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conte bettoni
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domenica 27 gennaio 2019
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una noia mortale
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Film di una noia mortale, non merita neppure di essere commentato.
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fabio
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domenica 27 gennaio 2019
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commedia pessimista in calze di seta
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Una lotta per il potere dove non c'è posto per la pietà. Le bravissime protagoniste danno corpo a questo dramma feroce raccontato con un registro ironico. Ne esce un film godibile e destinato al successo di pubblico. Non c'è la visionarietà del capolavoro, siamo lontani da "the lobster". La società inglese del XII sec. resta sullo sfondo. Tutta l'azione si sviluppa a palazzo: tra capricci e intrighi. Ogni personaggio ha le sue motivazioni, si comprendono bene. I fronti si ribaltano e quella che sembrava la "cattiva" della storia diventa la "buona" e viceversa. Al centro c'è una regina infantile e impotente che oscilla tra ira e gentilezza.
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Una lotta per il potere dove non c'è posto per la pietà. Le bravissime protagoniste danno corpo a questo dramma feroce raccontato con un registro ironico. Ne esce un film godibile e destinato al successo di pubblico. Non c'è la visionarietà del capolavoro, siamo lontani da "the lobster". La società inglese del XII sec. resta sullo sfondo. Tutta l'azione si sviluppa a palazzo: tra capricci e intrighi. Ogni personaggio ha le sue motivazioni, si comprendono bene. I fronti si ribaltano e quella che sembrava la "cattiva" della storia diventa la "buona" e viceversa. Al centro c'è una regina infantile e impotente che oscilla tra ira e gentilezza. I capricci, la solitudine, il dolore.. certamente il personaggio più interessante, vero protagonista della storia.
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adr
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domenica 27 gennaio 2019
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ma quale film avete visto!
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Strategie femminili banalissime e prive di patos, uno stile dei dialoghi scollato (pungente e forbito per gran parte del film con brevi e inutili incursioni nella volgarità quando si discute sulle abitudini sessuali delle tre protagoniste), una storia che ruota esclusivamente sulle dinamiche di potere esercitate a diversi livelli da sole donne (leggevo commenti sulla marginalità del ruolo delle donne), per continuare con l'uso inspiegabile del grandangolo in alcune riprese e un doppiaggio palesemente mediocre (in modo particolare quello della regina Anna). Apprezzabili ambientazioni è costumi (e ci mancherebbe trattandosi di una storia ambientata nell'Inghilterra della corona).
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Strategie femminili banalissime e prive di patos, uno stile dei dialoghi scollato (pungente e forbito per gran parte del film con brevi e inutili incursioni nella volgarità quando si discute sulle abitudini sessuali delle tre protagoniste), una storia che ruota esclusivamente sulle dinamiche di potere esercitate a diversi livelli da sole donne (leggevo commenti sulla marginalità del ruolo delle donne), per continuare con l'uso inspiegabile del grandangolo in alcune riprese e un doppiaggio palesemente mediocre (in modo particolare quello della regina Anna). Apprezzabili ambientazioni è costumi (e ci mancherebbe trattandosi di una storia ambientata nell'Inghilterra della corona). Il capolavoro è la scena finale:45 secondi di inquadratura fissa in primo piano sul viso di Abigdal (la molesta protagonista), altri 45 sulla regina Anna e 30 secondi sui 17 conigli ripresi in stile regista-sotto-l'effetto-dell'lsd.
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francesco zennaro
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sabato 26 gennaio 2019
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mai calpestare un coniglio!!
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Chissà quante volte nella storia umana, personaggi avidi, egoisti, cinici, arrivisti e privi di ogni scrupolo, hanno scorrazzato nelle corti reali e imperiali, in politica, nelle aziende, all'interno delle famiglie e - perchè no - nelle gerarchie ecclesiastiche?!
A colpi di clava, macete e bazooka (si fa per dire) due donne, dalle caratteristiche sopramenzionate, si danno battaglia senza esclusione di colpi.
