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sabato 30 luglio 2016
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nynphomaniac : un film che colpisce nel profondo
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Nymphomaniac è un film che colpisce e destabilizza lo spettatore. Tutto incomincia con Seligman un uomo all'apparenza semplice ma che si rivela pian piano e Joe che viene trovata e terra insanguinata dall'uomo mentre era uscito a fare la spesa in una giornata nevosa. Joe la accoglie a casa sua, le offre ospitalità e chiede a Joe che le ha fatto del male. Così la donna dopo un po' di esitazione comincia a raccontare la sua storia ed è prorpio qui che incominciamo a entrare nel vero cuore del film. Joe racconta il suo interesse all sessualità fin da bambina e della sua amicizia con B ancora più sfrontata di lei. Dei suoi primi rapporti, dei rapporti con molti uomini ma mai con lo stesso di un club di ragazze a cui aderisce che ha come fondamento quello di non andare più di una volta con un ragazzo.
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Nymphomaniac è un film che colpisce e destabilizza lo spettatore. Tutto incomincia con Seligman un uomo all'apparenza semplice ma che si rivela pian piano e Joe che viene trovata e terra insanguinata dall'uomo mentre era uscito a fare la spesa in una giornata nevosa. Joe la accoglie a casa sua, le offre ospitalità e chiede a Joe che le ha fatto del male. Così la donna dopo un po' di esitazione comincia a raccontare la sua storia ed è prorpio qui che incominciamo a entrare nel vero cuore del film. Joe racconta il suo interesse all sessualità fin da bambina e della sua amicizia con B ancora più sfrontata di lei. Dei suoi primi rapporti, dei rapporti con molti uomini ma mai con lo stesso di un club di ragazze a cui aderisce che ha come fondamento quello di non andare più di una volta con un ragazzo. Tutto ciò era motivato da un forte bisogno di provare piacere la cui causa però non è del tutto chiara e un profondo senso del disprezzo nei confornti dell' amore che viene visto solo nella sua parte più negativa e malata. Joe cerca e vuole solo sesso. Solo alla fine del film si scopre realmente innamorata e scopre come la sessualità se vissuta con la persona che si ama raggiunge un altro livello. Il regista però non ci racconta le porfonde cause di questi suo sentimenti e le motivazioni di questi comportamenti possiamo intuire che siano dovuti alla inaffettività della madre. In realtà ciò che più conta è come viene dipinto un quadro della vita di una giovane e bella donna che è solo ossessionata dal piacere, ceh non ha sogni o ideali ma è semplicemente alla ricerca dell' apagamento fisico ad ogni costo. NOn ha progetti non ha amici vive una vita monotona e che lei definisce inutile. Vediamo quindi la descrizione di una umanità al capolinea che vive una vita piatta e che attende solo '' il permesso di morire''. C'è poi una profonda solitudine, una triestezza e malinconia che accompagna la donna e anche una profonda stanchezza della sua vita. La donna mentre racconta come ha rovinato per esempio la vita di una famiglia ne prova i sensi di colpa solo dopo molti anni ma da ragazza non si rende conto delle effettive condeguenze dei suoi gesti. Per lei ciò che conta è il piacere ed è tutto fortemente egocentrico nella sua vita. Lars Von Trier racconta sicuramente una donna malata psicologicamente ma in realtà la sua malattia non è nient' altro che la scusa per raccontare una società che vive pensando dolo al proprio tornaconto, totalmente terrena e fortemente concentrata solo su se stessa e della contiua giustificazione e minimizzazione ceh si cntinua a fare di tutto ciò come fa Seligman mentre sente il racconto della donna. Si prova solo in pochi momenti una vera e propria empatia con la protagonista sopratutto nel capitolo dove Joe perde il padre. Tutto è molto crudo, reale , senza alcun velo ed è molto più ricco di contenuti morali di quanto ci si possa aspettare. E' infatti tutto il contrario della esaltazione al libertinaggio. Da sottolineare la bravura e l'intensità di Stacy Martin che interpreta Joe nella prima fase della sua vita. Da vedere per riflettere e pensare perchè questo film ci riguarda più da vicino di quanto possiamo immaginare.
