olgadik
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sabato 17 dicembre 2011
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un titolo italiano azzeccato!
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Si comincia dal titolo che mi piace molto almeno per due motivi: centra l’argomento principale, suggerisce tanti riferimenti culturali. C’è la fiducia tradita, la corruzione in agguato, il conflitto generazionale, la riflessione sulla storia che riguardo al potere si colora nel tempo di sangue vero o simbolico, c’è Shakespeare con tutto il potere evocativo del suo Giulio Cesare. Buona idea quindi quella del regista di accantonare la titolatura originale, legata alla pièce teatrale da cui il film prende le mosse. Ma a parte ciò Clooney attribuisce alla matrice teatrale grande importanza se ad affiancarlo nella stesura del testo, ne ha scelto l’autore Beau Willimon.
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Si comincia dal titolo che mi piace molto almeno per due motivi: centra l’argomento principale, suggerisce tanti riferimenti culturali. C’è la fiducia tradita, la corruzione in agguato, il conflitto generazionale, la riflessione sulla storia che riguardo al potere si colora nel tempo di sangue vero o simbolico, c’è Shakespeare con tutto il potere evocativo del suo Giulio Cesare. Buona idea quindi quella del regista di accantonare la titolatura originale, legata alla pièce teatrale da cui il film prende le mosse. Ma a parte ciò Clooney attribuisce alla matrice teatrale grande importanza se ad affiancarlo nella stesura del testo, ne ha scelto l’autore Beau Willimon. La sceneggiatura è un elemento forte del racconto, tesa e senza cadute di interesse, classica così come lo è il modo di dirigere dell’autore, che nella sua quarta opera mantiene l’assunto e il linguaggio degli altri film impegnati, ammodernandolo un po’ rispetto al primo Good night e… L’obiettivo di Clooney è mostrarci i volti dell’America di oggi, con un saldo ancoraggio nel passato glorioso di un cinema pragmatico come quello americano e perciò fatto di cose, non senza ideali sullo sfondo. Certamente le Idi di marzo è la declinazione più amara del suo discorso, non ideologico ma attento a valori universali; nella narrazione non è difficile cogliere anche la delusione verso l’era di Obama così come l’ha vissuta il nostro regista e credo molti americani. Ma proprio nel continuare con film di denuncia Cloney mostra ancora attaccamento a un grado di idealismo più basso ma non del tutto domato. Per il resto nella storia che vede impegnati due candidati democratici nelle primarie per le elezioni presidenziali, niente di nuovo che non sia merce ordinaria con piccole variazioni di costumi e abitudini, ovunque si collochi la lotta per il potere. Si tratti oggi di potere finanziario o di potere politico la musica non cambia. Compromessi che arrivano al fondo dell’anima, caduta di riferimenti umanitari, menzogna mascherata da parole alte, vittime sacrificali nel senso più crudo o metaforico del termine, cinismo diffuso a piccole o grandi dosi. A parlarci di tutto ciò il regista chiama un bel gruppo di star. Prima di tutti se stesso, ormai cinquantenne, con qualche caduta e ruga in più sul viso ma comunque convincente e brillante; lo affianca un giovane antagonista (Ryan Gosling) nel ruolo del suo addetto stampa, intenso e vero soprattutto nei primi piani centrati sullo sguardo che si fa sempre più opaco e smorto. Tra gli altri la giovane stagista, ingenua ma non troppo (Evan Rachel Wood), sostenuta da un ottimo phisique du rôle, coi collaterali ma provetti interpreti P. Seymour Hoffman e Paul Giamatti. Ryan Gosling è certo più che una promessa, ma tutti gli attori citati sono ottimi, efficace anche la fotografia sobria, elegante il commento musicale, elementi che contribuiscono tutti ad animare quel teatro della politica solo in apparenza meno cruento delle Idi di marzo di classica memoria, ambientato in una Detroit giustamente grigia.
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ctuno
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sabato 17 dicembre 2011
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più noioso di un telegiornale
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Fim ben diretto ed interpretato, ma che racconta una storia politica ormai così logorata dalla realtà da diventare scontato. carla testorelli
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mr cinefilo
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sabato 17 dicembre 2011
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farragut north
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In un periodo segnato da reboot, remake, sequel, prequel, e in particolare dall'assenza di innovazione ecco una perla, che rispolvera il mito del cinema d'impegno politico americano.
Cast stellare, trama solida, colonna sonora non invasiva.
