shiningeyes
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lunedì 23 settembre 2013
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bravissimo ron!
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Ron Howard ha dichiarato che prima di girare “Rush” non si era mai interessato minimamente al mondo della Formula 1. E' il caso di dire che il film sia fatto male o che offra una visione distorta di quel mondo? Niente di tutto questo.
“Rush” è girato con una perizia tecnica e una scioltezza da far sembrare il vecchio Ron un esperto del settore, ma non si parla solo di un film semplicemente girato bene, comunque.
Il film è un collant di emozioni forti intrise dalla bellissima storia della rivalità dei piloti James Hunt e Niki Lauda; uomini, eroi e sportivi con due caratteri opposti: il primo, don giovanni, festaiolo e folle sulla macchina da corsa, il secondo, serio, professionale e ligio alle regole.
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Ron Howard ha dichiarato che prima di girare “Rush” non si era mai interessato minimamente al mondo della Formula 1. E' il caso di dire che il film sia fatto male o che offra una visione distorta di quel mondo? Niente di tutto questo.
“Rush” è girato con una perizia tecnica e una scioltezza da far sembrare il vecchio Ron un esperto del settore, ma non si parla solo di un film semplicemente girato bene, comunque.
Il film è un collant di emozioni forti intrise dalla bellissima storia della rivalità dei piloti James Hunt e Niki Lauda; uomini, eroi e sportivi con due caratteri opposti: il primo, don giovanni, festaiolo e folle sulla macchina da corsa, il secondo, serio, professionale e ligio alle regole.
Le premesse per un bel film ci stanno già, dato che il sapiente Ron, sa come articolare le emozioni dei suoi protagonisti e come definirle psicologicamente, e la buona sceneggiatura di Morgan gli facilita le cose.
Ma il pezzo forte rimane comunque la regia: Howard ci trasporta praticamente nelle monoposto ultra veloci e nel nascente ambiente glamour che stava circondando la Formula 1 degli anni 70, il tutto condito dalle fenomenali sequenze delle gare automobilistiche, riprese talmente bene da farti sentire il cuore in gola nei momenti più pericolosi che passa un pilota durante la corsa nella sua macchina, tra incidenti e una non indifferente percentuale di rischio di morte.
Piccola menzione sul sonoro e sul montaggio sonoro che rendono i suoni dei motori veramente realistici - e fidatevi da uno che la Formula 1 la seguiva parecchio, ma ora non più – e, non dimentichiamoci del favoloso montaggio che intervalla il punto di vista del pilota con quello della macchina con le inquadrature su come pompano i cavalli.
Tutto bello, l'unica cosa che manca è un attore che offra emozioni dal punto di vista recitativo nel ruolo di James Hunt, perché Hemsworth non ha nulla da offrire in fatto di sentimenti: pessimo e fin troppo statuario; ottima sorpresa Daniel Bhrul, riesce a centrare perfettamente le caratteristiche di un campione come Niki Lauda (odore di nomination agli Awards).
Insomma, “Rush” è un gran bel film che dovrebbe strappare numerose statuette in varie manifestazioni, ma più che altro è un film bello, da farti drizzare i peli e da farti venire vari groppi in gola dalle emozioni che ti provoca. Quando vi siederete guardando questo film vi sembrerà di sedervi in una Ferrari o Mclaren. Garantito.
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lalune
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sabato 28 settembre 2013
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howard racconta hunt e lauda in rush. capolavoro!
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È uscito nelle sale il 19 settembre e continua ad essere in cima alle classifiche! Non potevamo aspettarci nient’altro dal regista premio Oscar Ron Howard che porta sul grande schermo il mondo della vecchia Formula 1, quella seguita ancora da un vasto pubblico, quella fatta di campioni che emozionavano la gente con la loro grinta e la loro passione. Abbiamo Rush nelle sale cinematografiche e si aggiunge alla lista dei capolavori del regista ormai non più famoso solo per essere Richie Cunningham.
Compito del film è di riportare alla luce non solo il ricordo di due campioni dello sport, James Hunt e Niki Lauda, ma anche, e soprattutto, cosa c’è dietro a due personalità così opposte: rivali nello sport, diversi nella concezione della vita, ma uniti nella passione della corsa e nella determinazione a vincere.
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È uscito nelle sale il 19 settembre e continua ad essere in cima alle classifiche! Non potevamo aspettarci nient’altro dal regista premio Oscar Ron Howard che porta sul grande schermo il mondo della vecchia Formula 1, quella seguita ancora da un vasto pubblico, quella fatta di campioni che emozionavano la gente con la loro grinta e la loro passione. Abbiamo Rush nelle sale cinematografiche e si aggiunge alla lista dei capolavori del regista ormai non più famoso solo per essere Richie Cunningham.
Compito del film è di riportare alla luce non solo il ricordo di due campioni dello sport, James Hunt e Niki Lauda, ma anche, e soprattutto, cosa c’è dietro a due personalità così opposte: rivali nello sport, diversi nella concezione della vita, ma uniti nella passione della corsa e nella determinazione a vincere.
Il film si struttura come un racconto di Lauda. Parte con quella data fatidica del primo agosto del 1976, in cui Niki L. rimase coinvolto in un incidente; sono pronti a partire, mentre si scambiano sguardi di fuoco. Ma ancora non è il momento di raccontare quella giornata, meglio ritornare indietro e raccontare la storia dal principio.
