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marziol
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sabato 5 gennaio 2013
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buon film, non privo di difetti
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"Il sospetto" è un buon film che molto deve al protagonista Mads Mikkelsen giustamente premiato a Venezia come miglior attore.
Non riassumo la trama perché molti l'hanno già fatto; aggiungo che l'atmosfera angosciante che il dipanarsi degli eventi riesce a creare testimonia della buona riuscita del film, del quale uno degli obiettivi suppongo sia far immedesimare lo spettatore nel protagonista ingiustamente accusato e perseguitato.
Non si tratta comunque di un'opera esente da difetti; in particolare, in alcune forzature della sceneggiatura appare un po' troppo evidente la volontà di dimostrare una tesi e ho trovato a volte un po' inverosimile il tutto.
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"Il sospetto" è un buon film che molto deve al protagonista Mads Mikkelsen giustamente premiato a Venezia come miglior attore.
Non riassumo la trama perché molti l'hanno già fatto; aggiungo che l'atmosfera angosciante che il dipanarsi degli eventi riesce a creare testimonia della buona riuscita del film, del quale uno degli obiettivi suppongo sia far immedesimare lo spettatore nel protagonista ingiustamente accusato e perseguitato.
Non si tratta comunque di un'opera esente da difetti; in particolare, in alcune forzature della sceneggiatura appare un po' troppo evidente la volontà di dimostrare una tesi e ho trovato a volte un po' inverosimile il tutto.
Rimane comunque un bel film con un protagonista decisamente eccezionale.
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alex2044
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domenica 23 dicembre 2012
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il sospetto non vuole morire
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Un bel film meglio un gran bel film. Dopo una partenza un po' interlocutoria il film prende slancio. L'ambiente è descritto molto bene. Gli attori sono tutti bravi ,il protagonista è molto bravo. Il pregiudizio uccide qualunque razionalità. Il sospetto rifiuta qualunque logica. Il ristretto cerchio della vita di provincia non lascia scampo alla vittima . Se uno è colpevole meglio . Se ci accorge che potrebbe non essere vero si preferisce allontanare il dubbio. Il sospetto un sentimento che molte persone amano coltivare.
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aldot
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domenica 23 dicembre 2012
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si insinua e non ti lascia
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Bellissimo lavoro di Vinterberg. Se all'inizio può sorgere qualche dubbio sull'efficacia del racconto lasciando spazio alla mente che ti chiede "che cosa vuole davvero dirmi?" , da metà in poi il sospetto si insinua e non ti lascia più fino alla fine. La non reazione del protagonista di fronte alle pesanti accuse è disarmante. La forza dell'amicizia e dei legami costruiti nel tempo non sana del tutto il subdolo pregiudizio che si è nel frattempo creato intorno.
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killtheboredom
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domenica 16 dicembre 2012
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pippone sul film che non c'entra niente col film
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premettendo che non sono un cinefilo e non mi interessa scrivere una recensione tecnica sul film per tirarmela cercando audience, sento la necessità di condividere lo stato d'animo che questo film ha suscitato in me.
durante tutto il tempo della proiezione, mi sono sentito parte di quel mondo, identificandomi con sgomento in ognuno di quei personaggi. un tema simile dove ognuno è vittima e carnefice (semplificando un po..)mi ha riportato a quella sensazione di incertezza che provo ogni volta che si tratta di prendere una posizione e giudicare drammi simili che ci toccano ogni giorno nella sfera del nostro quotidiano.
ringrazio il regista per aver tratteggiato(magari suo malgrado) attraverso i personaggi, il civilissimo e sopravalutato nord, le loro paure e protettivo senso civico e morale, un tema cosi sfuggente.
