Senza maschera
di Roberto Silvestri Il Manifesto
Il cinema salverà il teatro? Un prestigioso regista teatrale, Antoine d'Anthac, in occasione della sua morte - forse suicidio per amore di un'attrice molto più giovane di lui chiama a raccolta nella sua «villa neopalladiana di montagna» tutti gli amici attori, giovani e anziani, che hanno lavorato con lui nel corso degli anni e, in un testamento video in bianco e nero, mostra loro un suo dramma, Euridyce, nell'interpretazione scenica di una compagnia teatrale d'avanguardia. Suggestionati dalla pièce - e dall'intelletto «cubista» del cinema - gli attori entrano ed escono nel testo e nella scena, lo duplicano, lo triplicano, ne modificano senso, suoni, timbri e spazi, lo riportano alla loro vita fuori dalla scena, anche perché sono davvero loro, interpreti in forma olimpica, ma persone con i propri nomi e cognomi: Sabine Azema e Pierre Arditi, Lambert Wilson e Anne Consigny; Anny Duperey e Michel Piccoli, Hippolyte Girardot, un impressionante Mathieu Amalric, da record mondiale e altri 5 mostri sacri chiamati al telefono in casa, uno per uno. [...]
di Roberto Silvestri, articolo completo (3901 caratteri spazi inclusi) su Il Manifesto 22 maggio 2012