Si ritorna indietro di sei anni con il loro primo incontro/scontro in una gara di Formula 3 e da qui parte il racconto di due uomini che hanno fatto la storia della Formula 1, con mille difficoltà ma grandi soddisfazioni.
Due modi di vivere lo sport e la vita completamente diversi: Hunt, interpretato da Chris Hemsworth ( attore australiano che ha lavorato con J. J. Abrams in Star Trek nel 2009 e famoso soprattutto per il film Thor di Kenneth Branagh nel 2011), è un donnaiolo, scapestrato, vive alla giornata, senza regole, pronto a rischiare la vita pur di vincere; Lauda, che ha il volto di Daniel Brühl ( attore tedesco che raggiunge la fama con il film Good Bye, Lenin! del 2003 di Wolfgang Becker, vincendo lo European Film Award come miglior attore) è più serio, freddo tanto da risultare antipatico, “il computer” lo chiamavano, capace di trovare i difetti dell’auto e di migliorarla per la vittoria.
Howard in questo film si avvale della collaborazione dello sceneggiatore Peter Morgan, con cui lavorò già nel 2008 nel film Frost/Nixon, e dell’aiuto, per la fotografia, di Anthony Dod Mantle, dando alla pellicola un’impronta vintage.
Le riprese si sono svolte tra Regno Unito, Germania e Austria e per le corse si sono utilizzati i circuiti di Donington Park e Cadwell Park, oltre a quello dell’incidente, il circuito di Nürburgring.
Il film riporta fedelmente quegli anni e lo si evince anche da un cast scelto con cura tanto da notare una notevole somiglianza con i personaggi veri: non solo i due attori protagonisti, ma anche le loro “mogli” con Olive Wilde nei panni della modella moglie di Hunt Suzy Miller e Alexandra Maria Lara nel ruolo di Marlene Knaus accanto a Lauda. E un riconoscimento va anche al nostro Pierfrancesco Favino nei panni di Clay Regazzoni, collega di Niki, che ritrova Ron Howard dopo Angeli e Demoni.
E si sente nel film l’impronta italiana, il ricordo, ovvio, con una breve comparsa, di Enzo Ferrari proprietario della scuderia dove entrò Lauda a cui lo stesso disse “Questa macchina è una merda!” sempre rimanendo in tema di ricostruzione fedele della storia. Ma non solo: una scenetta tanto simpatica quanto, forse, segno di un luogo comune del nostro Bel Paese, la comparsa di due napoletani che lodano nel loro dialetto “il computer” Lauda.
Ma una battuta che prendiamo con spirito, con un sorriso, coinvolti più dall’abilità di raccontare personaggi importanti con i loro pregi e i loro difetti, di riportarci su quelle piste che tanto sono state amate e seguite, che hanno regalato tante emozioni agli spettatori dell’epoca. E in un certo senso al regista dobbiamo dare il merito di riportare anche quei brividi nello spettatore di oggi, che sia un uomo che ha vissuto quegli anni e li ricorda bene oppure un giovane che non era presente ma che si lascia emozionare dai primi momenti fino alla fine del film.
Un successo per Howard per un film che nelle scene delle corse, nella velocità delle riprese, nei dettagli sul motore e nel rumore di quelle macchine che sfrecciano pilotate da uomini che combattono per una passione e per un titolo, sembra appassionare anche chi di Formula 1 non si era mai interessato.
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claude.kaivalya
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mercoledì 2 ottobre 2013
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uomini al limite
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A chi ricorda di essere stato un bambino innamorato di quelle automobiline che sfrecciavano veloci dentro uno schermo non sempre a colori, quando la F1 era una religione ferrarista ed i duelli veri erano fatti di staccate al cardiopalma senza abs e traiettorie obbligate dalla telemetria, questo film ha il merito di parlare di quegli uomini e di quelle emozioni adulte che sembra abbiano perso cittadinanza nel modo dei motori contemporanei. A ben vedere la contraddizione tra passione e fredda imperturbabilità, che contraddistingue i protagonisti non è completamente reale: quando gli occhi conturbanti di una donna o la tua posizione arretrata in gara ti chiedono di mostrare di che pasta sei fatto, hai poco da aggrapparti a quel 20% di rischio che da accettabile diventa improbabile, ed improvvisamente ti ritrovi in compagnia del dolore e della solitudine.