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premettendo che non sono un cinefilo e non mi interessa scrivere una recensione tecnica sul film per tirarmela cercando audience, sento la necessità di condividere lo stato d'animo che questo film ha suscitato in me.
durante tutto il tempo della proiezione, mi sono sentito parte di quel mondo, identificandomi con sgomento in ognuno di quei personaggi. un tema simile dove ognuno è vittima e carnefice (semplificando un po..)mi ha riportato a quella sensazione di incertezza che provo ogni volta che si tratta di prendere una posizione e giudicare drammi simili che ci toccano ogni giorno nella sfera del nostro quotidiano.
ringrazio il regista per aver tratteggiato(magari suo malgrado) attraverso i personaggi, il civilissimo e sopravalutato nord, le loro paure e protettivo senso civico e morale, un tema cosi sfuggente.a cui credo nessuno in quanto essere umano può sottrarsi.
in questi mesi i giornali sono pieni di scandali sulla corruzione, abusi e intralazzi di ogni tipo, si combatte l'evasione scatenando guerre tra poveracci nel segno di equita e giustizia, e i governanti delle nostre regioni, quelle che decidono di fatto della nostra vita materiale, rubano smaccatamente..al di la della rabbia si puo evitare di chiedersi io al loro posto cosa farei? non siamo forse sempre pronti a giudicare e prendere bigotte distanze da scomodi tabu semplificando e giudicando in nome di chissà quale feticcio gli altri? forse se imparassimo anche grazie a film simili ad accettare cosa siamo e quanto siamo attraversati da cose che non conosciamo, riusciremmo a capire gli altri e magari cosi anche noi stessi. amen)) so che è una lettura totalmente personale e che il regista in realta ha dato una chiara idea del suo messaggio dove ogni cosa ha il suo posto buoni e cattivi, ma a me piace pensare che il suo intento fosse quello di farci fare delle domande, ognuno le sue)ahaah scusate il pippone!
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paride86
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domenica 16 dicembre 2012
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profondamente coinvolgente
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Con gli anni il regista del celebre "Festen" è migliorato. Abbandonati i dettami del Dogma 95, Vinterberg realizza un film asciutto, sobrio e ben girato, con un gran protagonista.
Il merito più interessante de "Il sospetto" - brutta traduzione dell'originale "La caccia" - è di mostrare che non sempre l'equazione bambini uguale innocenza e verità è affidabile, anzi. Sfatando questo luogo comune il regista ci descrive come un microcosmo fatto di solidarietà, in cui il vicino di casa è anche tuo amico e compagno, possa trasformarsi nel peggiore degli incubi.
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Con gli anni il regista del celebre "Festen" è migliorato. Abbandonati i dettami del Dogma 95, Vinterberg realizza un film asciutto, sobrio e ben girato, con un gran protagonista.
Il merito più interessante de "Il sospetto" - brutta traduzione dell'originale "La caccia" - è di mostrare che non sempre l'equazione bambini uguale innocenza e verità è affidabile, anzi. Sfatando questo luogo comune il regista ci descrive come un microcosmo fatto di solidarietà, in cui il vicino di casa è anche tuo amico e compagno, possa trasformarsi nel peggiore degli incubi. Sfruttando la metafora della caccia, "Il sospetto" racconta e illustra i meccanismi sociali umani in tutta la loro bestialità.
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angelo umana
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sabato 15 dicembre 2012
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la caccia della gente perbene
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Una piccola comunità danese dove le amicizie e l’unità sono – fino a prova contraria – forti; una bambina di 5 anni, Klara, che rivela qualcosa di “stupido” (parole sue) sul suo maestro alla direttrice dell’asilo Grethe, questa che mette subito in atto la “procedura della municipalità”, in ciò assistita dallo psicologo che conosce da anni e che svolge una sommaria indagine preliminare con la piccola, ragione per cui la direttrice assume serissimamente il ruolo di difensore dei bambini perché essi “non mentono”; la comunità che ha finalmente qualcuno da designare come mostro pedofilo, da isolare perché lontano dalla presunta moralità comune, quella che serve a far sentire migliori i “normali”: ecco come comincia una caccia al diverso, l’assedio che estrania il malcapitato.
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Una piccola comunità danese dove le amicizie e l’unità sono – fino a prova contraria – forti; una bambina di 5 anni, Klara, che rivela qualcosa di “stupido” (parole sue) sul suo maestro alla direttrice dell’asilo Grethe, questa che mette subito in atto la “procedura della municipalità”, in ciò assistita dallo psicologo che conosce da anni e che svolge una sommaria indagine preliminare con la piccola, ragione per cui la direttrice assume serissimamente il ruolo di difensore dei bambini perché essi “non mentono”; la comunità che ha finalmente qualcuno da designare come mostro pedofilo, da isolare perché lontano dalla presunta moralità comune, quella che serve a far sentire migliori i “normali”: ecco come comincia una caccia al diverso, l’assedio che estrania il malcapitato.
