kira85
|
mercoledì 8 gennaio 2014
|
alla ricerca di un senso
|
|
|
|
Disgusto, nausea, rabbia. Alla fine del film un tumulto di sensazioni pervade. Una storia che turba, perché il tema è così attuale e sconvolgente. Sentimenti forti quelli che si provano, così forti da celare una grave mancanza del film. La morale della storia. Dalle varie interviste si apprende che l' intento della regista era quello di far riflettere sulla questione della maternità. Essere madre non è solo pappa e coccole, ma una responsabilità. Bisogna diventare genitori non perché e ciò che la società si aspetta, ma perché lo si vuole fare con impegno e responsabilità. Dal film questo non si percepisce.
[+]
Disgusto, nausea, rabbia. Alla fine del film un tumulto di sensazioni pervade. Una storia che turba, perché il tema è così attuale e sconvolgente. Sentimenti forti quelli che si provano, così forti da celare una grave mancanza del film. La morale della storia. Dalle varie interviste si apprende che l' intento della regista era quello di far riflettere sulla questione della maternità. Essere madre non è solo pappa e coccole, ma una responsabilità. Bisogna diventare genitori non perché e ciò che la società si aspetta, ma perché lo si vuole fare con impegno e responsabilità. Dal film questo non si percepisce. Sembra più un avviso del tipo"Ehi, state attenti che potreste partorire Rosmary's baby!". Trascurato anche l'aspetto del disadattatamento adolescenziale. Perché il ragazzo compie l'insano gesto? Era vittima di bullismo, soffriva, era pazzo? Quando alla fine ci si aspetta una risposta...niente. L'ennesimo silenzio e sguardo languido. Struggente è la Swinton, ma forse è il suo aspetto decisamente particolare, più che la sua interpretazione, a colpire lo spettatore nell'animo. E poi il rosso, tanto rosso...troppo rosso per un film dagli intenti psicologici.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a kira85 »
[ - ] lascia un commento a kira85 »
|
|
d'accordo? |
|
damien karras
|
mercoledì 11 dicembre 2013
|
l'egoismo di essere mamme...
|
|
|
|
Dalla storia del film è eloquente il segnale come certe donne non possono ma sopratutto non devono essere madri, il film tagliato benissimo,e con scelta di tempi perfetti, mette a nudo la realtà come queste donne per proprio egoismo nell'easudire a tutti i costi il desiderio di essere madri, ignorano il fatto che cosi facendo mettono in pericolo la propria vita e anche quella di altre persone.
La storia spiega come una donna gracile,insicura e con poco carattere, è succube di un primo figlio con molti problemi già insorti dalla nascita, e tanti altri acquisiti da un'educazione troppo aprossimativa dati dalla stessa, la pellicola entra ancor di più nel problema, quando lei incosciente dell'errore che aveva partorito anni prima, ancora una volta per egoismo proprio, sceglie di mettere alla luce una bambina innocente, che purtroppo subirà per tutta la vita,cattiveria e odio del fratello, fino ad ucciderla.
[+]
Dalla storia del film è eloquente il segnale come certe donne non possono ma sopratutto non devono essere madri, il film tagliato benissimo,e con scelta di tempi perfetti, mette a nudo la realtà come queste donne per proprio egoismo nell'easudire a tutti i costi il desiderio di essere madri, ignorano il fatto che cosi facendo mettono in pericolo la propria vita e anche quella di altre persone.
La storia spiega come una donna gracile,insicura e con poco carattere, è succube di un primo figlio con molti problemi già insorti dalla nascita, e tanti altri acquisiti da un'educazione troppo aprossimativa dati dalla stessa, la pellicola entra ancor di più nel problema, quando lei incosciente dell'errore che aveva partorito anni prima, ancora una volta per egoismo proprio, sceglie di mettere alla luce una bambina innocente, che purtroppo subirà per tutta la vita,cattiveria e odio del fratello, fino ad ucciderla.
