xxseldonxx
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sabato 26 aprile 2014
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nymphomaniac, quando il regista uccide sé stesso
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Si può recensire un film di Lars von Trier? Mmh, difficile dare un voto: siamo di fronte ad una concezione del cinema quasi unica e che poco si presta a giudizi di forma... Piuttosto si può provare ad analizzarlo, tenendo ben presente le altre opere del regista. Ovviamente, nel fare questo, è impossibile non incappare in qualche spoiler; quindi tanto vale non cercare nemmeno di evitarli. Il lettore che non mi abbia già abbandonato è dunque avvisato: rischio spoiler. E non solo per questo film, ma anche per "Dogville", opera gemella.
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Si può recensire un film di Lars von Trier? Mmh, difficile dare un voto: siamo di fronte ad una concezione del cinema quasi unica e che poco si presta a giudizi di forma... Piuttosto si può provare ad analizzarlo, tenendo ben presente le altre opere del regista. Ovviamente, nel fare questo, è impossibile non incappare in qualche spoiler; quindi tanto vale non cercare nemmeno di evitarli. Il lettore che non mi abbia già abbandonato è dunque avvisato: rischio spoiler. E non solo per questo film, ma anche per "Dogville", opera gemella.
Prima di iniziare questa analisi (o recensione, che dir si voglia), una considerazione di carattere "tecnico": dividere il film in due parti, per quanto inevitabile che fosse dal punto di vista distributivo, è davvero deleterio. Come anche in "Melancholia", la prima parte è decisamente meno vivace e più lenta della seconda; ma non è solo una questione di ritmo: il vero problema è che molti elementi del primo film risultano inutili e perfino fastidiosi, ma trovano piena giustificazione nella seconda parte. Ecco perché in questo testo, l'opera verrà trattata come nella concezione del regista, ovvero come un tutt'uno.
"Nymphomaniac vol. I e vol. II" è un'opera chiave nella filmografia del regista: nonostante riprenda molti elementi già trattati in precedenza, lo fa in un modo inedito e, nel finale, rivelatore. Questo è il film in cui von Trier si mette completamente a nudo (guarda caso), mostrandoci le proprie paure, le proprie passioni, ma soprattutto la propria visione di sé stesso. Ultimo, ma non per questo meno importante, questo è il film con cui più gioca col pubblico, mettendo a nudo le nostre paure, le nostre passioni e, ovviamente, la nostra visione di Lars von Trier stesso.
Innanzitutto, un Lars così divertito (e divertente, anche se alcuni direbbero grottesco) non lo si vedeva dai tempi di "Il grande capo" (2006), o addirittura di "Idioti" (1998). In "Nymphomaniac", attraverso alcune delle digressioni di Seligman, siamo continuamente tolti dal piano del tragico e gettati su quello della commedia, seppur squallida e banale (si pensi all'"anatra starnazzante" o alle immagini della scolaretta ninfomane, solo per fare due esempi); ma è quando il figlio di Joe, lasciato a casa da solo, esce dal lettuccio e, accompagnato da "Lascia ch'io pianga" di Handel, si avvicina al terrazzino innevato, solo per essere salvato in extremis dal padre, che ci accorgiamo che quel gran burlone di Lars ci ha presi tutti per il naso e ha giocato con i nostri preconcetti, portandoci pericolosamente vicino alla parodia di "Antichrist", ad oggi il suo film più tetro e spaventoso. Ma la funzione principale di queste rapide digressioni non è quella di far ridere il pubblico (in effetti, sono scene piuttosto squallide), ma quella di impedirne l'immedesimazione con la tragedia rappresentata su schermo.
Eppure, proprio nel distacco dalla tragedia narrata si realizza una seconda tragedia, ancora più tremenda. Tutti, tutti i film di Lars von Trier hanno elementi che impediscono, o almeno tentano di impedire, allo spettatore (ma forse solo ad un particolare tipo di spettatore, quello "adatto", come vedremo più avanti) di immedesimarsi nei personaggi: il montaggio frammentario, la suddivisione in capitoli (che in "Dogville" riassumono addirittura quello che sta per succedere), o l'assurda automavision de "Il grande capo" sono tutti fattori che concorrono a distaccarci dalla storia raccontata e dalla sofferenza delle protagoniste. Lo sguardo "oggettivo" che acquisiamo in questo modo ci innalza al di sopra del mondo, ci permette di giudicare i fatti e di condannare le azioni.
