arnauld
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domenica 10 giugno 2012
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la metafisica del "male"
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Ben realizzato sotto il profilo registico e narrativo, il film della Ramsay è afflitto, a mio giudizio, da un limite di fondo: la rappresentazione dei personaggi e, soprattutto, del giovane assassino, come isolati (e,direi, esiliati) dal mondo nel quale pur vivono. E’ questa una caratteristica che sempre di più si afferma nel cinema contemporaneo, con qualche lodevole eccezione (che viene soprattutto dall’oriente e dal cinema coreano). La violenza, cieca ed estrema, appare come orfana da qualsiasi rapporto con l’insieme sociale: e non è sufficiente un allusivo quanto generico riferimento alla perturbante relazione madre - figlio, o a quella, altrettanto vacua e ambigua, col padre, a colmare il vuoto.
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Ben realizzato sotto il profilo registico e narrativo, il film della Ramsay è afflitto, a mio giudizio, da un limite di fondo: la rappresentazione dei personaggi e, soprattutto, del giovane assassino, come isolati (e,direi, esiliati) dal mondo nel quale pur vivono. E’ questa una caratteristica che sempre di più si afferma nel cinema contemporaneo, con qualche lodevole eccezione (che viene soprattutto dall’oriente e dal cinema coreano). La violenza, cieca ed estrema, appare come orfana da qualsiasi rapporto con l’insieme sociale: e non è sufficiente un allusivo quanto generico riferimento alla perturbante relazione madre - figlio, o a quella, altrettanto vacua e ambigua, col padre, a colmare il vuoto.
Eppure, la vicenda del giovane Kevin ne richiama esplicitamente altre che hanno trovato, nella società nord -americana in particolare, il loro terribile teatro e che il cinema ha cercato di raccontare: basti pensare a “Bowling a Columbine” di Moore che, sia pure con atteggiamento forse illuministico, si sforzava di dare un senso all’incomprensibile, trattando il tema della libera vendita di armi da fuoco negli Stati Uniti.
La scelta dell’arco come arma fatale è forse un modo per prendere le distanze dal “qui e ora” della società americana ricorrendo a una modalità di uccisione che affonda le sue radici nell’antichità e nel mito?
Ma al di là di questo, va forse messo in luce che la mancanza di strumenti interpretativi efficaci sul piano storico e sociale, legata a una più generale involuzione culturale delle società industrialmente avanzate e ora in crisi, costringe gli artisti a rifugiarsi sempre di più nel “patologico”, nel mistero dell’ “interiorità” e nella contemplazione di un “Male” che acquista quasi valenze metafisiche.
Sarebbe auspicabile, al contrario, la ripresa di un atteggiamento critico capace di includere nell’essere sociale complessivo anche i comportamenti individuali più estremi e “devianti” restituendo loro, per quanto possibile, il senso di un malessere e di una sofferenza comuni a tutti.
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pinoalfredo
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giovedì 26 aprile 2012
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ho visto un gran film
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Film ingiustamente trascurato, un autentico cult.
Non sono riuscito a capire dove il film non convince, questo è un appunto che muovo personalmente a Marianna Cappi,
perchè non ha detto dove "NON CONVINCE?
A me è piaciuto in ogni sua sfaccettatura, la mancanza di confronto tra padre e madre per me è ciò che spicca di piu',
Infatti non c'è traccia di consulti psichiatrici.Storie come queste sono vicino a noi piu' di quanto possiamo immaginare.
Nel mio immaginario Kevin è un sociopatico puro, privo di ogni forma di empatia, ma riconosce nella madre qualcosa che gli appartiene.
Performance superba da parte degli attori, diretti magistralmente dalla Ramsey.
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Film ingiustamente trascurato, un autentico cult.
Non sono riuscito a capire dove il film non convince, questo è un appunto che muovo personalmente a Marianna Cappi,
perchè non ha detto dove "NON CONVINCE?
A me è piaciuto in ogni sua sfaccettatura, la mancanza di confronto tra padre e madre per me è ciò che spicca di piu',
Infatti non c'è traccia di consulti psichiatrici.Storie come queste sono vicino a noi piu' di quanto possiamo immaginare.
Nel mio immaginario Kevin è un sociopatico puro, privo di ogni forma di empatia, ma riconosce nella madre qualcosa che gli appartiene.