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A chi ricorda di essere stato un bambino innamorato di quelle automobiline che sfrecciavano veloci dentro uno schermo non sempre a colori, quando la F1 era una religione ferrarista ed i duelli veri erano fatti di staccate al cardiopalma senza abs e traiettorie obbligate dalla telemetria, questo film ha il merito di parlare di quegli uomini e di quelle emozioni adulte che sembra abbiano perso cittadinanza nel modo dei motori contemporanei. A ben vedere la contraddizione tra passione e fredda imperturbabilità, che contraddistingue i protagonisti non è completamente reale: quando gli occhi conturbanti di una donna o la tua posizione arretrata in gara ti chiedono di mostrare di che pasta sei fatto, hai poco da aggrapparti a quel 20% di rischio che da accettabile diventa improbabile, ed improvvisamente ti ritrovi in compagnia del dolore e della solitudine. Certo il maschio medio non può non provare un’istintiva predilezione per quel “mascalzone” di Hunt che non si fa mancare proprio nulla e vive ogni giorno come se fosse l’ultimo, schiavo dell’adrenalina e delle emozioni forti, a paragone di un Lauda con tratti da sfigato sociopatico timoroso della felicità, ma per entrambi spicca una determinazione incrollabile nel volere raggiungere la bandiera a scacchi prima degli altri, usando le proprie armi senza risparmio (talento superlativo e temerario coraggio, contro sensibilità da collaudatore e spregiudicato tatticismo): il resto è verosimile romanticismo, fatto di rivalità spietata ma rispettosa, seducenti illusioni e tragedie sorde. Laddove un’auto poteva essere competitiva senza sponsor ed un pilota che non aveva paura di morire poteva diventare campione del mondo c’è molto per pensare e ripensare a quello che le gare di F1 sono diventate negli ultimi anni. Se poi non riesci a rinunciare al piacere di immaginarti sbronzo in compagnia di James e due procaci fanciulle, oppure barricato con Niki in un box puzzolente di benzina e solventi, rincorrendo la modifica definitiva per limare quei due maledetti secondi a giro e chiedendoti alla fine perché dovresti scegliere una delle due opzioni, comprenderai come il suono sporco e assordante di quelle monoposto ululanti ed imbizzarrite sarà riuscito a ricordarti il bambino che eri …
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stefano pariani
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lunedì 7 ottobre 2013
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un film che ha il sapore stesso della vita
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Due uomini, due stili di vita, due modi di affrontare la Formula 1, ma un'unica rivalità: quella che accomuna James Hunt (Chris Hemsworth) e Niki Lauda (Daniel Bruhl), l'uno affascinante, spaccone e playboy, l'altro metodico, razionale e dalla volontà di ferro. La loro competizione ha infiammato le piste da corsa nella metà degli anni '70, quando correre non era soltanto ricerca di fama o di soldi, ma una scelta di vita, in fuga da famiglie che imponevano un lavoro “rispettabile” e un futuro già scritto. Rush è questo, il ritratto di due personalità opposte, ma complementari, sullo sfondo di un'epoca, quei dorati e rampanti anni '70, ricreata con precisione e un po' di nostalgia. Ron Howard dirige con mano sicura ed equilibrio una pellicola che passa dalle vicende personali e private allo svolgimento delle frenetiche gare, ricreate con un'energia e una passione che inchiodano lo spettatore alla poltrona, aiutato da un ottimo cast che aderisce ai personaggi e alla storia.
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Due uomini, due stili di vita, due modi di affrontare la Formula 1, ma un'unica rivalità: quella che accomuna James Hunt (Chris Hemsworth) e Niki Lauda (Daniel Bruhl), l'uno affascinante, spaccone e playboy, l'altro metodico, razionale e dalla volontà di ferro. La loro competizione ha infiammato le piste da corsa nella metà degli anni '70, quando correre non era soltanto ricerca di fama o di soldi, ma una scelta di vita, in fuga da famiglie che imponevano un lavoro “rispettabile” e un futuro già scritto. Rush è questo, il ritratto di due personalità opposte, ma complementari, sullo sfondo di un'epoca, quei dorati e rampanti anni '70, ricreata con precisione e un po' di nostalgia. Ron Howard dirige con mano sicura ed equilibrio una pellicola che passa dalle vicende personali e private allo svolgimento delle frenetiche gare, ricreate con un'energia e una passione che inchiodano lo spettatore alla poltrona, aiutato da un ottimo cast che aderisce ai personaggi e alla storia. Lo scontro che aveva caratterizzato il precedente film di Howard, "Frost/Nixon", ritorna ancora una volta con due uomini realmente esistiti, due rivali che sanno imparare l'uno dall'altro e trarre anche dalle tensioni e dalle sconfitte energie nuove e insegnamenti. Con stile epico, miscelando dramma, sentimenti e anche qualche sorriso, uno dei film più interessanti del momento, dove il rosso delle tute, il rombo dei motori e l'entusiasmo delle folle sono il sapore stesso della vita.
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(di paolorol)
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ollipop
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venerdì 26 settembre 2014
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la vita in gioco
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Tanti registi si sono cimentati a portare sullo schermo il mondo delle corse con risultati spesso mediocri preoccupati di stupire con scene viste e riviste intramezzate spesso da storie d'amore all'insegna di uno stereotipo rripetitivo e noioso.
Ron Howard ci porta nel mondo delle corse con un film capolavoro nel suo genere affrontando il tema della rivalità fra due grandi piloti tanto diversi ma alla fine tanto simili con rara maestria senza mai cadere nelll'ovvio e senza ricorrere a quella spettacolarità gratuita che la pista ovviamente offre .
Ne esce un quadro di due campioni che lottano per lo stesso ideale seguendo istinti diversi,da incorniciare per sensibilità e veridicita':riusciamo ad amarli entrambi pur nella loro diversit
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Tanti registi si sono cimentati a portare sullo schermo il mondo delle corse con risultati spesso mediocri preoccupati di stupire con scene viste e riviste intramezzate spesso da storie d'amore all'insegna di uno stereotipo rripetitivo e noioso.
