catcarlo
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mercoledì 22 gennaio 2014
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c'era una volta a new york
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Senza temere né il confronto con un monumento (il titolo originale è uguale a quello de ‘L’emigrante’, Charlie Chaplin nel 1917), né la sfida contro il gusto corrente, che certo non ha una predilezione per il genere, James Gray costruisce attorno a Marion Cotillard un sontuoso melodramma in costume capace di regalare emozioni e bel cinema senza bisogno di forzature o effetti speciali. Le sorelle Ewa e Magda arrivano dalla Polonia a Ellis Island con poche speranze di superare i controlli: la seconda è malata di tisi, la prima si porta addosso un’accusa di bassa moralità poivutale addosso durante il viaggio (e la cui spiegazione rivelerà parecchio sull’ipocrisia dei tempi).
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Senza temere né il confronto con un monumento (il titolo originale è uguale a quello de ‘L’emigrante’, Charlie Chaplin nel 1917), né la sfida contro il gusto corrente, che certo non ha una predilezione per il genere, James Gray costruisce attorno a Marion Cotillard un sontuoso melodramma in costume capace di regalare emozioni e bel cinema senza bisogno di forzature o effetti speciali. Le sorelle Ewa e Magda arrivano dalla Polonia a Ellis Island con poche speranze di superare i controlli: la seconda è malata di tisi, la prima si porta addosso un’accusa di bassa moralità poivutale addosso durante il viaggio (e la cui spiegazione rivelerà parecchio sull’ipocrisia dei tempi). Mentre Magda va in quarantena, Ewa si affida alla capacità di ungere le ruote di Bruno, un pappone che maschera il suo giro di prostituzione dietro il mediocre spettacolo che va in scena in uno teatrino scalcinato. Rifiutata dai parenti che vivono già a New York per l’onta di cui sopra, Ewa entra nell’azienda del suo ‘salvatore’ – suscitando più di un’invidia - per stare vicina alla sorella nella speranza di liberarla: per questo declina l’offerta di partire assieme all’illusionista Orlando per una tournée che la allontanerebbe dalle brutture della vita in città ed è costretta ad affidarsi di nuovo a Bruno che, spinto da un amore pur sempre negato, troverà modo di riscattarsi. Struttura classica che più classica non si può, quindi, ma una confezione impeccabile in cui tutti gli elementi si bilanciano per raggiungere l’ottimo risultato finale. La New York del 1921 è un posto difficile dove vivere: prima regola di sopravvivenza, per chi non è nato fortunato, è sgomitare ed essere disposti a tutto. Una città buia in cui, nei quartieri popolari, le strade brulicano di gente d’ogni tipo mentre le case hanno i muri scrostati e condizioni igieniche non proprio ideali (forse nell’accurata ricostruzione manca un po’ di sporcizia, ma siamo pur sempre al cinema…). Sono le seconde a rimanere più impresse perché l’azione si svolge in prevalenza in spazi chiusi, a volte al limite del claustrofobico, quasi a significare che, in fondo, per tutti i personaggi il margine di manovra è poco: nelle penombre risaltano i colori caldi della fotografia di Darius Khondji che, affidandosi in prevalenza all’ocra, fa risaltare i volti che riescono a trasmettere anche le più piccole emozioni. Ovviamente, questo lavoro è facilitato dalla bravura degli attori, specialmente per quanto riguarda i ruoli principali: Jeremy Renner è un Orlando che forse nasconde le sue vere intenzioni, Joaquin Phoenix interpreta la doppiezza di Bruno mettendo su qualche chilo e confermandosi un vero aficionado del regista (questo è il quarto film insieme) mentre Cotillard giustifica la scelta di Gray di scrivere (assieme a Ric Menello) una storia che si basi sia sul suo bel viso da attrice degli anni Trenta, sia sulle sue capacità recitative che paiono ancora in crescita. L’attrice francese dimostra che la fiducia è ben riposta, costringendo ben presto lo spettatore ad appassionarsi alla difficile esistenza di Ewa, anche se, al tirar delle somme, la scena più bella tocca a Phoenix nel sottofinale, quando, ormai chiuso all’angolo, il suo Bruno fa un’impietosa critica di se stesso e di tutto un modo di intendere l’esistenza: il sogno americano è passato anche su strade tortuose, palchi di quart’ordine e letti a pagamento in un ambiente in cui il più debole è destinato a soccombere. Fra questi ultimi non c’è Ewa che, all’apparenza fragile, riesce ad andare oltre l’orgoglio e mettere la sordina ai sentimenti per raggiungere ciò che si è prefissa in una sfida alla sorte avversa che il regista racconta con un passo che, grazie anche a numerosi bei dialoghi, regala molto spazio all’intospezione e solo di tanto in tanto è spezzato da una sequenza improvvisa di azione convulsa.