La scena finale è tanto vera quanto disarmante, la donna si reca in manicomio, in cerca di una confessione da parte del figlio sul perchè della strage...domanda alla quale lei non avrà mai risposta, nella stessa scena c'è l'abbraccio fra lei e il proprio figlio facendo intuire allo spettatore,la volontà della mamma nel perdonare l'assassino.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a damien karras »
[ - ] lascia un commento a damien karras »
|
|
d'accordo? |
|
rinop
|
sabato 16 novembre 2013
|
è la paura che crea limiti e confini.
|
|
|
|
“E ora parliamo di Kevin” di Lyanne Ramsay, con Tilda Swinton ed Ezra Miller, (USA 2011), pellicola che ha vinto il premio come miglior film al London Film Festival ed ha ricevuto tre nomination ai BAFTA Awards, è tratto dal romanzo "Dobbiamo parlare di Kevin" di Lionel Shriver
La protagonista, Tilda Swinton, si è aggiudicata il premio come miglior attrice agli European Film Awards, ai National Board of Review Awards e ai San Francisco Film Critics Awards, ed ha ricevuto la nomination ai Golden Globes, agli Screen Actors Guild Awards, ai BAFTA Awards e ai Broadcast Film Critics Awards.
[+]
“E ora parliamo di Kevin” di Lyanne Ramsay, con Tilda Swinton ed Ezra Miller, (USA 2011), pellicola che ha vinto il premio come miglior film al London Film Festival ed ha ricevuto tre nomination ai BAFTA Awards, è tratto dal romanzo "Dobbiamo parlare di Kevin" di Lionel Shriver
La protagonista, Tilda Swinton, si è aggiudicata il premio come miglior attrice agli European Film Awards, ai National Board of Review Awards e ai San Francisco Film Critics Awards, ed ha ricevuto la nomination ai Golden Globes, agli Screen Actors Guild Awards, ai BAFTA Awards e ai Broadcast Film Critics Awards.
Il film ha ottenuto inoltre sei candidature ai British Independent Film Awards, vincendo il premio per la miglior regia.
Narra il controverso dramma della maternità, sfatando il mito dell’amore materno, nell’immaginario collettivo naturalmente improntato al sacrifico di se per l’altro, il figlio appunto.
Mette in evidenza il faticoso percorso di maturazione interiore necessario per riuscire a rinunciare ad una parte di se stessi, ad una parte del proprio carattere, della propria personalità, dei propri bisogni e delle proprie esigenze in favore di una creatura “vergine” che si nutrirà di noi, di ciò che di noi lasceremo trasparire.
Eva (la protagonista femminile) è una donna indipendente e affermata sul lavoro, è sposata a un uomo che ama e con cui vive a New York.
Lasceranno la metropoli per un contesto meno caotico a seguito di una gravidanza inattesa dalla quale nascerà Kevin.
Eva vivrà la presenza di Kevin come un attacco alla propria personalità egoista, portando così alla luce i suoi aspetti più arroganti e presuntuosi, falsi ed ipocriti.
Eva, senza alcuna pazienza, insensibile, “sorda” e “cieca”, contribuirà in modo determinante a creare un “mostro”.
E del resto, la sua intransigente personalità relegherà in un angolo, dal punto di vista dell’influenza nella formazione di Kevin, la figura del padre pressoché assente.
Kevin crescerà dunque soffocato ed oppresso.
Il suo bisogno di amore e comprensione, di sostegno, di fiducia e stimolo costruttivo resterà gravemente insoddisfatto e farà di lui una persona vuota e, in un certo senso, succube.
E questo nonostante, ancora in età infantile, cercherà di reagire, secondo le possibilità di un bambino, dunque ora con il mutismo, ora con il rifiuto di lasciare il pannolino, ora con i dispettucci propri di quell’età che, crescendo, lasceranno invece il posto a comportamenti di cinico e freddo distacco da tutto e da tutti, comunque improntati ad aperta sfida.
Crescerà in lui la malvagità, fine a se stessa.
"Per nessuno motivo, questo è il motivo", risponderà infatti ai tardivi e minimi tentativi di dialogo della madre.
Poco prima dei sedici anni il tutto esploderà nel modo più drammatico possibile, Kevin infatti, imbracciato un arco (sua unica passione) commetterà una strage a scuola ed ucciderà suo padre e la sorellina.
Finirà in carcere lasciando dunque la madre Eva per sempre da sola, in preda ai propri rimorsi ed alla propria dannazione.
