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zoom e controzoom
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martedì 27 novembre 2012
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anche gli adulti mentono
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Ci sono alcuni film che anche senza saperne la produzione, non si fa difficoltà a collocarli geograficamente, tanto è forte la loro caratterizzazione ad iniziare da quella cosa invisibile e presentissima che è l’atmosfera resa con immagini, colori e personaggi dalla fisionomia pregnante. Il cinema danese come l’inglese e quello francese, fortunatamente continuano a presentarsi con questa forte decisa personale caratterizzazione e per lo più sono supportati da soggetti impegnativi. “Il sospetto” nella sua drammaticità è un ritratto della socialità in uno dei suoi più biechi e bui aspetti, che mai riuscirà ad essere corretto, nonostante il progresso tecnologico che dà la possibilità a tutti di confrontarsi con tutti.
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Ci sono alcuni film che anche senza saperne la produzione, non si fa difficoltà a collocarli geograficamente, tanto è forte la loro caratterizzazione ad iniziare da quella cosa invisibile e presentissima che è l’atmosfera resa con immagini, colori e personaggi dalla fisionomia pregnante. Il cinema danese come l’inglese e quello francese, fortunatamente continuano a presentarsi con questa forte decisa personale caratterizzazione e per lo più sono supportati da soggetti impegnativi. “Il sospetto” nella sua drammaticità è un ritratto della socialità in uno dei suoi più biechi e bui aspetti, che mai riuscirà ad essere corretto, nonostante il progresso tecnologico che dà la possibilità a tutti di confrontarsi con tutti. Magistralmente e in un moto esponenziale, il racconto procede partendo da una piccolissima cosa, un piccolissimo elemento che via via porta tutti nel tunnel del sospetto, della distruzione di un simbolo.
Questo processo è costruito in modo preciso e avvalendosi come punto di partenza, di un piccolo episodio reale, che non racconta un episodio, ma così viene inteso. Nel sommarsi di definizioni che accrescono l’inesistente, la sceneggiatura non eccede ne sull’isterismo, ne sulla macchietta dei personaggi coinvolti nella vicenda, e questo crea l’angoscia da identificazione perché, un fatto del genere, potrebbe accadere a chiunque. Il volto solido come un muro di pietra di Mads Mikkelsen, dà la consistenza dell’impossibilità di uscire dalla situazione di sospetto, qualsiasi cosa si possa fare, anche la più semplice come quella di mettersi a disposizione affinchè le cose si chiariscono. Ma chi le può chiarire, sarà altrettanto fiducioso ? Sarà capace di neutralità ?
I colori di una fotografia splendida e realmente tonale per i paesaggi del nord, mette ancor di più nella condizione di trovarsi nella realtà di una brutta favola che riflette una realtà che nulla concede alla soluzione fantastica. Tutto il racconto si snoda nel costante procedere di una storia scritta, anche la violenza fisica o i momenti di smoderatezza amicale, tutto inesorabile : ci si sente soffocare proprio per la mancanza di eccessi che ci salvino facendoci credere, usciti dal cinema, che la vita possa essere un’altra storia.
Eccellenti interpretazioni, nessuno escluso. Elemento che poteva essere evitato perché troppo prevedibile emotivamente è la fine dell’animale amato: è un eccesso che, scontato, distrae proprio perché dell’animale presente dall’inizio con insistenza, già s’intuisce che avrà quel ruolo preciso, mentre per le persone si può pensare che abbiano un guizzo, un ripensamento, una possibilità in più. Anche se si sa che non è così.
Emblematico inizialmente il finale: se poteva sembrare eccessivamente didattico nella scena del regalo iniziazione, è proprio quel primo non-finale che dice che “anche gli adulti mentono”. Solo così, con quel momento pacificatore reso con un’elissi temporale, perde significanza quello che poteva essere inteso il finale per eccellenza : l’entrata nel mondo degli adulti, del figlio di Lucas. Il regalo ad un ragazzo dall’aspetto ancora delicato e non incombentemente maschile come gli adulti uomini del nord, poteva essere inteso come l’esaltazione dell’inevitabile soccombere alla legge di terre inospitali dove gli uomini devono essere più feroci della natura. Ma non è così : il finale vero è quello con l’apoteosi inattesa del sospetto - e non il sospetto che qui si maschera per convenzionalismo da rinnovata amicizia - dove colui che continua a sospettare, a colpevolizzare e giudicare, con il sospetto mantiene la determinazione della vendetta, egli è colui che non compare, ma agisce e come il sospetto è inafferrabile. E così che si scopre che gli adulti mentono, e non solo i bambini.