Vittima di questa emarginazione è il maestro Lucas, 42enne separato dalla moglie e dal figlio adolescente Marcus, che con pochi altri crede in lui e vorrebbe stargli vicino. Già lo status di separato può, nel sentire comune, giustificare ancor più “il sospetto” di cui al titolo italiano, titolo troppo didascalico e semplificativo, perché di assedio si tratta in realtà, una canea latrante impegnata in una caccia più o meno peggiore di quella al cervo a cui il gruppo di amici, con Lucas, si dedicava.
Le indagini sommarie non toccano minimamente il legame che i bambini hanno instaurato col ricercatissimo maestro Lucas e nemmeno la belligeranza dei genitori di Klara, che può avere suscitato le sue “stranezze” e la sua mania di evitare le righe sul suolo quando cammina. Le rivelazioni che Klara fa sono sfoghi di una bambina – il regista Vinterberg espone chiaramente il ruolo delle varie parti in gioco – che mette insieme parole sentite dal fratello maggiore, non può saperne nemmeno il significato, potrebbe trattarsi di un richiamo agli adulti per avere maggiori attenzioni. Pure i suoi compagni dell’asilo, che trovavano in Lucas il compagno di giochi ideale, si uniformano al sospetto emulandosi a vicenda, ripetendo dicerie.
E’ un film d’accusa alle nostre comunità “linde e pinte”, animate da buoni sentimenti e da amicizie tra uguali, dai riti natalizi in cui si è “tutti più buoni”, solo che si lasci fuori un nemico, di questa distanza “la gente perbene” ha quasi bisogno. E’ facile per i genitori di Klara individuare un colpevole esterno, non si guardano dentro né pensano a che rapporti tra loro due la bambina osservava.
Dopo un anno dai fatti tutto si è ricomposto e chiarito, Lucas è stato pienamente riaccettato dalla comunità, non fosse che in uno sguardo alla bambina (meritatissima la palma di Cannes al miglior attore) pare rivivere le angosce da questa provocate. Era stato pure uno sguardo intenso di Lucas a Theo, suo ex miglior amico e padre di Klara, che un anno prima alla messa di Natale aveva fatto vacillare in quest’ultimo le certezze di colpevolezza. In una battuta di caccia, quella in onore di suo figlio Marcus che con essa viene ammesso tra gli adulti, un colpo di fucile sembra abbatterlo. La sagoma, nella controluce dorata del bosco, fa pensare a uno sparatore giovane (il fratello di Klara?), è il rumore del sospetto che permane o il rammentarci la necessità di un “mostro” nemico della collettività?
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moulinsky
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giovedì 13 dicembre 2012
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questione di dogma
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Cosa succede nel kindergarten di una striminzita comunità di boscaioli danesi, dove i laureati disoccupati di mezz'età (che la recessione sanguina anche nelle ricche province dell'impero) trovano reimpiego adattandosi a educatori, e però vivono soli, con famiglie distrutte alle spalle, in magnifiche magioni senza tema di versare nemmeno l'Imu? Accade che il presunto asilo di un paese occidentale, ci si augurerebbe avanzato pure in psicopedagogia applicata ai bambini stronzi, assume per vero il dogma che le creature, beata innocenza, non mentono mai e su questo il buon Vinterberg che di Dogma con la d maiuscola se ne intende (e pure di drammoni familiar-borghesucci con retroscena incestuosi, vedi il precedente Festen) scatena una caccia all'untore che non risparmia presunte virili amicizie e amori allo stato nascente.
