giovane alter ego e dal quale verremo lentamente, ma altrettanto metodicamente, catechizzati su amore, jazz, letteratura e l’ipercriticismo nei confronti di una famiglia che non apprezza. Dall’altro lato Ellen Fenning, ne impersona invece l’antitesi al femminile desiderosa di avvicinarsi alla grande metropoli perchè attratta dalle mille luci che da questa s’irradiano e che il regista impiega per denigrare la vacuità del lavoro di regista e del cinema Hollywoodiano in genere. Nel mezzo un lento peregrinare da un’abitazione all’altra, da una sigaretta alla seguente, sempre incastonati all’interno di una città splendidamente autunnale, fino a un finale prevedibile e che ci fa augurare che alla prossima fatica il regista di Match Point possa tornare in sella stupendoci.
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francesco izzo
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domenica 29 dicembre 2019
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solito woody, un pò troppo costruito
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Meno male per il lieto fine, non sempre presente nei film di W.Allen,almeno per quanto riguarda il protagonista.
Ma i tipi umani - in questo ultimo film pìù tendenti al disperato che al meschino (il regista, la madre del ragazzo, forse anche la ragazza) sono sempre gli stessi.
L'essere umano è per il regista in definitiva un miserabile: la ragazza molla senza problemi il fidanzatino, crollando letteralmente al cospetto di uno dei suoi idoli.E solo per caso non consuma il tradimento.La madre del ragazzo non si fa ingannare dalla di lui messinscena, e gli rivela con l'occasione le sue miserie. Ma senza pentimento né sofferenza; quasi volesse solo fargli capire come funziona la realtà.
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Meno male per il lieto fine, non sempre presente nei film di W.Allen,almeno per quanto riguarda il protagonista.
Ma i tipi umani - in questo ultimo film pìù tendenti al disperato che al meschino (il regista, la madre del ragazzo, forse anche la ragazza) sono sempre gli stessi.
L'essere umano è per il regista in definitiva un miserabile: la ragazza molla senza problemi il fidanzatino, crollando letteralmente al cospetto di uno dei suoi idoli.E solo per caso non consuma il tradimento.La madre del ragazzo non si fa ingannare dalla di lui messinscena, e gli rivela con l'occasione le sue miserie. Ma senza pentimento né sofferenza; quasi volesse solo fargli capire come funziona la realtà.
E la sorella della sua ex, che già era comparsa nel film con una scena di ripresa di bacio piuttosto assurda, appare dal nulla (da sotto un ponticello) nella scena finale - dopo che con un colpo di scena il ragazzo aveva improvvisamente deciso di lasciare la fidanzata sulla carrozza- come in una fiaba un pò dozzinale e mal costruita.
Non so se sia supponenza da grande regista ormai affermato, o forse qui solo trascuratezza nel copione: fatto sta che consiglierei a Woody di evitare un eccesso di queste trovate che, se forse nelle sue intenzioni dovrebbero sorprendere positivamente e catturare lo spettatore (ed in certi suoi film ci riescono magari di più, vedi "Midnight in Paris") in realtà altre volte lo sconcertano, lo disorientano e lo lasciano piuttosto perplesso.
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marcobrenni
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sabato 28 dicembre 2019
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un woody ormai senile e ripetitivo
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A 84 anni suonati anche registi geniali come Woody stanno perdendo colpi e qui si vede. Un filmino "adolescenziale" tardivo mediocre, che ricorda solo lontanamente la brillantezza e la genialità dei suoi film più risuciti. Vero è che da anziani, sovente si ricordano avventure adolescenziali con toni malinconici e persino con le musiche dei "bei tempi passati". Lui, Gatsby-Woody, rievoca in modo trasognato, mitizzando ricordi giovanili, amorazzi, avventure fugaci, atmosfere metropolitane che lui adorava. Gatsby-Woody voleva assolutamente entrare a far parte, essere ammesso fra gli intellettuali à la page di allora: dei liberals artistoidi-radical-chic che a parole e con atteggiamenti "snobbish" disprezzavano la comoda vita borghese, ma in cui vi ci sguazzavano alla grande (stile Andy Warhol).
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A 84 anni suonati anche registi geniali come Woody stanno perdendo colpi e qui si vede. Un filmino "adolescenziale" tardivo mediocre, che ricorda solo lontanamente la brillantezza e la genialità dei suoi film più risuciti. Vero è che da anziani, sovente si ricordano avventure adolescenziali con toni malinconici e persino con le musiche dei "bei tempi passati". Lui, Gatsby-Woody, rievoca in modo trasognato, mitizzando ricordi giovanili, amorazzi, avventure fugaci, atmosfere metropolitane che lui adorava. Gatsby-Woody voleva assolutamente entrare a far parte, essere ammesso fra gli intellettuali à la page di allora: dei liberals artistoidi-radical-chic che a parole e con atteggiamenti "snobbish" disprezzavano la comoda vita borghese, ma in cui vi ci sguazzavano alla grande (stile Andy Warhol). Qui Woody-Gatsby ovviamente racconta sé stesso e pure l'archetipo femminile di cui fu più volte innamorato,come ad es. Mariel, la giovane nipote di Hemingway. Ashleigh-Mariel è addirittura l'alter ego di quella sedicenne famosa che dettò scandalo, perché Woody se la spupazzava da adulto maturo e sposato. La stampa ne sparlò in lungo e in largo, ma Woody probabilmente nemmeno da anziano non riesce ancora a liberarsi dalle sue fantasie erotiche un po' bavose con adolescenti.