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p.curtiss
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sabato 5 aprile 2014
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ninphoescort
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Durante tutta la durata del film mi sono divertito a pensare un titoto differente, più esplicito rispetto a quello che è è il tema trattato: la partecipazione a quella macelleria che è diventata "il sesso" e che da noi, ma non solo, è nell'abuso del termine escort che ormai va in obsolescenza, dissolto in un mare di atti dal discutibile valore estetico, privo di effettiva comunicazione che, ormai negata nella facciata principale, si ricostituisce nei cortili dimenticati e in altri anfratti dove giungono i rumori del nostro mondo assordante. Bel film, intenso, intellettuale.
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ely57
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martedì 15 aprile 2014
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ordine caos
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Il professore che ascolta e spiega è l'ordine del sapere scientifico, lei Joe l'animale ferito, il caos della natura e per questo Von Trier quando cerca di tradurre o ridurre in fatti scientifici le scene o i capitoli, scrive formalmente sempre sovrapposto alla scena reale, tipo il 2+3 di Fibonacci è scritta sulla inquadratura della sodomizzazzione di sfondo nel capitolo dei due colpi davanti e tre dietro, Trier prova a tradurre quello che il ragazzo istintivamente fece e cosí fa con la Polifonia Bachiana: le tre inquadrature sui tre tipi di uomini che la ninfo frequenta e cosi li tratta da prove di laboratorio, sono come prove con sopra appunti da laboratorio.
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Il professore che ascolta e spiega è l'ordine del sapere scientifico, lei Joe l'animale ferito, il caos della natura e per questo Von Trier quando cerca di tradurre o ridurre in fatti scientifici le scene o i capitoli, scrive formalmente sempre sovrapposto alla scena reale, tipo il 2+3 di Fibonacci è scritta sulla inquadratura della sodomizzazzione di sfondo nel capitolo dei due colpi davanti e tre dietro, Trier prova a tradurre quello che il ragazzo istintivamente fece e cosí fa con la Polifonia Bachiana: le tre inquadrature sui tre tipi di uomini che la ninfo frequenta e cosi li tratta da prove di laboratorio, sono come prove con sopra appunti da laboratorio...è la riduzione scientifica di fatti del caos della natura o caos dell'inconscio.
Il film è forse il laboratorio del provare a mettere ordine al caos...ma vado avanti ...ed ho ricordato che il grande H.Hesse aveva già, nel capolavoro "Narciso e Boccadoro", approfondito abbondantemente questo tema ed era arrivato a dimostrare che l'uomo, cioè tutti noi, siamo fatti di tutte e due questi estremizzazioni: sapere e istinto, noi siamo, con diverse sfumature un po' puttane e un pó scienza...anima e corpo.
L'idea di estremizzare questi tipi, è la stessa di Hesse, il vecchio professore è come Narciso eremita che conosceva tutto lo scibile umano e lei Joe-animale è Boccadoro sempre perso nella foresta dell'inconscio e vive tutto della vita e lo racconta a Narciso che non sperimenta niente ma sa tutto della vita....Tutti noi siamo costituii dalle due parti qui estremizzate, Narciso è il nostro cervello e Boccadoro è il nostro inconscio selvaggio, e nel libro, i meandri del muro dell'incipit dell'inconscio femminile di Von Trier sono i boschi oscuri e complicati di Hesse in cui si perde sempre Boccadoro, si ferisce, si ubriaca e fa sesso. Come Joe vivono una bulimia di esperienze fisiche che viene rapportata al sapere totale della ragione. L'equilibrio tra queste due parti non crea sofferenza eccederne si e diviene patologia depressiva qui ninfomania.
Oltre ad una straordinaria fotografia, il regista ci accompagna con la sensualità della neve che scende di continuo per le due ore di film, in tutte le esperienze sessuali di Joe mediante il suo corpo scelto acerbo e mai maturato nell'archetipo femminile in quanto niente più dell'androgenità della protagonista poteva toccarci nel rappresentarla come un animale adolescente ferito. Per farcela sentire poco empatica, anaffettiva e frigida, perchè è lì che il regista tra quei muri dell'inconscio voleva andare a parare. La sessualita vissuta fa divenire frigidi anche noi spettatori mentre il dolore dello squilibrio interiore ci coinvolge. Questo è il cinema con sequenze di immagini di grande qualità formale, giustezza delle corporietà dei protagonisti, evocazione di sensazioni e svelamento di dolori inconsci.