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Cosa succede nel kindergarten di una striminzita comunità di boscaioli danesi, dove i laureati disoccupati di mezz'età (che la recessione sanguina anche nelle ricche province dell'impero) trovano reimpiego adattandosi a educatori, e però vivono soli, con famiglie distrutte alle spalle, in magnifiche magioni senza tema di versare nemmeno l'Imu? Accade che il presunto asilo di un paese occidentale, ci si augurerebbe avanzato pure in psicopedagogia applicata ai bambini stronzi, assume per vero il dogma che le creature, beata innocenza, non mentono mai e su questo il buon Vinterberg che di Dogma con la d maiuscola se ne intende (e pure di drammoni familiar-borghesucci con retroscena incestuosi, vedi il precedente Festen) scatena una caccia all'untore che non risparmia presunte virili amicizie e amori allo stato nascente. Mads Mikkelsen, ex cattivone jamesbondiano da fumetto, le prova tutte per uscire dalla fissità espressiva che ben si adatta contro la sua volontà di attore in cerca di riscatto autoriale allo stordito protagonista della vicenda, riuscendoci suo malgrado solamente quando per sua fortuna il macellaio del paese gli rompe gli occhialini da professore trasformandolo da cane bastonato dagli accidenti della vita in bastonato e per davvero. Come troppo spesso accade il premio agli attori (da Cannes questa volta) si tramuta in premio al personaggio più emotivamente coinvolgente, almeno per il grande pubblico e le giurie in consesso riunite, che si commuovono pure troppo alla vicenda, senza badare alla sostanza dell'interpretazione, qui più che mai stucchevole nel senso proprio dello stucco. Per tornare alla sceneggiatura, dato per scontato l'assunto perverso come detto, è inevitabile lo scivolamento del povero protagonista verso l'esclusione (come farà senza quelle belle serate, povero, in compagnia degli amiconi col fucile a tracannare col coretto trasgressivo "buttala giù, la birra, buttala giù"?) mentre in platea si parteggia per lui, visto che l'inghippo a noi è noto e mai abbiamo il dubbio che sì forse potrebbe essere anche vera la balla del pedofilo. La bambina in realtà - dotata di spirito creativo e rabbia da rifiuto amoroso - ha messo insieme i ricordi con la foto che il fratello ha scaricato sull'iPad da YouPorn (e anche qui forse ci dovrebbe far "sospettare" di più il ragazzino che si entusiasma di uccelli a quell'età - invece che di passere - con lirico trasporto: "l'asta dritta verso il cielo", mah!). Finalone risolto tre volte, e una è di troppo, perché dapprima la biondina si ravvede smentendo l'altro assunto, ora ridicolizzato, che i bambini non si ricordano un cazzo, poi la comunità riassorbe il malcapitato, il quale però - capito forse come vanno le cose in quelle lande dove homo ancora homini lupus est - regala al figlio un fucile per difendersi in futuro da eventuali incomprensioni. Eccessiva a questo punto appare la schioppettata finale, ormai il messaggio è chiaro nel solco del sempre rassicurante "guardati dagli amici", ed è solo una psycho aggiunta stile un tranquillo weekend di paura che aggiungendo sottrae significato.
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pepito1948
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lunedì 10 dicembre 2012
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il virus-pensiero
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Lucas, educatore di un asilo infantile si trova coinvolto, sulla base della falsa accusa di una delle bambine, in una spaventosa caccia alle streghe da parte dell’intera comunità in cui risiede. La presunzione di innocenza, principio-cardine delle moderne democrazie, viene stracciata ed il sospetto si espande, contagiando come peste gli abitanti della cittadina: maestri, genitori, negozianti e, quel che è peggio, gli amici più vicini e la propria compagna. Lucas è (quasi) solo, e non c’è modo di riportare alla ragione gli accusatori, accomunati in un’isteria collettiva che li ha indotti ad emettere una sentenza di condanna senza appello e senza prove concrete.
