albertopezzi
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venerdì 20 aprile 2018
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molto particolare
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DEFINIRE QUESTO FILM “PARTICOLARE” E’ DIR POCO. MA PARTENDO DAL FATTO CHE OGNI FILM, QUALSIASI ESSO SIA, CI LANCIA UN MESSAGGIO, ANCHE IN QUESTA PELLICOLA VA TROVATA LA CHIAVE DI LETTURA GIUSTA. PENSO CHE IL REGISTA, NICOLAS WINDING REFN, SIA GENIALE. LA FRUSTRAZIONE DI UN FIGLIO DA SEMPRE NON CONSIDERATO DALLA MADRE, IL SUO CONFLITTO INTERIORE, LE SUE MANIE AL QUANTO PARTICOLARI, LA SUA INSICUREZZA PER IL CONTINUO CONFRONTO CON IL FRATELLO MAGGIORE. TUTTE CIRCOSTANZE CHE FANNO DI LUI UN UOMO AL QUANTO PERICOLOSO. ECCO, IO CREDO CHE NELLA NOSTRA SOCIETA’ QUESTO TIPO DI SITUAZIONE NON SIA AFFATTO RARA. SI TRATTA DI UN FILM CONTENENTE MOLTO DOLORE, MOLTA SOFFERENZA E MOLTA TRASGRESSIONE.
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DEFINIRE QUESTO FILM “PARTICOLARE” E’ DIR POCO. MA PARTENDO DAL FATTO CHE OGNI FILM, QUALSIASI ESSO SIA, CI LANCIA UN MESSAGGIO, ANCHE IN QUESTA PELLICOLA VA TROVATA LA CHIAVE DI LETTURA GIUSTA. PENSO CHE IL REGISTA, NICOLAS WINDING REFN, SIA GENIALE. LA FRUSTRAZIONE DI UN FIGLIO DA SEMPRE NON CONSIDERATO DALLA MADRE, IL SUO CONFLITTO INTERIORE, LE SUE MANIE AL QUANTO PARTICOLARI, LA SUA INSICUREZZA PER IL CONTINUO CONFRONTO CON IL FRATELLO MAGGIORE. TUTTE CIRCOSTANZE CHE FANNO DI LUI UN UOMO AL QUANTO PERICOLOSO. ECCO, IO CREDO CHE NELLA NOSTRA SOCIETA’ QUESTO TIPO DI SITUAZIONE NON SIA AFFATTO RARA. SI TRATTA DI UN FILM CONTENENTE MOLTO DOLORE, MOLTA SOFFERENZA E MOLTA TRASGRESSIONE. A VOLTE CRUDO E VIOLENTO, A VOLTE ENIGMATICO, IL FILM SCORRE SU UN RITMO LENTO, ACCOMPAGNATO A MIO PARERE DA UNA COLONNA SONORA MOLTO INTRIGANTE. RYAN GOSLING CONFERMA IL SUO TALENTO, KRISTIN SCOTT THOMAS ARRICHISCE UN BUON CAST. CREDO CHE QUESTO FILM NON SIA PER TUTTI, DATA LA SUA PARTICOLARITA’. PER ME, TRE STELLINE MERITATE.
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andrej
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martedì 25 aprile 2017
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una tragedia greca in ambientazione moderna
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Dico subito che non sono un appassionato del cinema di Refn, di cui non amo la discontinuita' di stile, la troppo disinvolta mescolanza di realismo, surrealismo e simbolismo, i ritmi lenti/lentissimi con improvvise, brevi accelerazioni di violenza, i silenzi infiniti, i colori (soprattutto gialli e rossi) saturi e irreali. Cio' premesso, questo film mi e' piaciuto assai piu' di altri dello stesso regista, per la drammaticita' della vicenda narrata (davvero simile a quelle delle antiche tragedie greche) e per la potenza di certi personaggi: la madre, strega tiranna e incestuosa, il poliziotto vendicatore, spietato ma giusto, il protagonista, bloccato e sopraffatto da traumi e rimorsi che hanno spento in lui ogni entusiasmo vitale.