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pascale marie
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lunedì 20 gennaio 2014
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rincorrendo il sogno americano
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Il regista James Gray ha scelto un cast di bravissimi attori per questo film sull'immigrazione. Due sorelle polacche, Eva e Magda fuggono dalla guerra che devasta l'Europa negli anni '2O, e si imbarcano per New York. Ma ad Ellis Island, porto di smistamento, saranno divise perchè Magda è malata e viene trattenuta. Bruno un individuo poco raccomandabile si interessa ad Eva e paga una guardia che le concederà il visto d'entrata. Inizia così una spiacevole avventura per Eva che, senza alloggio e senza soldi, è costretta a seguire Bruno che, con l'illusione di spettacoli teatrali, la introdurrà invece in un giro di prostituzione, causando poi anche qualche invidia fra le ragazze del giro.
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Il regista James Gray ha scelto un cast di bravissimi attori per questo film sull'immigrazione. Due sorelle polacche, Eva e Magda fuggono dalla guerra che devasta l'Europa negli anni '2O, e si imbarcano per New York. Ma ad Ellis Island, porto di smistamento, saranno divise perchè Magda è malata e viene trattenuta. Bruno un individuo poco raccomandabile si interessa ad Eva e paga una guardia che le concederà il visto d'entrata. Inizia così una spiacevole avventura per Eva che, senza alloggio e senza soldi, è costretta a seguire Bruno che, con l'illusione di spettacoli teatrali, la introdurrà invece in un giro di prostituzione, causando poi anche qualche invidia fra le ragazze del giro. Eva riluttante all'inizio, accetterà poi perchè quei soldi l'aiuteranno a ricongiungersi alla sorella. Durante uno spettacolo Eva conosce il cugino di Bruno che si innamora di lei e vuole portarla con sè in California, ma non accetta perchè ritrovare Magda conta di più di ogni altra cosa per lei. Tra vicende poco dignitose e scaramucce, Bruno geloso ferisce mortalmente il cugino che getterà tra i rifiuti. Una soffiata da parte di una delle squillo farà precipitare la situazione e Bruno inseguito verrà braccato dalla polizia anch'essa corrotta.Alla fine Bruno confesserà ad Eva che è stato lui, quando l'ha notata sulla nave, ad architettare il piano di non farla incontrare con gli zii, e di pagare le guardie per fermarla ad Ellis Island. Ormai nell'estrema ultima disperata corsa, corromperà ancora una guardia permettendo ad Eva di ricongiungersi alla sorella e di lasciarla finalmente libera di seguire la vita che era venuta a cercare in America. Questa è la storia di tanti immigranti che hanno attraversato l'oceano, in fuga da guerre, persecuzioni, per trovare una nuova vita migliore in un mondo nuovo. Purtroppo, ancora oggi, nel 2014 c'è tanta gente da ogni parte del mondo che è costretta a fuggire per le stesse ragioni e cerca una vita migliore in altri Paesi. Film da vedere.