Kevin è solo una persona infelice.
Lo suggerisce la risposta che da alla madre allorché, andatolo a trovare in carcere, ella gli dice: “Non hai un’aria felice”.
“Lo sono mai stato?”.
L’intera storia può esser letta in modo meno “letterale”, in una chiave più ampia di quella psicologica, in una chiave sociologica.
L’oppresso e soffocato Kevin può esser anche il giovane disperato dei nostri giorni, il padre di famiglia disoccupato e senza speranza, solo (in un contesto in cui nessuno si preoccupa concretamente e realmente del suo dramma) contro un sistema molto più grande di lui; Kevin può essere il gay, il migrante ghettizzato e tanto altro ancora. Kevin è la vittima qualsiasi, la vittima designata.
Eva, di contro, la carnefice dall’apparenza pulita può invece esser rappresentata dal nostro contesto sociale.
La tragedia, infine, che può sfociare soltanto nella gesto folle o nel suicidio (e la nostra recentissima cronaca ne certifica innumerevoli) è solo la logica conseguenza di un contesto comunque insulso, inintelligente e per nulla umano.
Credo che su tutto questo si possa e si debba meditare.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a rinop »
[ - ] lascia un commento a rinop »
|
|
d'accordo? |
|
byrne
|
domenica 10 novembre 2013
|
parliamone, si impara qualcosa
|
|
|
|
(3 1/2 il mio voto)
storia di una donna (Tilda Swinton) il cui figlio, dopo aver passato una vita a farla soffrire con programmatico impegno, ha compiuto all'età di sedici anni una strage nella sua scuola. Lei ripercorre dall'inizio le fasi del loro rapporto, nel disperato tentativo di trovare una qualche ragione. Kevin è un personaggio atipico, non ascrivibile a nessuna categoria sociale ne' tantomeno cinematografica. Se volessimo trovargli un antesignano (con le dovute differenze, sostanziali) potremmo cercarlo in Donnie Darko.
[+]
(3 1/2 il mio voto)
storia di una donna (Tilda Swinton) il cui figlio, dopo aver passato una vita a farla soffrire con programmatico impegno, ha compiuto all'età di sedici anni una strage nella sua scuola. Lei ripercorre dall'inizio le fasi del loro rapporto, nel disperato tentativo di trovare una qualche ragione. Kevin è un personaggio atipico, non ascrivibile a nessuna categoria sociale ne' tantomeno cinematografica. Se volessimo trovargli un antesignano (con le dovute differenze, sostanziali) potremmo cercarlo in Donnie Darko. Simile imperscrutabilità, simile sguardo truce, simile furbesca ironia. Ma ci fermiamo qui. Perchè se Donnie era pieno di sentimenti, anche troppo, Kevin è completamente vuoto, consumato solo da un pericoloso esibizionismo e dall'odio bruciante nei confronti della madre. Le scelte estetiche coraggiosissime portano un pizzico d'inquietudine in ogni inquadratura: non manca mai un qualche elemento rosso, e si fa un uso di fluidi e liquidi (sangue, pomodoro nelle sequenze iniziali, marmellata ecc.) simile a quello di un Cronenberg o del Kubrick di Shining. Sonoro sommesso e carezzevole, anche quello sempre un passo davanti allo spettatore per sorprenderlo, montaggio serratissimo, dialoghi indimenticabili. L'androgina Swinton è maledettamente brava e si produce in un'interpretazione sotto le righe ma di spessore drammatico davvero autorevole. Per venire subito eclissata dall'eclettico Ezra Miller e dal suo perfido sorrisetto sghembo, una mimica facciale impressionante per un personaggio di gran respiro teatrale come quello di Kevin. Film a più livelli, delicata denuncia ed analisi sociale, monito sulla maternità (ma mi pare l'aspetto più forzato), thriller psicologico. E tanti altri. Inquietante e bello, sempre interessante, irrinunciabile. Un pugno allo stomaco.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a byrne »
[ - ] lascia un commento a byrne »
|
|
d'accordo? |
|
rita branca
|
venerdì 11 ottobre 2013
|
un’incolmabile incomprensione
|
|
|
|
E ora… parliamo di Kevin , film (2012) di Lynne Ramsay, con Tilsa Swinton, Ezra Miller, John C. Reilly, Jasper Newell, Rocky Duer
Film altamente drammatico sull’impossibile rapporto fra un figlio ipersensibile ed una madre troppo algida, inadeguata al suo ruolo, quantomeno con Kevin, quel figlio.