Nell'arco di due ore assistiamo (in punta di sedia) a continui cambi di predominio tra le due regine del male, dove a farne le spese è la regina vera: Anna, monarca inglese del XVIII secolo.
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Chissà quante volte nella storia umana, personaggi avidi, egoisti, cinici, arrivisti e privi di ogni scrupolo, hanno scorrazzato nelle corti reali e imperiali, in politica, nelle aziende, all'interno delle famiglie e - perchè no - nelle gerarchie ecclesiastiche?!
A colpi di clava, macete e bazooka (si fa per dire) due donne, dalle caratteristiche sopramenzionate, si danno battaglia senza esclusione di colpi.
Nell'arco di due ore assistiamo (in punta di sedia) a continui cambi di predominio tra le due regine del male, dove a farne le spese è la regina vera: Anna, monarca inglese del XVIII secolo.
Ma quando è troppo è troppo.
Colei che predomina alla fine della storia (una volta sbarazzatasi dell' avversaria dagli apparenti superpoteri) commette l'errore fatale di non porre limiti alla propria perfidia e - con una malvagità gratuita - calpesta un innocente coniglio. Coniglio che, come gli altri 16 della regina Anna, rappresenta il ricordo di altrettanti figli morti.
La regina non assiste alla scena ma, come una madre sensibile, la percepisce a pelle tanto da, finalmente, riappropriarsi del ruolo che le compete.
Pur debole di carattere e cagionevole di salute, ritrova quindi la forza e la determinazione per
ri-collocare in basso la perfida dama di compagnia, da tempo priva di freni di ogni tipo.
Il finale resta aperto a diverse conclusioni, ma lascia comunque ben sperare che la feccia dell'umanità debba - prima o poi - pagare il proprio conto.
E sul film complessivamente che dire? Come esiste la "Tempesta perfetta" esisterà anche il "Film perfetto".
E questo film, perfetto, lo è!
26 Gennaio 2019
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emanuele 1968
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venerdì 25 gennaio 2019
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molto bello
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( 3,5 ) Molto bello, ben ricostruito, belli gli abiti, il castello, carrozze, giochi di potere, capricci, gelosie, amarezze, un clima attuale, un biografico forse un po romanzato ma personalmente ben narrato, un mix di drammatico e commedia, 120 minuti, un po lungo.
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goldy
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giovedì 24 gennaio 2019
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meglio cenerentola che regina
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Per incomprensibili programmazioni consuete delle grandi Mayor che mi rifiuto di credere casuali, il film esce nelle sale a pochi giorni da
“Maria Regina di Scozia”. L’accostamento dei due film diventa inevitabile ed è facile conclusione arrivare a dire che la condizione di sovrana è quanto di meno auspicabile si possa immaginare per una donna. Una vera jattura. Condannate a vivere in palazzi gelidi tra intrighi, complotti, falsi consiglieri, amanti fedifraghi, mariti infedeli, figli sottratti: un inferno.
Ciò detto La Favorita ci parla della Regina Anna, più come donna che come Regina.
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Per incomprensibili programmazioni consuete delle grandi Mayor che mi rifiuto di credere casuali, il film esce nelle sale a pochi giorni da
“Maria Regina di Scozia”. L’accostamento dei due film diventa inevitabile ed è facile conclusione arrivare a dire che la condizione di sovrana è quanto di meno auspicabile si possa immaginare per una donna. Una vera jattura. Condannate a vivere in palazzi gelidi tra intrighi, complotti, falsi consiglieri, amanti fedifraghi, mariti infedeli, figli sottratti: un inferno.
Ciò detto La Favorita ci parla della Regina Anna, più come donna che come Regina. Priva di fascino e di bellezza ne soffre in modo profondo. Il film
sa descrivere con dialoghi esemplari per essenzialità e asciuttezza davvero innovativa eventi e vicende con una linearità e chiarezza sorprendenti.
Le invenzioni registiche abbondano per tutta la durata del film con una creativa immaginifica rara.
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giovedì 24 gennaio 2019
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natura humana
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Condivido molto il tuo pensiero scritto. Bravissima!!