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flyanto
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lunedì 20 gennaio 2014
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un'eroina che combatte numerose avversità
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Film in cui si racconta di due sorelle polacche che nell'anno 1921 decidono di migliorare la propria misera esistenza emigrando negli Stati Uniti. Sul battello che le conduce verso la città di New York una delle due si ammala di tubercolosi e pertanto, una volta arrivata nell'isola di Ellis, prima dell' approdo vero e proprio, non le viene permesso di sbarcare nella città ma di rimanere confinata nell'isola finchè non guarisce. L'altra sorella, interpretata da Marion Cottilard, nel frattempo, grazie all'aiuto di un uomo (interpretato da Joaquin Phoenix) ambiguo e sedicente impresario teatrale, ma in realtà a capo di un traffico di prostituzione di giovani donne, riesce a sbarcare nella città.
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Film in cui si racconta di due sorelle polacche che nell'anno 1921 decidono di migliorare la propria misera esistenza emigrando negli Stati Uniti. Sul battello che le conduce verso la città di New York una delle due si ammala di tubercolosi e pertanto, una volta arrivata nell'isola di Ellis, prima dell' approdo vero e proprio, non le viene permesso di sbarcare nella città ma di rimanere confinata nell'isola finchè non guarisce. L'altra sorella, interpretata da Marion Cottilard, nel frattempo, grazie all'aiuto di un uomo (interpretato da Joaquin Phoenix) ambiguo e sedicente impresario teatrale, ma in realtà a capo di un traffico di prostituzione di giovani donne, riesce a sbarcare nella città. Da questo momento però, in cambio dell'ospitalità che questo uomo le dà e per raggiungere la somma di denaro al fine di riscattare la sorella reclusa, suo malgrado e con innumerevoli sensi di colpa dal punto di vista morale la donna si trova costretta a sottostare alle sue avances ed a prestare servizio presso il losco locale di spogliarelliste che egli dirige, nonchè a prostituirsi anche con altri uomini.Nel frattemo si invaghiscono di lei sia l'uomo stesso che il cugino di questi che le riserva delle gentili e premurose attenzioni, conducendo però il primo per gelosia ad un gesto folle nei suoi confronti. Alla fine, dopo tante traversie e patimenti, la protagonista riuscirà finalmente a riscattare dall' isola la sorella malata ed a sognare e, forse, realizzare un futuro migliore.
Quest'ultimo film di James Gray presenta uno delle tante realtà che riflettono la grama ed ardua vita patita dagli emigranti appena giunti negli Stati Uniti nei primi decenni del secolo. Obiettivamente da un punto di vista storico e di ricostruzione ambientale il film risulta estremamente ben fatto e, direi, impeccabile, ma per ciò che concerne la trama esso è molto deludente in quanto molto vicino al genere del feuilleton estremamente drammatico. La vicenda, infatti, tutta imperniata su di una donna che diventa praticamente un'eroina, superando le molteplici traversie e riuscendo nel suo intento finale, richiama immediatamente quei numerosi personaggi femminili dei romanzi dell'Ottocento, provvisti di tutti questi elementi necessari al fine della realizzazione di un'opera che captasse l'interesse del lettore e desse pure qualche insegnamento di carattere morale. Ma in questa pellicola ciò risulta poco credibile: senza alcun dubbio le molteplici donne sole ed in povertà emigrate nelle terre straniere dovettero realmente affrontare parecchie traversie, per non dire sfruttamenti e violenze di ogni genere, ma personalmente io ritengo che ben poche siano riuscite a raggiungere un traguardo positivo ed a riscattarsi. Viene infatti anche da domandarsi spontaneamente alla fine del film se, una volta libere, le due sorelle non incorreranno in altre disavventure e sfruttamenti dal momento che sono rimaste sole, in miseria e senza una dimora dove andare. Ma questo và oltre a quello presentato....
Sicuramente in generale l' ultima fatica di James Gray è molto ben interpretata: Joaquin Phoenix e soprattutto Marion Cotillard consegnano una prova di recitazione ben al di sopra della norma e, forse, proprio per solo questo motivo vale la pena di vedere il film, ma il regista, personalmente, è stato molto più apprezzabile nel suo precedente "Two Lovers".
