Padroni di casa |
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Un film di Edoardo Gabbriellini.
Con Valerio Mastandrea, Elio Germano, Gianni Morandi, Valeria Bruni Tedeschi, Giovanni Piccinini, Lorenzo Rivola, Francesca Rabbi, Alina Gulyalyeva, Mauro Marchese
Drammatico,
durata 90 min.
- Italia 2012.
- Good Films
uscita giovedì 4 ottobre 2012.
MYMONETRO
Padroni di casa
valutazione media:
2,70
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Un "giallo" che si perde per strada
di Roberto Nepoti La Repubblica
Spesso ci lamentiamo del provincialismo del cinema italiano, esortando i nostri registi a osare maggiormente, a raccontare storie di respiro più internazionale. Come rimproverare, allora, Edoardo Gabbriellini per averci provato? Padroni di casa propone una parabola sulla violenza: quella quotidiana, latente, ma che può talvolta sfociare in tragedia, in un fatto di cronaca nera da leggere sul giornale. La ambienta in un paesino dell’Appennino tosco-emiliano, rappresentato con cifra realistica e tuttavia imprecisato perché possa riassumerne tanti altri, reali o possibili. All’inizio il film carbura bene. I due fratelli Elia (Germano) e Cosimo (Mastandrea) - equilibrato l’uno, fragile e aggressivo l’altro che vanno a ripavimentare il terrazzo del cantante in ritiro Fausto Mieli, fanno una coppia assortita, affiatata, che si dà la replica con tempi di commedia ottimamente calibrati. Anche i personaggi di Morandi e Valeria Bruni Tedeschi, parte muta costretta in carrozzina, sono patetici al punto giusto. Col procedere del racconto, però, cominciano le perplessità, mentre la sceneggiatura (scritta, forse, a troppe mani) smarrisce l’equilibrio tra le due parti, quella dell’infelice coppia e quella dei due fratelli diversi. Fino a che l’espediente narrativo di un amoretto tra Elia e una teenager locale fa precipitare gli eventi: l’ostilità dei paesani tinge il film di nero portandolo in zone rischiose, dalle parti di celebri parabole antropologiche come Cane di paglia o Scene di caccia in Bassa Baviera. Però lo fa precipitosamente. Si resta insoddisfatti, e spiace: perché tentare vie meno convenzionali, nel nostro cinema, è di per sé un’avventura che merita rispetto.
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