luca scialo
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lunedì 11 ottobre 2021
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un triangolo amoroso in una comunità pronta a condannare
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Ronit torna a Londra perché suo padre, il rabbino della comunità, è morto. Ormai vive a New York, lontana dalla rigida vita condotta dalla comunità ebraica da cui è praticamente scappata. Qui ritrova due grandi amici, Dovid ed Esti, che a sua insaputa si sono sposati. Ma tra Ronit ed Esti c'è qualcosa di più di una storica amicizia e dovranno vivere questo loro segreto in un contesto subito pronto a condannare. Tutti e tre sceglieranno la coerenza, pur perdendo qualcosa. Trasponendo un romanzo di Naomi Alderman, coadiuvato dalla sceneggiatura di Rebecca Lenkiewicz, Sebastian Lelio parla ancora di amori difficili e dei tormenti dell'universo femminile. La storia è toccante, raccontata in modo delicato, seppur con qualche pecca.
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Ronit torna a Londra perché suo padre, il rabbino della comunità, è morto. Ormai vive a New York, lontana dalla rigida vita condotta dalla comunità ebraica da cui è praticamente scappata. Qui ritrova due grandi amici, Dovid ed Esti, che a sua insaputa si sono sposati. Ma tra Ronit ed Esti c'è qualcosa di più di una storica amicizia e dovranno vivere questo loro segreto in un contesto subito pronto a condannare. Tutti e tre sceglieranno la coerenza, pur perdendo qualcosa. Trasponendo un romanzo di Naomi Alderman, coadiuvato dalla sceneggiatura di Rebecca Lenkiewicz, Sebastian Lelio parla ancora di amori difficili e dei tormenti dell'universo femminile. La storia è toccante, raccontata in modo delicato, seppur con qualche pecca. Le due Rachel, Weisz e McAdams, rendono a pieno la sofferenza interiore e l'infelicità dei due personaggi protagonisti che interpretano. Mentre Alessandro Nivola interpreta altrettanto egregiamente il religioso terzo incomodo, che se ne sta sullo sfondo, deluso ma indulgente.
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domenica 1 marzo 2020
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commento a recensione di g.zappoli
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Bella recensione. Cose che ho pensato, ma che non avrei saputo "tradurre" in parole. Grazie.
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fabio
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martedì 23 aprile 2019
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finale infinito....
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il film in se, non e' niente male , magari un po' lento ma del resto con una trama del genere era inevitabile, unico vero neo e' che il finale non arriva mai... quando credi che sia finito in realta' non finisce, cercando (il regista) di ottenere un' effetto sorpresa che alla fine non c'e'... diamogli cmq 3 stelle piene e non di piu!!!
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alaflai
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domenica 20 gennaio 2019
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è un film che non predica e non giudica
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Disobedience ti s'impiglia dentro , lo analizzi e mentre lo riguardi nella tua mente trovi sempre più elementi che lo rivelano come il capolavoro che é.
Tre protagonisti ,2 donne amiche ed amanti ed il marito di una di loro; il triangolo affettivo descritto con una delicatezza commovente.
Il tema del padre assente, il rammarico della figlia per non avergli dichiarato il suo amore, il padre che disereda la figlia perché ha contravvenuto agli insegnamenti della Torah, la fuga di Ronit a New York e gli amori consumati nei bagni dei bar. Poi il suo 'arrivo a Hendon per la morte del padre e ritrovare tutto immobile ,nulla è cambiato , Esti ha sposato Dovid, reprimendo la sua natura (ama le donne) e Ronit è guardata con ripulsa e sospetto dalla comunità .
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Disobedience ti s'impiglia dentro , lo analizzi e mentre lo riguardi nella tua mente trovi sempre più elementi che lo rivelano come il capolavoro che é.
Tre protagonisti ,2 donne amiche ed amanti ed il marito di una di loro; il triangolo affettivo descritto con una delicatezza commovente.