Il tema riguarda una famiglia americana benestante in cui i coniugi sembrano amarsi, lui rotondetto e sempre amorevole e sorridente con tutti, lei poco espansiva, introversa, delicata e facilmente vulnerabile, mai sorridente, riservata, rigorosa, a volte anche un po’ dura e inflessibile nei giudizi, chiusa in schemi fissi, non lascia mai spazio ad errori emotivi, mai uno scatto, mai un grido che riveli una debolezza o bisogno di tenerezza.
[+]
E ora… parliamo di Kevin , film (2012) di Lynne Ramsay, con Tilsa Swinton, Ezra Miller, John C. Reilly, Jasper Newell, Rocky Duer
Film altamente drammatico sull’impossibile rapporto fra un figlio ipersensibile ed una madre troppo algida, inadeguata al suo ruolo, quantomeno con Kevin, quel figlio.
Il tema riguarda una famiglia americana benestante in cui i coniugi sembrano amarsi, lui rotondetto e sempre amorevole e sorridente con tutti, lei poco espansiva, introversa, delicata e facilmente vulnerabile, mai sorridente, riservata, rigorosa, a volte anche un po’ dura e inflessibile nei giudizi, chiusa in schemi fissi, non lascia mai spazio ad errori emotivi, mai uno scatto, mai un grido che riveli una debolezza o bisogno di tenerezza. Dietro il suo volto pulito di forte sentore puritano, ogni delusione e motto del cuore sono severamente controllati, chiusi a chiave nella cassaforte della mente.
Kevin, il figlio in questione che ha un legame rilassato e affettuoso, normale insomma, col padre, è in perenne lotta con la madre: ogni sua azione è una dichiarazione di guerra a cui lei risponde con risentito silenzio, che evidentemente non placa il bambino, poi il ragazzo adolescente, che tenta espedienti sempre più estremi nell’intento di attrarre l’attenzione materna e sempre più inaccettabili da lei, nel provare a isolarla da qualunque altro affetto con i mezzi più crudeli.
Cosa si nasconde dietro questo non rapporto di tormenti? Forse la percezione fin dal grembo materno di non essere davvero benvenuti da chi conta nella vita di ciascuno?
Neanche nei momenti di massima tragedia di cui la protagonista è vittima, il dolore si scioglie in lacrime; forse è questo che l’infelicissimo Kevin ha sempre disperatamente cercato: una madre che mostrasse emozioni e calore che ne allentassero le tensioni di cui la vita lo aveva solo armato per affrontare il mondo, ma era l’amore che voleva, quello materno, poiché quello del padre e della sorellina non gli bastavano, anzi costituivano un’ulteriore barriera che lo distanziava dal nascosto cuore materno.
E ora… parliamo di Kevin è un film di grande spessore che offre numerosi spunti di riflessione a educatori, genitori e figli.
Splendida la fotografia, forti i contrasti di colore in cui spesso spicca il rosso, sconvolgente l’inquadratura iniziale in cui si vedono innumerevoli esseri umani che si contorcono come vermi a contatto troppo ravvicinato, metafora del desiderio di tenere a debita distanza gli altri verso cui si prova un’innata repulsione? Tantissimi i simboli disseminati nel film, mai banale nelle scelte fatte. Pregevole recitazione sia della Tilsa Swinton che dei vari attori che hanno svolto il ruolo di Kevin. Bella e efficace la colonna sonora.
Assolutamente degno di nota!
