Diciamolo subito: “Immaturi” non è un capolavoro e non ha la pretesa di esserlo. Se si vuole andare al cinema a pensare, riflettere ed estrapolare tematiche importanti, non è questo il film giusto. Ma non è detto che un film commerciale sia per forza brutto e tutti i film d’autore siano belli. Sì, sto polemizzando con una parte di critica che stronca a priori le piacevoli commedie commerciali, a favore di film d’autore non sempre riuscitissimi. Sgombriamo subito qualche dubbio: chi scrive è appassionato di film di un certo spessore, non certo cinepanettoni o commediole e spesso va al cinema per riflettere, per emozionarsi, per stimolare la sua intelligenza. Tuttavia, al cinema si va anche per ridere e, se una commedia è carina, ben scritta, ben recitata, pur non veicolando chissà quali tematiche, oppure anche se la realtà raccontata è solamente abbozzata e i personaggi non sono descritti a tutto tondo, con le loro sfaccettature, non è detto che sia un film spazzatura. Detto questo, sicuramente “Immaturi” è una commedia piacevole, leggera, non volgare, che parte da un ottimo spunto, dover rifare la maturità e che oltre a far ridere, commuove nel suo essere molto malinconica. Tuttavia, ogniqualvolta la malinconia prende il sopravvento c’è sempre il contrappeso di una battuta a smorzare i toni e a rendere meno amaro il film, che oscilla costantemente tra divertimento e malinconia, tra battute e filosofia di vita. Inoltre, a mio avviso, il punto di forza del film è il fatto che riesce a coinvolgere lo spettatore, perché è inevitabile rispecchiarsi in situazioni, personaggi, avvenimenti, che la storia propone: in questo, riescono perfettamente gli attori che sembrano recitare divertendosi e che risultano simpaticissimi coi loro problemi e le loro difficoltà nel diventare definitivamente adulti. Uno su tutti è Ricky Memphis che, finalmente lontano dal ruolo di poliziotto, dà il meglio di sé, con un personaggio romanescamente spassoso e che ricalca alla perfezione l’immaturità su cui si basa il film. Una menzione anche sulla sempre brava Barbora Bobulova. Inoltre, credo che la storia piaccia non tanto per la trama, debole e abbozzata, ma per il suo ritmo, per l’empatia attore – spettatore e per una colonna sonora pregevole. Ancora un bravo a Paolo Genovese, regista reduce dalla direzione di Aldo Giovanni e Giacomo ne “La banda dei babbi Natale”. Voto 6+
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