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cinefoglio
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sabato 19 gennaio 2019
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istantanea di la favorita (the favourite)
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Yorgos Lanthimos centra il suo obiettivo di raccontarci qualcosa, pochi punti chiari e nitidi, dotati di grande significato e una cura dell’immagine, e dell’atmosfera da abile artista.
La Favorita, che suggerisce l’aspetto più tenero, ma allo stesso tempo viziato, in una relazione, si sintetizza e trova la sua chiave di lettura (con ironia) nei titoli di coda: pura estetica formalizzata, che identifica un’informazione di fondo difficile da cogliere, se non addirittura da processare con gli occhi, ma ricca di fascino e contemplazione.
Così il maestro greco si destreggia in un dramma-commedia vero, dove si mescolano le fantasie e gli stilemi più classici, meccanismi tipici della suspense per suoni sospesi e costanti nel ritmo, e carrellate nei momenti gioiosi e rocamboleschi, una sfrontata ironia ed acuta maleducazione in quelli che sono i passaggi più intimi e vulnerabili, movimenti rapidi e violenti contrastati da inquadrature intensissime, che incidono i volti nei momenti a loro più imbarazzanti, il tutto condito da una postura che tende, da una parte, all’indagine dei cliché, dall’altra, all’iperbole del mondo caricaturale.
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Yorgos Lanthimos centra il suo obiettivo di raccontarci qualcosa, pochi punti chiari e nitidi, dotati di grande significato e una cura dell’immagine, e dell’atmosfera da abile artista.
La Favorita, che suggerisce l’aspetto più tenero, ma allo stesso tempo viziato, in una relazione, si sintetizza e trova la sua chiave di lettura (con ironia) nei titoli di coda: pura estetica formalizzata, che identifica un’informazione di fondo difficile da cogliere, se non addirittura da processare con gli occhi, ma ricca di fascino e contemplazione.
Così il maestro greco si destreggia in un dramma-commedia vero, dove si mescolano le fantasie e gli stilemi più classici, meccanismi tipici della suspense per suoni sospesi e costanti nel ritmo, e carrellate nei momenti gioiosi e rocamboleschi, una sfrontata ironia ed acuta maleducazione in quelli che sono i passaggi più intimi e vulnerabili, movimenti rapidi e violenti contrastati da inquadrature intensissime, che incidono i volti nei momenti a loro più imbarazzanti, il tutto condito da una postura che tende, da una parte, all’indagine dei cliché, dall’altra, all’iperbole del mondo caricaturale.
In questo mondo fittizio (tanto vicino al nostro quanto diverso, fatto di finzione originata dalla fantasia, nonostante la storicizzazione verosimilmente accurata dei fatti e dei personaggi), man mano prende forma il triangolo delle vite della regina Anne d’Inghilterra, di Olivia Colman, la domestica che fu dama, di Emma Stone, e la consigliera più vicina alla corona, di Rachel Weisz.
Il pregio della pellicola sta proprio nella più completa esplorazione del poligono, dove ogni personaggio trova lo spazio per affermarsi, combattere e distruggersi, dove realmente l’evoluzione è presente, ed affrontata da ogni punto di vista, e sviscerata per ogni pulsione, desiderio ed aspirazione delle tre: compenetrazione e ricerca della propria individualità assoluta ed auto-sufficiente, dimenticandosi (o non voler rendersi conto) che, per essere il “favorito” di qualcuno, bisogna che ci si desideri a vicenda con sincerità, e le verità che sostengo i castelli o i palazzi di carta, prima o poi crolleranno.
Non passa inosservata la scelta dell’immagine, che, più di tutti gli elementi, giustifica e partecipa alla cristallizzazione del tema del film, indagandoi colori ed i contrasti, luci bruciate e ombre scure. Il crearsi di questoun vortice sempre in duplice contrasto tra bianco e nero, dove i grigi, (i toni di mezzo), impastano figure e silhouette confuse nel gioco delle parti.