Il film che esemplifica al meglio questa tecnica è senz'altro "Dogville" (e il sequel "Manderlay"), dove il regista permette al pubblico di conoscere ogni singolo sentimento di ogni singolo personaggio e perfino di vedere attraverso le pareti, che, per noi, spettatori e semidei, non esistono: la cittadina di Dogville, l'umanità intera è completamente nuda di fronte a noi. Siamo come Dio, onniscienti e pronti a giudicare. In questo strano Eden che è il cinema, questo Regista, questo Serpente porge all'uomo il frutto della conoscenza del Bene e del Male, promettendogli il potere divino. Ma proprio in questo sta l'imbroglio: noi non siamo Dei, ma solamente uomini, non migliori di quelli che von Trier ci mostra. In questo sta il tragico: nella nostra distanza dal dolore e dalla miseria dell'umanità; perché, a ben pensarci, lontano dalle tentazioni del Serpente, questo distacco ci disgusta, ci sentiamo disgustati da noi stessi. Non c'è catarsi in queste tragedie, perché la tragedia vera siamo noi, non quelle macchiette che si muovono su schermo, con le quali ci è impedita l'empatia.
"Non c'è nulla di sessuale in me. [...] Forse questo fa di me un miglior ascoltatore della sua storia: non ho preconcetti, o preferenze. Sono effettivamente il miglior giudice che lei possa dare alla sua vita." Così si rivolge il letterato Seligman alla ninfomane Joe. E questa frase spiega e giustifica tutto il fastidio che poteva dare quell'eccesso di digressioni letterarie, matematiche, religiose, musicali o ittiche che ci accompagnano per tutta l'opera e che nella prima parte apparivano davvero superflue e sconclusionate: lo spettatore Seligman, vergine e "puro", segue la vicenda da un punto di vista superiore, privo di qualsiasi coinvolgimento emotivo. Concettualizza, paragona, e schematizza; lo fa perché è questo che gli dà piacere, distaccarsi, poter giudicare. Un altro intellettuale, un altro uomo ingannato dal Serpente.
Un inganno, certo, perché il tentato stupro nel finale ci mostra crudelmente quale è la natura di Seligman: umano, troppo umano per poter comportarsi come il Dio che ha la pretesa di essere. E Joe, che aveva creduto di trovare in lui un amico, l'unico amico che possa avere una ninfomane, non può perdonare questo orrore: lo uccide. E il rumore dello sparo rimanda istantaneamente al finale di "Dogville", quando la divina Grace, dopo aver condannato l'intera umanità, uccide personalmente l'intellettuale Tom, il peggiore tra tutti gli abitanti della squallida cittadina.
E ora una domanda: qual'è lo spettatore più adatto per questo film? Certamente non chi cerca piacere o divertimento (sfido chiunque ad uscire divertito dalla visione di questo film). No, l'unico spettatore adatto, a cui questo film possa lanciare un messaggio davvero forte, è chi cerca di interpretarlo, chi si lascia disttaccare; chi guarda alle tanto scandalose scene di sesso solo "per curiosità, non per libidine". In una parola? l'intellettuale, "un cattivo essere umano" (lui sì!), il peggior essere umano.
Se poi teniamo presente che von Trier ha più volte dichiarato di essere egli stesso il primo spettatore dei suoi film, capiamo che questa critica è anzitutto una potente autocritica; capiamo che quel proiettile non ha ucciso solo Seligman e neppure solo il pubblico (quello "adatto"), ma, prima di tutti, ha ucciso Lars von Trier stesso, la cui mano avvicinava la pistola alla tempia fin dall'inizio del film.
Dei vari temi trattati in "Nymphomaniac" questo è, secondo me, il più importante, quello che rende questa pellicola davvero grande; il film tratta indubbiamente anche della sessualità, del rapporto con la natura, della condizione della donna, della solitudine e di molti altri argomenti i quali necessitano di una risposta. Di certo non verrà fornita qui.
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simonìca
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venerdì 25 aprile 2014
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lars von trier potente e sviscerante
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Con Nymphomaniac vol 2, Lars Von Trier esaspera quello che è il suo linguaggio, moltiplicando la sua potenza ed obbligando lo spettatore a prendere ogni cosa solo ed esclusivamente di pancia, senza dargli tempo di digerire ed assorbire.
Le parti "di poesia" del primo film si fanno sempre più rade (Joe stessa rimprovererà Seligman di non riuscire più nelle sue digressioni tanto erudite quanto poetiche), lasciando invece spazio alla realtà nuda e cruda. In altri termini si potrebbe dire che se nel primo c'era un equilibrio fra l'apollineo e il dionisiaco, nel secondo questo si spezza del tutto ed il dionisiaco trionfa.
Tuttavia si scopre qualcosa di puro e per assurdo proprio nella figura della protagonista, che col raccontare la sua storia si è messa a nudo ed è riuscita a vedersi in un'altra ottica, a comprendere la sua dipendenza, a perdonarsi, a riscoprirsi.
