donni romani
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lunedì 18 febbraio 2013
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cinema di denuncia nell'america rurale
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Sceneggiato da Matt Damon e diretto da Gus Van Sant "Promised Land" pur essendo un film rigoroso e coraggioso e pur affrontando tematiche scottanti rimane lievemente distaccato dal cuore del narrato e manca in alcuni passaggi di carisma e personalità. Steve Butler giovane in carriera ma originario dell'Iowa - tant'è che per ricordarlo indossa i vecchi scarponi del nonno agricoltore - insieme alla collega Sue deve recarsi per conto della Global, la società per cui lavora, a Mc Kinley, zona agricola ricca di fattorie e allevamenti, per convincere gli abitanti a concedere le loro terre per un progetto di trivellazioni allo scopo di trovare gas naturale.
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Sceneggiato da Matt Damon e diretto da Gus Van Sant "Promised Land" pur essendo un film rigoroso e coraggioso e pur affrontando tematiche scottanti rimane lievemente distaccato dal cuore del narrato e manca in alcuni passaggi di carisma e personalità. Steve Butler giovane in carriera ma originario dell'Iowa - tant'è che per ricordarlo indossa i vecchi scarponi del nonno agricoltore - insieme alla collega Sue deve recarsi per conto della Global, la società per cui lavora, a Mc Kinley, zona agricola ricca di fattorie e allevamenti, per convincere gli abitanti a concedere le loro terre per un progetto di trivellazioni allo scopo di trovare gas naturale. Soldi ne arriveranno molti agli abitanti della piccola cittadina, ma i rischi ambientali connaturati allo sfruttamento dei terreni rendono gli abitanti perplessi e così quello che doveva essere un lavoretto da sbrigare in due giorni diventa una estenuante lotta con coloro che si oppongono al progetto, rappresentati da Frank Yates, un vecchio ingegnere del Mit in pensione e dal giovane ambientalista Dustin Noble che arriva in città con le foto di animali morti in altre zone del paese dove è stato fatto un accordo con la Global, conquista gli abitanti cantando Springsteen al karaoke e fa la corte ad Alice, la maestra del paese che interessa anche Steve. La lotta si fa aspra e i giochi si scoprono più sporchi di quello che si crede, fino ad un colpo di scena finale che redistribuisce i ruoli di buoni e cattivi, perchè la realtà sempre distante dai bianchi e neri predefiniti. La mano di Van Sant nel tratteggiare una società rurale in pesantissima crisi economica è ferma e l'amarezza del dover scegliere fra la propria dignità e la possibilità di offrire una sicurezza economica alla propria famiglia è tangibile nell'incertezza e nel disagio che serpeggia fra gli abitanti, ma manca nei personaggi quella scintilla che li trasformi in anime infiammate, che li trascini in un vortice di sentimenti e che apra allo svolgersi di una trama avvincente oltre che corretta. Matt Damon è perfettamente in bilico fra rampantismo e scrupoli di coscienza, senza mai conquistare realmente la platea, più incisiva Frances Mc Dormand e di grande intensità la partecipazione del grande vecchio Hal Holbrook, pacato e rassegnato al contrario del giovane ambientalista tutto slancio e simpatia, ma nel complesso la sensazione di lentezza non abbandona gran parte della pellicola anche se si ritagliano uno spazio intenso, all'interno del plot, alcune scene di forte impatto, come il pranzo a casa di Frank o il discorso di Steve nella palestra della scuola in sottofinale. Sicuramente non è il Van Sant migliore, e sicuramente Matt Damon come sceneggiatore di denuncia deve ancora farsi le ossa, e la rivelazione che le grandi compagnie giochino sporco non è tematica proprio originale ma alcuni confronti e alcuni scorci dell'America rurale e della realtà contemporanea fatta di necessità più che di principii sono note amare che colpiscono duro.