Ron Howard ci porta nel mondo delle corse con un film capolavoro nel suo genere affrontando il tema della rivalità fra due grandi piloti tanto diversi ma alla fine tanto simili con rara maestria senza mai cadere nelll'ovvio e senza ricorrere a quella spettacolarità gratuita che la pista ovviamente offre .
Ne esce un quadro di due campioni che lottano per lo stesso ideale seguendo istinti diversi,da incorniciare per sensibilità e veridicita':riusciamo ad amarli entrambi pur nella loro diversità tutti e due comunque miti nel mito
E le sequenze in pista emozionanti e coinvolgenti mai ovvie ma perfetto corollario all'intensità psicologica dei nostri eroi
la lotta per il successo ad ogni costo dove la morte corre accanto sempre ma dove alla fiine i valori della vita vincono e vinceranno comunque : la rivalità nasconde solo apparentemente stima e rispetto :tutto questo traspare nel film e ne fa la sua grandezza
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siebenzwerg
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venerdì 27 settembre 2013
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epico
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È un film che mi è rimasto molto impresso per giorni per cui scrivo a distanza di tempo. Quel che lo caratterizza è l'essenzialità della narrazione, la bravura di Howard nel tracciare i caratteri e le scene con pochi tratti, pochi minuti di sequenza, tanto basta per avere il nocciolo della situazione. Questa "rapidità" che è alla base del ritmo travolgente del film, grazie anche a una maestria di ripresa e di montaggio, nulla toglie a mio parere alla profondità del film, dei personaggi e delle emozioni. Tutto è molto compresso, così com'era verosimilmente nel mondo "rush" delle corse, l'azione aveva sempre il primato però i sentimenti (la paura di morire, la voglia di vivere, il riscatto ecc.
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È un film che mi è rimasto molto impresso per giorni per cui scrivo a distanza di tempo. Quel che lo caratterizza è l'essenzialità della narrazione, la bravura di Howard nel tracciare i caratteri e le scene con pochi tratti, pochi minuti di sequenza, tanto basta per avere il nocciolo della situazione. Questa "rapidità" che è alla base del ritmo travolgente del film, grazie anche a una maestria di ripresa e di montaggio, nulla toglie a mio parere alla profondità del film, dei personaggi e delle emozioni. Tutto è molto compresso, così com'era verosimilmente nel mondo "rush" delle corse, l'azione aveva sempre il primato però i sentimenti (la paura di morire, la voglia di vivere, il riscatto ecc.) alla fine sono l'elemento che determina la vita e gli eventi della storia. Ron Howard ha una capacità unica di rendere epiche le storie reali (vedi il suo "Apollo 13") e qui ne dà una prova superba.
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_oldboy_
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sabato 28 settembre 2013
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sportività, rivalità, amicizia e rischio
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La grande intuizione che ha avuto Ron Howard con "Rush" è quella di prendere la storia di Niki Lauda e la sua storica rivalità con James Hunt non per parlarci di Formula1 ma di sportività, amicizia, rischi. Rischi che i due personaggi corrono a ogni gara, in ogni momento, ma che non gli impediscono di continuare a guidare, ognuno con il suo metodo e la sua filosofia. Rigoroso e perfezionista Lauda, severo con se stesso e con gli altri, festaiolo Hunt, che sembra fare tutto di impulso. Questo bel contrasto è una perfetto ingrediente per una storia di rivalità e,nel finale, amicizia. Ottime le prove attoriali, strepitose le ricostruzioni degli anni 70 e quelle delle gare (ottimo lavoro di suono e fotografia), solida la regia.
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La grande intuizione che ha avuto Ron Howard con "Rush" è quella di prendere la storia di Niki Lauda e la sua storica rivalità con James Hunt non per parlarci di Formula1 ma di sportività, amicizia, rischi. Rischi che i due personaggi corrono a ogni gara, in ogni momento, ma che non gli impediscono di continuare a guidare, ognuno con il suo metodo e la sua filosofia. Rigoroso e perfezionista Lauda, severo con se stesso e con gli altri, festaiolo Hunt, che sembra fare tutto di impulso. Questo bel contrasto è una perfetto ingrediente per una storia di rivalità e,nel finale, amicizia. Ottime le prove attoriali, strepitose le ricostruzioni degli anni 70 e quelle delle gare (ottimo lavoro di suono e fotografia), solida la regia. Peccato per alcuni stereotipi sull'Italia fuori luogo e gratuiti. Al film manca sicuramente qualcosa. È bello ma non travolgente, astuto ma non geniale, ma nel complesso è una pellicola sopra la media, intelligente, realizzata con bravura e tecnicamente ineccepibile.
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luca scial�
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venerdì 4 ottobre 2013
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la mitica sfida lauda-hunt
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Siamo negli anni '70, quando la Formula Uno regalava sfide ad alta velocità e i piloti dovevano, oltre agli avversari, sorpassare anche la Morte che pendeva costantemente sul loro collo. In quella decade furono due piloti ad infiammare le gare del mondiale: Niky Lauda e James Hunt, agli antipodi sulla pista ma anche nella vita privata. Il primo era metodico, calcolatore, pragmatico; il secondo istintivo, fatalista, esuberante, amante della bella vita. Lauda veniva da una famiglia ricca, che non volle mai appoggiarlo in questa avventura; il secondo invece proveniva dal nulla e si fece spazio col proprio talento. Si sfidarono già in Formula 3 e giunsero quasi insieme in F1: il primo sulla Ferrari, Hunt sulla McLaren.