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Con Nymphomaniac vol 2, Lars Von Trier esaspera quello che è il suo linguaggio, moltiplicando la sua potenza ed obbligando lo spettatore a prendere ogni cosa solo ed esclusivamente di pancia, senza dargli tempo di digerire ed assorbire.
Le parti "di poesia" del primo film si fanno sempre più rade (Joe stessa rimprovererà Seligman di non riuscire più nelle sue digressioni tanto erudite quanto poetiche), lasciando invece spazio alla realtà nuda e cruda. In altri termini si potrebbe dire che se nel primo c'era un equilibrio fra l'apollineo e il dionisiaco, nel secondo questo si spezza del tutto ed il dionisiaco trionfa.
Tuttavia si scopre qualcosa di puro e per assurdo proprio nella figura della protagonista, che col raccontare la sua storia si è messa a nudo ed è riuscita a vedersi in un'altra ottica, a comprendere la sua dipendenza, a perdonarsi, a riscoprirsi. Quindi proprio perchè è passata attraverso le esperienze più terribili ed umilianti e ne prende consapevolezza, riesce a vedere la sua anima nella sua completezza e a riconoscerla in un albero che ne è l'immagine visiva.
Ed ecco perchè l'unica scena che appare veramente disgustosa superando ogni scena di più spinta perversione, è l'ultima, quando colui che più di tutti sembrava averla capita e aveva aiutato lei stessa e lo spettatore in questo, cerca di approfittarsi di lei.
Ma neppure lui è condannabile. Seligman, come ogni personaggio della storia, è umano e l'essere umano non può rinnegare la sua natura, non riesce a tenere in piedi tutte le costruzioni che durante la vita tenta di ricostruirsi e quelle di Seligman crollano tutte in una sola notte.
Un film potente, spiazzante, tragico, ma che sa divertire, che sembra voler raccontare una sola e semplice storia, ma parla prima di tutto di uomini analizzandoli e sviscerandoli fino in fondo, mostrandoli in tutta la loro umanità, senza risparmiare nessuno.
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luanaa
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sabato 12 aprile 2014
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meglio del primo..
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..ma non tagliato di quasi un'ora.Sicuramente più forte ma anche più mirato. Il dissidio tra carne (Joe) e spirito (Stellan attore) si fa più stringente e parossistico fino ad un finale non prevedibile e che lascia di stucco per la sua verità simbolica.Più provocatorio e giustamente dico io... vedi le scene dei cosiddetti gruppi di auto-aiuto...più ampliato in aspetti collaterali della sua vita di donna che si sente tagliata fuori dal mondo normale e che non riesce a tornare indientro.. emergendo però col tempo e con l'età elementi di autoscoscienza e quindi di pietas verso l'altro (attività illegale..tenerezza verso la ragazzina)..età che comporta avvizzimento del corpo e stanchezza psico-fisica.
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..ma non tagliato di quasi un'ora.Sicuramente più forte ma anche più mirato. Il dissidio tra carne (Joe) e spirito (Stellan attore) si fa più stringente e parossistico fino ad un finale non prevedibile e che lascia di stucco per la sua verità simbolica.Più provocatorio e giustamente dico io... vedi le scene dei cosiddetti gruppi di auto-aiuto...più ampliato in aspetti collaterali della sua vita di donna che si sente tagliata fuori dal mondo normale e che non riesce a tornare indientro.. emergendo però col tempo e con l'età elementi di autoscoscienza e quindi di pietas verso l'altro (attività illegale..tenerezza verso la ragazzina)..età che comporta avvizzimento del corpo e stanchezza psico-fisica.E che si è auto tagliata dal mondo comune ( vedi la modalità di abbandono dalla sua famiglia di marito e figlio e tutte le varie forme di autopunizione legate comunque al sesso ma non solo) ). E vedi in ultimo la fine liberatoria che però fa i conti senza l'oste.In questa seconda parte tutti i nodi vengono come si suol dire al pettine.Insomma un film andrebbe visto nella sua completezza per darne un giudizio..e SENZA TAGLI.Un film strano...ti lascia comunque dentro qualcosa. Luana.
