luana
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sabato 10 dicembre 2011
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ma vala'
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Un divertissement che non lascia traccia. Le 4 o 5 stellone date a questo "vecchio" Allen sono ridicole.
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grazias88
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sabato 10 dicembre 2011
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parigi è più bella quando piove
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Gil è uno sceneggiatore cinematografico americano che vive un periodo di vacanza con la fidanzata Inez e la famiglia di lei a Parigi: almeno queste sono le tranquille e placide premesse! L'amore che Gil nutre per la splendida opera d'arte vivente che è Parigi presto lo catapulta in una fantastica esperienza a diretto contatto con i suoi autori e pittori preferiti che vivevano e abitavano proprio alle pendici di Monmatre, dove lui si è perso a causa di qualche bicchiere di troppo. Piccolo particolare: i suoi maestri sono Fitzgerald, Hemingway, Dalì...etc che vissero la stessa magnifica Parigi ma negli anni Venti! Già solo per questo siamo di fronte a un'idea fantastica in tutti i sensi, ma i dialoghi acuti, la regia che sa raccontare come nessun'altra, la direzione degli attori, la fotografia perfetta e più che magica, corredano il tutto.
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Gil è uno sceneggiatore cinematografico americano che vive un periodo di vacanza con la fidanzata Inez e la famiglia di lei a Parigi: almeno queste sono le tranquille e placide premesse! L'amore che Gil nutre per la splendida opera d'arte vivente che è Parigi presto lo catapulta in una fantastica esperienza a diretto contatto con i suoi autori e pittori preferiti che vivevano e abitavano proprio alle pendici di Monmatre, dove lui si è perso a causa di qualche bicchiere di troppo. Piccolo particolare: i suoi maestri sono Fitzgerald, Hemingway, Dalì...etc che vissero la stessa magnifica Parigi ma negli anni Venti! Già solo per questo siamo di fronte a un'idea fantastica in tutti i sensi, ma i dialoghi acuti, la regia che sa raccontare come nessun'altra, la direzione degli attori, la fotografia perfetta e più che magica, corredano il tutto. Quindi non posso fare a meno a questo punto di votare questo film con cinque stelle, che stanno per film capolavoro!
Trovo infine stupenda, oltre che romantica, l'idea di potersi innamorare di una persona del passato. Una situazione analoga, ma altrettanto geniale, aveva luogo ne La rosa purpurea del Cairo, sempre di Allen. C'è una grande differenza però che fa di Midnight in Paris un film ancora più grande, nonostante anche l'altro sia un film estremamente bello. Credo che ne La rosa purpurea la questione del rapporto con il presente/realtà fosse posta in maniera un po' più manichea: la protagonista era obbligata a scegliere tra realtà e perfezione e alla fine rimaneva "fregata" dall'aver scelto la realtà. Tutto ciò credo nel senso di "i sogni non ti tradiscono mai, mentre le persone in carne ed ossa possono farlo eccome".
In Midnight in Paris il protagonista viene invece in un certo senso "fregato" dal suo stesso sogno/passato, rappresentato da Adriana, ed è proprio grazie a questa fregatura che Gil capisce che la vita, o almeno le epoche d'oro a cui ci si aggrappa, sono relative. Non esiste un'epoca d'oro in assoluto perché si viene influenzati dalle caratteristiche negative della propria epoca. Il genio di Woody Allen ha fatto un ulteriore passo in avanti nel corso degli anni perché propone di non sentirsi costretti a scegliere tra i meravigliosi sogni del passato e un presente da tenersi così (insoddisfacente) com'è: l'alternativa è trovare nel presente qualcosa che funzioni, "Whathever works". Nel finale si vede come Gil ha la possibilità di riuscire a vivere e a godersi anche il presente. Serve solo il posto giusto, in cui sentirsi a proprio agio, e una persona con cui condividere più cose, a cominciare dal camminare sotto la pioggia nelle strade di Parigi, che forse "è anche più bella quando piove" e da notare che nella Parigi degli anni Venti non piove mai...
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myopinion
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sabato 10 dicembre 2011
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una favola moderna
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romantico e surreale, ci fa viaggiare nel tempo alla ricerca dell'epoca perfetta quando alla fine conclude con chiarezza che non è il tempo a definire la felicità ma l'altra persona che puoi incontrare oggi, mentre cammini per le strade della tua città!