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(di vervain)
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filippo catani
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lunedì 18 febbraio 2013
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i terribili tentacoli delle lobbies
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Una importante multinazionale che si occupa dell'estrazione di gas naturale invia due consulenti in una cittadina di campagna per strappare lo sfruttamento dei loro terreni per pochi spiccioli. Gli abitanti del paese sembrano sul punto di cedere alla lusinga del danro ma un ex ingegnere della Boeing e un ambientalista giunto appositamente in città paiono rovinare i piani della multinazionale.
Si ripresenta dopo anni il binomio Van Saant-Damon e, cosi come con Will Hunting, anche in questo caso la premiata ditta sforna un film a dir poco straordinario e assolutamente inquietante e giustamente premiato dalla giuria di Berlino con una menzione speciale. Il film funziona perchè ovviamente ha una solida sceneggiatura, una delicata e coinvolgente colonna sonora e un ottimo cast trainato dall'accoppiata McDormand-Damon che raramente sbagliano un colpo.
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Una importante multinazionale che si occupa dell'estrazione di gas naturale invia due consulenti in una cittadina di campagna per strappare lo sfruttamento dei loro terreni per pochi spiccioli. Gli abitanti del paese sembrano sul punto di cedere alla lusinga del danro ma un ex ingegnere della Boeing e un ambientalista giunto appositamente in città paiono rovinare i piani della multinazionale.
Si ripresenta dopo anni il binomio Van Saant-Damon e, cosi come con Will Hunting, anche in questo caso la premiata ditta sforna un film a dir poco straordinario e assolutamente inquietante e giustamente premiato dalla giuria di Berlino con una menzione speciale. Il film funziona perchè ovviamente ha una solida sceneggiatura, una delicata e coinvolgente colonna sonora e un ottimo cast trainato dall'accoppiata McDormand-Damon che raramente sbagliano un colpo. Intanto la prima cosa che colpisce (e diciamo è giusto una sorta di nota di colore) è il contrasto esistente in America dove, grazie alla vastità del territorio, si può passare dalla grande megalopoli con i suoi ristoranti di lusso in hotel di lusso (parte iniziale del film) per poi passare alle tavole calde di paesini circondati dal verde e che vivono dei prodotti della terra. Questo delicato ecosistema viene sconvolto dall'arrivo di due emissari mandati dal grande squalo del gas che vendono la favoletta dei soldi che serviranno per mandare i figli al college o a godersi finalmente la vita mandando a quel paese (per usare un eufemismo che Damon nel film non usa) le preoccupazioni della vita. Il tutto è contrastato da chi, avendo esperienza di come funzionano le cose, cerca di opporsi. Naturalmente si cerca di giocare anche sulla voglia di evasione che potrebbero avere gli abitanti di un piccolo paese verso nuove mete (ciò che ha fatto il protagonista e infatti non riesce a capire perchè ci siano persone che ostinatamente siano così radicate alla loro terra). Ora senza rovinare svolgimento e finale è bene fare una considerazione finale. E' chiaro che non possiamo vivere nel mondo delle favole dove "vissero tutti felici e contenti" ma ci vogliamo chiedere: è giusto che con la scusa del gas e del raggiungimento dell'autosufficenza energetica le grandi multinazionali vadano a circuire le persone pagandole due soldi? E' giusto che si avvalgano di tutti i mezzi possibili per ottenere concessioni (e il film ne offre un vasto campionario dalla tangente in poi)? E' giusto che esistano persone che di lavoro cercano di ingannare le persone organizzando fiere o campagne distorte? E quello che viene da chidersi è: questa gente quando gli viene chiesto che lavoro fa come risponde (la McDormand dice è un lavoro come un altro)? Forse in un momento di crisi economica e morale come questo sarebbe ora di porsi questi quesiti e pensare più alle persone e ai sentimenti e meno ai soldi con un occhio di riguardo all'ambiente che ci circonda
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fabiofeli
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martedì 19 febbraio 2013
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la cura delle proprie cose
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Promised landdi Gus Van Sant
Ci si diverte con poco nei paesi rurali, che siano nello Iowa o nel Kentucky, in Usa o in Europa : bastano e avanzano una sfida su bevute infernali, un karaoke, un flirt di una sera. Si vive modestamente e semplicemente, ai confini della povertà , con mentalità sparagnina, senza grandi attese per il futuro.. Quando arriva in paese Steve (Matt Damon), abile compratore della multinazionale Global ed esperto venditore di sogni, a promettere l’evasione dalla povertà - addirittura la ricchezza! - attraverso lo sfruttamento del gas naturale racchiuso nei terreni agricoli, molti si elettrizzano, ma qualcuno dubita che ciò sia un bene.