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Dico subito che non sono un appassionato del cinema di Refn, di cui non amo la discontinuita' di stile, la troppo disinvolta mescolanza di realismo, surrealismo e simbolismo, i ritmi lenti/lentissimi con improvvise, brevi accelerazioni di violenza, i silenzi infiniti, i colori (soprattutto gialli e rossi) saturi e irreali. Cio' premesso, questo film mi e' piaciuto assai piu' di altri dello stesso regista, per la drammaticita' della vicenda narrata (davvero simile a quelle delle antiche tragedie greche) e per la potenza di certi personaggi: la madre, strega tiranna e incestuosa, il poliziotto vendicatore, spietato ma giusto, il protagonista, bloccato e sopraffatto da traumi e rimorsi che hanno spento in lui ogni entusiasmo vitale. Peccato che certi difetti (stranezze, lentezze e licenze eccessive, il finale ambiguo e irrisolto, del resto comune anche ad altri film del regista) impediscano alla pellicola di diventare quel capolavoro che avrebbe potuto essere.
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biso 93
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sabato 12 marzo 2016
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solo refn si puo' perdonare
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Allora e' importante per un buon cinefilo secondo la mia modesta opinione capire cosa e' cioccolato e cosa e' fece. E Solo Dio Perdona di Refn ce ne da subito l'occasione. Questo regista danese e' bravissimo con la macchina da presa..ama la violenza e ce l'ha mostrata con buona maestria nei suoi precedenti lavori in cui spicca l'ottima regia premiata a cannes in Drive e a mio avviso anche quella di Vahlalla Rising. Dopo alcuni successi prima o poi si toppa sempre...e con questo film e' toccato a lui stavolta. Parto con il dire che la scenografia e la regia stessa sono comunque di ottimo valore mentre definirei la fotografia perfetta o quasi. Il resto e' una cagata pazzesca.
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Allora e' importante per un buon cinefilo secondo la mia modesta opinione capire cosa e' cioccolato e cosa e' fece. E Solo Dio Perdona di Refn ce ne da subito l'occasione. Questo regista danese e' bravissimo con la macchina da presa..ama la violenza e ce l'ha mostrata con buona maestria nei suoi precedenti lavori in cui spicca l'ottima regia premiata a cannes in Drive e a mio avviso anche quella di Vahlalla Rising. Dopo alcuni successi prima o poi si toppa sempre...e con questo film e' toccato a lui stavolta. Parto con il dire che la scenografia e la regia stessa sono comunque di ottimo valore mentre definirei la fotografia perfetta o quasi. Il resto e' una cagata pazzesca. Only god forgives e' il chiaro esempio di chi si sta pavoneggiando di brutto e che ci regala un film vuoto e nullo, spacciandolo per un capolavoro artistico. La violenza questa volta e' poco contestualizzata e nemmeno cosi feroce come potrebbe sembrare. I vari concetti che cercano di trasmetterci le scene sono eccessivi e troppo numerosi, creando confusione e arrivando a dire il nulla. Il film strizza l'occhio molto a kubrick ma nn e' una citazione in se. Il film e' poi molto serio..troppo...finisce per far ridere davvero in certi punti. Il problema non sono i pochissimi dialoghi, nn e' la durata poiche' e' corto come film, ne le musiche che sono superbe, e' che nn basta far vedere il sangue, usare musiche e parlare poco per fare qualcosa di artistico, occorre che lo stile utilizzato sia funzionale alla trama...ma mai piu che in questo caso non lo e' affatto. Peccato le premesse c'erano.
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bruce harper
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venerdì 2 ottobre 2015
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brutale cerebrale sinestetico ma poco coinvolgente
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La parola chiave per capire l’opera è RIGORE. Un rigore morale inarrestabile che si traduce in un rigore estetico inflessibile.
Ma partiamo dall’inizio. Come in altre opere dell’autore la messa in scena è sinestetica: immagini, luci, colori, suoni, musiche, movimenti, fumi, senso tattile. Se fosse sopravvissuto l’Odorama ci sarebbe stato anche quello. Ma ciò che più colpisce è la viscerale, pervasiva coerenza con cui viene confezionata tutta l’opera. Dalle inquadrature alla fotografia, dalle luci alle (bellissime) musiche, dalla recitazione alle ambientazioni, tutto è ferocemente funzionale alla logica del racconto. L’oriente viene scelto da NWR come quintessenza degli spazi stretti, chiusi, scomodi (il ring, le case in miniatura) caratterizzati da una logica secca, lineare, chirurgica, dei punti di vista fissi ed irremovibili.