Attendiamo il volume2.
Ely 57
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antoniusblock
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mercoledì 16 aprile 2014
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1 - emozioni. commento diviso in 5 parti
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NYMPHOMANIAC. Emozioni
Potente e feroce epifania del tragico, Nymphomaniac è un film sull’impossibilità delle relazioni, alfa ed omega della felicità e del dolore, o meglio sulla necessità di essere “umani” per poterne avere. Nel film non ci sono “umani”, ma solo “disumani” (quasi tutti), “inumani” (alcuni, compresi i protagonisti) e “quasi umani” (il padre della protagonista). Le relazioni, quelle vere, il luogo della vita come continua scoperta, insomma il nucleo centrale del nostro essere “umani”, vogliono “lucidità emotiva”, assoluta, non negoziabile, e questo richiede coraggio.
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NYMPHOMANIAC. Emozioni
Potente e feroce epifania del tragico, Nymphomaniac è un film sull’impossibilità delle relazioni, alfa ed omega della felicità e del dolore, o meglio sulla necessità di essere “umani” per poterne avere. Nel film non ci sono “umani”, ma solo “disumani” (quasi tutti), “inumani” (alcuni, compresi i protagonisti) e “quasi umani” (il padre della protagonista). Le relazioni, quelle vere, il luogo della vita come continua scoperta, insomma il nucleo centrale del nostro essere “umani”, vogliono “lucidità emotiva”, assoluta, non negoziabile, e questo richiede coraggio. Purtroppo non tutte le storie di vita facilitano questo esito, al contrario tantissime giocano contro in modo talmente continuo da renderlo quasi impossibile. È quello che accade a Joe, la protagonista di Nymphomaniac. In che modo non viene descritto, si accenna ad una madre fredda, ma fortunatamente non si va oltre, e il film non diventa l’ennesima storiella psicoanalitica. Le conseguenze sono però potentissime e, se si può usare questo termine parlando della sofferenza di un essere umano, tipiche. E saranno l’impossibilità di sentire e riconoscere le emozioni, in quanto troppo spaventose e dolorose, capaci di disintegrare il Sé, il nucleo fondamentale dell’identità, quello che ci fa riconoscere a noi stessi, che ci fa “esistere”. Un Sé, in questo caso, non vero, un “falso Sé” come si usa dire, ma comunque l’unico che questa persona sia riuscita a costruire nel suo percorso lastricato di assenze, e dunque, malgrado tutto, prezioso in quanto unica possibilità di tenere incollati i pezzi del suo essere. In realtà qui, più che dell’impossibilità si tratta come si è detto della “necessità” di non percepire le emozioni, di proteggersi da vissuti insopportabili, devastanti. E lo strumento usato è il “rumore”. L’attività sessuale continua e ossessiva di Joe è la sua particolare forma di “rumore” sopra quelle emozioni insopportabili pronte a invadere e disintegrare la sua vita, evocate ormai, in una sorta di contagio associativo, da ogni particolare del mondo che la circonda. Come sempre accade per gli umani, l’emozione più potente e spaventosa, quella che informa di sé tutte le altre emozioni negative, è la solitudine, nelle varie forme che caratterizzano le relazioni: abbandono, tradimento, non contenimento, freddezza, non essere al centro del cuore di qualcuno. E quando queste cose accadono ad un bambino non saranno eventi, possibili ricordi, come tali passibili di rievocazione e attenuazione, saranno memoria implicita, struttura fondamentale del suo essere, cablatura di base del suo cervello e della sua mente. Il fondamento di una vita sentita come pericolo, e la vita stessa sarà un tentativo continuo di evitare il vissuto “impensabile”, più spaventoso della morte stessa, a cui questo pericolo rimanda. Nel film Joe deve continuamente aumentare l’intensità del “rumore” per tenersi lontana dal pericolo, per cercare disperatamente di non “sentire”, e quando, forse in parte consapevole dell’impossibilità di accrescere il “rumore” all’infinito, prova un’altra strada per tenere a bada le emozioni, rappresentandosi a sé stessa come “innamorata” di un uomo, si ritrova, mentre sta “facendo l’amore” con lui, a percepire che non sente nulla, non ha emozioni. Qui, per un attimo, incontra un’emozione, la sua paura, e subito allora torna indietro, al “rumore” di sempre. … CONTINUA CON : 2 - EMOZIONI. COMMENTO DIVISO IN 5 PARTI