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anthony73
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sabato 10 dicembre 2011
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sufficente
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andrea d
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sabato 10 dicembre 2011
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l'età d'oro di allen non è finita
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New York, Parigi e Venezia. Queste le tre città in cui Allen ha detto di poter vivere (e non a caso quelle in cui ha ambientato il suo musical Tutti dicono I love you). Non la grigia Londra che, dopo averlo ospitato l'ultima volta con Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni, aveva dimostrato di non essere l'habitat adatto di un regista fin troppo emotivo. Magari Midnight in Paris servirà pure a sfatare il mito di Match Point, pellicola ben costruita ma fredda (anche i thriller più spietati possono essere "caldi", e Crimini e Misfatti dello stesso Woody, oltretutto molto simile a Match Point, ne è l'esempio). Il film parigino comincia infatti con una sinfonia di immagini e musica che richiama l'inizio di Manhattan, una dichiarazione d'amore alla città che va chiarita da subito, per poter poi passare alla storia di Gil, sceneggiatore californiano insoddisfatto dei suoi lavori e desideroso di scrivere un romanzo.
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New York, Parigi e Venezia. Queste le tre città in cui Allen ha detto di poter vivere (e non a caso quelle in cui ha ambientato il suo musical Tutti dicono I love you). Non la grigia Londra che, dopo averlo ospitato l'ultima volta con Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni, aveva dimostrato di non essere l'habitat adatto di un regista fin troppo emotivo. Magari Midnight in Paris servirà pure a sfatare il mito di Match Point, pellicola ben costruita ma fredda (anche i thriller più spietati possono essere "caldi", e Crimini e Misfatti dello stesso Woody, oltretutto molto simile a Match Point, ne è l'esempio). Il film parigino comincia infatti con una sinfonia di immagini e musica che richiama l'inizio di Manhattan, una dichiarazione d'amore alla città che va chiarita da subito, per poter poi passare alla storia di Gil, sceneggiatore californiano insoddisfatto dei suoi lavori e desideroso di scrivere un romanzo. La sensibilità di Gil lo fa essere un costante sognatore, e il fatto di trovarsi in una città-opera d'arte, come lui stesso dice, non può che portarlo ancora più lontano da un presente segnato da una fidanzata attraente ma antipatica, con al seguito un padre conservatore. Sia il personaggio del padre che quello dello pseudo-intellettuale di cui la ragazza si infatuerà rappresentano due approcci poco sinceri al concetto di "conservazione" del passato: quello del padre, un approccio reazionario; quello dello pseudo-intellettuale, un approccio retorico e impressionistico. Gil ama il passato perché invece non si trova bene nel presente, e perciò vorrebbe vivere negli anni '20 lì a Parigi. E così, appena la campana di Mont-Matre suona la mezzanotte, un'auto d'epoca passa a prenderlo, e viene catapultato proprio in quello stupendo mondo in cui Fitzgerald, Hemingway, Picasso, Cole Porter, Bunuel e Dalì lo salutano e gli parlano come ad un amico. Un sogno incredibile, di ognuno di noi, quello di incontrare i nostri miti, i nostri maestri, vederli parlare tra di loro, scoprirli umani e persino avere un loro giudizio sul proprio lavoro (proprio come Allen fece con grandi scrittori quando erano vivi). Il cinema può fare tutto questo, e Allen lo sa, tornando a quel suo filone "magico" che ha il massimo esponente ne La Rosa Purpurea del Cairo, e lo fa anche grazie alla fotografia del grande Darius Khondji, che si ingiallisce come una foto d'epoca per gli anni '20 e va sul rosso quando si finisce nell'Ottocento. A voler andare nella Belle Epoque è Adriana, di cui Gil si innamora follemente (ma attenzione, non è che disdegni la ragazza. Allen non ha una fissazione monogama). Adriana, come Gil, rimpiange il passato e odia il presente, ma il suo presente sono proprio gli anni '20 adorati da Gil. E anche gli abitanti della Belle Epoque si scoprirà essere dei nostalgici del Rinascimento. Come se ogni periodo invidiasse quello precedente e non ci fosse una vera e propria epoca d'oro. Sarà infatti una terza donna, una parigina del presente, a dare una speranza a Gil, a fargli trovare un compromesso tra l'amore sconfinato per i grandi che ci hanno preceduto e da cui possiamo ricavare tanto, e un occhio positivo verso non il futuro, ma almeno quello che il presente può offrirci. E infatti non si può pretendere come fanno molti che un regista, e prima di tutto una persona, non cambi, non maturi. Non si può impedire che il tempo scorra, e rifiutare l'idea che quello che accade adesso possa ancora sorprenderci. Midnight in Paris ne è la prova evidente.