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La parola chiave per capire l’opera è RIGORE. Un rigore morale inarrestabile che si traduce in un rigore estetico inflessibile.
Ma partiamo dall’inizio. Come in altre opere dell’autore la messa in scena è sinestetica: immagini, luci, colori, suoni, musiche, movimenti, fumi, senso tattile. Se fosse sopravvissuto l’Odorama ci sarebbe stato anche quello. Ma ciò che più colpisce è la viscerale, pervasiva coerenza con cui viene confezionata tutta l’opera. Dalle inquadrature alla fotografia, dalle luci alle (bellissime) musiche, dalla recitazione alle ambientazioni, tutto è ferocemente funzionale alla logica del racconto. L’oriente viene scelto da NWR come quintessenza degli spazi stretti, chiusi, scomodi (il ring, le case in miniatura) caratterizzati da una logica secca, lineare, chirurgica, dei punti di vista fissi ed irremovibili. Rari i movimenti di macchina, praticamente inesistenti le carrellate che sul piano linguistico trasmettono sempre coinvolgimento, adesione emotiva invece che distacco. E qui invece la regia predilige le inquadrature fisse, rigorose, i piani medi, quadri equidistanti tanto dall’oggetto che agisce che dal soggetto che osserva. La totale neutralità di uno sguardo asettico, scientifico, antropologico, che proscioglie l’occhio da ogni sospetto di goduria sadica con cui inscena i suoi spettacoli di violenza.
Certo il film non è esente da difetti. Uno su tutti, il piè esiziale: può indurre a noia. Succede spesso quando si fa fatica ad identificarsi con il protagonista, con la storia, e l’introspezione cede il passo al primato della logica. Il transfert con lo spettatore (medio, occidentale) è assente perché il modo di essere, lo stile di vita orientale è alieno, destabilizzante, stridente. Quello narrato è un universo privo di slanci emozionali non perché sia un universo vuoto ma perché è un universo fin troppo pieno, intasato da un rigore morale debordante, da un senso della disciplina, del rispetto, del cameratismo, della coordinazione motoria (che nella filosofia orientale è un fattore morale oltre che esistenziale), che non lascia spazio ad impulsi libertari, sentimentali o futilità vanesie e pleonastiche.
Come nel precedente Drive, Ryan Gosling è praticamente sordomuto, ma qui i dialoghi sono assenti non per un senso di incomunicabilità, di afasia, ma al contrario perché il loro contributo é superfluo, ridondante. A comunicare bastano i gesti, i valori e i principi, i codici di condotta, il senso di assoluta sottomissione alle leggi immanenti che regolano la convivenza civile. La morale è talmente spietata che è circolare, prevedibile, autoalimentata. Tu sbagli, paghi, perdi il controllo, muori, azione, reazione, colpa, punizione, tragedia, vendetta, se fallisci alla prima occasione, non c’è una seconda, sbagli, paghi. E così via. Solo Dio perdona ma qui non c’è spazio per Dio, l’ultraterreno, l’imprevisto, c’è spazio solo per un RIGORE morale inarrestabile che si traduce in un rigore estetico inflessibile, irremovibile e spietatamente totalizzante.
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storyteller
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lunedì 13 aprile 2015
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un po' pretenzioso, indubbiamente peculiare
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Non intendo perdermi a sottolineare quello che ha scritto chi ha apprezzato il film. Per quanto mi riguarda ne ho gradito la cifra narrativa, il simbolismo esasperato, il montaggio e la fotografia.
Anche i personaggi si lasciano apprezzare con la loro psicologia a tratti contorta, e in quanto regista "inconsueto" Refn sembra aver trovato il modo di raccontare una storia di vendette spietate e altrettanto inattesi gesti di pietà alla sua personalissima maniera, di nuovo, e comunque rinnovandosi.
E se le sequenze onirico/allucinate appaiono un po' forzate, di certo non lo sono la perfetta sintesi di suoni e immagini - così come l'intreccio, volutamente sottotono, delle diverse vicende, ciascuna caratterizzata da una logica implacabile e poi abilmente ricondotta ad un unico "continuum".