Rita Branca
[-]
|
|
[+] lascia un commento a rita branca »
[ - ] lascia un commento a rita branca »
|
|
d'accordo? |
|
lia_manelli
|
mercoledì 9 ottobre 2013
|
ti distrugge, ma ti colpisce al cuore
|
|
|
|
"E ora parliamo di Kevin". Se è piaciuto così tanto il film, beh. Vi assicuro che il libro è ancora meglio. Purtroppo sono condizionata da questo fattore: ogni qualvolta si legge un libro, nessuna trasposizione cinematografica può rendergli giustizia fino in fondo. Ed è questo il caso. Ho letto il libro tutto d'un fiato: commossa, arrabbiata, scioccata, triste, disperata. E' un libro difficile. Perchè inevitabilmente fa soffrire. Ti lascia stranito, incapace di comprendere. E ti fa riflettere. Ti commuove. Ti fa arrabbiare. Ti rende infinitamente triste. Ed è questo quello che ti lascia. Una miriade di emozioni che si susseguono una dopo l'altra e ti colpiscono al cuore.
Eva deve affrontare le conseguenze della tragedia che suo figlio Kevin ha pianificato, progettato e messo in atto nei minimi dettagli: una strage nella palestra della sua scuola.
[+]
"E ora parliamo di Kevin". Se è piaciuto così tanto il film, beh. Vi assicuro che il libro è ancora meglio. Purtroppo sono condizionata da questo fattore: ogni qualvolta si legge un libro, nessuna trasposizione cinematografica può rendergli giustizia fino in fondo. Ed è questo il caso. Ho letto il libro tutto d'un fiato: commossa, arrabbiata, scioccata, triste, disperata. E' un libro difficile. Perchè inevitabilmente fa soffrire. Ti lascia stranito, incapace di comprendere. E ti fa riflettere. Ti commuove. Ti fa arrabbiare. Ti rende infinitamente triste. Ed è questo quello che ti lascia. Una miriade di emozioni che si susseguono una dopo l'altra e ti colpiscono al cuore.
Eva deve affrontare le conseguenze della tragedia che suo figlio Kevin ha pianificato, progettato e messo in atto nei minimi dettagli: una strage nella palestra della sua scuola. E' un racconto tutto rivolto al passato, a quel passato difficile di una madre che ripercorre tutta la sua vita ogni giorno in cerca di un perchè, di un motivo, di un indizio per riuscire ad andare avanti, ogni giorno con questo peso.
Ho visto il film che indubbiamente mi ha colpita, ma anche delusa. Hanno tralasciato tanto, troppo. Ci sono molte scene significative che non sono state inserite nella sceneggiatura. Ovviamente il limite della durata non sempre permette di mettere in risalto tutto quello che lo scrittore ha immaginato, ma per alcune credo sia stata una grave mancanza. I colloqui al penitenziario minorile sono importanti, perchè Kevin subisce una trasformazione man mano che il tempo passa e si avvicina ai 18 anni. Purtroppo è stato reso troppo bruscamente il suo cambiamento interiore. E' molto più frustante nel libro l'indifferenza e la noncuranza con cui affronta la vita fino all'"anniversario" dei due anni, unico momento in cui Kevin mostra di provare dei sentimenti. Mostra di avere paura.
Un'altra mancanza riguarda Eva, in particolare come ha vissuto diversamente la seconda gravidanza, voluta, desiderata a differenza della prima.
E infine il regalo che Kevin fa ad Eva, all'ultimo colloquio. Ce ne sarebbero tante altre e ammetto di essere un pò puntigliosa, ma chi ha potuto appurarlo come me, mi darà ragione.
L'interpretazione è stata a mio avviso magistrale. Una Tilda Swinton meravigliosa. Profonda, vera, immersa nella parte, non mi ha mai fatto dubitare di essere lei la madre di Kevin. E lo stesso vale per Ezra Miller: Kevin gli calza a pennello.
Il mio giudizio è un discreto, per incoraggiare gli spettatori a comprare il libro e godere di tutto ciò che nel film manca.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a lia_manelli »
[ - ] lascia un commento a lia_manelli »
|
|
d'accordo? |
|
lisadp
|
lunedì 22 luglio 2013
|
l'angoscia della perfezione
|
|
|
|
Con un cast che prevede Tilda Swinton ed Ezra Miller non ci si può che aspettare grandi cose. E con nun film come E ora parliamo di Kevin, non si può che riceverle tutte, queste grandi cose.
Con un tema tanto complicato e delicato, far funzionare le cose non è una semplice impresa, eppure il regista, grazie anche a delle interpretazioni davvero magnifiche, si potrebbe osare a dire perfette, riesce a raccontare questa storia, la storia di un disagio, di un dolore, di un'angoscia, di una prigionia.