Il tema del padre assente, il rammarico della figlia per non avergli dichiarato il suo amore, il padre che disereda la figlia perché ha contravvenuto agli insegnamenti della Torah, la fuga di Ronit a New York e gli amori consumati nei bagni dei bar. Poi il suo 'arrivo a Hendon per la morte del padre e ritrovare tutto immobile ,nulla è cambiato , Esti ha sposato Dovid, reprimendo la sua natura (ama le donne) e Ronit è guardata con ripulsa e sospetto dalla comunità .
Dal suo arrivo in poi , lentamente si mette in moto una forza dirompente: i sentimenti tra le due donne riemergono perché mai sopiti e tutto viene rimesso in gioco.
La forza di questo film è nella capacità dei 3 attori, i dialoghi sono al minimo ,in certi momenti quasi nulli; la forza delle immagini è potente, la scena d'amore tra le due donne è straordinaria, non c'è nudità ma l'eros è alle stelle.
Grandissimo film ,il finale ,al contrario del giudizio di alcuni, non è scontato....è perfetto come tutto il film .........
Possa tu vivere una lunga vita.......
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michelino
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domenica 23 dicembre 2018
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michelino va al cinema
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Quasi un capolavoro, consiglierei di vederlo
senza sapere nulla della trama, così per un
terzo del film la sapiente sceneggiatura vi
porterà verso direzioni consuete per poi
stupirvi con una scena nella quale il vero
tema del film emerge inaspettatamente.
Ma purtroppo se siete su questa pagina,
avrete già letto qualche recensione che vi
dice di cosa parla il film...io odio tutti quei
coglioni che mentre scrivono recensioni
raccontano le trame dei film.
Idioti, limitatevi a dire le vostre impressioni
senza rovinare agli spettatori il piacere della
sorpresa che in questo caso è parte
fondamentale di almeno un terzo della
sceneggiatura del film.
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Quasi un capolavoro, consiglierei di vederlo
senza sapere nulla della trama, così per un
terzo del film la sapiente sceneggiatura vi
porterà verso direzioni consuete per poi
stupirvi con una scena nella quale il vero
tema del film emerge inaspettatamente.
Ma purtroppo se siete su questa pagina,
avrete già letto qualche recensione che vi
dice di cosa parla il film...io odio tutti quei
coglioni che mentre scrivono recensioni
raccontano le trame dei film.
Idioti, limitatevi a dire le vostre impressioni
senza rovinare agli spettatori il piacere della
sorpresa che in questo caso è parte
fondamentale di almeno un terzo della
sceneggiatura del film.
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fausto bianchi
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mercoledì 21 novembre 2018
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il verbo leliano nella sua massima espressione.
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Sebastiàn Lelio è un cineamatore che ha sempre avuto particolarmente a cuore il tema della libertà personale e, in particolare, per quanto concerne la sfera sessuale. Ciò è attestato dai suoi film precedenti, opere semi-sconosciute di fattura decisamente bassa le cui maturità si concentrano in quella che è la forma di Disobedience. Dramma del 2017 presentato in anteprima a Toronto per il quale vi è stato sicuro impegno da parte di ogni elemento messo in gioco, dietro e davanti la cinepresa, ma una tendenza a cadere vittima del gioco impervio del tempo, sia reale che della narrazione. La sceneggiatura, stesa dallo stesso Lelio, punta forte sulle interazioni dei tre personaggi principali, oltre che sulle prove dei rispettivi interpreti, portando a casa un ammirabile affresco di emozioni contrastanti.