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sassolino
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sabato 10 dicembre 2011
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l'uomo che amava la pioggia in testa
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Giovane sceneggiatore con velleità di scrittore si ubriaca di Parigi sfidando fidanzata e futuri suoceri, vittime del capitalismo cieco e irriducibili cinici. Protagonista la straordinaria Parigi notturna, una città che pullula di geni e vecchie glorie (Hemingway, Dali, Fitzgerald e la mitica Gertrude Stein). Il sogno in cui entra Tom (nome di fantasia) scatta a mezzanotte, quando una vecchia automobile anni 20 lo carica a bordo, trasportandolo in un mondo letterario da cui verrà letterlamente catturato.
L'ennesimo film di Allen, bene che sia l'ennesimo perchè son quasi tutti deliziosi, stavolta è davero ambizioso: recuperare l'arte, l'astrazione, la passione per il sognare ad occhi aperti, magari festeggiando insieme a Dali' e Bunuel o cercando di conquistare la splendida fidanzata di Fitzgerald, che per chi lo ha letto non è un semplice scrittrore ma qualcosa di più.
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Giovane sceneggiatore con velleità di scrittore si ubriaca di Parigi sfidando fidanzata e futuri suoceri, vittime del capitalismo cieco e irriducibili cinici. Protagonista la straordinaria Parigi notturna, una città che pullula di geni e vecchie glorie (Hemingway, Dali, Fitzgerald e la mitica Gertrude Stein). Il sogno in cui entra Tom (nome di fantasia) scatta a mezzanotte, quando una vecchia automobile anni 20 lo carica a bordo, trasportandolo in un mondo letterario da cui verrà letterlamente catturato.
L'ennesimo film di Allen, bene che sia l'ennesimo perchè son quasi tutti deliziosi, stavolta è davero ambizioso: recuperare l'arte, l'astrazione, la passione per il sognare ad occhi aperti, magari festeggiando insieme a Dali' e Bunuel o cercando di conquistare la splendida fidanzata di Fitzgerald, che per chi lo ha letto non è un semplice scrittrore ma qualcosa di più.
Che dire di Hemingway poi o addirittura della Stein! tutte figure di un mondo scomparso in cui passeggiare sotto la pioggia era regola e virtu'.
Da sempre innamorato degli anni 20, Allen filma con grande talento e grazia e questo è noto ormai, restituendo una Parigi dalle atmosfere retrò e già questo vale il biglietto.
Tuttavia si avverte un certo desiderio di far quadrare tutti gli incastri, la "predestinazione" del protagonista a far incontri mitici sembra troppo studiata e calcolata, l'umorismo ne risente un po ma soprattutto è il ritmo frenetico, tipico dei suoi film, che qui perde un po di abbrivio. Peccato perchè l'idea di fondo è bellissima e nonostante tutto restano lampi del grande Woody quando ad esempio l 'investigatore privato incaricato di pedinare Tom finisce in una corte seicentesca che gli vuol tagliare la testa. Bella la colonna sonora con l'indimenticato Cole Porter.
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kat888
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sabato 10 dicembre 2011
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dichiarazione d'amore per parigi e per l'arte
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Per amare questo film occorre amare la città che racconta: Parigi, sì, ma anche una qualunque città dove i sogni degli uomini e delle donne si incrociano. E bisogna anche amare almeno qualcuno degli artisti che questo film ritrae. Se fate parte di questo pubblico, allora godrete anche di questa bellissima dichiarazione d'amore verso un mondo che non è nel passato, ma nel presente.
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alespiri
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sabato 10 dicembre 2011
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il passato come fuga e come risorsa.
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Un Woody Allen più rassicurante del solito sui sentimenti ci regala un film onirico e divertente in clima natalizio. Un'atmosfera surreale, magica ci accompagna per le strade di Parigi di oggi e di ieri. Dal cinema si esce non sazi di questo suggestivo percorso itinerante nel tempo che diviene un' introspezione che ha come incipit la fuga da una situazione attuale non soddisfacente e come epilogo la costruzione di una risorsa, attraverso quello che il passato ci insegna, per affrontare il presente come unica dimensione possibile. Owen da il meglio di sè con il suo stupore e Allen lo riveste di se stesso. Un racconto poetico con un finale colmo di speranza. Poco importa se i personaggi del passato s'intrecciano e si muovono come caricature, del resto il film è surreale ed i personaggi nel passato sono quelli che il protagonista sogna per poi tornare al reale con una consapevolezza di sè tale da scardinare tutto quello che nella sua vita pareva essere riferimento assoluto e per portare il suo "sogno" nella realtà che è fatta di ricerca di "armoniche convergenze".
