antonello chichiricco
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domenica 26 luglio 2015
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bello, profondamente fatalmente umano
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Antoine abbandona la musica, traversa il palco come in trance, trascinando il suo trolley, ignorando tutto e tutti per andare...
De-motivato, de-presso, de-pistato, de...tutto, trascina se stesso verso una rinascita a cui è il primo a restare indifferente. La tipa del collocamento gli propone un lavoro da portiere in un piccolo condominio, ma se gli avesse offerto un impiego da commesso, da benzinaio o da badante sarebbe stato lo stesso. Gl'inquilini quando s'accorgono della sua vacuità sospesa, indecisionale, la scambiano per estrema disponibilità e lo stringono concentrici divorandone lentamente le succulente riserve di umanità.
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Antoine abbandona la musica, traversa il palco come in trance, trascinando il suo trolley, ignorando tutto e tutti per andare...
De-motivato, de-presso, de-pistato, de...tutto, trascina se stesso verso una rinascita a cui è il primo a restare indifferente. La tipa del collocamento gli propone un lavoro da portiere in un piccolo condominio, ma se gli avesse offerto un impiego da commesso, da benzinaio o da badante sarebbe stato lo stesso. Gl'inquilini quando s'accorgono della sua vacuità sospesa, indecisionale, la scambiano per estrema disponibilità e lo stringono concentrici divorandone lentamente le succulente riserve di umanità. Di lui non si sa nulla, e nessuno vuol sapere nulla (il fortuito incontro con la sua ex è la conferma di un'implosivo scoramento affettivo di due personaggi annichiliti, senza più maschere) e ritorna alla sua nuova micro-umanità di personaggi checoviani, al suo balletto di umanissimi saprofiti che lo braccano spolpandolo un girotondo che diventa grottesco, surreale, e lui ascolta, si presta, aiuta, conforta, s'ingegna, ma in tanta ombra luminosa di egoismi l'unico vero interesse che lo scuote dal darsi supinamente è quello per l'apprensiva Mathilde, fallita filantropa, terrorizzata dalle sue crepe e dai suoi squilibri, una fragilità nevrotica, impaurita, a cui Antoine si offre improbabile sconsolato consolatore. Fino all'inutile tentativo di farle recuperare un passato che l'ha tradita, fino a farsi risucchiare - del tutto consapevole - la gravida energia vitale inespressa di cui è sempre stato portatore malato.
Bello. Profondamente e fatalmente umano (l'unica persona che vuole aiutare Antoine è l'impiegata del collocamento che - incolpevolmente - lo instrada verso la sua fine). Una insolita Deneuve ultrasettantenne, spogliata della sua conturbante algida sensualità, piccola fragile donna che ispira blanda irritazione ma anche tenerezza e compassione. Ottima la recitazione di tutti, giusta la scenografia, azzeccata e senza alternative. Ottimo film, passato immeritatamente in sordina, almeno da noi.
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flyanto
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lunedì 27 ottobre 2014
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l'incontro tra due individui soli
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Film in cui si racconta di un cantante rock di locali notturni, ormai sfinito per il troppo abuso di alcool e droga, il quale decide di abbandonare la sua attività e trovarsi un' altra occupazione al fine di potersi mantenere. Tramite un'agenzia di collocamento egli riesce a trovare un posto come portinaio in uno stabile dove tutto sommato riuscirà a svolgere le proprie mansioni alla meno peggio. Verrà anche a contatto con un'anziana inquilina dello stabile, interpretata da Catherine Deneuve, con cui stringerà una singolare amicizia, per non dire complicità, arrivando a sostenerla nelle sue strampalate "imprese" ed idee sino ad un epilogo purtroppo inaspettato ed affatto allegro.
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Film in cui si racconta di un cantante rock di locali notturni, ormai sfinito per il troppo abuso di alcool e droga, il quale decide di abbandonare la sua attività e trovarsi un' altra occupazione al fine di potersi mantenere. Tramite un'agenzia di collocamento egli riesce a trovare un posto come portinaio in uno stabile dove tutto sommato riuscirà a svolgere le proprie mansioni alla meno peggio. Verrà anche a contatto con un'anziana inquilina dello stabile, interpretata da Catherine Deneuve, con cui stringerà una singolare amicizia, per non dire complicità, arrivando a sostenerla nelle sue strampalate "imprese" ed idee sino ad un epilogo purtroppo inaspettato ed affatto allegro.
Questa commedia di Pierre Salvadori risulta senza alcun dubbio molto ben diretta e soprattutto ben equilibrata nello svolgersi progressivo della vicenda e nell'incalzare sempre maggiore della sottile ironia che tutta la pervade. L'intero suo successo poggia principalmente sui due personaggi principali, il protagonista portiere e la donna svampita ed ossessionata da varie manie, che insieme determinano una coppia in perfetta sintonia, per non dire addirittura complementare. Le astruse e strane decisioni della donna ricadono sull'uomo che, pur non approvandole, le asseconda volente o nolente, in quanto ne rimane coinvolto ed entrambi, alla deriva ormai per le proprie ragioni, divengono in pratica l'uno il sostegno dell'altra. Ma quello che soprattutto risalta in maniera spiccata in questa pellicola è la straordinaria interpretazione di Gustave Kerven, l' ex-cantante portiere, e quella ancora più eclatante e mirabile di Catherine Deneuve che, almeno a mia memoria e conoscenza, mai aveva interpretato un ruolo così singolare di donna svampita ed alquanto nevrotica, donando in tal modo allo spettatore un ritratto quanto mai plausibile e veritiero.