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m. di napoli
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venerdì 18 aprile 2014
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nymphomaniac del cantus firmus
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Una lunga sequenza di buio iniziale, quel buio che è l’incomprensibile nella perpetua variazione degli stati emozionali diafasici, ma che lasciano inevitabilmente un alone di oscuro, così come oscura è ogni comunicazione nella sua perpetua volontà di essere compresa. Comprensione alla quale si impone l’uso di un codice che inevitabilmente finisce per incidentare il dire stesso, che non – vuole nessuna ambulanza; come dice la protagonista all’inizio del film, appena ritrovata – non le interessa e non vuole ambulanza; non vuole soccorso - ancora buio.
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Una lunga sequenza di buio iniziale, quel buio che è l’incomprensibile nella perpetua variazione degli stati emozionali diafasici, ma che lasciano inevitabilmente un alone di oscuro, così come oscura è ogni comunicazione nella sua perpetua volontà di essere compresa. Comprensione alla quale si impone l’uso di un codice che inevitabilmente finisce per incidentare il dire stesso, che non – vuole nessuna ambulanza; come dice la protagonista all’inizio del film, appena ritrovata – non le interessa e non vuole ambulanza; non vuole soccorso - ancora buio. In quel buio di apertura dove viene incontrata dall’uomo “pescatore” che legge da quando era bambino (uomo – lettore – pescatore – ascoltatore) in quel rapporto tra psicoanalista e paziente dove chi si racconta spesso si rovescia nel suo opposto… Non c’è psicoanalisi che non sia a sua volta malattia e cura. Come ci dice Derridà – La psicoanalisi, supponendo, si trova. Quando si crede di trovarla, è la psicoanalisi, supponendo, a trovarsi. (Derridà, Le facteur de la vérité, 1975).
E poi tutto il passato-ricordo in immagini con telecamere mobili che non astraggono il tempo, ma ne capovolgono la subordinazione al significato stesso del ricordo, perché tutto quello che si ricorda non può che capovolgersi nello specchio universale del proprio buio interiore, quel lungo buio di apertura che ritorna anche in pieno colore: in pieno accecamento dell’immagine. Così come le stesse figurazioni del dolore e del demonicaco non sono che rappresentazione di un qualcosa di incompleto - come ogni piacere resta fratturato, lacerato in se stesso anche se frenetico, come la fame della metafora dei pesci che ci racconta il pescatore. La parola stessa diventa atto frenetico e si precipita a coprire diversi campi della conversazione recisa, per ri-gettarsi cercando ancora di superare l’intenzionalità dello sguardo e il campo di ripresa della macchina. Qualcosa di folle e di schizofrenico c’è in ogni conversazione considerata in se stessa. La psicoanalisi ha studiato la conversazione schizofrenica con i suoi manierismi, le sue prossemie e le sue messe a distanza, divergendo la conversazione. Questa caratteristica della divergenza di ogni conversazione viene analizzata molto bene anche da Simmel. Divergenza che può provenire anche da una fonte sonora che non si trova mai, come il pianista in Antonioni che sembra vicino, ma di fondo non c’è mai (come la fonetica smarrisce il suo significato nel dirsi stesso). Anche il ricordo\puzzle della protagonista del film che a poco a poco non riesce più a ricomporre e si perde. Proprio perché la fame sessuale e senza limiti della protagonista è una fame che divora tutto senza badare tanto a che cosa; è un desiderio ossessivo di trasportarsi in un’anti-camera della vita, o meglio, in un fuori campo della vita - che è quello del cinema, in quei tagli del cinema che fanno fuori l’immagine stessa, nella falsificazione di qualsivoglia ricordo. Ecco perché piangendo ci dice – Non riesco a sentire niente… non riesco a sentire niente…
“Quando venne creato il frassino, tutti gli alberi della foresta provarono invidia perché era l’albero più bello del bosco, aveva il legno più forte, era l’albero del mondo nella mitologia nordica, parlarne male era impossibile. Poi quando tutti gli altri alberi videro il frassino con le gemme nere cominciarono a ridere…”