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Lucas, educatore di un asilo infantile si trova coinvolto, sulla base della falsa accusa di una delle bambine, in una spaventosa caccia alle streghe da parte dell’intera comunità in cui risiede. La presunzione di innocenza, principio-cardine delle moderne democrazie, viene stracciata ed il sospetto si espande, contagiando come peste gli abitanti della cittadina: maestri, genitori, negozianti e, quel che è peggio, gli amici più vicini e la propria compagna. Lucas è (quasi) solo, e non c’è modo di riportare alla ragione gli accusatori, accomunati in un’isteria collettiva che li ha indotti ad emettere una sentenza di condanna senza appello e senza prove concrete. Mite ma determinato, Lucas non accetta l’emarginazione e lotta finchè il caso viene risolto, ma……
Il danese Thomas Vinterberg, co-ispiratore con Lars von Trier del disciolto Dogma 95, riferisce di essersi ispirato ad alcuni documenti consegnatigli anni fa da un noto psicologo infantile, che vi aveva raccolto alcune storie sconvolgenti, traendone la teoria secondo la quale “il pensiero è un virus”. Non sono molti i film che affrontano direttamente la pedofilia (vera o, come in questo caso, presunta) ma il regista ha solo preso spunto dall’argomento per soffermarsi sulla follia contagiosa che spinge una piccola comunità a schierarsi irrazionalmente ed in modo compatto contro un apprezzato insegnante, sulla base del principio che “i bambini hanno sempre ragione”. Non bastano un curriculum umano senza macchia, non bastano consolidati rapporti affettivi o manifestazioni di stima; il sospetto per il fatto stesso di circolare diviene certezza, ogni dichiarazione di innocenza è respinta a prescindere da qualsiasi ipotesi contraria, il colpevole non ha vie di fuga, la sentenza è peggiore di ogni giudizio penale: l’isolamento, il marchio di infamia, il logoramento psicologico minacciano la stessa sopravvivenza, il mostro è moralmente, umanamente, mentalmente ucciso, come un cervo in una battuta di caccia. La storia recente (anche italiana) è piena di casi simili in cui l’opinione pubblica si è schierata in modo preconcetto contro qualcuno, o almeno si è divisa tra pro e contro a prescindere dalla verità provata; i tanti casi giudiziari eclatanti (pompati dai media) lo attestano drammaticamente. Il caso tutto italico di Mia Martini –non giudiziario ma contrassegnato dalla stessa dinamica omicida- è stato uno dei punti più bassi raggiunto dall’ignoranza e la stupidità di casa nostra, aggravate da una becera quanto odiosa superstizione. Nel film Vinterberg affronta un caso esemplare in cui l’onda del pregiudizio si propaga a tutto campo, stritolando la vittima in una morsa apparentemente senza scampo, in cui l’aspetto più inquietante è che tutti i rapporti umani anteriori al fatto sembrano evaporare senza lasciare scie che possano spingere ad un ripensamento. Solo una vecchia amicizia -rimasta sotto traccia- può fare il miracolo, spezzando la catena incantata e facendo affiorare il grande assente, il dubbio, che risveglierà finalmente le menti obnubilate dal sonno del pregiudizio. O forse non del tutto.
Tutto questo il regista ci racconta in un crescendo emotivo montante come una valanga, anche se la storia è nota e l’esito è ampiamente prevedibile. L’atmosfera cupa e crepuscolare del Nord accresce la tensione che trova il suo apice nel faccia a faccia drammatico tra la vittima e il suo principale carnefice. Ma la svolta buonista del finale non convince; la tabula rasa che tutto cancella dopo l’inferno è poco credibile e forzata, forse per accentuare il contrasto con l’imprevedibile scena di chiusura del film. Peccato, perché il tema sviluppato dall’autore è di grande ed attuale interesse, in una società fragile che tende a perdere facilmente il senso critico e l’autonomia del pensiero. Che spesso, appunto, più che strumento di conoscenza e guida comportamentale, si rivela un pericoloso virus.
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diomede917
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venerdì 7 dicembre 2012
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i bambini ci parlano....
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Lucas è un maestro d’asilo, è un uomo affascinante, ha alle spalle una separazione complicata per via dell’affido del figlio adolescente, è amato dalla comunità dove abita, i suoi “bambini” lo adorano…..forse pure troppo…..e così quando fa capire alla figlia del suo migliore amico la linea di demarcazione tra un genitore e un conoscente una sua bugia su presunto abuso sessuale fa scendere il protagonista in una discesa agli inferi inaspettata.
Thomas Vinterberg torna dopo anni nel luogo del delitto voluto e creato con Festen dove anche lì la miccia è fatta esplodere da un episodio di pedofilia (in quel caso reale).
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Lucas è un maestro d’asilo, è un uomo affascinante, ha alle spalle una separazione complicata per via dell’affido del figlio adolescente, è amato dalla comunità dove abita, i suoi “bambini” lo adorano…..forse pure troppo…..e così quando fa capire alla figlia del suo migliore amico la linea di demarcazione tra un genitore e un conoscente una sua bugia su presunto abuso sessuale fa scendere il protagonista in una discesa agli inferi inaspettata.
