Basta un buio crescendo di battiti per gettarci dentro il thriller musicale costruito con la sapienza del grande regista dal 29enne Damien Chazelle, per condurci fra le penombre del prestigioso Conservatorio Schaffer di New York, dove si coltivano i talenti che saranno i migliori musicisti di domani. In quello che è il regno del supremo maieutico Terence Fletcher (J.K. Simmons), maestro pronto a plasmare con rigore militaresco i suoi allievi, come tenterà di fare con il giovane protagonista Andrew Neyman (Miles Teller).
Il ritmico battere sul kit della batteria è al centro della storia così come le note di sax, tromboni, piano, viola in un vortice jazzistico che ci avvince con una febbrile incalzante morsa sino alla fine. Ma nei serrati controcampi e negli stacchi decisi di Chazelle è il conflitto fra due solitudini a occupare le luci della ribalta: Fletcher vs Neyman.
La musica diviene il pretesto per catapultarci sul ring dove va in scena quest’ardito incontro di boxe tra due caratteri oppositi, tra due talenti rari, tra uno studente e il suo insegnante. Un maestro che ha il tono muscolare di un sorprendente J.K. Simmons, dimentico dei suoi buffi ruoli (Juno, Spider-Man, Burn After Reading) e col ferreo piglio da Sergente Maggiore Hartman. Mentre all’altro angolo, seduto sullo sgabellino del batterista, ecco l’altrettanto bravo Miles Teller nel ruolo di un timido talentuoso 19enne che si esercita anche di notte pur di migliorare la propria tecnica, che getta sangue e sudore sul metallo dei piatti, che rinuncia a una relazione con la bella Nicole (Melissa Benoist) pur di diventare uno dei più grandi.
Andrew accetta la violenta sfida del suo maestro, incassa i colpi come un pugile navigato, si allena duramente sino a conquistarsi il posto di batterista nella Studio Band di Fletcher, proprio suonando quella “Whiplash” con la quale il maestro l’aveva umiliato in precedenza. Ma le “frustate” di Terence Fletcher si abbattono imprevedibilmente sui suoi allievi e sarà ancora sangue che Andrew butterà sui tamburi della batteria per avere la parte a un concorso: e noi siamo lì con entrambi nella sala prove (prima) e sul palco (poi), grazie anche al coinvolgente montaggio di Tom Cross, alle luci intime di Sharone Meir, alle precipitanti inquadrature del regista Damien Hazelle.
Siamo dentro all’azione di un duello che arriva a esplodere al di fuori del rullante della batteria: Andrew – reduce da un incidente d’auto occorsogli perché non voleva tardare all’esibizione – sbaglia, Fletcher lo silura ed ecco che il composto ma determinato ragazzo lo abbatte come un pugile inferocito. Ma anche Fletcher è fuori, licenziato dal Conservatorio Schaffer per i suoi metodi estremi d’insegnamento. Due esclusi. Fletcher tornerà a fare il musicista nei locali, Andrew metterà da parte la musica, metterà da parte i suoi sogni.
L’efferata lotta tra i due si è estinta, dissolta dentro un limite che ha schiacciato le tenaci ambizioni di Andrew, un limite che Fletcher cercava di alzare sempre più, oltre quel “Buon lavoro” che uccide i talenti. Ma il talento di Andrew è eccezionale e messo un’ultima volta alle corde dal perfido tranello finale del suo maestro, egli saprà ancora incassare e reagire come solo i fuoriclasse. E quel perfetto sfrontato “Caravan” che chiude il film è un giro di giostra oltre il limite di una sfida ad alta tensione. Di un combattimento vissuto tra colpi di bacchette che lasciano un segno indelebile. Come una sferzante frustata.
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