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luca scial�
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domenica 27 aprile 2014
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riflessioni sul sesso e la vita
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Il signor Seligman vive da solo. Un tipo solitario, che vive con la passione della pesca, delle scienze e della letteratura. Una sera, mentre ritorna a casa, scorge una donna svenuta a terra col volto tumefatto. Vorrebbe chiamare l'ambulanza, ma lei dice che scapperebbe se lo fa. Così decide di portarla a casa propria per permetterla di rimettersi in piedi. La donna dice di chiamarsi Joe e spiega all'uomo perché è stata ridotta in quelle condizioni. Ma per farlo parte da molto lontano, dall'infanzia, spiegandogli che è una ninfomane e raccontandogli le sue strane e perverse avventure. L'uomo la ascolta senza giudicarla, intervallando il suo racconto con digressioni e aneddoti, utilizzando metafore letterarie e relative alla pesca.
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Il signor Seligman vive da solo. Un tipo solitario, che vive con la passione della pesca, delle scienze e della letteratura. Una sera, mentre ritorna a casa, scorge una donna svenuta a terra col volto tumefatto. Vorrebbe chiamare l'ambulanza, ma lei dice che scapperebbe se lo fa. Così decide di portarla a casa propria per permetterla di rimettersi in piedi. La donna dice di chiamarsi Joe e spiega all'uomo perché è stata ridotta in quelle condizioni. Ma per farlo parte da molto lontano, dall'infanzia, spiegandogli che è una ninfomane e raccontandogli le sue strane e perverse avventure. L'uomo la ascolta senza giudicarla, intervallando il suo racconto con digressioni e aneddoti, utilizzando metafore letterarie e relative alla pesca.
Presentato per ragioni commerciali come un film porno questo film di Lars von Trier ha un respiro più ampio, che riguarda certo il sesso visto dal suo lato più perverso, nonché le intime sensazioni femminili, ma è anche una riflessione sulla vita. Questa prima parte si ferma a quando Joe si fidanza con Jerome, il ragazzo che le ha tolto la verginità per sua volontà. Un viaggio estremo e perverso, che parte dall'infanzia di Joe e dalle prime curiosità sul sesso; un viaggio raccontato mediante un cast di tutto rispetto e le capacità registiche del regista. Tra il cupo e il sensazionale, tra l'ironia e la riflessione.
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cinemalove
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mercoledì 8 aprile 2015
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riflessioni
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Nymphomaniac è il tabù finalmente sfatato, quel film che racconta niente di più niente di meno l'anticonformismo, la sessualità esplicita e l'angoscia in cui si ritrova la protagonista. Von Trier non si lascia mai sfuggire un minuto di troppo in banalità o contorni, ma tenendo sempre il corso della storia come fulcro: una donna che racconta attraverso flashback (non ordinati) la sua adolescenza e le sue inclinazioni sessuali, il tutto in perfetta contrapposizione invece con la bambina che rimane quando dialoga con il padre. Rimane dunque un opera ancor prima che film, con l'obiettivo di identificare le debolezze e classificarle in base a come si manifestano.
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Nymphomaniac è il tabù finalmente sfatato, quel film che racconta niente di più niente di meno l'anticonformismo, la sessualità esplicita e l'angoscia in cui si ritrova la protagonista. Von Trier non si lascia mai sfuggire un minuto di troppo in banalità o contorni, ma tenendo sempre il corso della storia come fulcro: una donna che racconta attraverso flashback (non ordinati) la sua adolescenza e le sue inclinazioni sessuali, il tutto in perfetta contrapposizione invece con la bambina che rimane quando dialoga con il padre. Rimane dunque un opera ancor prima che film, con l'obiettivo di identificare le debolezze e classificarle in base a come si manifestano. Un pensiero cinico sul sesso e sull'amore, ma intraprendente sulla relazione tra le due che comporta sempre allo spettatore a chiedersi quale sia la differenza e se ce ne sia una davvero.