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marinacic
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lunedì 26 novembre 2012
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...quasi una riflessione...
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Ho visto ieri sera "Il sospetto" e l'ho trovato davvero un ottimo film.
Ciò che mi ha lasciato veramente senza parole è stato il finale che sembrava ormai scontato.... forse troppo.
"Il sospetto" è un film che mi ha fatto molto meditare.....durante la giornata ho pensato spesso a Lucas e alla situazione in cui si è trovato....
Il fatto di pensarci mi sembra una buona cosa, evidentemente mi è restato dentro.
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flyanto
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lunedì 26 novembre 2012
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quando il sospetto è già una condanna
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Film in cui un maestro d'asilo viene ingiustamente incolpato di pedofilia da una bambina sua alunna e figlia di uno dei suoi più cari amici. Da qui il calvario e l'ostracismo da parte della comunità in cui vive che l'uomo deve subire e tentare di superare con l'aggiunta ovviamente della perdita anche del proprio lavoro. Ottimo spunto di riflessione sul tema delicato degli abusi sessuali sui minori che, come nel suo precedente "Festen", il regista Tomas Vinterberg aveva già trattato condannando apertamente il falso moralismo ed aspetto di facciata che contraddistingue tante famiglie borghesi "rispettabili". Qui non si può che parteggiare per il povero maestro d'asilo perchè si sa già dall'inizio che la bambina ha inventato tutto, ma che nella maggior parte dei casi, purtroppo, proprio i bambini ne sono le vittime.
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Film in cui un maestro d'asilo viene ingiustamente incolpato di pedofilia da una bambina sua alunna e figlia di uno dei suoi più cari amici. Da qui il calvario e l'ostracismo da parte della comunità in cui vive che l'uomo deve subire e tentare di superare con l'aggiunta ovviamente della perdita anche del proprio lavoro. Ottimo spunto di riflessione sul tema delicato degli abusi sessuali sui minori che, come nel suo precedente "Festen", il regista Tomas Vinterberg aveva già trattato condannando apertamente il falso moralismo ed aspetto di facciata che contraddistingue tante famiglie borghesi "rispettabili". Qui non si può che parteggiare per il povero maestro d'asilo perchè si sa già dall'inizio che la bambina ha inventato tutto, ma che nella maggior parte dei casi, purtroppo, proprio i bambini ne sono le vittime. Ottimo il finale aperto in cui, sia pure dopo la sua riabilitazione, il maestro è ben consapevole che il sospetto continua ad aleggiare sulla sua persona e che nulla sarà mai più come prima. Molto buona l'interpretazione di Mads Mikkelsen, attore feticcio di Vinterberg ed anche dell'altra regista danese Suzanne Blier, che giustamente è stato premiato al Festival di Cannes come miglior attore maschile.
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silvyboy
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domenica 25 novembre 2012
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paesaggi svedesi e intrighi paesani
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La mano tremula di Thomas Virterberg, che con Lars von Trier ha fondato la dogma svedese è attenta alla trasversalità dell'inquadratura, e così i personaggi, che sono un manata di paesani svedesi che tracannano birra ogni piè sospinto nelle riunioni la sera. Sono tutti della stessa parrocchia, ma se ne dicosta un po' Lucas perché divorziato, con una moglie che non lo vuole sentire e un figlio di nome Marcus che adora. Lui lo vorrebbe sempre con sé e fino al momento della catastrofe ci sta per riuscire. La catastrofe arriva quando una bambina lo accusa di pedofilia dinanzi una direttrice molto poco macchietta ma facile al sospetto.
E' vero che Lucas gioca coi bmbini buttandosi per terra o facendoli spaventare e i suoi metodi sono da pedagogista alle prime armi, ma da lì a farlo passare per maniaco ne passa acqua sotto i ponti.
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La mano tremula di Thomas Virterberg, che con Lars von Trier ha fondato la dogma svedese è attenta alla trasversalità dell'inquadratura, e così i personaggi, che sono un manata di paesani svedesi che tracannano birra ogni piè sospinto nelle riunioni la sera. Sono tutti della stessa parrocchia, ma se ne dicosta un po' Lucas perché divorziato, con una moglie che non lo vuole sentire e un figlio di nome Marcus che adora. Lui lo vorrebbe sempre con sé e fino al momento della catastrofe ci sta per riuscire. La catastrofe arriva quando una bambina lo accusa di pedofilia dinanzi una direttrice molto poco macchietta ma facile al sospetto.