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Non intendo perdermi a sottolineare quello che ha scritto chi ha apprezzato il film. Per quanto mi riguarda ne ho gradito la cifra narrativa, il simbolismo esasperato, il montaggio e la fotografia.
Anche i personaggi si lasciano apprezzare con la loro psicologia a tratti contorta, e in quanto regista "inconsueto" Refn sembra aver trovato il modo di raccontare una storia di vendette spietate e altrettanto inattesi gesti di pietà alla sua personalissima maniera, di nuovo, e comunque rinnovandosi.
E se le sequenze onirico/allucinate appaiono un po' forzate, di certo non lo sono la perfetta sintesi di suoni e immagini - così come l'intreccio, volutamente sottotono, delle diverse vicende, ciascuna caratterizzata da una logica implacabile e poi abilmente ricondotta ad un unico "continuum".
Ci terrei a fare un appunto su quanto scritto da diversi critici "professionisti": ci vuole un bel coraggio a definirsi critici per poi liquidare un qualunque film (nello specifico, questo) con battutine da periodico di gossip e assurdi richiami al buongusto e alla morale. Tornate allo IULM, che è meglio.
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ultimoboyscout
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domenica 18 maggio 2014
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vendetta e tragedia greca in salsa pop.
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Crime-thriller estremamente violento che riunisce Nicolas Winding Refn e Ryan Gosling, regista e protagonista di "Drive". Gosling è ancora al centro di una storia estrema dove l'azione si trasforma in un viaggio nelle tenebre di una durezza assoluta, dove Bangkok è illuminata solo dalle luci fredde e intermittenti dei neon, le inquadrature sono glaciali ma raffinate in cui a farla da padrone è un rosso cupo e inquietante, i dialoghi sono scarni e le esplosioni di violenza tanto improvvise quanto spropositate, col regista che pigia senza remore sul pedale dell'estremo. E' la storia di due fratelli, Billy il primogenito e Julian, un taciturno che non riesce a verbalizzare i propri sentimenti.
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Crime-thriller estremamente violento che riunisce Nicolas Winding Refn e Ryan Gosling, regista e protagonista di "Drive". Gosling è ancora al centro di una storia estrema dove l'azione si trasforma in un viaggio nelle tenebre di una durezza assoluta, dove Bangkok è illuminata solo dalle luci fredde e intermittenti dei neon, le inquadrature sono glaciali ma raffinate in cui a farla da padrone è un rosso cupo e inquietante, i dialoghi sono scarni e le esplosioni di violenza tanto improvvise quanto spropositate, col regista che pigia senza remore sul pedale dell'estremo. E' la storia di due fratelli, Billy il primogenito e Julian, un taciturno che non riesce a verbalizzare i propri sentimenti. Gestiscono una palestra per coprire i traffici di droga ma Billy, dopo aver violentato e ucciso una minorenne, viene a sua volta assassinato dal padre di lei, innescando una terribile spirale di vendetta, col tutto che si complica con l'entrata in scena di un poliziotto e con l'arrivo della madre dei fratelli, una moderna e spietata Lady Macbeth. Film non solo violentissimo ma anche cupo e claustrofobico, malato, assolutamente in stile Refn. Questo è il suo territorio preferito e dopo il successo di "Drive" il regista sposta il suo inferno a Bangkok dipingendo un vero e proprio girone dantesco in cui non si salva nessuno e dal quale non si scappa, dove regnano stupri, decapitazioni, torture, sangue e incesto, il tutto magnificamente fotografato da Larry Smith, ex collaboratore fidato di Kubrick. Vithaya Pansringarm è maestoso nell'interpretare l'Angelo della Vendetta, Gosling è divorato da una superlativa Kristin Scott Thomas, cattiva e volgarissima come mai in carriera. Film fisicamente violento ma anche psicologicamente violento, un vero incubo ad occhi aperti, opera ambiziosa e affascinante, molto complessa che pochi irregolari come Refn avrebbero potuto concepire e dirigere, ma che per apprezzare appieno occorre dimenticare "Drive", film diversissimo soprattutto nella struttura. Revenge movie che chiude un cerchio iniziato dal regista con "Bronson" e proseguito poi con "Valhalla rising" e il già citato "Drive", atmosfere bollenti e psichedeliche, violenza grafica e melodramma per sanare le ferite con la novità nei film della centralità del rapporto madre-figlio con la figura femminile che sovrasta quella maschile in odore di complesso di Edipo. Personaggi dannati, musica ed epicità da spaghetti western, potente ma non bellissimo, tarantiniano come poche volte si è avuto il coraggio di provarci e col punto di non ritorno che è l'utero materno. E quel pizzico di autocompiacimento stilistico in meno sarebbe stato utile.