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Promised landdi Gus Van Sant
Ci si diverte con poco nei paesi rurali, che siano nello Iowa o nel Kentucky, in Usa o in Europa : bastano e avanzano una sfida su bevute infernali, un karaoke, un flirt di una sera. Si vive modestamente e semplicemente, ai confini della povertà , con mentalità sparagnina, senza grandi attese per il futuro.. Quando arriva in paese Steve (Matt Damon), abile compratore della multinazionale Global ed esperto venditore di sogni, a promettere l’evasione dalla povertà - addirittura la ricchezza! - attraverso lo sfruttamento del gas naturale racchiuso nei terreni agricoli, molti si elettrizzano, ma qualcuno dubita che ciò sia un bene. La comparsa di Dustin (John Krasinski), un ambientalista che illustra il rischio che il metodo di estrazione inquini e desertifichi il territorio, complica il quadro: due schieramenti si fronteggiano e si dovrà decidere con un voto. Una duplice sorpresa, da non svelare neanche sotto tortura, risolve la contesa.
Lo yankee Damon, scarpe grosse da contadino ai piedi, è convincente; con la recitazione, liberato dal compito di manichino belloccio, se la cava meglio che in altre prove, un gradino sopra a quella fornita in Invictus di Eastwood; ma lì la bravura di Morgan Freeman, nella parte di Mandela, soverchiava tutti gli altri.
Lo dirige bene Gus Van Sant, autore a suo tempo dello splendido Elephant man, di Scoprendo Forrester e di Milk. In questo film il regista abbandona le allucinate atmosfere cittadine di Paranoid park. Pone l’accento sull’ambiente, fondamentale nel ben rappresentato contesto rurale. Van Sant afferma il valore della ‘cura delle proprie cose’ e della natura, che è di tutti, e la ragionevolezza di uno sviluppo che sia lento per essere sostenibile.
A un personaggio di secondo piano, lo scienziato Frank Yates dubbioso sui metodi della Global, presta i suoi occhi di giaccio Hal HolbrooK.
Un film non eccezionale, ma buono.
Valutazione ***
FabioFeli
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rescart
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sabato 23 febbraio 2013
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demone da matto
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Questo film indaga la psicologia, o demonologia, umana. Indaga cioè sui vari dèmoni, spiriti e umori dell’animo umano. Quello del protagonista di questo film, significativamente interpretato da Matt Demon, è un demone da matto che rinuncia alla carica di vicepresidente della Global, a una nomina già intascata, pur di cogliere al volo l’occasione di salvare capra e cavoli, riconquistando così la donna amata e la dignità perduta. Il costo di questa rinuncia non è poi così alto, se si pensa che anche dall’alto della sua nuova posizione in giacca e cravatta, il neo vicepresidente avrebbe comunque continuato a rincorrere lo scalino successivo di classe sociale. Quella del presidente realizzato in famiglia oltre che nel lavoro, dove può permettersi di ritardare all’incontro di congratulazioni con il suo nuovo collaboratore diretto perché è il compleanno della figlia tredicenne.
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Questo film indaga la psicologia, o demonologia, umana. Indaga cioè sui vari dèmoni, spiriti e umori dell’animo umano. Quello del protagonista di questo film, significativamente interpretato da Matt Demon, è un demone da matto che rinuncia alla carica di vicepresidente della Global, a una nomina già intascata, pur di cogliere al volo l’occasione di salvare capra e cavoli, riconquistando così la donna amata e la dignità perduta. Il costo di questa rinuncia non è poi così alto, se si pensa che anche dall’alto della sua nuova posizione in giacca e cravatta, il neo vicepresidente avrebbe comunque continuato a rincorrere lo scalino successivo di classe sociale. Quella del presidente realizzato in famiglia oltre che nel lavoro, dove può permettersi di ritardare all’incontro di congratulazioni con il suo nuovo collaboratore diretto perché è il compleanno della figlia tredicenne. Quello che rimane del vecchio demone (ovvero del vecchio Demon) è la mille volte fantasticata scena della realizzazione sociale, rivissuta oniricamente all’inizio del film. Sembra di vedere Snoopy sdraiato sul tetto della sua cuccia: dalle stelle alle stalle, con un sorriso di soddisfazione un po’ disincantato sulle labbra ma senza rimpianti.