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Sebastiàn Lelio è un cineamatore che ha sempre avuto particolarmente a cuore il tema della libertà personale e, in particolare, per quanto concerne la sfera sessuale. Ciò è attestato dai suoi film precedenti, opere semi-sconosciute di fattura decisamente bassa le cui maturità si concentrano in quella che è la forma di Disobedience. Dramma del 2017 presentato in anteprima a Toronto per il quale vi è stato sicuro impegno da parte di ogni elemento messo in gioco, dietro e davanti la cinepresa, ma una tendenza a cadere vittima del gioco impervio del tempo, sia reale che della narrazione. La sceneggiatura, stesa dallo stesso Lelio, punta forte sulle interazioni dei tre personaggi principali, oltre che sulle prove dei rispettivi interpreti, portando a casa un ammirabile affresco di emozioni contrastanti. Tale meccanismo cade, tuttavia, vittima di sè stesso a causa di una gestione delle tempistiche troppo ancorata ad una dimensione da tesistica ricercata, pur parlando di tematiche già sentite e ivi affrontate senza nuove motivazioni accattivanti, sostenuta comunque da un cast dotato, poliedrico e ben amalgamato ed una fotografia pulita e quasi manieristica in certi punti. Pecca più grave il finale, che non meriterebbe neanche fiati per quanto stonato, ma più in generale la tanto ricercata Disobbedienza del verbo Leliano finisce per adattarsi a quelli che ad oggi altro non sono che canoni precisi di una società che fa della disobbedienza il proprio verbo personale, risolvendo dunque il tutto in un semplice compito ben eseguito.
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chiara
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martedì 20 novembre 2018
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in parziale risposta a "maransimo"
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Ricordo che Ronit dice ad Esti: "Sarai una madre fantastica...mi farai sapere dove sarai? Ti amo"
[+] a chiara e a me stessa
(di maransimo)
[ - ] a chiara e a me stessa
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maransimo
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mercoledì 14 novembre 2018
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finale senza coraggio
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condivido l'opinione d Vera.
E' davvero un capolavoro mancato.
Finale pavido e deludente, Pur di riportare Esti "nelle regole sociali", dopo anni di matrimonio, arriva un' inaspettata (da Esti e dal pubblico) gravidanza
Sarebbe stato meglio fare decidere Esti per Ronit o per David senza alcun condizionamento.
Una domanda: in auto,nel finale, cosa dice Ronit a Esti salutandola ?
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zarar
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domenica 11 novembre 2018
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la storia c'è, manca il mordente
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La morte del padre rabbino porta la fotografa Ronit Krushka, che vive e lavora a New York, a Londra per i funerali, che si svolgeranno nella comunità ebraica ortodossa di cui il padre era la guida spirituale . Ci viene fatto capire subito che si tratta di un ritorno difficile , così come intuiamo a prima vista che Ronit non è l[+]
La morte del padre rabbino porta la fotografa Ronit Krushka, che vive e lavora a New York, a Londra per i funerali, che si svolgeranno nella comunità ebraica ortodossa di cui il padre era la guida spirituale . Ci viene fatto capire subito che si tratta di un ritorno difficile , così come intuiamo a prima vista che Ronit non è l’ebrea ortodossa che ci aspetteremmo. Sbarcata nel grigio suburbio londinese che ospita la comunità (grigio è il tono dominante di questo film) Ronit viene accolta – per noi ancora inspiegabilmente, se non fosse per i suoi modi liberi e disinvolti – con scarsissimo entusiasmo. Con una certa riluttanza la ospitano in casa Dovid, giovane studioso della Torà probabile successore del rabbino morto, e la moglie Esti, ambedue . apprendiamo – cari amici di infanzia di Ronit. Mentre ancora ci chiediamo dove sia il nocciolo del problema, e siamo incerti tra l’abbandono delle radici ed un risvegliarsi di fiamma di Ronit per Dovid reso problematico dal suo matrimonio, dopo un lungo crescendo di inespresso imbarazzo e disagio, out of the blue vien fuori che lo scandalo che aleggia nell’aria ed è la chiave di tutto è la passione che in