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Siamo negli anni '70, quando la Formula Uno regalava sfide ad alta velocità e i piloti dovevano, oltre agli avversari, sorpassare anche la Morte che pendeva costantemente sul loro collo. In quella decade furono due piloti ad infiammare le gare del mondiale: Niky Lauda e James Hunt, agli antipodi sulla pista ma anche nella vita privata. Il primo era metodico, calcolatore, pragmatico; il secondo istintivo, fatalista, esuberante, amante della bella vita. Lauda veniva da una famiglia ricca, che non volle mai appoggiarlo in questa avventura; il secondo invece proveniva dal nulla e si fece spazio col proprio talento. Si sfidarono già in Formula 3 e giunsero quasi insieme in F1: il primo sulla Ferrari, Hunt sulla McLaren. In particolare fu un Mondiale a rendere la loro sfida epica: quello del 1976, quando Lauda, in testa per quasi tutto il campionato, fu vittima di un brutto incidente e Hunt ne approfittò per recuperare terreno. Una situazione che spinse l'austriaco a velocizzare la sua guarigione e tornare in pista.
A oltre 40 anni di distanza da Le 24 di Le Mans, col mitico Steve McQueen, nei pit stop delle sale cinematografiche sosta un nuovo film sulla Formula Uno, entusiasmante e ben fatto. Dopo aver alternato film buoni a film meno buoni, spaziando tra la fantascienza, la commedia e la leggenda, Ronald Howard torna infatti al Cinema raccontando una storia anch'essa in fondo epica, ma ispirata a una storia vera: la sfida in F1 negli anni '70 tra l'austriaco Niky Lauda e l'inglese James Hunt. Il film ricostruisce quegli anni, evidenziando le vicende private dei due piloti, che poi si riflettono inevitabilmente sulle loro vicende sportive.
Lo scontro così assume caratteri epici, tra due personaggi agli antipodi tanto nella vita privata quanto in quella professionale. Le loro vite sono sapientemente ricostruite in modo coinvolgente, al punto da meritare l'attenzione dello spettatore senza momenti di pausa; appassionati di F1, che quella storia l'hanno letta, vista in documentari o vissuta in prima persona; o semplici amanti del buon cinema. Howard infatti mette da parte i tecnicismi e utilizza gli effetti speciali quanto basta per rendere avvincenti le gare. Ma il successo è anche dovuto ai due attori, molto simili ai due piloti: Chris Hemsworth nei panni dell'esuberante Hunt e Daniel Brühl nei panni del cupo Lauda. Il tutto avente come sfondo gli eccentrici anni '70, che resero tale anche questo sport su quattro ruote, nel quale di tanto in tanto perdeva la vita qualcuno.
Tra i difetti si scorgerà forse un'eccessiva romanzizzazione ed epicizzazione della storia. Ma è inevitabile, altrimenti si sarebbe trattato di un comune documentario.
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anne bonny
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domenica 16 marzo 2014
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pellicola avvincente e strabiliante.
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I miti dello sport scrivono la propria sceneggiatura correndo per la vita e il cinema fissa con le immagini le pagine leggendarie che hanno scritto ma non c’è bisogno di ripercorrere le tappe che hanno consolidato il mito per filo e per segno senza concedersi delle libertà narrative che possono arricchire il film in quanto tale: il cinema è una forma di espressione libera e selvaggia capace di raccontare dei fatti realmente accaduti rendendoli più veri della realtà anche se durante il percorso il dio regista, e nel caso di Ron Howard per questa sua impresa proprio di dio possiamo parlare, ha inserito dei passaggi, delle interpretazioni di date azioni, comportamenti dei personaggi, sequenze, aperture di umore, immagini di puro orrore che rendono “Rush” un film indimenticabile stupendo capace di spostare l’asticella del livello di qualità di un film sull’automobilismo ad una nuova altezza, la sua!
La realtà storica che vi si racconta è al servizio della grammatica cinematografica e la magia del cinema è al servizio della leggenda scritta da Lauda ed Hunt, due uomini ne buoni ne cattivi, con le loro doti e i loro difetti, simpatici ed antipatici allo stesso tempo, così diversi ma così vicini perché l’uno è la parte oscura dell’altro e viceversa, le doti dell’uno completerebbero l’altro rendendolo perfetto e viceversa, ma nessuno è perfetto, però qualche film lo è e non mi frega un cordolo se non credo che Lauda fosse un tipo da dito medio sbattuto in faccia ad Hunt o se Hunt fosse veramente capace di ammazzare di botte un giornalista in uno sgabuzzino per aver fatto una domanda di pessimo gusto a Lauda sul suo volto deturpato, se fossero veramente amici o nemici come molti continuano ancora oggi a domandarsi o se ci fosse una stima così grande e così forte sotto una facciata di rivalità sportiva quasi morbosa, ciò che legava questi due uomini oltre all’appuntamento in pista che li vide squagliare pneumatici per raggiungere il trono di campione resterà per sempre un sentimento intimo e personale racchiuso nella loro leggenda che è stata messa in immagini dandone una rappresentazione in questo film che è già a sua volta leggendario.