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flyanto
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lunedì 25 febbraio 2013
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fino a che punto arriva la speculazione da parte d
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Film in cui si narra dell'operazione da parte di una società dell' acquisto di alcuni terreni ritenuti fruibili e vantaggiosi dal punto di vista economico. L'intera transazione viene condotta da un loro agente dipendente (Matt Damon) che ritorna in questi luoghi rurali, e per lui natii, pieno di buona volontà e tanta speranza. Dovrà però nel corso dell'operazione scoprire amaramente e fronteggiare tutti le varie speculazioni e raggiri per lui del tutto inaccettabili ed affatto condivisibili. Nel suo complesso il film risulta ben diretto e con uno stile lucido e rigoroso, come del resto tutte le opere precedenti di Gus Van Sant, ma a mio parere esso è meno incisivo ed originale dei suoi precedenti (si pensi , per esempio, ai più riusciti "Elephant! o "Paranoid Park").
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Film in cui si narra dell'operazione da parte di una società dell' acquisto di alcuni terreni ritenuti fruibili e vantaggiosi dal punto di vista economico. L'intera transazione viene condotta da un loro agente dipendente (Matt Damon) che ritorna in questi luoghi rurali, e per lui natii, pieno di buona volontà e tanta speranza. Dovrà però nel corso dell'operazione scoprire amaramente e fronteggiare tutti le varie speculazioni e raggiri per lui del tutto inaccettabili ed affatto condivisibili. Nel suo complesso il film risulta ben diretto e con uno stile lucido e rigoroso, come del resto tutte le opere precedenti di Gus Van Sant, ma a mio parere esso è meno incisivo ed originale dei suoi precedenti (si pensi , per esempio, ai più riusciti "Elephant! o "Paranoid Park"). Pertanto la pellicola risulta solo come una pura e semplice rappresentazione di una complessa transazione commerciale con le svariate speculazioni annesse e connesse e nulla di più. Forse, tutto ciò è solo semplicemente spiegabile col fatto che il regista Van Sant, pare, abbia sostituito all'ultimo momento l'intento di Matt Damon di dirigere in prima persona quest'opera.
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federico agnellini
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mercoledì 27 febbraio 2013
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un film di denuncia sociale.
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La coppia Gus Van Sant e Matt Dammon tornano insieme ancora una volta , con un film di denuncia sociale, per raccontare le dinamiche che si celano dietro alle pericolose lobbies americane in campo energetico. Il film è incentrato tutto sulle vicende del protagonista Steve Butler, venditore di una delle più grandi compagnie energetiche del paese (Global).
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La coppia Gus Van Sant e Matt Dammon tornano insieme ancora una volta , con un film di denuncia sociale, per raccontare le dinamiche che si celano dietro alle pericolose lobbies americane in campo energetico. Il film è incentrato tutto sulle vicende del protagonista Steve Butler, venditore di una delle più grandi compagnie energetiche del paese (Global). Con l l'incarico di recarsi in una delle molteplici cittadine rurali degli Stati Uniti per convincere i cittadini sulla necessità dell'introduzione del gas naturale nella loro terra, il protagonista si imbatte in una serie di avversità sia con alcuni locali avversi a questa introduzione, sia con un presunto ambientalista arrivato giusto in tempo per mettere i bastoni nelle ruote alla grande multinazionale. Il film, però, porta con se una trama piatta e un finale scontato che fa sì che lo telespettatore non riesca a entrare a stretto contatto con le vicende narrate. Inoltre conoscendo il genio di Van Sant si potrebbe pensare che i personaggi siano curati con molta profondità ( es. Will Hunting ), ma in realtà essi risultano privi di incisività e spessore . La tematica però molto forte e contemporanea fa si che comunque il film rimanga apprezzabile e permette allo spettatore molte riflessioni sulla storia economica contemporanea statunitense.