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[+] il sogno (o l’incubo) americano visto da gray.
(di antonio montefalcone)
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luigi chierico
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lunedì 9 febbraio 2015
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e oggi a....
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L’amore ha radici profonde, imperscrutabili. Non sempre è fatto di è poesia e dolcezza;c’è spesso la violenza,l’abuso,la sopraffazione. A tenere le fila,a dettarne le regole e le scelte sono le condizioni economiche o ambientali. Circa un secolo fa una bella e giovane ragazza polacca lascia la sua terra dilaniata dall’oppressione russa. L’accompagna sua sorella in un viaggio, fatto di sogni, speranze, fiducia. La grande America è lontana, ma grandi sono i pericoli, la corruzione,i crimini, il proibizionismo, le lotte sindacali.
Ed è così che i sogni di Ewa Cybulski, la bellissima,dolce e brava Marion Cotillard, e della sorella Magda, naufragano non appena toccano terra.
L’una, Magda, è trasferita in ospedale perché dichiarata turbercolotica, Ewa, viene rimpatriata perché considerata di facili costumi.
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L’amore ha radici profonde, imperscrutabili. Non sempre è fatto di è poesia e dolcezza;c’è spesso la violenza,l’abuso,la sopraffazione. A tenere le fila,a dettarne le regole e le scelte sono le condizioni economiche o ambientali. Circa un secolo fa una bella e giovane ragazza polacca lascia la sua terra dilaniata dall’oppressione russa. L’accompagna sua sorella in un viaggio, fatto di sogni, speranze, fiducia. La grande America è lontana, ma grandi sono i pericoli, la corruzione,i crimini, il proibizionismo, le lotte sindacali.
Ed è così che i sogni di Ewa Cybulski, la bellissima,dolce e brava Marion Cotillard, e della sorella Magda, naufragano non appena toccano terra.
L’una, Magda, è trasferita in ospedale perché dichiarata turbercolotica, Ewa, viene rimpatriata perché considerata di facili costumi.
Una selezione che non mi pare storicamente accettabile.
Sta di fatto che la motivazione è un pretesto per far in modo di consentire a Bruno Weiss di disporre a suo piacimento della giovane e graziosa ed ingenua forestiera, in un paese non suo, ma anche presa dalla disperazione per la sorte della sorella. Il colpo riesce. Bruno, magistralmente ma odiosamente interpretato da Joaquin Phoenix, con la promessa di aiutare l’emigrata a trovare lavoro e di aiutarla a ricongiungersi alla sorella, la induce passo, passo verso la prostituzione.
Questo succedeva un secolo fa, oggi…in Italia arrivano ragazze nigeriane e d’ogni parte dell’Africa e del mondo: rumene, albanesi,qualche polacca come Ewa,ecc. la cui sorte non è diversa da quella di Ewa Cybulski !!!
Non ci sono più i bordelli dove era possibile vedere le ragazze ed andare, volendo, con la preferita; le lucciole sono per strada non solo di notte, ma puoi vederle, semivestite, anche di giorno e dovunque
La giovane Ewa non riesce a liberarsi di Bruno, che dichiarandosi innamorato le porta via anche i soldi presi dai suoi clienti, questo succedeva un secolo fa a New York… Incontra Orlando, interpretato da Jeremy Renner,che a modo suo dichiarandosi mago ed illusionista, da par suo prende in giro la gente,la dolce Ewa è dibattuta se accettare l’amore e la vita che lo stesso le offre ovvero se rimanere con Bruno, l’amore ha radici profonde, imperscrutabili. La strada della vita non scorre su un binario ma si interrompe di frequente, c’è da scegliere quale bivio prendere, spesso non si può tornare più indietro, ancor peggio, se è quello sbagliato, può essere fatale.
Il film è stato girato facendo uso di un filtro che rende le immagini color ocra per meglio mettere in risalto la scenografia che risulta eccellente. Gli attori si muovono sapientemente, lei fa tanta tenerezza ed il suo talento le dona, certo la rivedremo in film di ben altro spessore, la stoffa c’è e, come in questo film, non è necessario spogliarsi.
