doni64
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sabato 29 gennaio 2011
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film...inconcludente
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Film inconcludente,inlogico,crudele, mal recitato.La trama e' mediocre come lo e' l'intero film.Voto 5
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(di looeejy)
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massimiliano morelli
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domenica 28 novembre 2010
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il killer viene da dentro, gli assassini da fuori
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C'è l' Oklahoma, quello delle highway desolate e i tralicci spettrali, e ci sono i bamboccioni fifties a tinte sature di un' America periferica dove una camicia sgualcita è il peccato da raccontare al pastore. E sarebbe tutto fermo lì tra una pompa di benzina appesa nel nulla, e l'unico locale del posto dove ti affacci per una omelette, come unica variazione sul tema sulle uova sbattute, capirai, che soffriggi nella tua bella villetta a schiera con i tetti pastellati. Sarebbe. Se non ci fossero una prostituta e uno sceriffo sadomacho dal volto pulito e l'anima sporca. Erbacce di un giardino perfetto. Ossia, citando la stessa sceneggiatura, piante che crescono nel posto sbagliato.
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C'è l' Oklahoma, quello delle highway desolate e i tralicci spettrali, e ci sono i bamboccioni fifties a tinte sature di un' America periferica dove una camicia sgualcita è il peccato da raccontare al pastore. E sarebbe tutto fermo lì tra una pompa di benzina appesa nel nulla, e l'unico locale del posto dove ti affacci per una omelette, come unica variazione sul tema sulle uova sbattute, capirai, che soffriggi nella tua bella villetta a schiera con i tetti pastellati. Sarebbe. Se non ci fossero una prostituta e uno sceriffo sadomacho dal volto pulito e l'anima sporca. Erbacce di un giardino perfetto. Ossia, citando la stessa sceneggiatura, piante che crescono nel posto sbagliato. Ma che di quel posto sono solo l'iceberg narrativo, il letame scoperto, che ti accorgi che c'è, solo perchè comincia a puzzare di insopportabile.
Lou Ford, un azzeccatissimo Casey Affleck, ha quella faccia immobile da schiaffi che loro definirebbero da 'cold fish', ma è la perfetta impalcatura di un male che non scandalizza, perchè è sparpagliato a schegge in tutto il tessuto sociale di quella cittadinanza immobile. Ogni passo cadenzato dei suoi stivali cowboy di cuoio marrone calpesta e smuove un pò del sottobosco marcio che corrode il paesaggio ameno di una morale che non esiste. Ed i suoi pugni, i calci, gli sputi e le pallottole, sono colpi esplosi con il silenziatore per far rumore, per aprire squarci di una luce che si fa fortissima perchè il buio sta per venire. O forse c'era già, pur tra le note rassicuranti di una colonna sonora ottimisticamente cullata di american way of life.
Non ci sono santi nè angeli in quella piccola contea, non ce ne sono mai stati, nel presente come nei flashback virati seppia. Tutte le pedine, belle da vedersi e messe ancora meglio sulla scacchiera narrativa, hanno gli abiti puliti e la coscienza sporca, in una ragnatela immorale che ne lega i destini e le scelte. Il killer viene da quel groppo di fredda violenza che ha dentro Lou, ma è solo il braccio armato di un male che abita da sempre fuori, tra le pieghe di una normalità reiterata ed assassina. La chiave di violino dell'anima del film, è quella pastella di sangue schifoso sul volto splendido di Joyce/Jessica Alba riversa per terra. Ford è lo scomodo e sincero massacratore della perfezione di un' America bellissima e falsa.
Gioiello pulp le note della romanza 'furtiva lagrima' mentre Lou danza innondando di alcol il suo piccolo regno imperfetto, pronto a dare fuoco alle polveri per il barbecue finale. Ironia sadica, bella quanto la beethoveniana cattiveria dell'Alex che fu di Kubrik. Tanto più che quella lacrima furtiva è la prima di un film in cui tutti muoiono senza che nessuno pianga mai. E ci sta. Perchè questa non è una drammatica storia di violenza, è la Violenza che si fa fredda voce narrante di una storia di uomini.