Qui tutta la maestria di Lanthimos come architetto visivo, si sperimenta, a volte stupendo e colpendo, altre volte perdendosiin esercizi sperimentali, ma senza ombra di dubbio in grado di ricavare giusti ed inaspettati spazi interiori (ricordando Kynodontas ed Alps) e di interni (The Lobster, The Killing of a Sacred Deer), in puro stile ottocentesco.
E sei gli angoli di un triangolo equilatero godono della stessa importanza, nella sua rappresentazione spicca sia come centro narrativo, nonché storico della vicenda, oltre che d’interpretazione poliedrica ed impeccabile, Olivia Colman, che riesce a dar vita ad una Regina memorabile: una madre, uno scettro del potere ed una donna capricciosa di attenzioni, saggia e bambina, una performance non passata inosservata a Venezia.
15/01/2019
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annalisarco
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giovedì 6 settembre 2018
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il potere della manipolazione
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Alla 75esima Mostra del Cinema di Venezia è stato presentato il nuovo lavoro di Yorgos Lanthimos, "The Favourite", la cui trama si intreccia sullo sfondo della guerra tra Regno Unito e Francia, in un gioco di potere e seduzione alla corte della Regina Anna. Con un cast straordinario, le cui protagoniste principali sono tutte donne, assistiamo ad una lotta per la supremazia e la sopravvivenza di Abigail (Emma Stone), ex dama di corte che ha perduto il proprio status e intenta a riconquistarlo ad ogni costo, e Sarah (Rachel Weisz), prima donna al fianco della Regina Anna (Olivia Colman). Tre cugine, tre donne con un passato troppo pesante alle spalle.
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Alla 75esima Mostra del Cinema di Venezia è stato presentato il nuovo lavoro di Yorgos Lanthimos, "The Favourite", la cui trama si intreccia sullo sfondo della guerra tra Regno Unito e Francia, in un gioco di potere e seduzione alla corte della Regina Anna. Con un cast straordinario, le cui protagoniste principali sono tutte donne, assistiamo ad una lotta per la supremazia e la sopravvivenza di Abigail (Emma Stone), ex dama di corte che ha perduto il proprio status e intenta a riconquistarlo ad ogni costo, e Sarah (Rachel Weisz), prima donna al fianco della Regina Anna (Olivia Colman). Tre cugine, tre donne con un passato troppo pesante alle spalle. Una Regina che si lascia manipolare per ottenere un pó di affetto e attenzione, la cui insicurezza affligge terribilmente le sorti del Paese, lasciato nelle mani ai suoi sbalzi di umore e alla manipolatrice di turno. Sarah lo ha fatto per anni, ha sussurrato all'orecchio di Anna ogni mossa secondo lei opportuna per una buona sorte del conflitto. Abigail, nuova arrivata, ha a cuore solamente sè stessa. In una tempesta di idee e sentimenti, Anna sembra essere in balia di una corrente, senza personalità, una Regina senza potere.
Una bellissima regia di Lanthimos, con focali lunghe per sottolineare i lunghi spazi e la solitudine della vita a Palazzo; assurdità di situazioni e personaggi distorti all'infinito, ma incredibilmente meno delle sue precedenti pellicole. L'immancabile gusto di paragone tra animali ed esseri umani, preda dei loro istinti, delle loro passioni, bestie che agiscono razionalmente e istintivamente, in una meditata ma non molto controllata ascesa al potere. E gli uomini, sono quasi messi da parte, se non confinati ad essere uno strumento nei piani delle due donne. Figure femminili con caratteri maschili, nel loro impugnare la situazione, nell'abilità con le armi, nel cavalcare, nell'essere impavide. La furbizia del regista nel proiettare ogni aspetto magnifico e pericoloso delle donne, fa comprendere come questo film non sarebbe stato possibile con protagonisti maschili: l'astuzia, l'abilità, la seduzione, l'inarrestabilità, la sensibilità. Tutte qualità femminili che, se usate nel modo sbagliato - come in The Favourite - possono essere molto pericolose. Le donne strutturano i loro piani inevitabilmente con il cuore, qualunque sia la situazione da trattare; sono consapevoli del loro potere sugli uomini, del loro fascino, del loro corpo. Gli uomini, davanti ad un problema di stato, quale sia la guerra o l'amministrazione economica, agiranno sempre con la testa, con la preparazione e con la violenza. Questo rende The Favourite un film che non poteva essere realizzato altrimenti, in cui ogni tassello torna al proprio posto minuto dopo minuto. Delizioso, affascinante, elegante nonostante il tema crudo e terribile trattato. Divertente in alcuni momenti, perché inverosimile e assurdo. Lanthimos è stato bravo a non trasformare tutto questo in qualcosa di odiato, a non lasciar fraintendere il suo modo di vedere le donne, a tirar fuori i loro lati più forti, specificando quanto queste doti siano meravigliose, ma solo se usate bene. Abigail e Sarah da non imitare, insomma.