Joaquin Phoenix è bravissimo, nel monologo finale, trasformato il suo volto, recita la sua parte in maniera perfetta.
In definitiva il film, sebbene tratti una materia così scabrosa attorno al turpe mercimonio del corpo femminile, ha delle immagini e pagine pregne di poesia, di tristezza e malinconia.Ewa si guarda ad uno specchio in cui non si riconosce. Il suo volto conserva il candore di una ragazza che cerca di riscattare sé stessa e sua sorella e per questo si rifugia in chiesa il giorno della Candelora in cui si consacrano le candele, fiamme accese dalla fede per la fede, ed è proprio Bruno che le riferisce quanto ascoltato da sua madre: ”L’occhio di Dio è sempre su ogni passero”.
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filippo catani
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lunedì 16 maggio 2016
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melodramma pesantuccio
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Ellis Island 1921. Una giovane infermiera polacca arriva a New York in compagnia della sorella che però viene immediatamente ricoverata perchè affetta da tubercolosi. La giovane allora viene presa da un giovane impresario che in realtà è un losco individuo.
Una storia di immigrazione e disperazione quella narrata in questo film che però non riesce a scaldare le corde dello spettatore. Questo perchè la trama si perde in tanti fronzoli e perchè la sorta di triangolo amoroso in cui la Cotillard viene a trovarsi finisce per essere esasperato ed esasperante. Restano nel complesso degli ottimi costumi, un'ottima interpretazione del duo Phoenix-Cotillard e un buon finale.
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Ellis Island 1921. Una giovane infermiera polacca arriva a New York in compagnia della sorella che però viene immediatamente ricoverata perchè affetta da tubercolosi. La giovane allora viene presa da un giovane impresario che in realtà è un losco individuo.
Una storia di immigrazione e disperazione quella narrata in questo film che però non riesce a scaldare le corde dello spettatore. Questo perchè la trama si perde in tanti fronzoli e perchè la sorta di triangolo amoroso in cui la Cotillard viene a trovarsi finisce per essere esasperato ed esasperante. Restano nel complesso degli ottimi costumi, un'ottima interpretazione del duo Phoenix-Cotillard e un buon finale. Per il resto si scade veramente troppo nel melodramma e vista anche l'eccessiva durata della pellicola lo spettatore non può che uscirne con le ossa rotte
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francesco2
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domenica 25 marzo 2018
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un imbroglio dietro l'altro
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Quest’opera, che racconta un momento di trapasso tra un secolo e l’altro, a costo di apparire riduttivo, potrebb essere “definita” un film sull’imbroglio, dall’inizio sino al termine. Esso si annida già nella scena in cui la protagonista viene “accolta”, appena arrivata nella sua Terra dei Sogni. Man mano che la matassa si dipana – o, più probabilmente, si ingarbuglia- tutto il questo “Nuovo-mondo” che attendeva la protagonista si rivelerà un’illusione, quasi a suggerire verganiamente che chi nasca dalla povertà e cerchi la ricchezza -o comunque il benessere- è condannato a firmare la propria fine. O forse, anche che il progresso potenziale non coincide necessariamente con quello reale, se all’Est Europeo, e forse ad un’età storica prossima alla fine, contrapponiamo l’Ovest e l’avvento di un nuovo periodo.