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(di frankie)
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zozner
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domenica 12 dicembre 2010
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solo la morte redime.
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Più che un affascinante vice sceriffo, il protagonista sembra un seminarista col cappello da texano,
Bravo ragazzo, posato, col sorriso un po' trattenuto, disponibile e, assassino. Il film é il racconto, la descrizione di come sotto le apparenze della normalità possa esserci, covare la più dura perversione, l'omicidio premeditato, vissuto stimolando perversi piaceri e apparentemente senza sensi di colpa.
Il comportamento del protagonista ma soprattutto il mondo che lo circonda, un surreale paesino che vive tranquillo nel Texas negli anni '50, nasconde omicidi, prevaricazioni ed ha alimentato la follia nel protagonista.
Questa cresce senza ostacoli e si espande come un tumore fino alla catarsi finale dove la morte preventivata di tutti i protagonisti sembra essere un tentativo chirurgico di estirpare il male.
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Più che un affascinante vice sceriffo, il protagonista sembra un seminarista col cappello da texano,
Bravo ragazzo, posato, col sorriso un po' trattenuto, disponibile e, assassino. Il film é il racconto, la descrizione di come sotto le apparenze della normalità possa esserci, covare la più dura perversione, l'omicidio premeditato, vissuto stimolando perversi piaceri e apparentemente senza sensi di colpa.
Il comportamento del protagonista ma soprattutto il mondo che lo circonda, un surreale paesino che vive tranquillo nel Texas negli anni '50, nasconde omicidi, prevaricazioni ed ha alimentato la follia nel protagonista.
Questa cresce senza ostacoli e si espande come un tumore fino alla catarsi finale dove la morte preventivata di tutti i protagonisti sembra essere un tentativo chirurgico di estirpare il male.
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renato volpone
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lunedì 29 novembre 2010
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la violenza che esplode
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Un giovane poliziotto proveniente da un'infanzia difficile, dove giovanissimo violenta una bambina, trova soddisfazione nei rapporti sessuali solo se conditi da brutale violenza. Violenza che poi sfocia in una serie di omicidi brutali. Non c'è un vero movento per uccidere queste persone, tranne il piacere di una mente criminale. Il film è fortemente violento, ma credibile e ben recitato. Bellissima la colonna sonora e la fotografia. Da vedere, ma non per tutti.
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benedetta mattei
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venerdì 17 dicembre 2010
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omaggio alla narrativa pulp
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Una storia basata su corpi discinti, violenze brutali e sangue in un Texas bigotto dove un giovane vicesceriffo reagisce alla noia dell'etichetta immergendosi nel brivido della violenza. Anni '50, Central City. A Lou Ford (Casey Affleck) il compito di far visita a Joyce Lakeland (Jessica Alba), giovane prostituta che si è stabilita nella periferia della città, per decidere come allontanarla. La tensione cresce velocemente: Lou trova una pistola, Joyce esibisce il porto d'armi, lui le chiede di lasciare la città, lei reagisce aggredendolo prima verbalmente, poi con degli schiaffi.
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Una storia basata su corpi discinti, violenze brutali e sangue in un Texas bigotto dove un giovane vicesceriffo reagisce alla noia dell'etichetta immergendosi nel brivido della violenza. Anni '50, Central City. A Lou Ford (Casey Affleck) il compito di far visita a Joyce Lakeland (Jessica Alba), giovane prostituta che si è stabilita nella periferia della città, per decidere come allontanarla. La tensione cresce velocemente: Lou trova una pistola, Joyce esibisce il porto d'armi, lui le chiede di lasciare la città, lei reagisce aggredendolo prima verbalmente, poi con degli schiaffi. In Lou, dopo quindici anni, riemerge un funesto desiderio di ferocia brutale ed irrefrenabile.