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onufrio
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mercoledì 25 marzo 2015
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cinema di riflessione
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Van Sant tocca un tema scottante, come i petrolieri, anche le compagnie del gas invitano i cittadini e vendere i propri terreni per poter trivellare e fare i loro miliardari affari; alla gente di questa cittadina rurale sembra andare bene sin da subito, la possibilità di avere soldi facili fa gola a tutti, ma un vecchio professore della contea pone delle domande importanti sul lato negativo di queste trivellazione e su come potrebbero trasformare il loro piccolo villaggio rurale che vive di fattorie e agricoltura. Da qui prende via una battaglia dialettica tra i favorevoli ed i contrari, fatta di colpi di scena e di trame oscure che sorprendono lo stesso protagonista (Matt Damon).
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ennio
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lunedì 15 ottobre 2018
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sembra l'america di "strade blu"
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Molti si ricorderanno di "strade blu", un programma tv che andò in onda qualche anno fa e che viaggiava nell'America profonda. Quel programma si ispirava al romanzo omonimo di William Least Heat Moon, un nativo americano che raccontava le storie raccolte appunto nelle strade blu americane, ovvero quelle meno frequentate, distanti dai grandi centri e dal grande traffico, dal grande commercio.
"Promised land" mi ha riportato in quelle realtà. Un ottimo film, una delle poche produzioni americane che ci accompagna dentro la vera America, lontana dalle secolarizzate e scellerate tipizzazioni hollywoodiane. E grazie a un tipino asciutto come Van Sant anche i dialoghi, le ambientazioni, i ritmi, sono improntati a un credibile e godibile realismo.
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Molti si ricorderanno di "strade blu", un programma tv che andò in onda qualche anno fa e che viaggiava nell'America profonda. Quel programma si ispirava al romanzo omonimo di William Least Heat Moon, un nativo americano che raccontava le storie raccolte appunto nelle strade blu americane, ovvero quelle meno frequentate, distanti dai grandi centri e dal grande traffico, dal grande commercio.
"Promised land" mi ha riportato in quelle realtà. Un ottimo film, una delle poche produzioni americane che ci accompagna dentro la vera America, lontana dalle secolarizzate e scellerate tipizzazioni hollywoodiane. E grazie a un tipino asciutto come Van Sant anche i dialoghi, le ambientazioni, i ritmi, sono improntati a un credibile e godibile realismo.
Poi leggo che questo film non piace a qualcuno per motivi ideologici. Il discorso ecologico/economico è l'asse portante del film, poco importa se il colpo di scena finale mette in buona o cattiva luce le parti in causa, l'importante è aver mostrato con lucidità certe tematiche legate ad ambiente ed economia reale.
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marco michielis
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martedì 24 marzo 2015
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un tentativo di denuncia
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Passato questa sera su Rai3, "Promised land" è in realtà, nel contesto della filmografia di Van Sant, un'opera discretamente impersonale, dato che la regia doveva essere inizialmente affidata a quel Matt Damon che comunque, oltre ad essere protagonista, è anche autore del soggetto insieme a John Krasinski, anch'egli nel cast.
Lavoro buono ma non eccezionale, nel complesso. Non stiamo parlando di "Elephant" o di "Paranoid park", per intenderci. Ha suscitato molto più scandalo negli Stati Uniti che da noi, nonostante la pomposità del trailer che potete apprezzare qui sotto; un trailer che Travis Bickle definirebbe senza dubbio "orgasmizzante". Sebbene, come accennato, abbia qualche difetto, tra i quali è doveroso rilevare la mancanza di accelerazioni quando si tratta di conferire quel qualcosa in più al tutto, "Promised land" risulta oggi più che mai attuale nel suo tentativo di denuncia e nel suo ricordarci una volta in più (il che non guasta mai) che, di fatto, siamo solo piccole pedine nelle avide mani delle grandi compagnie internazionali.