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Quest’opera, che racconta un momento di trapasso tra un secolo e l’altro, a costo di apparire riduttivo, potrebb essere “definita” un film sull’imbroglio, dall’inizio sino al termine. Esso si annida già nella scena in cui la protagonista viene “accolta”, appena arrivata nella sua Terra dei Sogni. Man mano che la matassa si dipana – o, più probabilmente, si ingarbuglia- tutto il questo “Nuovo-mondo” che attendeva la protagonista si rivelerà un’illusione, quasi a suggerire verganiamente che chi nasca dalla povertà e cerchi la ricchezza -o comunque il benessere- è condannato a firmare la propria fine. O forse, anche che il progresso potenziale non coincide necessariamente con quello reale, se all’Est Europeo, e forse ad un’età storica prossima alla fine, contrapponiamo l’Ovest e l’avvento di un nuovo periodo. Senza svelare troppo, mi auguro, a confermare questo pessimismo nient’affatto “esistenziale” – o forse si?-si aggiungono anche le vicissitudini familiari della protagonista, le cui istanze di cambiamento vengono rifiutate persino dal proprio microcosmo ancora prima che dalla realtà “di adulta” –il mondo esterno, il paese straniero, contrapposti all’alveo familiare, pur non esente da problemi date le caratteristiche della sorella- ed al paese natio. Rispetto al citato film di Crialese, se la memoria non mi inganna, l’interesse non si focalizza cosi tanto sulle tensioni interne quanto sul ruolo che una nuova, ma non rinnovata, società gioca per la protagonista, anche se –mi ripeto- non va dimenticata la figura della sorella. Forse, ma non necessariamente, per questo il pessimismo di Grey appare ben più radicale.
La modesta accoglienza, credo, ricevuta a Cannes mi ricorda quello che avvenne a Neil LaBute col suo “Betty Love”, non un capolavoro ma non assolutamente la pataccata di cui si disse nella competizione festivaliera.
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paolp78
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domenica 6 marzo 2022
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angosciante ma coinvolgente
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Pellicola molto curata dal punto di vista stilistico e formale, che propone una storia particolarmente struggente ed angosciante, ambientata nella New York degli anni ’20.
La regia del bravo James Gray è di ottimo livello, sia sotto il piano tecnico che con riguardo alla capacità di realizzare un’opera intensa e coinvolgente, sebbene affetta da una eccessiva lentezza narrativa che la rende un po’ pesante ed a tratti faticosa, anche a causa dell’oggetto della narrazione che in effetti è particolarmente deprimente.
Ottima la cura dei particolari e la ricostruzione degli ambienti della New York del tempo.
Come si diceva il ritmo non è abbastanza fluido e la storia fatica ad ingranare, riuscendovi solo quando si è già superata la metà del film.
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Pellicola molto curata dal punto di vista stilistico e formale, che propone una storia particolarmente struggente ed angosciante, ambientata nella New York degli anni ’20.
La regia del bravo James Gray è di ottimo livello, sia sotto il piano tecnico che con riguardo alla capacità di realizzare un’opera intensa e coinvolgente, sebbene affetta da una eccessiva lentezza narrativa che la rende un po’ pesante ed a tratti faticosa, anche a causa dell’oggetto della narrazione che in effetti è particolarmente deprimente.
Ottima la cura dei particolari e la ricostruzione degli ambienti della New York del tempo.
Come si diceva il ritmo non è abbastanza fluido e la storia fatica ad ingranare, riuscendovi solo quando si è già superata la metà del film. In quest’ottica è risolutiva la comparsa del personaggio interpretato da Jeremy Renner che dapprima consente il crearsi di una specie di triangolo amoroso insieme coi due protagonisti e poi pone le basi per il pregevolissimo finale, carico di pathos, che riscatta l’opera.
La sceneggiatura trova il suo punto di forza nei bei personaggi, delineati in modo molto saggio: la protagonista femminile, che subito porta dalla sua parte il pubblico, spingendolo a parteggiare per lei ed a prendersi a cuore le sue sorti, riuscendo così a tenere desta l’attenzione dello spettatore anche nella parte iniziale della pellicola che funziona di meno; e poi i personaggi maschili (su tutti quello interpretato da Joaquin Phoenix, che è anche quello di maggior rilievo), accumunati da una certa ambiguità che non permette di facilmente inquadrarli o comunque classificarli come positivi o negativi.