La trasposizione cinematografica di Michael Winterbottom è puntuale e ripropone fedelmente i dialoghi e le scelte narrative del romanzo di Jim Thompson (L'assassino che è in me, 1952). Anche nel film l'esposizione è affidata al personaggio principale, ma, nonostante questo stratagemma, sembra impossibile entrare veramente nella mente del nostro giovane ed affabile vicesceriffo- gentiluomo. Lou non esita mai nel folle e razionale dialogo con se stesso, ed anche nelle situazioni di maggior tensione la sua voce pare fredda ed analitica. Consapevole di questa forza oscura, che egli stesso chiama “la malattia”, continua a seguire il proprio istinto senza pentimenti. L'anima di Lou Ford non è tormentata, non cerca strade per la redenzione, né tantomeno si presta ad analisi; ed anche l'emergere di un passato violento e traumatico non sembra aver lo scopo di creare una certa commozione o empatia, quanto quello di riempire il racconto con flashback e seminare curiosità sul vissuto del personaggio. Si potrebbe dedurre che l'intento del regista non sia quello d'indagare nella psiche depravata del protagonista, né in quella dei personaggi femminili che, tracciati superficialmente, risultano praticamente incomprensibili. Niente tinte oscure tipiche del noir, ma musiche country e colori saturi sembrano rifarsi direttamente, insieme ai titoli di testa fumettistici, alle copertine squillanti e alle pagine stracce dei romanzi pulp. Il regista non cerca di giustificare le nudità e le perversioni rappresentate costruendo il fantoccio di un'analisi psicologica, ma lascia scoperta la violenza caratteristica di questo genere creando un vero e proprio omaggio ad una narrativa popolare che ha saputo interpretare i gusti di giovani e curiosi lettori offrendo loro grandi emozioni per pochi centesimi.
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ablueboy
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venerdì 10 dicembre 2010
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prove tecniche di immedesimazione insostenibile.
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Propone le ultime nefande gesta di un poliziotto che si riscopre depravato e assassino occasionale (dunque non un serial killer). Il ritmo è il ritmo interiore del protagonista, Il tenore è quello del vuoto interiore totale dell'assassino, fortemente contrapposto alle varie scale di genuinità dei personaggi circostanti, anch'esse vagamente stilizzate e vacue. Tecnicamente molto accurato, delinea con chiarezza i profili psicologici dei vari personaggi coinvolti, mantenendo uno stato di tensione continua nel film. La violenza è poca, ma di insostenibile intensità, pur senza ricorrere ai mezzi ricercati a cui ci ha abituato la cine-letteratura sui serial killer.
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Propone le ultime nefande gesta di un poliziotto che si riscopre depravato e assassino occasionale (dunque non un serial killer). Il ritmo è il ritmo interiore del protagonista, Il tenore è quello del vuoto interiore totale dell'assassino, fortemente contrapposto alle varie scale di genuinità dei personaggi circostanti, anch'esse vagamente stilizzate e vacue. Tecnicamente molto accurato, delinea con chiarezza i profili psicologici dei vari personaggi coinvolti, mantenendo uno stato di tensione continua nel film. La violenza è poca, ma di insostenibile intensità, pur senza ricorrere ai mezzi ricercati a cui ci ha abituato la cine-letteratura sui serial killer. Per gustarsi il film, lo spettatore dovrebbe immedesimarsi nel protagonista, ma il protagonista è troppo simile ad uno (normale) fra noi, perché questo avvenga. Da apprezzare per la coerenza narrativa e stilistica con cui si dimostra l'icona dell'assassino senza movente (o quasi). Difficilmente apprezzabile proprio in virtù della sua coerenza narrativa: lo spettatore preferisce partecipare ad assassini meno realistici, più distanziabili da sé. Per chi si sente a suo agio di fronte a film come Saw o Seven, di fronte a questo film proverà una forma di terrore molto più sottile, persistente e insostenibile, forse nata dallo sforzo di resistere all'immedesimazione.