Performance superba da parte degli attori, diretti magistralmente dalla Ramsey.
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nalipa
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martedì 20 marzo 2012
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i figli non sono esattamente come vorremmo ....!!!
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Nonostante lo abbia trovato un po' pesante ritengo sia un film coraggioso e da vedere per riflettere...
Tratto dal romanzo "Dobbiamo parlare di Kevin" di Lionel Shriver é la storai di una donna, una mamma che lascia l'amata New York per trasferirsi in provincia con il marito abbandandonado ambizioni e carriera per dare alla luce il figlio che non sarà quello che lei (come ogni mamma) immagina potrà essere. Sin dall'attesa, talvolta si pensa di poter programmare l'intera vita dei propri figli....!
Il figlio, il Kevin del titolo, darà a Eva(la madre) molti problemi che lei non faticherà a viverli con profondo senso di colpa, isolandosi e sentendosi responsabile di tutto ciò che Kevin, rabbioso e ribelle provocherà.
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Nonostante lo abbia trovato un po' pesante ritengo sia un film coraggioso e da vedere per riflettere...
Tratto dal romanzo "Dobbiamo parlare di Kevin" di Lionel Shriver é la storai di una donna, una mamma che lascia l'amata New York per trasferirsi in provincia con il marito abbandandonado ambizioni e carriera per dare alla luce il figlio che non sarà quello che lei (come ogni mamma) immagina potrà essere. Sin dall'attesa, talvolta si pensa di poter programmare l'intera vita dei propri figli....!
Il figlio, il Kevin del titolo, darà a Eva(la madre) molti problemi che lei non faticherà a viverli con profondo senso di colpa, isolandosi e sentendosi responsabile di tutto ciò che Kevin, rabbioso e ribelle provocherà....
Ottima la Swinton....come sempre!
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big85
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martedì 13 marzo 2012
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il fascino del male
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Un film difficile sia per visione che per ascolto.
Le immagini forti, marcate sempre da qualcosa di rosso nell'inquadratura, il suono curatissimo per dare l'impressione di essere in un film horror angoscioso e l'aspetto etereo della bravissima Tilda Swinton, rendono il film morbosamente attraente.
La scena iniziale è un'orgia propiziatoria di cui il frutto è l'emblema del male: Kevin.
Kevin è una figura ambigua, è pura malvagità senza motivazioni. E' un bambino arrabbiato, dispettoso e intelligentissimo; è un'adolescente freddo, calcolatore e spietato. Ogni sua mossa ogni sua parola, sin dalla primissa infanzia (!) è votata per portare a termine un piano folle che forse preparava da sempre.
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Un film difficile sia per visione che per ascolto.
Le immagini forti, marcate sempre da qualcosa di rosso nell'inquadratura, il suono curatissimo per dare l'impressione di essere in un film horror angoscioso e l'aspetto etereo della bravissima Tilda Swinton, rendono il film morbosamente attraente.
La scena iniziale è un'orgia propiziatoria di cui il frutto è l'emblema del male: Kevin.
Kevin è una figura ambigua, è pura malvagità senza motivazioni. E' un bambino arrabbiato, dispettoso e intelligentissimo; è un'adolescente freddo, calcolatore e spietato. Ogni sua mossa ogni sua parola, sin dalla primissa infanzia (!) è votata per portare a termine un piano folle che forse preparava da sempre.
La lotta psicologica cui assisstiamo della madre è di quelle laceranti: una gravidanza indesiderata, un figlio odioso e un'incomunicabilità col marito rendono la figura di Tilda Swinton molto interessante e ambigua fino alla fine. Ama o odia suo figlio?
Per tutto il film assistiamo ad un'aggressività inspiegata fino a quando arriva il colpo finale ed assisstiamo ad un barlume di umanità e di pentimento sul volto di Kevin.
Consigliato da Big!
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[+] la malvagità
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writer58
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venerdì 9 marzo 2012
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era meglio morire da piccoli...
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Sono stato molto indeciso se scrivere una recensione su questo film di Lynne Ramsay che ho visto tre settimane fa. Un film che mi ha colpito e insieme lasciato una forte sensazione di disgusto, di rifiuto istintivo. Forse perché, tra tutte le pellicole che ho visto negli ultimi tempi, è quella più chiusa alla speranza, forse perché la rappresentazione del Male nelle sembianze di un mostruoso adolescente che compie una strage senza alcuna motivazione mi ha provocato un senso di ribrezzo che ha prosciugato il desiderio di scrivere.