Ryan Gosling in stato di grazia regge tutto sulle sue spalle. Il 2011 è in larga parte suo.
George Clooney conferma la sua vena registica.
Un trionfo.
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alex2044
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sabato 17 dicembre 2011
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un attimo
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Un gran bel film . Inizia ,il tempo scorre ma lo spettatore non se ne accorge . Senza un attimo di tregua o di noia.
Gli attori eccezionali, la regia ottima. Cosa si vuole di più dal cinema ? Spettacolo ed impegno. George Clooney non sbaglia un colpo. Ryan Gosling da Oscar.
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giuliacanova
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venerdì 16 dicembre 2011
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l'amaro calice del potere
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Eccolo finalmente un film meritevole di essere visto. Nessuno sconto ai freddi giochi della politica e dei media ma senza moralismi di pancia. Ognuno trarrà le sue conclusioni. Un film ben diretto, 101 minuti senza un secondo fuori posto e attori che ci fanno dimenticare che stanno recitando. Il film scorre veloce, incalzante come un thriller e con una sceneggiatura asciutta ed efficace. E quando nella scena finale l'inquadratura si sofferma sul tagliente primo piano di Ryan Gosling, che interpreta il personaggio più emblematico, ci rimane la curiosità di sapere come continuerà la sua amara storia personale.
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Eccolo finalmente un film meritevole di essere visto. Nessuno sconto ai freddi giochi della politica e dei media ma senza moralismi di pancia. Ognuno trarrà le sue conclusioni. Un film ben diretto, 101 minuti senza un secondo fuori posto e attori che ci fanno dimenticare che stanno recitando. Il film scorre veloce, incalzante come un thriller e con una sceneggiatura asciutta ed efficace. E quando nella scena finale l'inquadratura si sofferma sul tagliente primo piano di Ryan Gosling, che interpreta il personaggio più emblematico, ci rimane la curiosità di sapere come continuerà la sua amara storia personale. E anche questo è un segno che il film è pefettamente riuscito.
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(di ferrux)
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robert1948
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lunedì 12 dicembre 2011
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tragedia shakespiriana.
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Una tragedia "shakespeariana". Gli intrighi alla "Jago" e le adulazioni alla "Riccardo III".
Steve (Ryan Gosling) é un addetto stampa del Sen.Morris (George Clooney )nella campagna delle Presidenziali U.S.A.
Intelligente , ambizioso ma leale perchè crede in quello che fa. Al contrario del suo capo ,Paul (Philiph Seymour) ,coordinatore della campagna del senatore ,a cui interessa soltanto vincere. Costi quel che costi.
Rimane vittima ed esautorato dal Senatore per un intrigo comminatogli a bella posta dal suo capo e dal responsabile della campagna elettorale (Paul Giamatti) del Senatore avversario.
Così da trasformarsi anche lui in uno squalo rivolto ad azzannare tutti quelli che lo hanno danneggiato .
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Una tragedia "shakespeariana". Gli intrighi alla "Jago" e le adulazioni alla "Riccardo III".
Steve (Ryan Gosling) é un addetto stampa del Sen.Morris (George Clooney )nella campagna delle Presidenziali U.S.A.
Intelligente , ambizioso ma leale perchè crede in quello che fa. Al contrario del suo capo ,Paul (Philiph Seymour) ,coordinatore della campagna del senatore ,a cui interessa soltanto vincere. Costi quel che costi.
Rimane vittima ed esautorato dal Senatore per un intrigo comminatogli a bella posta dal suo capo e dal responsabile della campagna elettorale (Paul Giamatti) del Senatore avversario.
Così da trasformarsi anche lui in uno squalo rivolto ad azzannare tutti quelli che lo hanno danneggiato .
E come in tutte le tragedie shakespeariane il personaggio più debole tra tutti quelli che s'intrecciano nella vicenda , muore.
A chi non conosce i meccanismi della "politica" , la storia potrà sembrare pretestuosa e quindi debole.
Ma é invece tragicamente autentica .Dunque un film per pochi.
Impietoso ritratto della politica e del suo sottobosco.Stampa compresa.
Solida sceneggiatura e regia asciutta ; a parte alcune inquadrature ad effetto. Clooney e Gosling sempre più maturi.Eccellente interpretazione dei 4 protagonisti.
Un piccolo capolavoro.
Una lezione per l'attuale cinema italiano.