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federico albanese
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martedì 19 aprile 2011
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un america spietata senza regole..
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Un apostrofo all'inutilità e alla banale vita dell'america centrotexana, film emblema della mancanza di valori e povertà intellettuale di quella degrata realtà.
Il nostro regista Bergmaniano, che si mise in luce con pellicole quali Jude(1996) o In This World (2002), gira con maestria un piccolo capolavoro. Anni 50',
il buon giovane sceriffo Lou Ford ( Affleck) trascorre le sue giornate tra favori al prossimo e noia quotidiana, in una sperduta contea del Texas, quasi ferma -per ideali e rapporti-, all'antico furibondo Far West. A spezzare la costernante noia "galattica", l'incarico di sfrattare la prostituta Joyce ( Alba ) con cui il figlio di un pezzo grosso della zona si intratteneva costantemente in serate piccanti.
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Un apostrofo all'inutilità e alla banale vita dell'america centrotexana, film emblema della mancanza di valori e povertà intellettuale di quella degrata realtà.
Il nostro regista Bergmaniano, che si mise in luce con pellicole quali Jude(1996) o In This World (2002), gira con maestria un piccolo capolavoro. Anni 50',
il buon giovane sceriffo Lou Ford ( Affleck) trascorre le sue giornate tra favori al prossimo e noia quotidiana, in una sperduta contea del Texas, quasi ferma -per ideali e rapporti-, all'antico furibondo Far West. A spezzare la costernante noia "galattica", l'incarico di sfrattare la prostituta Joyce ( Alba ) con cui il figlio di un pezzo grosso della zona si intratteneva costantemente in serate piccanti. Da qui Lou e Joyce iniziano una relazione votata al sesso sadomaso e alla violenza pura, amandosi sempre di piu, quasi senza mai volersi bene. Da un lato ( Lou), il bisogno rinato di sfogo interiore, da una vita inutile e un passato burrascoso mai risolto, dall'altro (Joyce), il paradigma dell'accettazione, la consapevolezza interiore, la flagellazione di se a caccia di una rinascita morale. Un crescendo di paranoia e suspence perfetto, tra Pulp Fiction e Harry Pioggia di Sangue. Interpretazione da Oscar di Casey Affleck, che penetra nei meandri di una mente perversa e incontrollabile. Una manifestazione di quanto il pensiero umano possa essere distorto da circostanze esterne, da una vita triste, dalla consapevolezza stessa di quello che si sta vivendo. Una gradevole fotografia assolata, ti conduce verso paesaggi che ricordano Sergio Leone, I Choen. Un noir desertico, straordinario, puro.
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domenico a
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mercoledì 15 dicembre 2010
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un pulp d'altri tempi
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Abbiamo visto The Killer Inside Me regia di Michael Winterbottom.
The Killer Inside Me è tratto dall’omonimo romanzo “ pulp “ di Jim Thompson, pubblicato nel 1952 ( in Italia è stato pubblicato nella collana Il Giallo Mondadori, col titolo La belva che è dentro di me nel 1970, poi nel 1993 nella collana Omnibus Mondadori col titolo Vite in gioco e infine nel 2002 da Fanucci Editore).. Thompson è uno dei grandi scrittori pulp della seconda generazione, quella degli anni Cinquanta, ma è stato anche un importante sceneggiatore ( suoi sono gli script “ Rapina a mano armata “ e “ Orizzonti di gloria “ di Stanley Kubrick, e dai suoi libri, negli anni Settanta, sono stati tratti film del calibro di “ Getaway “ di Sam Pechinpah, il magnifico e potente “ Il fascino del delitto “ di Alain Corneau del 1979, il bello “ Colpo di spugna “ di Bertrand Tavernier del 1981, l’ambiguo e originale “ Rischiose abitudini “di Stephen Frears del 1990 e altri ancora ).
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Abbiamo visto The Killer Inside Me regia di Michael Winterbottom.