E' vero che Lucas gioca coi bmbini buttandosi per terra o facendoli spaventare e i suoi metodi sono da pedagogista alle prime armi, ma da lì a farlo passare per maniaco ne passa acqua sotto i ponti. E così Lucas, quasi per caso, senza uno scatto interiore forte si ritrova colpevole del delitto più atroce. La maestria di Virterberg sta nel non fare apparire nulla scontato, anzi, per corrompere le regole della regia tradizionle, fa apprire le cose una cosa alla volta e si accende una luce al piano di sotto qundo gli attori sono al piano di sopra. Capiamo tutti che Lucas è affettivo tanto d attirare l'invidia di una bambina, ma la mano del regista, con un lentezza certe volteestenuante è depressiva. A questo si aggiunge il fatto che l'alunna accusatrice è figlia del migliore amico di Lucas e i due si prendono a cazzottate e Lucas irrompe in chiesa dopo esser stato rifiutato persino dal droghiere.
Personaggio interessante il figlio Marcus, omosessuale in erba che non smette di amare suo padre, pur essendo allucinato dall'intrigo.
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renato volpone
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domenica 25 novembre 2012
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leggerezza del pensiero, pesantezza delle parole
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I buoni propositi, se non sono supportati da prove ed evidenze oggettive, portano inesorabilmente alla diceria e alla maldicenza fino alla più totale e incontrollabile violenza. Il semplice sospetto, su una frase distorta o anche ingenuamente, ma falsamente argomentata, si trasforma in una crudele verità. Sfuggire dal vortice in cui si cade, anche se si affronta la realtà a muso duro, é praticamente impossibile. Questo é ciò che ci racconta con maestria Vinterberg in questo film. Di primo acchito ti viene da pensare che i metodi utilizzati per interrogare Clara, la bambina oggetto della presunta violenza, siano troppo lontani dalla realtà di una moderna e progredita Danimarca, ma a pensarci bene sono le reazioni tipiche della gente comune ad un fatto estraneo, improvviso e traumatico.
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I buoni propositi, se non sono supportati da prove ed evidenze oggettive, portano inesorabilmente alla diceria e alla maldicenza fino alla più totale e incontrollabile violenza. Il semplice sospetto, su una frase distorta o anche ingenuamente, ma falsamente argomentata, si trasforma in una crudele verità. Sfuggire dal vortice in cui si cade, anche se si affronta la realtà a muso duro, é praticamente impossibile. Questo é ciò che ci racconta con maestria Vinterberg in questo film. Di primo acchito ti viene da pensare che i metodi utilizzati per interrogare Clara, la bambina oggetto della presunta violenza, siano troppo lontani dalla realtà di una moderna e progredita Danimarca, ma a pensarci bene sono le reazioni tipiche della gente comune ad un fatto estraneo, improvviso e traumatico. Le difese psicologiche che si attuano prevedono l'attacco inderogabile ed un caprio espiatorio. Le famiglie si sentono oggetto fragile e ferito, anche se di fatto non lo sono, e proiettano la loro reazione per contrastare il senso di colpa sulla mancata difesa del piccolo innocente. Senso di colpa che non permetterà mai loro, nemmeno di fronte all'evidenza della verità di ritornare sui propri passi e non chiedere soltanto scusa, ma implorare il perdono. Così la società civile si trasforma in un tribunale dove l'accusato, seppure ingiustamente, subirà la peggiore delle condanna, il ludibrio a vita. É un film che si soffre in ogni minuto, ma é una grande verità su come le parole dette possano essere usate e distorte. In una società basata sulla comunicazione l'uso delle parole é indispensabile e diviene quanto mai pericolosa la leggerezza del pensare. Fatevi forza e andatelo a vedere.
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(di eles )
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chiarialessandro
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domenica 25 novembre 2012
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il mio sospetto
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Il mio sospetto è che il film tratti di un argomento forse abusato: l’abuso sessuale sui minorenni. E, quando gli argomenti sono già stati sviscerati ripetutamente, diventa sempre più ostico riuscire ad imbastirci sopra una valida pellicola. Il motivo del giudizio poco lusinghiero non alberga però solo in queste considerazioni: l’impostazione generale del lavoro, vorrebbe infatti caratterizzare l’opera con un tentativo di approfondire tramite una seria ricerca le problematiche di vario genere che si possono agganciare alla tematica osservata e ciò, a sua volta, dovrebbe avere come presupposto una ricostruzione credibile degli avvenimenti.
