Il regista palestinese sceglie la strada della commedia per raccontare le difficoltà di dialogo
tra i due popoli. Non una leggerezza ma un segnale di consapevolezza. Recensione di Marianna Cappi, legge Roberta Azzarone.
di A cura della redazione
Salam è stagista sul set di una famosissima soap opera palestinese. Vive a Gerusalemme e ogni giorno passa dal checkpoint israeliano, sorvegliato dai militari del comandante Assi, che esige di farsi coinvolgere nella stesura della storia. La carriera di Salam ne beneficia, tanto da essere assunto per scrivere il seguito. Peccato, però, che l'ufficiale israeliano e i finanziatori arabi non intendano il finale allo stesso modo.
Sameh Zoabi sceglie la commedia per raccontare la vita al tempo di uno dei più dolorosi e insolubili conflitti della storia contemporanea.
Il film affronta l'occupazione e l'abuso di potere, sul piano della messa in scena fittizia della soap, e lo fa per dire che un dialogo è possibile, un finale è possibile, persino una nuova stagione, forse: a patto di ascoltarsi.
In occasione dell'uscita al cinema di Tutti pazzi a Tel Aviv, Roberta Azzarone interpreta la recensione di Marianna Cappi.