The Killer Inside Me è tratto dall’omonimo romanzo “ pulp “ di Jim Thompson, pubblicato nel 1952 ( in Italia è stato pubblicato nella collana Il Giallo Mondadori, col titolo La belva che è dentro di me nel 1970, poi nel 1993 nella collana Omnibus Mondadori col titolo Vite in gioco e infine nel 2002 da Fanucci Editore).. Thompson è uno dei grandi scrittori pulp della seconda generazione, quella degli anni Cinquanta, ma è stato anche un importante sceneggiatore ( suoi sono gli script “ Rapina a mano armata “ e “ Orizzonti di gloria “ di Stanley Kubrick, e dai suoi libri, negli anni Settanta, sono stati tratti film del calibro di “ Getaway “ di Sam Pechinpah, il magnifico e potente “ Il fascino del delitto “ di Alain Corneau del 1979, il bello “ Colpo di spugna “ di Bertrand Tavernier del 1981, l’ambiguo e originale “ Rischiose abitudini “di Stephen Frears del 1990 e altri ancora ). Possiamo dire che Thompson è un grandissimo scrittore - poco conosciuto in Italia e dimenticato nell’oblio negli USA - non meno significativo di Raymond Chandler e Cornell Woorlich ( meravigliosi e impareggiabili scrittori di gialli americani degli anni Quaranta e Cinquanta ). Nel 1975 – due anni prima della sua scomparsa, Thompson recitò, nei panni del giudice Grayle nel remake “ Marlowe, poliziotto privato “ di Dick Richards, tratto forse dal più bel romanzo di Raymond Chandler e uno dei film più belli del neo-noir anni Settanta, impreziosito dalla presenza del mito Robert Mitchum in stato di grazia. Autori di questa fattura purtroppo non ne esistono più come la loro generazione e quell’epoca.
Anche la storia produttiva di The Killer Inside Me sembra un film a sè. Fatto di attese, interruzioni e speranze. Nel 1956 la 20th Century-Fox avrebbe voluto fare il film e aveva scelto Marlon Brando nel ruolo di Lou Ford ( impersonato oggi da un bravo ma per niente glamour Casey Affleck ), da Marilyn Monroe nel ruolo di Joyce Lakeland. ( ruolo impersonato oggi da una sensualissima Jessica Alba ) e da Elizabeth Taylor nel ruolo di Amy Stanton ( Kate Hudson, oggi ); ma il progetto fu dapprima rinviato e poi accantonato. Ci sono stati altri tentativi andata a vuoto fino a quando è stata realizzata una prima versione con Stacy Keach come Lou Ford e Susan Tyrell come Joyce Lakeland nel 1976. Una seconda versione doveva essere interpretata nel 1986 da Tom Cruise, Demi Moore e Brooke Shields, ma anche questa volta il progetto fu messo da parte ( anche questa volta per le difficoltà di mettere in scena una storia così pulp e senza speranza - Stanley Kubrick del romanzo ha detto: “È forse la più agghiacciante e verosimile storia di una perversa mente criminale, raccontata in prima persona, che mi sia mai capitato di leggere ” ). Dopo il successo di Tarantino con Pulp Fiction e la conseguente ‘ moda ‘ di un certo tipo di storie, Quentin ha lavorato al progetto pensando a Brad Pitt, Uma Thurman e Juliette Lewis: ma sono sopravvenuti gli attentati alle Torri Gemelle e quindi è stato di nuovo messo da parte. Nel 2003, Andrew Dominik ha scritto una sceneggiatura - da alcuni definita troppo stilizzata - e stava per dirigerla, con Leonardo Di Caprio, Charlize Theron e Drew Barrymore. Ma per un motivo o per un altro, Dominik ha preferito girare L’assassinio di Jesse James. E arriviamo a oggi, i diritti del film li avevano due produttori inglesi Chris Hanley di Muse Films e Bradford Schlei. Michael Winterbottom ( Benvenuti a Sarajevo, The Road to Guantanamo, Un cuore grande – tra gli altri film realizzati ) era interessato al film, si sono incontrati e con soldi americani, svedesi, inglesi e canadesi si è potuto realizzare.