Kevin, prima di diventare un serial killer minorenne, è stato un neonato che piangeva ininterrottamente e poi un bambino di sei o sette anni che se la faceva addosso per fare infuriare la madre.
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Sono stato molto indeciso se scrivere una recensione su questo film di Lynne Ramsay che ho visto tre settimane fa. Un film che mi ha colpito e insieme lasciato una forte sensazione di disgusto, di rifiuto istintivo. Forse perché, tra tutte le pellicole che ho visto negli ultimi tempi, è quella più chiusa alla speranza, forse perché la rappresentazione del Male nelle sembianze di un mostruoso adolescente che compie una strage senza alcuna motivazione mi ha provocato un senso di ribrezzo che ha prosciugato il desiderio di scrivere.
Kevin, prima di diventare un serial killer minorenne, è stato un neonato che piangeva ininterrottamente e poi un bambino di sei o sette anni che se la faceva addosso per fare infuriare la madre. La madre - interpretata da un'eccellente Tilda Swinton- è perennemente in bilico tra le necessità di accudimento del figlio e il desiderio di eliminarlo dal proprio orizzonte di vita. E' fondamentalmente anaffettiva, incapace di slanci, odia il bambino che ha messo al mondo e prova sensazioni di colpa che la costringono ad avvicinamenti sempre frustrati da Kevin. Il padre sembra non accorgersi di nulla, ha un rapporto cordiale con il figlio, anche dopo che questi ha accecato la sorella minore, gli regala un arco professionale e delle frecce che Kevin utilizzerà per compiere, qualche giorno prima del suo sedicesimo compleanno, un massacro in famiglia e a scuola.
"E ora parliamo di Kevin" è un film molto curato e denso di simbolismi. il montaggio rimescola le sequenze temporali e il colore rosso, che richiama il sangue, è dappertutto. Tuttavia, la cura formale della confezione fa da contrappunto a una freddezza emozionale deliberatamente esibita e decisamente disturbante.
Il film sembra sostenere la tesi che la malvagità, le peggiori aberrazioni nascono da contesti quotidiani ordinari, soprattutto se sono segnati da un deserto di relazioni e di senso. Alcune vicende di cronaca (dal massacro di Novi Ligure al caso di Pietro Maso) sembrano confermare questa ipotesi, anche se da un'opera di fiction ci si aspetterebbe una rielaborazione narrativa meno manichea e più sfumata.
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amicinema
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sabato 25 febbraio 2012
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una pressa che ti schiaccia forte il cuore
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Guardare questo film e’ come avere una pressa che ti schiaccia forte il cuore e ti toglie letteralmente il respiro. Kevin e’ il prodotto di un mondo irrazionale e privo di senso, nel quale i sentimenti umani non hanno nessun valore e le persone sono in un perenne stato di incomunicabilità (tutti i personaggi del film non riescono e non vogliono cercare di capire gli altri).
Eva porta addosso la colpa (quasi universale) di aver generato il Male e non riesce mai ad avere quella spiegazione del comportamento del figlio (anche contorta e negativa che possa essere) che potrebbe dare senso ed ordine razionale al suo mondo frammentato.
Quest’anno penso che le ottime interpretazioni femminili si sprechino e Tilda Swinton è pari per me alla Streep e alla Close, interpretando magistralmente Eva, persa per sempre in uno stato continuo di allucinazione, non avendo le forze mentali di poter comprendere l’enormità del male che ha davanti.
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Guardare questo film e’ come avere una pressa che ti schiaccia forte il cuore e ti toglie letteralmente il respiro. Kevin e’ il prodotto di un mondo irrazionale e privo di senso, nel quale i sentimenti umani non hanno nessun valore e le persone sono in un perenne stato di incomunicabilità (tutti i personaggi del film non riescono e non vogliono cercare di capire gli altri).
Eva porta addosso la colpa (quasi universale) di aver generato il Male e non riesce mai ad avere quella spiegazione del comportamento del figlio (anche contorta e negativa che possa essere) che potrebbe dare senso ed ordine razionale al suo mondo frammentato.