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adepa
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mercoledì 23 aprile 2014
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citando fantozzi....
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Dopo lo splendido "Drive", in cui un un grande Ryan Gosling interpreta magnificamente e con notevole originalità la parte del protagonista, N.W. Refn ci riprova affidandosi nuovamente al "suo attore" ed avventurandosi in questo "Solo Dio perdona"... . Beh che dire....per essere molto chiari e schietti, questo film è inconfutabilmente una cacata pazzesca, come avrebbe sentenziato il ragionier Ugo Fantozzi. Nonostante ci sia l'intenzione (ed il talento), questa volta Refn fa un vero buco nell'acqua.
Tanto quanto vi consiglio di vedere "Drive", a mio parere imperdibile, vi sconsiglio con tutto il cuore di vedere questo filmaccio.
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Dopo lo splendido "Drive", in cui un un grande Ryan Gosling interpreta magnificamente e con notevole originalità la parte del protagonista, N.W. Refn ci riprova affidandosi nuovamente al "suo attore" ed avventurandosi in questo "Solo Dio perdona"... . Beh che dire....per essere molto chiari e schietti, questo film è inconfutabilmente una cacata pazzesca, come avrebbe sentenziato il ragionier Ugo Fantozzi. Nonostante ci sia l'intenzione (ed il talento), questa volta Refn fa un vero buco nell'acqua.
Tanto quanto vi consiglio di vedere "Drive", a mio parere imperdibile, vi sconsiglio con tutto il cuore di vedere questo filmaccio.
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adepa
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mercoledì 16 aprile 2014
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per dirla alla fantozzi....
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Ryan Gosling ha fatto la sua fortuna grazie al magnifico film "Drive" del regista Nicolas Winding Refn, in cui affronta magnificamente e con originalità la parte dell'attore protagonista. Da qui, una serie di ruoli che cercano di riprodurre e riproporre lo stile attoriale apprezzato in Drive (vedi ad esempio "come un tuono" di Derek Cianfrance), fino ad arrivare a questo ultimo lavoro di Refn, in qui il regista cerca di bissare il successo e la formula vincente affidandosi nuovamente a Gosling........ risultato? Beh... fatemelo dire con la massima semplicità ed in stile fantozziano: "questo film è una cagata pazzesca".
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Ryan Gosling ha fatto la sua fortuna grazie al magnifico film "Drive" del regista Nicolas Winding Refn, in cui affronta magnificamente e con originalità la parte dell'attore protagonista. Da qui, una serie di ruoli che cercano di riprodurre e riproporre lo stile attoriale apprezzato in Drive (vedi ad esempio "come un tuono" di Derek Cianfrance), fino ad arrivare a questo ultimo lavoro di Refn, in qui il regista cerca di bissare il successo e la formula vincente affidandosi nuovamente a Gosling........ risultato? Beh... fatemelo dire con la massima semplicità ed in stile fantozziano: "questo film è una cagata pazzesca". Nulla da aggiungere. Gurdare per credere.
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kronos
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lunedì 24 marzo 2014
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inetto
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E' vero che il cinema è fatto soprattutto d'immagini, e in questo "Only god forgives" ce n'è di meravigliose ... ma basta un'ottima fotografia a salvare un film inetto nella scrittura, nelle interpretazioni, nelle psicologie (si fa per dire), nella progressione narrativa (si fa per dire)?
Come direbbe il grande Manlio Gomarasca: "ci si diverte di più a portar fuori un'ora e mezza il cane a pisciare ".
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bebarenzimonini
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sabato 8 febbraio 2014
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un'ora e mezza di sonno
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...ma non sarà che questi danesi (vedasi Lars Trier) sono un pochino sopravvalutati?
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