Il film racconta di questo difficile rapporto tra madre e figlio, dove fin da piccolo Kevin ha provato una sorta di odio quasi sadico nei confronti della madre, che non entusiasta di aver avuto un figlio, non sa nemmeno da dove cominciare a migliorare le cose.
[+]
Con un cast che prevede Tilda Swinton ed Ezra Miller non ci si può che aspettare grandi cose. E con nun film come E ora parliamo di Kevin, non si può che riceverle tutte, queste grandi cose.
Con un tema tanto complicato e delicato, far funzionare le cose non è una semplice impresa, eppure il regista, grazie anche a delle interpretazioni davvero magnifiche, si potrebbe osare a dire perfette, riesce a raccontare questa storia, la storia di un disagio, di un dolore, di un'angoscia, di una prigionia.
Il film racconta di questo difficile rapporto tra madre e figlio, dove fin da piccolo Kevin ha provato una sorta di odio quasi sadico nei confronti della madre, che non entusiasta di aver avuto un figlio, non sa nemmeno da dove cominciare a migliorare le cose. Per sfociare in un'atto decisivo ed irreparabile che Kevin compie quasi per dispetto e per finirecon un finale che non lascia solo a bocca aperta, ma lascia nello spettatore una sorta di strana angoscia che non fa che dare da pensare: sarà giusto?
Una grandissima nota di lode va al montaggio del film che sa far stare sulle spine gli spettatori fino all'ultimo, che anche se hanno ormai intuito lascia spazio alla speranza. Le scene sono incredibilmente coinvolgenti e frustranti e sanno descrivere emozioni con azioni ed immagini in modo fantastico, prima fra tutte la scena in cui la Swinton mangia le sue uova scartando i pezzi di guscio che le restano in bocca, altamente insoddisfacente ed ansiosa come cena, sinonimo di una vita altrettanto appesa ad un filo.
Una sceneggiatura che racconta lo stretto necessario poichè non c'è nulla da dirsi nel film se non questo, perchè questa è la vita dei protagonisti: fanno lo stretto necessario per assicurarsi una vita.
Questo è un film di cui le persone dovrebbero discutere, un film da poter tirare fuori tra dieci anni e più senza che nessuno l'abbia dimenticato, un film da non sottovalutare. E non dimentichiamoci l'abbraccio, quell'abbraccio che sa far chiudere lo stomaco e strozzare l'aria nei polmoni per quanto sa essere terribile e bellissimo allo stesso tempo.
Questo è quello che si può definire un gran film.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a lisadp »
[ - ] lascia un commento a lisadp »
|
|
d'accordo? |
|
filippo catani
|
giovedì 2 maggio 2013
|
un film struggente con una grande swindon
|
|
|
|
Una giovane coppia decide di trasferirsi da New York in un tranquillo paese di campagna per poter meglio crescere il proprio figlio. A fare il sacrificio maggiore è la madre che lascia controvoglia il lavoro e la città che ama. Crescere questo figlio si rivela però un dolore senza fine in quanto chiuso in se stesso e scontroso. Purtroppo giunto all'età di 16 anni il ragazzo si renderà protagonista di una strage che getterà lui e la madre nell'abisso.
Un film decisamente duro come il granito e capace di colpire le emozioni più profonde dello spettatore maschile ma anche e in special modo del pubblico femminile. Tutto il film è infatti un lunghissimo flashback con qualche puntata sul presente.
[+]
Una giovane coppia decide di trasferirsi da New York in un tranquillo paese di campagna per poter meglio crescere il proprio figlio. A fare il sacrificio maggiore è la madre che lascia controvoglia il lavoro e la città che ama. Crescere questo figlio si rivela però un dolore senza fine in quanto chiuso in se stesso e scontroso. Purtroppo giunto all'età di 16 anni il ragazzo si renderà protagonista di una strage che getterà lui e la madre nell'abisso.