Punto di forza della pellicola sono certamente le interpretazioni di Marion Cotillard, protagonista della storia, e di Joaquin Phoenix. L’attrice francese, che è la migliore in scena, conferma il suo grandissimo talento con una prova intensa ed al contempo misurata, che solo una grande interprete può fornire; Phoenix, già più volte diretto da James Gray, non sfigura affatto offendo l’ennesima performance istrionica e ben riuscita della sua carriera. Nel resto del cast il già citato Jeremy Renner è l’unico altro nome di richiamo.
Ottima fotografia.
Pregevoli trucco e costumi.
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enzo70
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venerdì 3 ottobre 2014
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un film dove manca l'illuminazione
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L’immigrazione negli Stati Uniti dell’inizio del secolo scorso è un buon soggetto cinematografico; il fascino degli States, la stessa statua della libertà, il bivio di Ellis Island sono fattori che da soli, uno per uno, sono in grado di affascinare lo spettatore; c’era una volta a New York è la storia di una di tante, Ewa, affascinante donna polacca che fugge dalla miseria del suo paese per arrivare alle miserie degli Stati Uniti. La violenza che subisce a bordo della nave diventa un marchio indelebile quando arriva a New York, viene considerata indesiderabile, una puttana, e la sua vita diventerà quella di una donna di strada, con un unico obiettivo, ricongiungersi con la sorella, bloccata ad Ellis Island per la tubercolosi.
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L’immigrazione negli Stati Uniti dell’inizio del secolo scorso è un buon soggetto cinematografico; il fascino degli States, la stessa statua della libertà, il bivio di Ellis Island sono fattori che da soli, uno per uno, sono in grado di affascinare lo spettatore; c’era una volta a New York è la storia di una di tante, Ewa, affascinante donna polacca che fugge dalla miseria del suo paese per arrivare alle miserie degli Stati Uniti. La violenza che subisce a bordo della nave diventa un marchio indelebile quando arriva a New York, viene considerata indesiderabile, una puttana, e la sua vita diventerà quella di una donna di strada, con un unico obiettivo, ricongiungersi con la sorella, bloccata ad Ellis Island per la tubercolosi. In mezzo l’amore per Ewa da parte di un magnaccia, che si redime proprio attraverso il sentimento quasi morboso provato per la donna, e quello di Ewa per il cugino. L’intera storia si muove nell’ambito di un quadro drammatico dove la dimensione umana e delle incongruenze dell’amore prevale su tutto. Gray, il regista si avvale di ottimi attori, Marion Cotillard, Joaquin Phoenix, all’ennesima prova con il regista, e Jeremy Renner. Ma nonostante tutto il film alla lunga appare troppo di maniera, gli manca quel qualcosa che gli avrebbe consentito di diventare un grande film.
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alexander 1986
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martedì 27 maggio 2014
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una fiction televisiva da 16 milioni di dollari
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NY, anni '20. Ewa (Marion Cotillard) e la sorella Magda sbarcano nella terra delle loro speranze ma vengono fermate già alla stazione doganale di Ellis Island. La seconda viene scoperta malata, mentre si dubita della moralità della prima. A ogni modo Ewa riesce a calpestare il suolo americano grazie all'inatteso aiuto di un uomo, Bruno Weiss (Joaquin Phoenix). Si tratta di un buon samaritano o costui sarà mosso da altre ragioni?
Come interpretare la scelta di tradurre in italiano l'originale titolo 'The Immigrant' con 'C'era una volta a New York'? Goffo tentativo di richiamare leonine memorie o di sovrapporsi all'omonima pellicola di Chaplin (1917)? A ogni modo la presente avrebbe fatto decisamente meglio a evitare qualsiasi possibilità di confronto con i succitati mostri sacri, senza ingenerare così nello spettatore attese troppo alte.
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NY, anni '20. Ewa (Marion Cotillard) e la sorella Magda sbarcano nella terra delle loro speranze ma vengono fermate già alla stazione doganale di Ellis Island. La seconda viene scoperta malata, mentre si dubita della moralità della prima. A ogni modo Ewa riesce a calpestare il suolo americano grazie all'inatteso aiuto di un uomo, Bruno Weiss (Joaquin Phoenix). Si tratta di un buon samaritano o costui sarà mosso da altre ragioni?