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raysugark
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giovedì 10 settembre 2015
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nymphomaniac volume 1
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Dopo la pellicola Melancholia Lars Von Trier si interessò a visionare una pellicola diversa, esplicita, piena di simbolismi e a dir poco scandalosa. Con questi elementi il regista Danese visiona la sua ultima pellicola Nymphomaniac in 2 volumi, di cui nella versione tagliata dura 4 ore e nella versione completa la durata è di 5 ore. Nel primo Volume si presenta il personaggio Joe la ninfomane e Seligman l'intellettuale e l'ascoltatore del lungo racconto di Joe, di cui si proseguirà durante la durata della pellicola divisa in due parti.
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Dopo la pellicola Melancholia Lars Von Trier si interessò a visionare una pellicola diversa, esplicita, piena di simbolismi e a dir poco scandalosa. Con questi elementi il regista Danese visiona la sua ultima pellicola Nymphomaniac in 2 volumi, di cui nella versione tagliata dura 4 ore e nella versione completa la durata è di 5 ore. Nel primo Volume si presenta il personaggio Joe la ninfomane e Seligman l'intellettuale e l'ascoltatore del lungo racconto di Joe, di cui si proseguirà durante la durata della pellicola divisa in due parti. Sia nel primo che nel secondo volume viene diviso in capitoli con alcuni titoli dei libri famosi, vengono anche nominati molti autori importanti come Edgar Allan Poe. Nelle parti spinte della pellicola non vengono presi in giro come lo farebbe Pedro Almodóvar, ma vengono presi in modo serio, cupo e depressivo per il quale Nymphomaniac chiude la trilogia della depressione cominciata dall'horror disturbante Antichrist. Visivamente la pellicola cambia il colore dell'atmosfera passando da colori a bianco e nero a seconda di come si sente Joe nel corso del suo cammino. La miglior scena depressiva con un monologo magistrale di questo primo volume della pellicola è dopo che Joe ha causato il divorzio tra Mrs H e il marito di cui è attratto dalla ninfomane. Arriva Mrs H con i figli nella stanza dove vive Joe, per sfogarsi con disperazione contro Joe, per poi allontanarsi da lei e il suo ex marito urlandogli contro. Il primo volume di Nymphomaniac poteva essere ancora più interessante se non avessero tagliato troppe scene accorciando da 2 ore e 25 minuti a 1 ora e 57 minuti, di cui forse sarebbero stati molto utili per alcuni dettagli che mancherebbero.
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cirokisskiss
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lunedì 7 aprile 2014
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sinceramente, lars.
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Von Trier non è guarito, la sua depressiva costruzione di un percorso cinematografico mirato alla repulsione psicologica di una visione idilliaca dell'esistenza, ha allontanato la sua espressione di piena costruzione cerebrale, di mali evanescenti, profezie apocalittiche che avallano una compiaciuta poetica nichilista, forti di una potenza sensoriale che fonde e dischiude l'inaccessibile, intima e contorta metabolizzazione della realtà, questa volta a favore di un'incorporazione di tali termini in vesti meno derivative, ancora fragili, ma meno pervase da un sentore di mistica oscurità, piene ora di un'istigazione più che mai umana, fisica, visceralmente carnale. E' forse pronto a guarire questa volta, pronto a raccontarsi con convenzionalità, cercando biasimo, arrendendosi all'aiuto e disposto a sottoporsi ad una sorta di psicanalisi, dettando una linearità narrativa di formazione che ritrova i suoi capitoli dai toni letterari, questa volta usati realmente in funzione di un'albore assoluto, prestando rarefatta attenzione sull'innata predisposizione ad una "patologia" di primordiale lussuria.