La storia è ambientata nella provincia americana, nel Texas degli inizi anni Cinquanta. Una provincia solo apparentemente addormentata e tranquilla. Lou Ford è un giovane e riservato vicesceriffo, vive da solo in una bella casa che gli hanno lasciato i genitori e ha una relazione solo apparentemente segreta con una ragazza borghese del luogo. Lui è gentile e amico con tutti, se può fare un favore, lui lo fa; anche con chi arresta ha un rapporto corretto e civile. Un giorno su richiesta del più importante affarista della zona, Chester Conway, viene mandato ad avvisare una ragazza poco di buono di lasciare la cittadina. Lui si presenta, le intima di andare via e d’un tratto inizia la passione tra i due. Ma questa passione gli fa riaffiorare vari ricordi della sua infanzia che aveva rimosso, ricordi traumatici e forti. ( nel film il tutto non è proprio spiegato chiaramente, mentre nel libro tutto è più chiaro e lineare ). La ragazza ha una relazione con il figlio di Conway e giacchè il giovane si deve sposare, il padre ha deciso di pagare per mandarla via. Lei vuole prendere i soldi e andar via con il suo Lou, ma il vicesceriffo ha altro per la testa ( nel film sembra solo una brutale vendetta contro l’uomo potente e suo figlio ), e mostra il suo vero carattere di sadico, psicopatico, assassino freddo e tranquillo. Sembra che possa farla franca ma in quel mondo nulla è come sembra e gli investigatori iniziano a sospettarlo ma anche loro forse nascondono dei segreti, come anche il padrone della città, il capo del sindacato, il proprietario della tavola calda, lo sceriffo e un avvocato ( la parte più oscura del film – è un personaggio vero o immaginato dal protagonista ? ) che avvocato non è ma che lo ‘ libera ‘ e lo porta fino al luogo finale.
Il regista aveva varie possibilità con un racconto di questo genere, poteva continuare la sua ricerca “ politica “, immergendosi in quegli anni così ‘ politicizzati ‘; poteva scegliere uno stile citazionista alla Tarantino o percorrere la strada del noir colto dei Fratelli Coen o anche approfondire il lato psicanalitico di una mente disturbata e pericolosa. Invece Winterbottom ha voluto ‘ sposare ‘ il romanzo ed ha rispettato l’universo letterario di Thompson, in cui conta solo il piacere del racconto e dove la violenza viene utilizzata come forma e contenuto di cultura popolare. Con un ‘ ma ‘: sessant’anni tra il libro e il film sono un tempo troppo grande per non riempirlo dell’esperienza degli anni. Tuttavia è un film confezionato molto bene, diretto con sicurezza e abilità, con un cast giusto, ‘ fortunato “ e riuscito pienamente. L’unica perplessità che abbiamo è proprio nelle intenzioni che ha dichiarato il regista: “ Per me, l’aspetto interessante del romanzo è più che altro l’idea che Thompson scelga di ritrarre un universo in cui le persone distruggono ogni cosa, senza voler fornire spiegazioni psicologiche. Perché questo è quello che succede, è quello che fa la gente: rovina tutto, distrugge la propria vita. Per qualche strano motivo, gli esseri umani sono distruttivi. Thompson coglie qualcosa di vero della natura umana: non è necessario cercare di spiegarlo, occorre solo mostrare che è così “
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reservoir dogs
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mercoledì 29 dicembre 2010
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un sorriso può sembrare un ghigno
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Il poco onesto sceriffo Lou Ford (Affleck) riceve in cambio di una lauta compensa l'ordine da un magnate delle costrizioni di sfrattare una prostituta che ha tra i suoi clienti il figlio.
L'uomo dopo una breve colluttazione con la donna si fa "prendere la mano", passando dalla cortesia al masochismo con sesso spinto. L'incontro con Joyce, la prostituta (Alba) risveglia nell'uomo una violenza un tempo assopita facendo cambiare completamente il piano impostogli dal magnate dando così vita ad una serie di omicidi sempre più efferati.