Un film decisamente duro come il granito e capace di colpire le emozioni più profonde dello spettatore maschile ma anche e in special modo del pubblico femminile. Tutto il film è infatti un lunghissimo flashback con qualche puntata sul presente. Ed è proprio la madre a fare nella propria mente questo drammatico flashback per cercare di risalire alle radici di quel rapporto così difficile con il figlio fin da quando era in fasce e non smetteva mai di piangere o si rifiutava di parlare e dire la parola mamma. La donna inoltre è chiaramente angosciata dalla domanda che non potrà che perseguitarla per sempre: perchè hai fatto tutto questo?. Ci pensa continuamente anche perchè mentre il figlio è in prigione, lei deve subire le angherie della cittadina dove abita: l'indifferenza dei vicini, la casa imbrattata di vernice così come la macchina e addirittura fare la spesa diventa un vero calvario (terribile la scena in cui la protagonista prima di accedere ai vari reparti scorge di nascosto per vedere se ci siano persone). Per non farsi mancare niente è addirittura vittima di una aggressione in pieno giorno. Una donna sola, dilaniata, respinta da tutto e da tutti e ridotta a mangiare un toast con un bicchiere di vino a Natale e che ha come unico riferimento un figlio che le parla a malapena durante le visite in carcere. Un dramma diretto da una donna con maestria ma che ha in Tilda Swindon uno se non il suo principale punto di forza; l'attrice infatti si cala perfettamente in una parte a dir poco dolorosa sia per il tema che viene esplorato sia per l'orrore che è costretta a vedere. Fin da quando il bimbo era piccolo non ci sono stati che contrasti con un figlio che da adolescente invece che collezionare fumetti collezionava virus per computer. Eppure nella sua terribile furia omicida il ragazzo decide di salvare proprio quella madre che non faceva altro che disprezzare. Certo il film chiama anche a riflettere su quella che è una terribile dinamica con la quale la società statunitense si trova ciclicamente a fare i conti e cioè le stragi perpetuate a scuola da ragazzi con evidenti problemi. Insomma un film potente che avrebbe meritato maggiori riconoscimenti specialmente per la Swindon forse nel suo miglior ruolo di sempre.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a filippo catani »
[ - ] lascia un commento a filippo catani »
|
|
d'accordo? |
|
tanus78
|
mercoledì 24 ottobre 2012
|
bello e intenso
|
|
|
|
Ottimo film che affronta il tema degli adoloscenti inquieti che pianificano stragi. Il tema è ostico ma non importa perché si tratta di un'opera decisamente ben fatta. Una gigantesca Tilda Swinton domina su ogni attimo gravida di dolore e smarrimento.
Da vedere.
|
|
[+] lascia un commento a tanus78 »
[ - ] lascia un commento a tanus78 »
|
|
d'accordo? |
|
paride86
|
martedì 10 luglio 2012
|
magnifica tilda
|
|
|
|
We need to talk about Kevin è un film freddo e devastante al tempo stesso, un meccanismo perfetto di flashback, metafore, inquadrature e dettagli sofisticati.
L'interpretazione di Tilda Swinton è, come al solito, eccezionale: si tratta di un'attrice immeritatamente sottovalutata.
Quello che nel film non viene spiegato è la ragione dell'odio: ma è necessario avere una radice precisa? Questo dipende dallo spettatore e, comunque, è la nota più inquietante di tutta la storia che, sia ben chiaro, non è girata in chiave horror - anche se di orrore ce n'è in abbondanza.
[+]
We need to talk about Kevin è un film freddo e devastante al tempo stesso, un meccanismo perfetto di flashback, metafore, inquadrature e dettagli sofisticati.
L'interpretazione di Tilda Swinton è, come al solito, eccezionale: si tratta di un'attrice immeritatamente sottovalutata.
Quello che nel film non viene spiegato è la ragione dell'odio: ma è necessario avere una radice precisa? Questo dipende dallo spettatore e, comunque, è la nota più inquietante di tutta la storia che, sia ben chiaro, non è girata in chiave horror - anche se di orrore ce n'è in abbondanza.
In ogni caso si tratta di un film che inquieta e affascina per gli stessi motivi; l'unica pecca è l'eccessiva lentezza di alcune scene e il pessimismo di fondo che, personalmente, non condivido.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a paride86 »
[ - ] lascia un commento a paride86 »
|
|
d'accordo? |
|
|