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Von Trier non è guarito, la sua depressiva costruzione di un percorso cinematografico mirato alla repulsione psicologica di una visione idilliaca dell'esistenza, ha allontanato la sua espressione di piena costruzione cerebrale, di mali evanescenti, profezie apocalittiche che avallano una compiaciuta poetica nichilista, forti di una potenza sensoriale che fonde e dischiude l'inaccessibile, intima e contorta metabolizzazione della realtà, questa volta a favore di un'incorporazione di tali termini in vesti meno derivative, ancora fragili, ma meno pervase da un sentore di mistica oscurità, piene ora di un'istigazione più che mai umana, fisica, visceralmente carnale. E' forse pronto a guarire questa volta, pronto a raccontarsi con convenzionalità, cercando biasimo, arrendendosi all'aiuto e disposto a sottoporsi ad una sorta di psicanalisi, dettando una linearità narrativa di formazione che ritrova i suoi capitoli dai toni letterari, questa volta usati realmente in funzione di un'albore assoluto, prestando rarefatta attenzione sull'innata predisposizione ad una "patologia" di primordiale lussuria. Il primo volume sembra forse dichiararsi precursore di un'eventuale (è attesa) apoteosi di piena e spudorata esplosione tematica; questo perchè nonostante siano necessarie e preventivate delle inevitabili sequenze di esplicito sesso, sembra frenarsi a favore di una totale assimilazione del provocatorio (cinematografico) alla complessità di caratterizzazione e (in)sensibilità della protagonista che perfettamente diviene specchio di un'imperante senso di cinismo moderno, di quell'interruttore emozionale inspiegabilmente spento e della totale perdizione esistenziale che non è sintomo di resa ma di ineluttabile pretenziosità, decodificando questi impliciti meccanismi con metafore e personificazioni di gusto intellettuale, peccando in tal caso di rinunciabile saccenza. La ninfomane di Von Trier è bloccata in una continua e labirintica incoerenza, ingaggiando una "satanica" crociata anti-amore per poi cadere in eresia, assaggiando la nuova ricetta del sesso, orchestrando la sua polifonia e osservare la morte delle più amare, ma tutto è ancora troppo estraneo, troppo indiretto, nel profondo Joe non sente ancora nulla.
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luanaa
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mercoledì 9 aprile 2014
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negativo
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Un film deprimente e senza nessuna logica di fondo.Una mescolanza di cattivo gusto.Mi riferisco alle due scene forti che sono due effettivi pugni allo stomaco:quella del padre morente e l'altra altamente grottesca recitata da Uma Thurman. Per il resto una sequenza di rapporti sessuali asettici con una Joe giovane (attrice che non so dove sia stata pescata talmente è insignificante )con digressioni o sottolineature grafiche (ridicole)e musicali(anche qui Bach sembra centrare come i cavoli a merenda).Insomma un film senza pietas e senza cuore e che anzi "prende a pugni" il cuore sbattendolo su una sorta di tavolo operatorio e per questo lo definisco altamente negativo. Per finire Il regista non capisce le donne ( il coro di mea vulva è un altro elemento ridicolo insieme al parallelismo con la pesca etc.
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Un film deprimente e senza nessuna logica di fondo.Una mescolanza di cattivo gusto.Mi riferisco alle due scene forti che sono due effettivi pugni allo stomaco:quella del padre morente e l'altra altamente grottesca recitata da Uma Thurman. Per il resto una sequenza di rapporti sessuali asettici con una Joe giovane (attrice che non so dove sia stata pescata talmente è insignificante )con digressioni o sottolineature grafiche (ridicole)e musicali(anche qui Bach sembra centrare come i cavoli a merenda).Insomma un film senza pietas e senza cuore e che anzi "prende a pugni" il cuore sbattendolo su una sorta di tavolo operatorio e per questo lo definisco altamente negativo. Per finire Il regista non capisce le donne ( il coro di mea vulva è un altro elemento ridicolo insieme al parallelismo con la pesca etc..etc...))e in tutto il dipanarsi del film sembra (il regista) in preda ad una sua personale elucubrazione; ad una sorta di sogno-puzzle senza alcun fascino.. intriso com'è di una sorta di razionalismo che non si capisce dove voglia andare a parare..sempre ci sia qualcosa da capire..Sconsigliato!!
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