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Il mio sospetto è che il film tratti di un argomento forse abusato: l’abuso sessuale sui minorenni. E, quando gli argomenti sono già stati sviscerati ripetutamente, diventa sempre più ostico riuscire ad imbastirci sopra una valida pellicola. Il motivo del giudizio poco lusinghiero non alberga però solo in queste considerazioni: l’impostazione generale del lavoro, vorrebbe infatti caratterizzare l’opera con un tentativo di approfondire tramite una seria ricerca le problematiche di vario genere che si possono agganciare alla tematica osservata e ciò, a sua volta, dovrebbe avere come presupposto una ricostruzione credibile degli avvenimenti. Se vado a vedere Stallone che sbaraglia in contemporanea trecento nemici con il lancio simultaneo di coltelli, pugnali, frecce e granate, so cosa mi aspetta e non pretendo certo di stupirmi dell’impossibile ma se l’opera sembra invece avere delle pretese, è inconcepibile che una bambina dell’asilo venga interrogata da uno sconosciuto “non si sa chi” privo di qualsiasi nozione di psicologia, il quale si mette a fare domande dirette su quelli che avrebbero potuto essere gli aspetti più torbidi della vicenda (tipo: “hai visto se è uscito qualcosa di bianco?”), seguite dal vomito incontenibile della direttrice che, così facendo, ha sicuramente aiutato la piccola a ritrovare pace e tranquillità interiore. Potrei aggiungere che nessuno pensa nemmeno lontanamente di provare ad incastrare il mostro con telecamere nascoste, con intercettazioni telefoniche, con il controllo di un eventuale PC o cercando di capire se e quali motivazioni vi potrebbero essere dietro le sconvolgenti dichiarazioni della bambina. Peccato; potrebbe essere consigliabile la visione de “Il dubbio”.
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[+] vedi rignano
(di eusebio abbondanza )
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melania
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sabato 24 novembre 2012
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un film che fa pensare
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Film che fa pensare perchè è realistico.Molto ben fatto,ti induce a riflettere su quanto la fantasia di un bambino possa portare alla rovina un adulto."I bambini non mentono"....ma non sempre è esattamente cosi'.Il povero Lucas viene poi dichiarato innocente ma,al di là delle apparenze,il sospetto su di lui rimane,come una macchia indelebile.Nel film parlano più le immagini che le parole,ma si segue con interesse fino alla fine.
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mariocarraro
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sabato 24 novembre 2012
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le grandi bugie dei piccoli
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Un film da vedere, la tensione non cala per tutta la durata del film e ne esci con malinconica rassegnazione.
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derriev
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venerdì 23 novembre 2012
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un teorema in veste di film
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Un film asciutto ed essenziale, come ci si aspetta da una produzione nordica, che certo non indulge troppo sui dialoghi e sulle parole.
La trama: in un paesino della Danimarca un insegnante d'asilo è accusato, ingiustamente, da un'alunna di averla molestata sessualmente. Si scatena la rabbia dell'intera comunità, che renderà la vita impossibile all'uomo.
"Il sospetto" è un "film di trama", nel senso che i protagonisti sviscerano poco, o nulla, del dramma in cui sono immersi perché lo fa la sceneggiatura; lo stesso protagonista a volte risulta fin fastidioso nella sua impassibilità, nella sua freddezza, e nella sua tolleranza anche nei confronti della bambina che pure lo ha trascinato nel gorgo dell'infamia.
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Un film asciutto ed essenziale, come ci si aspetta da una produzione nordica, che certo non indulge troppo sui dialoghi e sulle parole.
La trama: in un paesino della Danimarca un insegnante d'asilo è accusato, ingiustamente, da un'alunna di averla molestata sessualmente. Si scatena la rabbia dell'intera comunità, che renderà la vita impossibile all'uomo.
"Il sospetto" è un "film di trama", nel senso che i protagonisti sviscerano poco, o nulla, del dramma in cui sono immersi perché lo fa la sceneggiatura; lo stesso protagonista a volte risulta fin fastidioso nella sua impassibilità, nella sua freddezza, e nella sua tolleranza anche nei confronti della bambina che pure lo ha trascinato nel gorgo dell'infamia.
Riuscitissima la capacità di ambientare tutto in poche location, spaziali o umane: l'asilo, le abitazioni, la bottega, la chiesa, luoghi che rimandano sempre ad un microcosmo di persone.
Un Cinema dell'essenziale, ma senza "poco" e senza "troppo"; più un teorema esplicativo, che una discesa nel tormento.
Potrebbe sembrare una critica, questa, ma invece è tutto bilanciato, al punto che la sanguigna ed intensa scena nella chiesa, quasi un'esplosione in una pellicola così cerebrale, risulta perfettamente integrata, quasi "dovuta".
Bellissima la scena finale, che ribadisce il titolo scelto per la versione italiana, il quale altrimenti sembrerebbe solo banale.
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