passato ha legato le adolescenti Ronit ed Esti. E' una passione che né la fuga di Ronit, né il piegarsi di Esti alle leggi morali della comunità, né gli anni di lontananza senza contatti sono bastati a cancellare. Il fuoco si riaccende, ma questa volta Ronit non tace e non fugge, anzi forza le resistenze di chi le sta intorno, primi fra tutti Esti e Dovid, perché sia riconosciuto – anche in questa comunità chiusa e tradizionalista – il diritto alla libertà e alla scelta, ivi compresa la scelta di un amore inaccettabile per un ebreo ortodosso quale l’amore lesbico. La storia tiene, ma il film non tiene del tutto. Il tema si fa strada a fatica tra molte ambiguità e la strategia del regista di svelare tardivamente i giochi confonde le idee piuttosto che aumentare il climax. Una certa pesantezza segna la recitazione degli attori: negli insistenti primi piani che valorizzano soprattutto Ronit e Dovid (malinconicamente inespressiva Esti) dovremmo cogliere sotto traccia un vulcano di passioni compresse da un feroce autocontrollo e dalla più o meno cosciente obbedienza a una legge severa in parte imposta e in parte autoimposta; invece per la maggior parte del film i personaggi sembrano trascinati da forze inerziali, quasi automi non ben certi di dove andranno a sbattere. Così appaiono inaspettati e non veramente maturati i momenti della ‘disobbedienza’, quando le aspirazioni più profonde rivendicano i loro diritti, come nell’incontro finalmente senza freni né remore tra Ronit ed Esti in albergo, che pure è una delle scene più convincenti del film. La stessa catarsi finale si perde nel vago di una conclusione che non conclude, con una Ronit che “toglie il disturbo”, dopo quel po’ po’ di putiferio che ha scatenato. Ben diversa, ad es., l’intensità con cui è resa la costrizione di affetti ed emozioni e la difficile conquista di una libertà interiore in un film quale Fill the void (La sposa promessa) di Rama Burshtein, che si muove in un contesto analogo. Tuttavia il tema è interessante e gli spunti di riflessione non mancano.
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[+] film perfetto!!
(di alaflai)
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[+] tolgo il disturbo
(di maransimo)
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vanessa zarastro
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venerdì 9 novembre 2018
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il dolore della diversità
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Sebastian Lelio è un regista cileno che ama indagare nei sentimenti di persone in qualche modo “diverse”, per poi mettere in luce le loro sofferenze. In questo film affronta il tema delicato come la diversità sessuale, anche quella non palesemente dichiarata, in una piccola comunità ebraica di Golden Greens a Londra, in epoca contemporanea o forse di poco retrodatata. La comunità è una religiosa osservante – haredi? – e molto rispettosa delle tradizioni.
Il film “Disobedience”, presentato allo scorso Toronto International Film Festival,ètratto dall’omonimo best seller di Naomi Alderman che, appunto, è nata e cresciuta nella comunità ebraica ortodossa di Hendon, e poi ci è tornata dopo alcuni anni passati a New York.
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Sebastian Lelio è un regista cileno che ama indagare nei sentimenti di persone in qualche modo “diverse”, per poi mettere in luce le loro sofferenze. In questo film affronta il tema delicato come la diversità sessuale, anche quella non palesemente dichiarata, in una piccola comunità ebraica di Golden Greens a Londra, in epoca contemporanea o forse di poco retrodatata. La comunità è una religiosa osservante – haredi? – e molto rispettosa delle tradizioni.
Il film “Disobedience”, presentato allo scorso Toronto International Film Festival,ètratto dall’omonimo best seller di Naomi Alderman che, appunto, è nata e cresciuta nella comunità ebraica ortodossa di Hendon, e poi ci è tornata dopo alcuni anni passati a New York.
L’amatissimo Rav Krushka muore e la comunità si stringe attorno ai parenti (il fratello e la sua famiglia) e al “figlio spirituale” David Kuperman (il bravo e poliedrico Alessandro Nivola) di cui il Rav ha curato l’educazione religiosa. Come da tradizione ebraica viene celebrata la settimana di lutto (Avelut) e, avvertita da Esti (la bravissima Rachel Mc Adams), arriva da New York anche Ronit (la splendida Rachel Weisz) la figlia trasgressiva del Rabbino morto.