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I miti dello sport scrivono la propria sceneggiatura correndo per la vita e il cinema fissa con le immagini le pagine leggendarie che hanno scritto ma non c’è bisogno di ripercorrere le tappe che hanno consolidato il mito per filo e per segno senza concedersi delle libertà narrative che possono arricchire il film in quanto tale: il cinema è una forma di espressione libera e selvaggia capace di raccontare dei fatti realmente accaduti rendendoli più veri della realtà anche se durante il percorso il dio regista, e nel caso di Ron Howard per questa sua impresa proprio di dio possiamo parlare, ha inserito dei passaggi, delle interpretazioni di date azioni, comportamenti dei personaggi, sequenze, aperture di umore, immagini di puro orrore che rendono “Rush” un film indimenticabile stupendo capace di spostare l’asticella del livello di qualità di un film sull’automobilismo ad una nuova altezza, la sua!
La realtà storica che vi si racconta è al servizio della grammatica cinematografica e la magia del cinema è al servizio della leggenda scritta da Lauda ed Hunt, due uomini ne buoni ne cattivi, con le loro doti e i loro difetti, simpatici ed antipatici allo stesso tempo, così diversi ma così vicini perché l’uno è la parte oscura dell’altro e viceversa, le doti dell’uno completerebbero l’altro rendendolo perfetto e viceversa, ma nessuno è perfetto, però qualche film lo è e non mi frega un cordolo se non credo che Lauda fosse un tipo da dito medio sbattuto in faccia ad Hunt o se Hunt fosse veramente capace di ammazzare di botte un giornalista in uno sgabuzzino per aver fatto una domanda di pessimo gusto a Lauda sul suo volto deturpato, se fossero veramente amici o nemici come molti continuano ancora oggi a domandarsi o se ci fosse una stima così grande e così forte sotto una facciata di rivalità sportiva quasi morbosa, ciò che legava questi due uomini oltre all’appuntamento in pista che li vide squagliare pneumatici per raggiungere il trono di campione resterà per sempre un sentimento intimo e personale racchiuso nella loro leggenda che è stata messa in immagini dandone una rappresentazione in questo film che è già a sua volta leggendario.
Io non sono un grande fans degli sport su ruote ma gli anni settanta sono un decennio di un fascino irresistibile in ogni loro espressione e quando lessi la storia di questi due campioni dalle personalità opposte ma entrambe di grande carisma mi appassionai tremendamente, conoscevo Niki Lauda fin da piccolo per la sua vittoria su Prost di mezzo punto nell’84 che gli valse il terzo titolo iridato in F1 e ne avevo questa immagine con il volto sfigurato, risalendo all’incidente che l’aveva causata ho scoperto James Hunt e la loro incredibile stagione del 1976 durante la quale una sequela interminabile di colpi di scena ed emozioni dai risvolti umani profondissimi mi fecero esclamare che chi ne avesse ricavato un film avrebbe creato un capolavoro se fatto con i mezzi ed il talento appropriato, sarà presuntuoso dirlo ma come mi piace avere ragione perché “Rush” è un film che mi ha dato anche più di quello che mi aspettavo: spesso in un film sull’automobilismo i dialoghi e le parti di raccordo fra una gara e l’altra sono poco significativi, beh scordatevelo!
Le parti recitate che narrano le personalità e la vita dei due protagonisti sono la spina dorsale del film guarnite da una ricchezza dei dialoghi encomiabile e in perfetta armonia con un rombo di motori tanto fragoroso da far tremare il cinema fin dalle prime inquadrature spinte sul pedale dell’acceleratore delle emozioni che si dipanano su una struttura non lineare, siamo infatti sul circuito del Nurburgring, esattamente a metà strada di quel fatidico settantasei, fin dalle prime battute sembra di essere tornati indietro nel tempo grazie ad una messa in scena commovente: le tute riprodotte minuziosamente, le vetture fra cui la indimenticabile Tyrrell a sei ruote di Jody Scheckter fornite da collezionisti ed appassionati, la grana delle immagini illuminate da un maestro come Don Mantle ci trascinano in un'epoca eroica dell’automobilismo caratterizzata da misure di sicurezza insufficienti come balle di fieno a bordo pista ed ossa rotte che spuntano dalle tute, in mezzo a questo circo rumorosissimo oscurato dalle nuvole nere di un cielo minaccioso si affiancano due piloti uguali e diversi da tutti gli altri e da loro stessi pronti a darsi battaglia, il computer austriaco Niki Lauda e il fricchettone inglese James Hunt, è un punto chiave del campionato del mondo di F1 ma anche del film che lo narra perché è il momento di masticare le origini dei due rivali e soprattutto gli attori che li interpretano.
