Non lasciarmi

C’erano una volta un gruppo di esseri umani clonati a partire da altri, allevati in posti isolati per diventare riserve di organi freschi e pulsanti, pronti per essere sacrificati a vantaggio dei malati del mondo. Lo stesso spunto fu impiegato qualche anno fa in un film d’azione fantascientifico piuttosto riuscito nel genere: “the Island”. Quello stimolava il pensiero più di questo trhiller-dramma che in realtà non è né una cosa né l’altra. “Non lasciarmi” è un prodotto che aspira a un tono alto e invece è solo un bluff altamente soporifero. La stupidità nel cinema non è solo quella dei cinepanettoni, i quali hanno il pregio di mettere in guardia il potenziale spettatore già dalla locandina, ma può anche infiltrarsi in sala sotto forma di prepotente senso di inutilità e sperare di passare per sostanza troppo sostanziosa per essere compresa; attraverso ritmi lenti, la solita tremenda litania di archi perennemente in sottofondo, amori e sesso come sostituti di tutta una vita e di una personalità, pause, sguardi tristi, ambientazioni retrò, dialoghi dilatati fatti di frasi inconsistenti. è chiaro che il triangolo affettivo formato dai tre ragazzi-cloni protagonisti si regge su un modo di relazionarsi da seconda media, estremamente prevedibile e incompleto. Forse certe carenze potrebbero acquisire un barlume di significato se la vicenda fosse ambientata in una società per certi versi opprimente nei confronti della singolarità come potrebbe essere quella giapponese (l’autore del libro dal quale il film è tratto è giapponese ma vive in Inghilterra dall’età di 6 anni). Tuttavia il cinema nipponico è capace di utilizzare trama, ambientazione e personalità scarne rendendole universali tramite una speciale armonia che diventa poesia, come accadeva nel film “Departures”. Qui invece il livello è proprio basico,tanto da risultare irritante, perciò è arduo il coinvolgimento emotivo da parte dello spettatore. La colpa di tale bruttura non è degli attori. Lo stile, se esiste, è lo stesso della commedia “ti presento Joe Black”, una sorta di soap opera con manie di eternità.