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Un Woody Allen più rassicurante del solito sui sentimenti ci regala un film onirico e divertente in clima natalizio. Un'atmosfera surreale, magica ci accompagna per le strade di Parigi di oggi e di ieri. Dal cinema si esce non sazi di questo suggestivo percorso itinerante nel tempo che diviene un' introspezione che ha come incipit la fuga da una situazione attuale non soddisfacente e come epilogo la costruzione di una risorsa, attraverso quello che il passato ci insegna, per affrontare il presente come unica dimensione possibile. Owen da il meglio di sè con il suo stupore e Allen lo riveste di se stesso. Un racconto poetico con un finale colmo di speranza. Poco importa se i personaggi del passato s'intrecciano e si muovono come caricature, del resto il film è surreale ed i personaggi nel passato sono quelli che il protagonista sogna per poi tornare al reale con una consapevolezza di sè tale da scardinare tutto quello che nella sua vita pareva essere riferimento assoluto e per portare il suo "sogno" nella realtà che è fatta di ricerca di "armoniche convergenze".
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deiv90
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sabato 10 dicembre 2011
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uno dei migliori allen da 6 anni a questa parte
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Woody Allen continua la sua lunga trasferta in Europa e torna a Parigi (dopo la parentesi di Tutti dicono I love you) e le dedica il più poetico dei film. Perchè potremmo gingillarci a scovare i difetti di questa sua pellicola, ma io preferisco ignorarli se sil risultato è così positivo sul piano delle emozioni, dei sentimenti, dell'arte fotografica e contenutistica. Negli ultimi anni sembrava aver perso la sua vena poetica (non quella creativa, ci macherebbe), anche se non mi erano affatto dispiaciuti nè Scoop nè Basta che funzioni (parlo di commedie, sebbene quest'ultimo sia stato concepito trent'anni fa), ma ecco spuntare questa meravigliosa dichiarazione d'amore per Parigi, come già si può evincere dalla magnifica intro paragonabile solo all'incipit di un altro suo classico: Manhattan, riuscendo a farsi perdonare la stucchevolezza di Vicky Chrtistina Barcelona.
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Woody Allen continua la sua lunga trasferta in Europa e torna a Parigi (dopo la parentesi di Tutti dicono I love you) e le dedica il più poetico dei film. Perchè potremmo gingillarci a scovare i difetti di questa sua pellicola, ma io preferisco ignorarli se sil risultato è così positivo sul piano delle emozioni, dei sentimenti, dell'arte fotografica e contenutistica. Negli ultimi anni sembrava aver perso la sua vena poetica (non quella creativa, ci macherebbe), anche se non mi erano affatto dispiaciuti nè Scoop nè Basta che funzioni (parlo di commedie, sebbene quest'ultimo sia stato concepito trent'anni fa), ma ecco spuntare questa meravigliosa dichiarazione d'amore per Parigi, come già si può evincere dalla magnifica intro paragonabile solo all'incipit di un altro suo classico: Manhattan, riuscendo a farsi perdonare la stucchevolezza di Vicky Chrtistina Barcelona. I luoghi sono ormai clichè cinematografici, ma Allen li spoglia di questa loro veste per reinterpretarli magicamente come nessun altro aveva fatto. Gil, il protagonista di questo suo ultimo lavoro e interpretato da Owen Wilson (forse nel ruolo migliore della sua carriera come testimonia la performance) è molto lontano dallo stereotipo Alleniano, come ad esempio il Boris cinico di Whethever Works. In lui osserviamo oltre che la completa negazione del presente come epoca in cui vivere bene, anche la speranza di riuscire a vincere questa sua riluttanza dell'era moderna, cosa che non troviamo facilmente nei protagonisti del cineasta occhialuto. Il messaggio è chiaro: non si può vivere a lungo rifugiandosi nel passato, ma che passato direi io; i ruggenti anni 20, quelli fatti di poesia, di arte, di spensieratezza, di alcol legale (almeno in Europa come non manca di sottolineare Zelda Fitzgerald). Ma il passato è meraviglioso solo nella nostra immaginazione e Gil si rende presto conto che nessuno è mai soddisfatto del proprio tempo (la chiama sindrome dell'età dell'oro), e comincia a rendersi conto dei lati negativi di ogni epoca (non ci sono gli antibiotici!). Come di consueto troviamo scrittori ed intellettuali pronti a stupire il protagonista, ma questi non sono altro che gli idoli della giovinezza di Gil, come Hemingway, Scott Fitzgerald, Picasso, Dalì (sensazionale Adrien Brody doppiato altrettanto bene da Neri Marcorè), Gertrude Stein; essi sono proprio come Gil se li aspettava perchè sono le sue proiezioni, con tutti i loro caratteri stereotipati. Il presente è costituito di attimi, può risultare noioso ma alla lunga incuriosisce, effetto opposto del passato, così vediamo la bellissima Adriana (una Marion Cotillard un po' sottotono) che nega la sua epoca rifugiandosi nella Belle Epoque... Insomma il caro vecchio Woody ci confeziona un film che sprizza amore e poesia da ogni poro, e non importa se qua e là ci sono difetti insormontabili, io scelgo di non vederli e di credere che il domani riservi sempre qualcosa di meglio (mi riferisco al prossimo Nero Fiddeld, ambientato a Roma) come Gil. Chapeau Woody Allen..
P.S.: Tom Hidleston si conferma uno dei migliori attori emergenti, dopo essere stato la sola cosa degna in Thor, riesce a costruire in poche battute l'essenza (anche se stereotipata) di F. Scott Fitzgerald. Voto: 8,5
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viva_la_vida
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sabato 10 dicembre 2011
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la raffinatezza e l'insoddisfazione
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Woody affascina e sorprende con Midnight in Paris. Una trama di fatto sottile e surreale, un accento fiabesco e borghese dominano la pellicola, che vede protagonista un eccezionale Owen Wilson. Trovare un senso razionale alla vicenda in sé è impossibile come lo è anche non trovarne uno alla minuziosa costruzione di un concetto-chiave (del resto ce n’è uno in ogni film di Allen), quello dell’inesorabile insoddisfazione del presente e, in ultima analisi, della vita, delle convenzioni sociali ed etiche e il rifugio ebbro e spassionato nell’epoca della quale ciascuno si sente un componente mancato e che rivive nei profumi di Parigi, nelle righe di Hemingway, nei tratti di Matisse.
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Woody affascina e sorprende con Midnight in Paris. Una trama di fatto sottile e surreale, un accento fiabesco e borghese dominano la pellicola, che vede protagonista un eccezionale Owen Wilson. Trovare un senso razionale alla vicenda in sé è impossibile come lo è anche non trovarne uno alla minuziosa costruzione di un concetto-chiave (del resto ce n’è uno in ogni film di Allen), quello dell’inesorabile insoddisfazione del presente e, in ultima analisi, della vita, delle convenzioni sociali ed etiche e il rifugio ebbro e spassionato nell’epoca della quale ciascuno si sente un componente mancato e che rivive nei profumi di Parigi, nelle righe di Hemingway, nei tratti di Matisse. Allen prende questa piccola e difficile debolezza intellettuale e la sviscera in una sorta di sogno o mondo parallelo, ignorato dai più, sempre più inspiegabile e in ogni caso fortemente desiderato. Il tutto è giocato nella dualità tra il fascino raffinato della capitale francese e la vita gretta e incolta di Malibù, tra l’incostante esistenza dell’artista e quella ripetitiva ma sicura dell’impiegato, tra la moglie devota e la seducente musa ispiratrice. Quei “viaggi” non sono solo salti in un passato mai vissuto, ma anche aperture a un’esperienza alternativa del presente, i rimasugli della vita per cui si è nati e che, tra scelte e necessità, si dimentica a favore dei compromessi. Ben riuscita la grottesca discrepanza tra il disperato rifiuto della vita presente e il sottile umorismo in cui emergono le ipocrisie della società comune. La malinconica apertura con le immagini di Parigi danno un tocco di raffinatezza formale e ricordano il primo Truffaut. Il finale apre un vago spiraglio di speranza per non appesantire di eccessivi toni pessimistici la trama, che di fatto cade poco nella filosofia esplicita e nel tormento schopenhaueriano. Ancora una volta, grande Allen.
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