Il balzo temporale ci porta al 1970 in piena swinging London, Chris Hemsworth ha la faccia giusta e recita disinvolto il ruolo del pilota bello che ha successo con le donne e corre senza calcoli caricandosi a birra e spinelli ma scuce efficacemente anche il lato oscuro di James Hunt che da buon inglese è ovviamente arrogante e a volte parla senza collegare il motore con la centralina, però è un figo da paura con il suo modo sfrontato di affrontare di corsa le corse e of course le donne, è un reietto educato di buona famiglia cosa che lo accomuna con un certo Niki Lauda perché anche lui ha mandato affanculo la sua ricchissima famiglia che non accettava di avere un rampollo a 250 all’ora in giro per il mondo con il suo bolide, al contrario di Hunt però Lauda è un tipo non troppo bello, un topolino coraggioso e solitario che giunge alle 5 sui tracciati di Formula 3 per farci due passi sopra prima di correrci, in questo ruolo Daniel Brhul è grandioso con il suo sguardo che esprime sempre qualcosa che bolle in pentola oltre a cesellare un Lauda sicuro dei propri mezzi come era veramente ma anche frustrato da una manifesta superiorità che lo rende antipatico anche a se stesso ed oltre tutto ha un approccio con il gentil sesso diametralmente opposto a quello del suo avversario che ha già varcato il traguardo con la hostess del circuito di Fiorano, stando al cinguettio di Clay Regazzoni, suscitando l’invidia nel meticoloso Niki piombato dal nulla nella scuderia Ferrari sconvolgendo le gerarchie ma anche dando una svolta ad una istituzione dalla F1 da troppi anni sconfitta dai britannici, Lauda da l’impressione di essere molto solo con il suo sogno di gloria e anche qui c’e una similitudine con Hunt che però è amato da tutti in apparenza per il suo essere così cool, dote che fa breccia nel cuore delle donne mentre il rapporto fra Lauda e la futura moglie Marlene sembra nascere dall’attrazione di lei verso la sua incapacità di relazionarsi senza parlare come una calcolatrice analogica e il tutto è descritto in una sequenza ricca di umorismo ambientata fra le campagne trentine.
Questo lungo primo tempo comincia a farci assaporare il brivido dell’alta velocità con la sfida in Formula 3 fra i due campioni nel circuito del Crystal Palace minuziosamente ricostruito manco a dirlo ma è molto più rilevante sotto l’aspetto dello scavo psicologico dei personaggi lungo un quinquennio che li condurrà a quel fatidico 1976, Ron Howard pennella le curve del suo film e va a tutto gas sui rettifili frammentando le scene in pista con una infinità di inquadrature che sembrano agganciarsi da sole per quanto fluide tanto che non mi stupirei se “Rush” fosse in pole position per l’Oscar come miglior montaggio e miglior sonoro, poi dirige i suoi attori con grande mestiere ed alcuni dialoghi restano impressi: su tutti la rottura fra Hunt e la moglie in cui l’inglese dimostra di non essere un genio nei rapporti interpersonali al contrario delle apparenze e Lauda che rigira il coltello nella piaga dimostrandosi però un amico che ti rimprovera sui tuoi errori tanto quanto Hunt nel conciliabolo dei piloti riguardo al correre o no nel famigerato Nurburgring su una pista al limite del praticabile con Lauda che perde ai voti incassando il colpo di Hunt che lo bacchetta dicendogli che piacere agli altri spesso serve, due episodi che sottolineano ancora di più come i due campioni erano molto più vicini di quanto potesse sembrare e che nel film la loro stima reciproca cresce progressivamente. L’approdo di Hunt alla McLaren è l’inizio del duello più leggendario e spettacolare della storia di questo sport, scandito nelle tappe fondamentali e favorito dalle didascalie così ovvie ed utili da essere geniali, non rivelerò un giro di pista di questa spettacolare seconda parte del film ma aspettativi una serie di colpi di scena inimmaginabili fino alla pioggia battente del circuito Fuji in Giappone, atto conclusivo del campionato mondiale di F1, non posso però tralasciare di raccontare un po l’episodio centrale della stagione, l’incidente terrificante capitato a Lauda proprio sul temuto Nurburgring, la ricostruzione degli eventi è cinema al cubo fatto con le auto e gli stuntman e non con la ditta computer graphic della Sega di San Marino cari i miei coglionazzi, qui forse avrei dedicato un po di tempo ad Arturo Merzario, l’uomo che riuscì a slacciare la cintura che teneva legato Lauda alla sua trappola di fuoco, un altro episodio di toccante forza emotiva che sottolinea la grande amicizia e il coraggio che lega questi uomini ma Howard mi soddisfa comunque montando l’altrettanto terrificante ed incredibilmente realistica lotta per la sopravvivenza dell’austriaco in quel letto di ospedale in cui ci viene mostrata tutta la sofferenza di quest’uomo a cui venne data l’estrema unzione perché considerato già all’inferno: le urla di dolore, il suo volto sfigurato dal fuoco, le garze incollate al sangue e la pulizia dei polmoni mentre i suoi occhi scrutano Hunt che vince senza un valido rivale sono immagini che hanno turbato il mio stomaco e fatto chiudere gli occhi a molti spettatori in sala perché sono così forti da bruciarti gli occhi ed il cuore ma sono un altro fiore all’occhiello di questo bellissimo film che ha la capacità di trascinarti dentro un abitacolo senza mettere a rischio neanche un capello.
La progressione degli eventi si conclude su un altro bellissimo dialogo colorato da un’altra nota di umore subito prima di qualche immagine di repertorio doverosa nei confronti di questi due uomini mentre Lauda che è ancora su questa terra ci racconta chi era James Hunt e quando lo vide per l’ultima volta scalzo a cavallo di una bici con una gomma a terra, un uomo che riuscì anche ad invidiare perchè aveva ciò che a lui mancava, Hunt ebbe sempre paura di non avere coraggio mentre Lauda ebbe il coraggio di avere paura.