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gianmaria.silv
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martedì 13 settembre 2011
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the pursuit of power
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Clooney si cimenta nella regia di un film politico prendendo di mira la corsa per le primarie nel partito democratico. La scelta del partito democratico è interessante ma meno coraggiosa di quello che potrebbe sembrare visto che permette di proteggersi dalle accuse di faziosità allo stesso tempo di giudicare tutta la classe politica senza grandi distinzioni di parte. Il film getta un'ombra nera su tutta la politica vista come una sporca corsa al potere dove conta apparire e dare la giusta impressione di sé stessi e della propria vita presente, passata e futura. Vorremmo tanto che non fosse così, vorremmo poter credere negli ideali incarnati dal politico democratico interpretato da Clooney e ad un certo punto vorremmo tanto che questo fosse un film su quello che la politica potrebbe e dovrebbe essere.
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Clooney si cimenta nella regia di un film politico prendendo di mira la corsa per le primarie nel partito democratico. La scelta del partito democratico è interessante ma meno coraggiosa di quello che potrebbe sembrare visto che permette di proteggersi dalle accuse di faziosità allo stesso tempo di giudicare tutta la classe politica senza grandi distinzioni di parte. Il film getta un'ombra nera su tutta la politica vista come una sporca corsa al potere dove conta apparire e dare la giusta impressione di sé stessi e della propria vita presente, passata e futura. Vorremmo tanto che non fosse così, vorremmo poter credere negli ideali incarnati dal politico democratico interpretato da Clooney e ad un certo punto vorremmo tanto che questo fosse un film su quello che la politica potrebbe e dovrebbe essere. Invece, la trama si snoda tra inganni, finzioni, lotte di potere, reati e scandali sessuali; ci mostra il dietro le quinte della politica americana, che in fondo è quello che la politica italiana ci mostra ogni giorno alla luce del sole.
La decadenza morale e la morte degli ideali è ben rappresentata dalle speranze deluse e infine assassinate della giovane stagista (ben rappresentata da una brava Evan Rachel Wood) che si impegna per il candidato in cui crede e che alla fine si rivelerà il solito politico dalle belle parole ma corrotto dal potere, o meglio dalla continua ricerca di questo. Il film mischia tutte le componenti di un lungometraggio di successo: una trama avvincente e non banale, una regia pulita, precisa e senza fronzoli, un ritmo incalzante, un tema impegnato, riferimenti politici e storici facilmente comprensibili dai non informati ma che allo stesso tempo strizza l'occhio ai lettori del "Time" e un cast stellare dove brillano Paul Giamatti, lo stesso Clooney e Ryan Gosling.
Una curiosità: il film era pronto nel 2007 ma vista l'elezione di Obama e la rinnovata fiducia nella politica e nelle istituzioni, i produttori hanno deciso di rinviarne l'uscita. Oggi che del sogno di un nuovo rinascimento politico e culturale sono rimaste solo le ceneri, è un ottimo momento per (ri)vivere le "Idi di marzo".
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peer gynt
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domenica 11 settembre 2011
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chi tradisce chi?
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Con questo film sulla politica vista come una partita a poker dove conta solo saper bluffare, mentre valori come la lealtà e lo spirito di squadra ti possono solo danneggiare, Clooney continua la sua riflessione sul rapporto fra comunicazione e potere, su come la prima generi e allo stesso tempo controlli e determini il secondo. Con una scrittura lineare e dialoghi efficaci (anche grazie alla pièce teatrale da cui il film è tratto), la vicenda si prepara la strada per giungere ad un finale drammatico dotato della necessaria intensità. Ed è anche un percorso di maturazione che trasforma un giovane rampante con una fede certa nei sani valori americani in un perfido Jago che impara a tessere le sue tele mortali.
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Con questo film sulla politica vista come una partita a poker dove conta solo saper bluffare, mentre valori come la lealtà e lo spirito di squadra ti possono solo danneggiare, Clooney continua la sua riflessione sul rapporto fra comunicazione e potere, su come la prima generi e allo stesso tempo controlli e determini il secondo. Con una scrittura lineare e dialoghi efficaci (anche grazie alla pièce teatrale da cui il film è tratto), la vicenda si prepara la strada per giungere ad un finale drammatico dotato della necessaria intensità. Ed è anche un percorso di maturazione che trasforma un giovane rampante con una fede certa nei sani valori americani in un perfido Jago che impara a tessere le sue tele mortali. Con il gran pregio, che va riconosciuto agli autori e attori del film, di non dividere i personaggi in buoni e cattivi, ma di lasciare allo spettatore la possibilità di decidere chi sia alla fine il traditore e chi il tradito.
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