Come interpretare la scelta di tradurre in italiano l'originale titolo 'The Immigrant' con 'C'era una volta a New York'? Goffo tentativo di richiamare leonine memorie o di sovrapporsi all'omonima pellicola di Chaplin (1917)? A ogni modo la presente avrebbe fatto decisamente meglio a evitare qualsiasi possibilità di confronto con i succitati mostri sacri, senza ingenerare così nello spettatore attese troppo alte. Questo 'The Immigrant' cerca sicuramente di rendere omaggio a quel cinema nella scelta dell'epoca e dell'ambiente, ma tale imitazione risulta vagamente buona solo per quanto concerne per l'appunto la resa scenografica. La vicenda narrata dal regista Gray (anche sceneggiatore e produttore) appare invece lineare e prevedibile come quelle degli sceneggiati d'antan. C'è la povera ragazza sfruttata dagli uomini, l'impresario/magnaccia dal cuore inquieto, il romantico possibile salvatore; il classico triangolo dalla classica conclusione. E' un vero peccato vedere interpreti del talento di Cotillard, Phoenix e Renner doversi calare in ruoli tanto piatti e poco stimolanti. Attori insigniti dell'Oscar non possono recitare in ruoli da polpettone televisivo. Tale spreco mi impedisce di consigliare questa visione, sebbene ne riconosca la discreta fattura.
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(di brian77)
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brian77
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domenica 22 giugno 2014
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film non facile...
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Vorrei ricordare solo che Olivier Père, uno dei grandi critici francesi delle ultime generazioni, ha definito quest'ultimo film di Gray un capolavoro, soffermandosi nell'analizzare sottigliezze di regia e di racconto. Chiunque lo può leggere perché è in rete.
Naturalmente ciascuno ha poi le proprie lecite opinioni, ci mancherebbe!
Ma ho l'impressione che chi continua a guardare i film in modo impressionistico finisca poi per scambiare film di autentico e complesso cinema come questo per banali feuilleton televisivi, proprio perché non essendo abituato a guardare dentro al film ne percepisce solo le formule esteriori.
In questo modo, si finiscono per sottovalutare grandi film (ricordo ancora chi diceva "già visto" per un film di prepotente personalità formale come "I padroni della notte"), e magari poi ci s'incanta davanti a filmetti dallo stile semipubblicitario che ostentano originalità dozzinali dall'apparenza colta.
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Vorrei ricordare solo che Olivier Père, uno dei grandi critici francesi delle ultime generazioni, ha definito quest'ultimo film di Gray un capolavoro, soffermandosi nell'analizzare sottigliezze di regia e di racconto. Chiunque lo può leggere perché è in rete.
Naturalmente ciascuno ha poi le proprie lecite opinioni, ci mancherebbe!
Ma ho l'impressione che chi continua a guardare i film in modo impressionistico finisca poi per scambiare film di autentico e complesso cinema come questo per banali feuilleton televisivi, proprio perché non essendo abituato a guardare dentro al film ne percepisce solo le formule esteriori.
In questo modo, si finiscono per sottovalutare grandi film (ricordo ancora chi diceva "già visto" per un film di prepotente personalità formale come "I padroni della notte"), e magari poi ci s'incanta davanti a filmetti dallo stile semipubblicitario che ostentano originalità dozzinali dall'apparenza colta.
E' davvero imbarazzante vedere poi elogiate sciocchezze grossolane come "Quasi amici" o incantarsi davanti alle presunte "opere morte" pittoriche che nobiliterebbero un film furbo ed esteriore (ma oh quanto sembra "poetico"...) come "Still Life" di Uberto Pasolini.
Ho anch'io qualche riserva per questo film rispetto ai tre precedenti di Gray, in quanto l'immagine mi pare meno densa.
Ma spero che rinviando a Olivier Père riesca almeno a instillare qualche dubbio.
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