Il film sarà nelle sale cinematografiche americane il 23 Novembre 2018, in quelle italiane il 14 Gennaio 2019.
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peergynt
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sabato 1 settembre 2018
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una perfida stratega alla conquista del potere
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Dopo due ottimi film surreali e metaforici (“The Lobster”, 2015 e “Il sacrificio del cervo sacro”, 2017), il regista greco Yorgos Lanthimos tenta un genere per lui nuovo, il film storico, con ottimi risultati. Magistralmente servito da una sceneggiatura non sua (di Deborah Davis e Tony McNamara), Lanthimos entra alla corte inglese di Anna Stuart (regina dal 1702 al 1707) e ce la mostra popolata da uomini imbecilli che passano il tempo a scommettere sulle corse delle oche e a bersagliare di arance qualche malcapitato servo di corte, mentre le donne, avide di potere, dedicano tutte le loro forze intellettive e seduttive per conquistarsi un posto al fianco della regina. La sovrana, donna debole e infantile, complessata e malata (ottima Olivia Colman, capace di passare dai panni del sergente di polizia Ellie Miller, nella serie Broadchurch, a quelli di questa brutta regina malata di gotta), è facile preda della nuova favorita, Abigail Masham (un’Emma Stone regale nella sua machiavellica perfidia), che raggiungerà in breve le vette del potere.
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Dopo due ottimi film surreali e metaforici (“The Lobster”, 2015 e “Il sacrificio del cervo sacro”, 2017), il regista greco Yorgos Lanthimos tenta un genere per lui nuovo, il film storico, con ottimi risultati. Magistralmente servito da una sceneggiatura non sua (di Deborah Davis e Tony McNamara), Lanthimos entra alla corte inglese di Anna Stuart (regina dal 1702 al 1707) e ce la mostra popolata da uomini imbecilli che passano il tempo a scommettere sulle corse delle oche e a bersagliare di arance qualche malcapitato servo di corte, mentre le donne, avide di potere, dedicano tutte le loro forze intellettive e seduttive per conquistarsi un posto al fianco della regina. La sovrana, donna debole e infantile, complessata e malata (ottima Olivia Colman, capace di passare dai panni del sergente di polizia Ellie Miller, nella serie Broadchurch, a quelli di questa brutta regina malata di gotta), è facile preda della nuova favorita, Abigail Masham (un’Emma Stone regale nella sua machiavellica perfidia), che raggiungerà in breve le vette del potere. E se la penna che descrive questi personaggi non è quella di Lanthimos, l’occhio che ce li fa vedere è quello caustico e impietoso del regista greco, che ci mostra quest’umanità ridicola con mezzi tecnici (il ralenti durante la corsa delle oche e un ricorso insistente all’uso del grandangolo) che ne esasperano la componente grottesca. Una satira letterariamente gustosa alla Jonathan Swift (autore peraltro citato nei dialoghi, e la divisione del film in capitoli rimanda certamente ad un ascendente letterario), impreziosita da un ritmo veloce e spigliato e da dialoghi divertenti e irridenti. Da vedere con gusto.
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