Roshmia |
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Un film di Salim Abu Jabal.
Con Amna Abu Fodeh, Yousef Hassan, Ghaleb Kiwan, Fuoad Abu Qumir, Rizek Sahury.
continua»
Documentario,
durata 70 min.
- Palestina, Libano, Qatar, Siria, Emirati Arabi Uniti 2015.
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venerdì 13 gennaio 2017 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Roshima è una valle isolata nella provincia di Haifa. In quella valle Yousef vive con Amna dopo essere stato scacciato dal suo villaggio natale nel 1948. I due vivono la loro esistenza di esiliati in una baracca senza acqua né elettricità, protetti dal loro isolamento, finché non arriva dal governo israeliano l'ordine di sgombero. Il giornalista che si occupa del loro caso, cerca di aiutarli e si lascia coinvolgere dalla loro storia diventando il regista che filma per sei anni la loro disperata battaglia. La sorte di questi due fragili vecchi è quella di milioni di Palestinesi che dal 1947 ad oggi vengono privati della loro terra e case. Per capire la vicenda del film bisogna sapere che Israele non rispetta le leggi del paese che occupa (in barba alle norme internazionali che lo prevedono), cioè non riconosce i diritti di proprietà di chi non possiede i documenti ritenuti validi da Israele. E' la pratica colonialista che, per fare solo due esempio, nell' 800 ha portato all'esproprio dei territori degli indiani d'America o degli aborigeni in Australia, i quali certo non avevano il catasto per dimostrare il loro diritto alla terra. Israele sostiene di agire legalmente, ma le sue leggi non sono legittime, (come ha dichiarato anche l'ultima risoluzione dell'ONU). Esse però sono funzionali alla politica di espansione di Israele che con questo sistema ha lasciato ai palestinesi un decimo del loro territorio originario. Il regista illumina il contrasto tra il mondo povero, rurale e solitario dei due anziani e la devastazione dell'espansione urbana e commerciale che circonda il loro giardino. I cinguettii dell' orto vengono soffocati dai rumori dei camion, sopra la baracca che ospita i due anziani incombono blocchi di condominii lucenti, mentre Yousef pianta un alberello alle sue spalle le ruspe aprono le montagne. La telecamera inquadra ora la vallata, ora i volti dei protagonisti, l'una e gli altri scavati, segnati, avviliti dalla Storia. Non c'è salvezza. La minaccia e l'ansia giungono a fendere la concordia della coppia. “Se lascio questo posto” afferma Yousef “lascio la mia vita”.
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