Lo stesso tipo di amore perverso si replicherà con Emy (Hudson) perché l'unico modo di amare che Lou ormai conosce è quello legato al sangue.
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Il poco onesto sceriffo Lou Ford (Affleck) riceve in cambio di una lauta compensa l'ordine da un magnate delle costrizioni di sfrattare una prostituta che ha tra i suoi clienti il figlio.
L'uomo dopo una breve colluttazione con la donna si fa "prendere la mano", passando dalla cortesia al masochismo con sesso spinto. L'incontro con Joyce, la prostituta (Alba) risveglia nell'uomo una violenza un tempo assopita facendo cambiare completamente il piano impostogli dal magnate dando così vita ad una serie di omicidi sempre più efferati.
Lo stesso tipo di amore perverso si replicherà con Emy (Hudson) perché l'unico modo di amare che Lou ormai conosce è quello legato al sangue.
Lou dietro la sua faccia pulita e imperturbabile che si preoccupa per la mancanza di una cravatta con la camicia cela dentro di se un sadico sociopatico che sfoga la sua violenza negli altri; un sorriso tirato può sembrare un ghigno.
In una societa corrotta, dove tutti credono di conoscersi, uno sceriffo, metafora di quell'Ordine corrotto e immotivato, dimostra l'esatto contrario con la sua brutalità legata a doppio filo da una straordinaria lucidità.
Il Male proviene dal passato e l'unico modo per curarlo è detergere il peccato con le fiamme in un ultimo abbraccio con la donna perversamente amata.
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slowfilm.splinder.com
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mercoledì 8 dicembre 2010
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noir lontano dai modelli canonici
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Trasposizione del romanzo del ’52 di Jim Thompson ambientata negli stessi anni ’50, plastificati e appiattiti dallo sguardo e la gestione dei tempi di Winterbottom. La figura del serial killer, vice sceriffo freddamente dedito ad efferatezze, è incarnata dai tratti fastidiosamente regolari di Casey Affleck, dalla sua espressione di linoleum occasionalmente tagliata dal sorriso del mostro soddisfatto, dalla sua voce stridula e strascicata. The Killer Inside Me è un noir che non ha le atmosfere del noir, non ne ricerca il tono epico e neanche la sospensione.
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Trasposizione del romanzo del ’52 di Jim Thompson ambientata negli stessi anni ’50, plastificati e appiattiti dallo sguardo e la gestione dei tempi di Winterbottom. La figura del serial killer, vice sceriffo freddamente dedito ad efferatezze, è incarnata dai tratti fastidiosamente regolari di Casey Affleck, dalla sua espressione di linoleum occasionalmente tagliata dal sorriso del mostro soddisfatto, dalla sua voce stridula e strascicata. The Killer Inside Me è un noir che non ha le atmosfere del noir, non ne ricerca il tono epico e neanche la sospensione. Non ha, d'altra parte, neppure l’aspirazione del realismo, negato da una regia statica che riporta chiusure geometriche e toni dalle tinte pastello. Eppure il film lascia un innegabile senso di inquietudine, un certo malessere. Dovuto principalmente alla visione delle imprese di uno psicopatico particolarmente incline al pestaggio delle donne, in scene che ricordano per accanimento la celebre misoginia di von Trier, ma la privano della visione convulsa e ravvicinata, della morbosità dichiarata, per tenersi in equilibrio su una rappresentazione che trova la sua identità nell’ostentazione di una neutralità dichiaratamente filmica. È un tono che accompagna con efficacia e completa la figura del protagonista, che pure germinato dai consueti traumi infantili non suscita qui alcuna empatia, attraversa il film e il controsenso di un iperrealismo desaturato, richiamando nello spettatore una versione piuttosto insolita delle proprie insicurezze dormienti. slowfilm.splinder.com
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