Era partita anni prima e nessuno aveva avute più sue notizie. Si sapeva solo che faceva la fotografa in giro per il mondo. Non si è mai sposata, vive da single, e si veste da “newyorkese”, come notato da una signora maligna della comunità, non porta neanche la parrucca, come fanno molte donne ebree omologate. «Sembri proprio una frum» dice Ronit a Esti. Essere “frum” vuol dire esser devoti o pii e cioè prendere delle precauzioni contro i “frei”, i liberi e non osservanti le regole e convenzioni judaiche.
Il riavvicinamento delle due amiche, ed ex amanti, riaccenderà l'antica passione, probabilmente mai sopita e ritenuta inaccettabile dall'intera comunità.
Lo spazio è claustrofobico e plumbeo, come la stanza degli ospiti senza finestre apribili, dove dorme Ronit. Ed è sintomatico che quando Ronit ed Esti sfuggono ai pettegolezzi e in metropolitana raggiungono il centro, Londra risplenderà in pieno sole.
I primi piani di queste due bellissime donne, nella bella fotografia di Danny Cohen, mostrano il vibrare delle sensazioni: l’anticonformista Ronit, che apparentemente sembra la più forte – è piena di sensi di colpa nei confronti del padre e soffre per non essere ben accetta, mentre la timida e apparentemente docile Esti è una passionale tormentata e, a tratti, si sente pronta a rischiare tutto per appagare il suo amore.
Nel film sembra che il sesso sia uno strumento di liberazione dal peso di una società repressiva che ha nella religione il pilatro fondante. Ma le donne si vogliono ribellare, Esti è combattuta tra le sue pulsioni sessual-amorose e una vita come il faut, “a nice Jewish girl” moglie di un rabbino, un bravo ragazzo con cui ha giocato fin dall’infanzia. Non ha coraggio di fuggire ma neanche quello di restare. Ronit invece è stata, più o meno, ripudiata dal padre che non le ha lasciato in eredità neanche la casa di famiglia, e che invece ha donato alla sinagoga. «Mi ha lasciato una pipa» dice Ronit a Esti nella casa vuota del Rav: un lascito ironico nella sua simbologia palesemente maschile.
Vorrei sottolineare un dettaglio nelle primissime scene che mi ha incuriosito: Robit, appena saputo della morte del padre, va a pattinare per sfogarsi, ma nello spogliatoio ansimando e in preda ad un attacco d’angoscia, si strappa la maglia: questo gesto è la Kerià, che consiste, in caso di decesso di un genitore, nella lacerazione delle vesti dalla parte sinistra in corrispondenza del cuore. Quindi anche se Ronit è fuggita ed è molto lontana, la tradizione resta ed è ancora sentita.
Il film è notevolmente intenso e, nei limiti in cui io possa giudicare, mi pare che il regista abbia ben rappresentato il milieu conservatore ebraico e, in generale, riprodotto in modo esemplare un ambiente provinciale. Infatti, il dramma di due donne omosessuali diversamente ebree, finisce per assumere i contorni di una storia universale sul coraggio di liberarsi dai vincoli che stritolano, soffocano e opprimono la libertà d'espressione.
È strano però come un regista devisamente di “donne” in questo film renda più amabile alla fine, il vero personaggio maschile, il bravo Dovid (Alessandro Nivola) che, a suo modo, si ribella alle convenzioni.
Sebastian Lelio, ha frequentato a Santiago l’”Escuela de Cine de Chile“ un ambiente culturalmente vivace nel quale si è formato il gruppo di registi che oggi rappresenta la più importante corrente cilena del dopo Pinochet. Lo stesso Pablo Larraín Matte, tra i produttori di “Una donna fantastica”, Matías Bize, Andrés Wood, Patricio Guzmán, Gonzalo Maga (sceneggiatore di Lelio) e altri, portano avanti il loro cinema come atto di una liberazione in corso.
Forse Disobedience”non è il migliore dei film di Lelio: nel 2013 con “Gloria” era diventato noto nel panorama internazionale, poiché Paulina Garcia aveva conquistato un Orso d'Argento a Berlino per la miglior interpretazione femminile, mentre il suo film “Una donna fantastica”, aveva ottenuto l’Oscar 2018 come miglior film straniero e migliore sceneggiatura.
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