Un film assolutamente da vedere che compete per essere la perla del 2013 oltre ad un punto di riferimento per le scene in auto e dall’auto dei film a venire.
Credo che sia a tutti gli effetti l’immagine mentale che Steve McQueen avesse del suo “Le Mans” ma il caro Steve era un tantino in anticipo sui tempi visto che il suo film sull’automobilismo risale al 1970, data di inizio della storia narrata in “Rush” e messa in immagini ben 43 anni dopo, spero che James Hunt e Steve McQueen vedano questo film da la su stravaccati in poltrona mentre si gustano un bel cannone.
Dedicato a Niki Lauda e James Hunt che hanno scritto questa storia e Ron Howard che mentre la leggeva ha provato le stesse mie identiche emozioni tanto da intuire che sarebbe stato stupendo realizzarne un film stupendo.
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miroforti
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venerdì 4 ottobre 2013
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rush
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La rivalità tra Niki Lauda e James Hunt rivive per mano di Ron Howard, che racconta la parabola sportiva e umana dei due piloti, accompagnandoli dagli esordi in Formula 3 fino a un ideale epilogo al Gran Premio di Formula 1 del 1976.
Il terzo film di Howard dopo A beautiful mind e Frost/Nixon che narra di personaggi realmente vissuti; tre mondi altamente eterogenei che individuano il loro filrouge nell’obbiettivo della macchina da presa. Lo sport, la matematica, la politica diventano storie di uomini che, seppur geniali a loro modo, condividono con noi emozioni e debolezze. Lo scopo del regista non è la messa in scena di una vita meravigliosa e irraggiungibile – o meglio, non solo – ma quello di mostrare come i protagonisti di volta in volta reagiscano e si adattino all’universo nel quale sono immersi, con le proprie forze, con il proprio peculiare carattere e come questo percorso faccia infine scaturire imprese e vicende fuori dal comune.
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La rivalità tra Niki Lauda e James Hunt rivive per mano di Ron Howard, che racconta la parabola sportiva e umana dei due piloti, accompagnandoli dagli esordi in Formula 3 fino a un ideale epilogo al Gran Premio di Formula 1 del 1976.
Il terzo film di Howard dopo A beautiful mind e Frost/Nixon che narra di personaggi realmente vissuti; tre mondi altamente eterogenei che individuano il loro filrouge nell’obbiettivo della macchina da presa. Lo sport, la matematica, la politica diventano storie di uomini che, seppur geniali a loro modo, condividono con noi emozioni e debolezze. Lo scopo del regista non è la messa in scena di una vita meravigliosa e irraggiungibile – o meglio, non solo – ma quello di mostrare come i protagonisti di volta in volta reagiscano e si adattino all’universo nel quale sono immersi, con le proprie forze, con il proprio peculiare carattere e come questo percorso faccia infine scaturire imprese e vicende fuori dal comune. L’atteggiamento è ancor meglio ribadito da Rush, nel quale si vedono contrapposti due uomini agli antipodi fra loro. Hunt è istintivo, esuberante e irresponsabile. Si diverte senza pensare a un domani, guida al limite, fa il dongiovanni. Lauda è calcolatore e perfezionista, non corre rischi inutilmente. Va a letto presto e si sveglia ancora prima, ha una conoscenza tecnica tale da permettergli di apportare delle personali modifiche alle macchine sulle quali scende in pista. Hunt è bello, Lauda no. Da questo punto di vista, dopo l’incidente sul Nürburgring in Germania, la distanza che li separa si accentua ancora di più, segnando però un giro di boa nel loro rapporto. Dai due stili di vita e di gara così profondamente differenti, il regista estrae lo spettacolo di Rush, e mentre ognuno dei due sportivi vive la sua personale idea di straordinario, Ron Howard sa bene che sarà l’incontro e il confronto tra i due ideali a risultare vincente. Il belloccio Hemsworth e il serioso Brühl intavolano quindi un duello umano più che automobilistico, dove non ci sono vincitori.
L’opera veste un abito classico e tradizionale, ricca di pathos hollywoodiano e il risultato è prevedibile ma soddisfacente: situazioni cinematografiche emotivamente molto riconoscibili e codificate ci accompagnano all’interno del preparato howardiano, dove nessun elemento isolato si distingue dagli altri e ognuno fa il proprio mestiere: le musiche di Hans Zimmer, epiche o tragiche al punto giusto, la sceneggiatura di Peter Morgan (già scrittore di Frost/Nixon), le interpretazioni della coppia protagonista, e la regia di Howard. Il rischio di questo rapporto omogeneo dei vari ingredienti potrebbe essere una eccessiva piattezza del film e quello di non lasciare un segno molto significativo dentro lo spettatore. Per un film pieno di buoni ideali che riesce a commuovere e a intrattenere, il primo commento fuori dalla sala non sarà «non mi è piaciuto». I pistoni e gli pneumatici di Rush sono ben rodati, hanno la loro resa migliore per il tempo di qualche decina di giri ma sulla lunga distanza la gomma inizierà a deteriorarsi, consegnando piccoli residui al tracciato di gara e costringendo la vettura al rientro ai box, lasciandoci pronti per un altro film.
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