Insomma, un film altamente consigliabile pur nella sua leggerezza, ma proprio per questo motivo assai apprezzabile, nonostante un certo retro gusto malinconico e triste verso la fine che giustamente lo colloca nel genere della melancommedia.
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veritasxxx
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martedì 4 novembre 2014
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mal di vivere e foie gras
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Pierre Salvadori dirige un cast di tutto rispetto in una Parigi anonima dove anime inquiete e in pieno default esistenziale cercano il bandolo della matassa per condurre un'esistenza serena, seppur con scarsi risultati. Antoine (Gustave Kervern) è un musicista che in un momento di sbandamento lascia chitarra ed affetti e si ritrova a fare il portiere di condominio in un piano terra che dà su un ridanciano cortile interno (la "cour" menzionata nel titolo orginale appunto, che non lascia adito ad equivoci perchè di tutto si tratta tranne di una commedia leggera, ma si sa, i nostri connazionali vedono i film francesi solo in cambio della promessa di una risata, da cui l'orrendo titolo italiano).
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Pierre Salvadori dirige un cast di tutto rispetto in una Parigi anonima dove anime inquiete e in pieno default esistenziale cercano il bandolo della matassa per condurre un'esistenza serena, seppur con scarsi risultati. Antoine (Gustave Kervern) è un musicista che in un momento di sbandamento lascia chitarra ed affetti e si ritrova a fare il portiere di condominio in un piano terra che dà su un ridanciano cortile interno (la "cour" menzionata nel titolo orginale appunto, che non lascia adito ad equivoci perchè di tutto si tratta tranne di una commedia leggera, ma si sa, i nostri connazionali vedono i film francesi solo in cambio della promessa di una risata, da cui l'orrendo titolo italiano).
Mathilde (Catherine Deneuve), fresca di pensione, cerca in tutti modi di tenersi occupata tra impegno sociale nel quartiere, attività di volontariato e ansie per vistose crepe nei muri di casa in fase di sgretolamento, che chi ha sofferto di crisi depressive conosce bene. Troverà in Antoine un palo a cui aggrapparsi, anche se è una gara a chi sta peggio. In questo panorama urbano non proprio allegro ruotano personaggi incredibili e tanto esilaranti quanto veri: il marito di lei che poco comprende lo stato mentale della moglie che sembra impazzita, il vicino tossicomane con cui Antoine condivide amicizia e droghe più o meno pesanti, il condomine rompipalle che è infastidito dalle biciclette parcheggiate in cortile e che sente cani ululare ad ogni ora del giorno e della notte. E come se non bastasse, ci si mette pure il senzatetto russo seguace della setta della luce infinita che approfitta della bontà di Antoine per sfruttarne l'ospitalità.
È una Francia che non può non far sorridere, che non ha paura di esternare le sue nevrosi e non si nasconde dietro ad una facciata di rispettabilità come facciamo noi italiani, e che riflette sul senso della vita e del tempo che passa, perdendosi in una spirale di intellettualismo che potrà annoiare chi non ama il cinema che fa riflettere e si aspetta sempre di essere intrattenuto da una costruzione impeccabile della sceneggiatura come se un film fosse una formula matematica che segue un procedimento ben preciso prima di arrivare al risultato finale.
"Les mensonges des gens qui nous aiment sont les plus belles déclarations d’amour" è la riflessione finale di Mathilde successiva all'esito inevitabile di un mal di vivere caratteristico di certi occidentali troppo sensibili per affrontare la guerra globale per la sopravvivenza a cui altri popoli sono ben più allenati.
Dans la cour è tragico, spietato, noioso, surreale, paradossale e divertentissimo, come la vita. Basta prenderlo per quello che è: un bel gioco che dura (più o meno) poco.
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francesco2
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sabato 30 dicembre 2017
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meritava qualcosa di più
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Film a mio parere non privo di bozzettismi nella caratterizzazione dei personaggi, ma che avrebbe meritato di più per la sua capacità di lascianre trapelare il disagio, attraverso gesti e situazioni non sempre cosi anodine come potrebbero apparire. Costruisce una progressione partendo da disfunzionalità quotidiane, apparentemente puri fastidi, in realtà simbolo di un progressivo sfaldamento che abbraccia anche la sfera emotiva e personale, ben reso nella scena delle diapositive con “allegata”reazione della Deneuve. Per questo il finale, se si è entrati nello spirito del film, forse non è cosi sorprendente, e contemporaneamente la nuova reazione della Deneuve lascia una speranza non confondibile con uno stolto ottimismo.
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Film a mio parere non privo di bozzettismi nella caratterizzazione dei personaggi, ma che avrebbe meritato di più per la sua capacità di lascianre trapelare il disagio, attraverso gesti e situazioni non sempre cosi anodine come potrebbero apparire. Costruisce una progressione partendo da disfunzionalità quotidiane, apparentemente puri fastidi, in realtà simbolo di un progressivo sfaldamento che abbraccia anche la sfera emotiva e personale, ben reso nella scena delle diapositive con “allegata”reazione della Deneuve. Per questo il finale, se si è entrati nello spirito del film, forse non è cosi sorprendente, e contemporaneamente la nuova reazione della Deneuve lascia una speranza non confondibile con uno stolto ottimismo.
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