Quest’anno penso che le ottime interpretazioni femminili si sprechino e Tilda Swinton è pari per me alla Streep e alla Close, interpretando magistralmente Eva, persa per sempre in uno stato continuo di allucinazione, non avendo le forze mentali di poter comprendere l’enormità del male che ha davanti.
Brava anche la regista, con la scelta di colorare di rosso (nelle luci, negli oggetti, nei liquidi) tutte le scene del film.
Tranne il finale dove un bianco accecante ci porta alla conclusione della pellicola.
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luana
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giovedì 23 febbraio 2012
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artefatto
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Francamente insostenibile ed esasperante questo ritratto di un figlio, mostro a tutto tondo e di una madre attonita nell'assistere alle sue imprese invece di intervenire.Il film risulta tanto prevedibile, semplicistico e banale nella tesi di fondo di una educazione mancata perchè impossibile da affrontare dati i limiti umani della madre quanto studiatissimo nelle immagini davvero troppo ma troppo esplicite e che entrano maniacalmente nel dettaglio da rasentare lo spot pubblicitario.Resta l'intensità interpretativa e figurativa della Swinton, nel ruolo di una madre disperatamente passiva e la densità delle immagini che ha l'indubbio fascino di una realtà estranea e sospesa; continuamente interrogativa fino all'abbraccio finale al figlio che ha finito con l'annientare se stesso.
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Francamente insostenibile ed esasperante questo ritratto di un figlio, mostro a tutto tondo e di una madre attonita nell'assistere alle sue imprese invece di intervenire.Il film risulta tanto prevedibile, semplicistico e banale nella tesi di fondo di una educazione mancata perchè impossibile da affrontare dati i limiti umani della madre quanto studiatissimo nelle immagini davvero troppo ma troppo esplicite e che entrano maniacalmente nel dettaglio da rasentare lo spot pubblicitario.Resta l'intensità interpretativa e figurativa della Swinton, nel ruolo di una madre disperatamente passiva e la densità delle immagini che ha l'indubbio fascino di una realtà estranea e sospesa; continuamente interrogativa fino all'abbraccio finale al figlio che ha finito con l'annientare se stesso. Il film è immobile e ripetitivo. Visivamente sofisticato ma smaccato in ciò che vuole comunicare.
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[+] proviamo a cambiare l'ottica
(di goldy)
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[+] goldy..il ritratto è troppo astratto
(di luana)
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goldy
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martedì 21 febbraio 2012
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narrare senza raccontare
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Stilizzato come la piuma della Nike sintetizza il male, il diabolico che è dentro di noi. Storia priva di parole, di eventi, di dialoghi, mostra come non è sempre vero che la ,madre sviluppi amore e tenerezza nella sua creatura. Non sempre va così. Per una volta non dobbiamo temere un eccesso di sentimento . ma rabbrividire per una lettura diversa che occorre sapere fare della vita e accettare l'inaccettabile che è in noi. Non ci fossero state le scene iniziali inisistite oltre misuura sarebbe stato un film perfetto con una strategia narrativa di estremo interesse.
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damber
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martedì 21 febbraio 2012
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un thriller disturbante che colpisce duro
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Nello sguardo sperduto di Eva, una strepitosa Tilda Swinton, e negli occhi gelidi di Kevin, un bravissimo Ezra Miller, vi è tutta l'angoscia della tragedia che incombe. Una famiglia come tante e un figlio come pochi. Nonostante un autentico e solido sentimento materno, Eva non comprende l'istintiva, e crescente ostilità del figlio. L'abile regia di Lynne Ramsey ci racconta del vuoto generato da una totale incomprensione.
La narrazione è un continuo rincorrersi di episodi di presente e passato che, con ritmo incalzante, compongono un complesso intreccio di relazioni.
Eva ha amato abbastanza il proprio figlio? E' responsabile in parte diciò che è successo?
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goldy
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martedì 21 febbraio 2012
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più estetismo che riflessione
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Troppo comodo scrivere una sceneggiatura elittica che non si sente in dovere di motivare un comportamente cosiì eccessivo e devastante come quello del figlio. Non c'è colpa, non c'è motivazione, non c'è nulla se non l'attenzione spasmodica a un estetismo inaccetabile fine a se stesso..
[+] ciao
(di pinoalfredo)
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