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cirokisskiss
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lunedì 7 aprile 2014
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sinceramente, lars. ii
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Il secondo volume amplifica ulteriormente la caratteristica filosofica/intellettualoide che permette di sfruttarla come veicolo di ulteriore sperimentazione registica, spesso stuzzicata da curiosi estratti documentaristici e non, che suggestionano e stimolano un certo senso di arguzia e inusuale ironia, centralizzando anche una conflittualità implicita tra i due interlocutori che si confessano antipodi, l'onnisciente e la grezza sapienza dell'esterno. Forzando la mano su una voluta inverosimiglianza del racconto, Von Trier ci rende partecipi del suo voler completare in ogni sfumatura la trattazione sessuale: sadomaso, rapporti lesbo e un'accenno alla pedofilia che apre forse la morale più riuscita e coinvolgente del film, ossia la carnalità come solo e unico modo per leggere l'inconscio dell'essere, dei desideri, delle perversioni, dell'anima, un decadimento prepotente dell'eterea concezione dell'Io interiore, non c'è mistica o onirica concezione dell'essere umano, tutto quello che è viene riscontrato dal suo agire, dalle sue parole, ma sopratutto da quell'eccitazione sessuale che potrebbe erigersi anche dinanzi alla più terribile efferatezza, dinanzi la fine.
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Il secondo volume amplifica ulteriormente la caratteristica filosofica/intellettualoide che permette di sfruttarla come veicolo di ulteriore sperimentazione registica, spesso stuzzicata da curiosi estratti documentaristici e non, che suggestionano e stimolano un certo senso di arguzia e inusuale ironia, centralizzando anche una conflittualità implicita tra i due interlocutori che si confessano antipodi, l'onnisciente e la grezza sapienza dell'esterno. Forzando la mano su una voluta inverosimiglianza del racconto, Von Trier ci rende partecipi del suo voler completare in ogni sfumatura la trattazione sessuale: sadomaso, rapporti lesbo e un'accenno alla pedofilia che apre forse la morale più riuscita e coinvolgente del film, ossia la carnalità come solo e unico modo per leggere l'inconscio dell'essere, dei desideri, delle perversioni, dell'anima, un decadimento prepotente dell'eterea concezione dell'Io interiore, non c'è mistica o onirica concezione dell'essere umano, tutto quello che è viene riscontrato dal suo agire, dalle sue parole, ma sopratutto da quell'eccitazione sessuale che potrebbe erigersi anche dinanzi alla più terribile efferatezza, dinanzi la fine. Nymphomaniac è per certi versi il film catalizzatore di Lars Von Trier, dove numerosi sono i rimandi visivi, oltre che tematici, ai suoi precedenti lavori, basti pensare al semi-rifacimento del prologo di Antichrist o il rimando alle asettiche scenografie (non però così estremizzate) di Dogville nei sobborghi del ritrovamento; Un rimando ai suoi costanti quesiti, masochistici, ma questa volta posti con la voglia di reagire alla commiserazione, accettando il suo essere imperfetto, godendo della sua pretenziosità e farsi egregiamente beffe della morale dell'onnisciente, del suo ascolto, del suo giudizio etico, artistico, teologico o analitico che sia, sbarazzandosene una volta svelate le relative e fuorvianti intenzioni.
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(di francesco2)
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kaji_surfing_records
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giovedì 20 marzo 2014
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peplessità a gogo
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Premetto di aver visto la versione "ridotta" del film (quella di 2h) e che oltre a "dogville" non ho visto altri film di Lars Von trier. Questa seconda parte pur partendo in modo sfavillante nel suo sviluppo risulta essere molto più convenzionale sia dal punto di vista narrativo che da quello stilistico: le esperienze sessuali della protagonista risultano più "forzate" come se si dovesse a tutti costi esplorare tutti i generi di esperienza sessuale (sadomaso,lesbo, interracial) mentre la trama si fa più inverosimile e poco convincente persino nei colpi di scena purtroppo anche la cosa più importante della strama ovvero lo sviluppo psico-emotivo dei personaggi viene trasmesso in maniera parecchio superficiale, magari tutto ciò è dovuto ai tagli non lo so però pur avendo guardato con interesse anche queste due ore di film devo dire che sono rimasto parecchio perplesso un pò su tutti gli aspetti.
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Premetto di aver visto la versione "ridotta" del film (quella di 2h) e che oltre a "dogville" non ho visto altri film di Lars Von trier. Questa seconda parte pur partendo in modo sfavillante nel suo sviluppo risulta essere molto più convenzionale sia dal punto di vista narrativo che da quello stilistico: le esperienze sessuali della protagonista risultano più "forzate" come se si dovesse a tutti costi esplorare tutti i generi di esperienza sessuale (sadomaso,lesbo, interracial) mentre la trama si fa più inverosimile e poco convincente persino nei colpi di scena purtroppo anche la cosa più importante della strama ovvero lo sviluppo psico-emotivo dei personaggi viene trasmesso in maniera parecchio superficiale, magari tutto ciò è dovuto ai tagli non lo so però pur avendo guardato con interesse anche queste due ore di film devo dire che sono rimasto parecchio perplesso un pò su tutti gli aspetti... aspettiamo la versione estesa!!!
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