Thomas Vinterberg torna dopo anni nel luogo del delitto voluto e creato con Festen dove anche lì la miccia è fatta esplodere da un episodio di pedofilia (in quel caso reale).
Il titolo italiano, “Il sospetto”, secondo me travia il vero significato del film che è contenuto ne “La caccia”originale. Infatti la caccia ha una duplice valenza, la caccia vista come simbolo dell’unione, delle regole e dei valori di questa comunità…..ma anche metafora di una caccia alle streghe che vede protagonista l’ottimo Mads Mikkelsen (premiato a Cannes e ottimo contraltare di Jean-Luis Trintignant).
Infatti non è proprio la pedofilia (vera o presunta) e i suoi effetti il vero obiettivo del regista, ne è la prova l’innocenza del protagonista mostrata fin dall’inizio e anche l’assenza di polizia e interrogatori a effetto…..l’unica volta che è in scena è in borghese durante l’arresto ma serve per la presa di coscienza di un figlio che da quel momento lotterà in tutti modi possibili per difendere la rispettabilità del padre.
Il regista è consapevole che non bisogna mai mettere in dubbio che bambini dicono sempre la verità e nella maggior parte dei casi è così (questa frase viene detta dall’amico e padrino del figlio del protagonista)…..ma la domanda è cosa succede l’unica volta che questo non accade?
Vinterberg prende di mira il perbenismo della società danese che nasconde l’anima ipocrita dei suoi appartenenti.
Questo si evidenzia non tanto nel momento che “Il sospetto” del titolo si insinua nei loro pensieri (questo è decisamente lecito) ma soprattutto quando il protagonista viene rilasciato che il regista evidenzia la cattiveria con la quale la sorridente comunità accoglie il malcapitato Lucas…..Vinterberg non fa sconti nel rappresentare la realtà della violenza come si può vedere nella scena del cane o della rissa al supermercato e il presunto happy end finale è il veicolo per essere ancora più tagliente con primi piani di sguardi sospetti e una “caccia” finale dove si può essere cacciatori o prede.
In questo caso non so quantificare con un voto (che è sicuro altissimo) la mia opinione su questo film…..Il sospetto mi ha catturato non tanto per la tematica ma per come l’ha rappresentata….mi è sembrato di aver visto cinema con la C maiuscola e di aver assistito alla maturazione di un regista che era esploso e poi perso per strada…..ma si è ritrovato nella sua marcia Danimarca…..
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siebenzwerg
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mercoledì 5 dicembre 2012
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il pregiudizio come metodo
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Un clima di paranoia che penetra nelle ossa come il freddo scandinavo dell'inverno in cui si svolge la storia, difficile da riprodurre a parole perché sottile, fatto di ambiguità, interpretazioni equivoche, ottusità travestita da correttezza e moralità, un clima però reso bene, non saprei come, nella tensione delle immagini, le luci e i particolari movimenti della cinepresa, per tutta la durata del film. Interessante anche la scelta di dare poco spazio in scena ai personaggi persecutori, che restano all'esterno come minacce sempre insondabili che si ramificano come un cancro. La direttrice dell'asilo, che ha orchestrato tutto lo scandalo, scompare subito, quasi fuggendo.
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Un clima di paranoia che penetra nelle ossa come il freddo scandinavo dell'inverno in cui si svolge la storia, difficile da riprodurre a parole perché sottile, fatto di ambiguità, interpretazioni equivoche, ottusità travestita da correttezza e moralità, un clima però reso bene, non saprei come, nella tensione delle immagini, le luci e i particolari movimenti della cinepresa, per tutta la durata del film. Interessante anche la scelta di dare poco spazio in scena ai personaggi persecutori, che restano all'esterno come minacce sempre insondabili che si ramificano come un cancro. La direttrice dell'asilo, che ha orchestrato tutto lo scandalo, scompare subito, quasi fuggendo. La ex-moglie, così importante nella vita del protagonista, è solo una rapida voce al telefono. Mikkelsen è davvero bravo nel suo ruolo e la bimba è fenomenale. Per i miei gusti, uno dei film più belli del 2012.
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