Da qui nasce sicuramente l'ennesima denuncia e il sequestro provvisorio del film, poi rilasciato.
Personalmente gli consiglierei ormai di lasciar perdere di girare ulteriroi film soprattutto per non rovinare la memoria delle sue eccellenze del passato. Insistere sarebbe un vero peccato: per tutti arriva il momento di ritirarsi, ma bisogna anche saperlo, e soprattutto volerlo cogliere senza rimpianti.
Marco Brenni
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rosmersholm
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giovedì 26 dicembre 2019
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insomma...
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Viene da chiedersi: ma a ottant'anni suonati e dopo cinquanta film, perchè fare un filmino così? Non sarebbe meglio mirare più in alto, caro Woody?
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gianni quilici
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giovedì 26 dicembre 2019
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manca la profondità
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Mi sorprende (e mi fa dubitare di me) che l’ultimo di Woody Allen raccolga così tanti plausi dalla critica, anche quella più avvertita. “Piccolo gioiello” sintetizza Fabio Ferzetti su “L’espresso” e la rivista “Cineforum” arriva al massimo dei voti di quasi tutti i suoi collaboratori.
Ora a me sembra una commediola ben fatta, che può essere consumata piacevolmente dal pubblico, per il montaggio fluido, per qualche battuta felice, per la fotografia impeccabile di Vittorio Storaro, per una storia che dà la sensazione di riservarci possibili “sorprese”.
Manca la profondità nella leggerezza che il film vorrebbe avere.
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Mi sorprende (e mi fa dubitare di me) che l’ultimo di Woody Allen raccolga così tanti plausi dalla critica, anche quella più avvertita. “Piccolo gioiello” sintetizza Fabio Ferzetti su “L’espresso” e la rivista “Cineforum” arriva al massimo dei voti di quasi tutti i suoi collaboratori.
Ora a me sembra una commediola ben fatta, che può essere consumata piacevolmente dal pubblico, per il montaggio fluido, per qualche battuta felice, per la fotografia impeccabile di Vittorio Storaro, per una storia che dà la sensazione di riservarci possibili “sorprese”.
Manca la profondità nella leggerezza che il film vorrebbe avere. Se può essere comprensibile ( o sopportabile) l’ingenuità della co-protagonista (, Liev Schreiber ), immersa favolosamente e fanaticamente nel mondo apparentemente dorato dei miti hollywoodiani, che, al contrario, sono rappresentati nella loro vuota fragilità, è il protagonista (Timothée Chalamet), giovane rampollo dell'aristocrazia bianca newyorchese, che dovrebbe assumere, nel suo itinere per New York, uno spessore vitalistico, sia pure caotico e contraddittorio, che non ha.
Questo a me pare sia il punto di debolezza del film, perché il regista Woody Allen, la coscienza critica del film, non si distacca da lui, non lo mette in crisi, lo rappresenta con amabile ironia. Il finale esemplifica questa debolezza. Lui lascia lei, ma quando mai c’è stato un vero rapporto? Per incontrare magicamente e romanticamente l’altra (Selena Gomez). Ma su quali basi, se non c’è stato mai un cercarsi e riconoscersi nel loro breve incontrarsi? Un finale prevedibile, che può lasciare il pubblico con il sorriso sulla faccia, mentre sciama via via dalla sala. Ma cosa rimarrà poi del film?
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elena.ferioli@unibo.it
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domenica 22 dicembre 2019
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ultimo di allen
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Discreta fotografia e recitazione. Quanto alla sceneggiatura, una noiosa liturgia del narcisismo borghese pseudo intellettuale tipico della upper class newyorkese che vede solo sè stessa.
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cesare mangiagalli
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venerdì 20 dicembre 2019
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pessimo
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Da quando seguo Myvies ho scritto solo due volte opinioni e negative per l'esasperazione del film, siamo alla terza. Il continuo susseguirsi di battute con attori inespressivi e luci flow mi stavano quasi facendo uscire dal cinema, stereotipo trito e ritrito. Mi viene da dire che Woody Allen ha fatto uno scivolone e spero si rialzi presto.
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elena
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mercoledì 18 dicembre 2019
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nessuna emozione
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commedia scontata priva di colpi di scena con una protagonista senza charme
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