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(di marco michielis)
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giorpost
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martedì 24 marzo 2015
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un film attivista che non esalta, ma fa riflettere
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La Global Crosspower Solutions è una grossa multinazionale che si occupa di trivellazioni per l’ estrazione di gas naturale e può contare su un fatturato miliardario e su una rete di promotori capillare. Nell’ era della crisi economica invia nella cittadina di McKinley due venditori con lo scopo di convincere gli scettici abitanti del luogo a cedere i propri infruttuosi terreni e poter così disporre di un discreto gruzzolo che gli consenta di contrastare il progressivo impoverimento che non ha risparmiato nemmeno le comunità rurali e la remota periferia degli States. Questi sono Steve (Damon), uomo medio sui 40, venditore esperto in odore di promozione e Sue (McDormand), cinica lavoratrice divorziata con il solo scopo di portare il pane a tavola e non far mancare niente al figlio teenager.
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La Global Crosspower Solutions è una grossa multinazionale che si occupa di trivellazioni per l’ estrazione di gas naturale e può contare su un fatturato miliardario e su una rete di promotori capillare. Nell’ era della crisi economica invia nella cittadina di McKinley due venditori con lo scopo di convincere gli scettici abitanti del luogo a cedere i propri infruttuosi terreni e poter così disporre di un discreto gruzzolo che gli consenta di contrastare il progressivo impoverimento che non ha risparmiato nemmeno le comunità rurali e la remota periferia degli States. Questi sono Steve (Damon), uomo medio sui 40, venditore esperto in odore di promozione e Sue (McDormand), cinica lavoratrice divorziata con il solo scopo di portare il pane a tavola e non far mancare niente al figlio teenager.
Quando alla riunione cittadina prende la parola un colto insegnante in pensione (l’ ottimo Hal Holbrook) l’ obiettivo della vendita, fino a quel momento raggiungibile con disarmante semplicità (anche grazie alla facile corruttibilità del sindaco), diventa mano a mano sempre più difficile e la discesa si trasformerà in ripida salita in quanto viene messa in dubbio non tanto la qualità del gas ma il metodo poco pulito (e dannosissimo per l’ ambiente) per estrarlo. Sarà la Global a trovare una “solution” sorprendente che spiazzerà innanzitutto proprio Steve, frenetico arrampicatore sociale ma di umili origini e, dunque, ancora in possesso di buoni propositi, il quale dovrà scegliere tra etica e dovere.
Il finale, intriso di quei buoni sentimenti tipici del lieto fine made in USA, è una lotta a pari merito tra chi vuole tenersi stretto un lavoro qualsiasi e chi, invece, sceglie di lottare per qualcosa in cui credere.
Diretto inevitabilmente da Gus Van Sant, Promised Land (USA, 2012) doveva essere l’ opera registica d’ esordio di Matt Damon che ne ha curato anche la sceneggiatura. In ogni caso il lavoro raccoglie l’ eredità di un certo attivismo fortunatamente ancora in voga in una parte di Hollywood, ricalcando parzialmente il metodo di denuncia già visto in Will Hunting (sempre con la medesima coppia Van Sant-Damon) dove uno studente dall’ intelletto ipersviluppato si ribellava ai cinici calcoli guerrafondai di quell’ America che non esita un’ istante ad inviare i propri cittadini vestiti da soldato a morire su campi di battaglia generati ad hoc o a sterminare intere mandrie di vacche e a corrompere le falde acquifere nel nome dello sviluppo energetico.
Certamente condivisibile l’ intento e la trama, un po’ meno la scarna attenzione rivolta ad un ritmo troppo blando e ad un’ ambientazione eccessivamente periferica. Damon è bravo, e questo lo sapevamo, non mi ha fatto impazzire, invece, la McDormand a differenza dei gregari i quali, a partire dal citato Holbrook ma anche passando per il co-sceneggiatore John Krasinski, non sfigurano affatto.
Voto: 6,5 (soprattutto per l’ impegno civico)
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