jayan
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giovedì 7 ottobre 2010
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da venezia e toronto l'applaudito capolavoro
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Film applaudito a Venezia e in particolare a Toronto, Gorbaciof è il settimo lavoro di Incerti, un capolavoro di stile e ambientazione, un'interpretazione straordinaria di Servillo ma anche di Yang Mi, basata solo sulla mimica.
Pacileo è il contabile del carcere di Poggioreale a Napoli, ha la passione del gioco d'azzardo, si innamora di Lila, una cinese, e per aiutare suo padre sottrae soldi dalla cassa e si trova coinvolto in pericolose attività. E' un uomo di poche parole, il film stesso non ha grandi e lunghi dialoghi, ma più silenzi ed espressioni del volto e dei corpi. Ruota intorno a Servillo e vuole mostrare gli ambienti oscuri e di delinquenza del Vasto, quartiere multietnico vicino alla stazione centrale di Napoli.
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Film applaudito a Venezia e in particolare a Toronto, Gorbaciof è il settimo lavoro di Incerti, un capolavoro di stile e ambientazione, un'interpretazione straordinaria di Servillo ma anche di Yang Mi, basata solo sulla mimica.
Pacileo è il contabile del carcere di Poggioreale a Napoli, ha la passione del gioco d'azzardo, si innamora di Lila, una cinese, e per aiutare suo padre sottrae soldi dalla cassa e si trova coinvolto in pericolose attività. E' un uomo di poche parole, il film stesso non ha grandi e lunghi dialoghi, ma più silenzi ed espressioni del volto e dei corpi. Ruota intorno a Servillo e vuole mostrare gli ambienti oscuri e di delinquenza del Vasto, quartiere multietnico vicino alla stazione centrale di Napoli. Il regista riesce a creare atmosfere, quasi sempre notturne, tra quelle del tipo americano a quelle di tipo cinese, tra mafia, sentimenti e azioni illegali. Il protagonista è un eroe non eroe, che svelerà, dietro la cortina di silenzio, un'anima che sa amare. Non riveliamo il finale. Un film da non perdere!
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domenico a
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sabato 16 ottobre 2010
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un buon deja vu
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Abbiamo visto “ Gorbaciof “ regia di Stefano Incerti.
E’ indiscutibilmente un buon film, il migliore di quelli italiani che sono nelle sale di questi tempi. Girato con attenzione e con momenti di originalità e delicatezza rara per il cinema italiano ( il rapporto tra Gorbaciof e la giovane ragazza cinese ) che ci fa supporre un work in progress,un buon clima creativo sul set, come se lo script non fosse stato rispettato, anzi che sia stato accantonato durante le riprese, affidandosi all’agire di Servillo e del suo personaggio ( tuttavia perdendo un po' per strada tutti gli altri personaggi ). Dalle prime immagini ( ma è un po’ lo stile del regista, da sempre) ci è venuto in mente il cinema americano degli anni Settanta, forse anche il primissimo De Palma ma in particolare lo Scorsese di Mean street e anche di Taxi Driver ( ma anche al plot del film di Sorrentino Le conseguenze dell’amore ), questo è il suo pregio ma anche il suo limite: pregio, perché c’è uno stile deciso e senza fronzoli, quasi minimale in questo caso; difetto, perché non c’è niente di nuovo e quello che succede sembra già essere conosciuto e pre-visto; a questo si potrebbe aggiungere che nei film di Scorsese c’è un De Niro che risulta più empatico di Servillo e meno stilizzato, che nei Settanta, comunque, c’èra un’aria di libertà e di speranza, che oggi non c’è più.
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Abbiamo visto “ Gorbaciof “ regia di Stefano Incerti.
E’ indiscutibilmente un buon film, il migliore di quelli italiani che sono nelle sale di questi tempi. Girato con attenzione e con momenti di originalità e delicatezza rara per il cinema italiano ( il rapporto tra Gorbaciof e la giovane ragazza cinese ) che ci fa supporre un work in progress,un buon clima creativo sul set, come se lo script non fosse stato rispettato, anzi che sia stato accantonato durante le riprese, affidandosi all’agire di Servillo e del suo personaggio ( tuttavia perdendo un po' per strada tutti gli altri personaggi ). Dalle prime immagini ( ma è un po’ lo stile del regista, da sempre) ci è venuto in mente il cinema americano degli anni Settanta, forse anche il primissimo De Palma ma in particolare lo Scorsese di Mean street e anche di Taxi Driver ( ma anche al plot del film di Sorrentino Le conseguenze dell’amore ), questo è il suo pregio ma anche il suo limite: pregio, perché c’è uno stile deciso e senza fronzoli, quasi minimale in questo caso; difetto, perché non c’è niente di nuovo e quello che succede sembra già essere conosciuto e pre-visto; a questo si potrebbe aggiungere che nei film di Scorsese c’è un De Niro che risulta più empatico di Servillo e meno stilizzato, che nei Settanta, comunque, c’èra un’aria di libertà e di speranza, che oggi non c’è più. Il finale è troppo da cinema italiano d’autore e se fosse stato un altro avrebbe creato una discontinuità con il troppo prevedibile e non avrebbe guastato.
La storia gira intorno a Marino Pacileo, soprannominato Gorbaciòf per una voglia sulla fronte, lavora come contabile nel carcere di Poggioreale a Napoli. E’ un uomo solitario e silenzioso, senza affetti e senza amici, vive in una casa squallida ed ha una sola passione, il gioco d'azzardo; quasi un palliativo a tutte le sue carenze. Si appropria spesso dei soldi del carcere e quando il poker non gli consente di restituirli si rende disponibile per lavoretti extra, come l’esattore. Se non gioca a poker gioca un po’ a tutto, slot machine, cavalli, bingo. Quando ha disponibilità di danaro va nel retrobottega di un ristorante cinese sempre deserto. Il gioco è tenuto da un avvocato squallido e criminale ( un bravo Geppy Gleijeses, di cui ci sarebbe piaciuto una maggiore conoscenza ). A proposito, le partite a poker non sono facilmente godibili, ma in questo film sono solo un pretesto e non parte del pathos del film. Gorbaciof sembra del tutto indifferente a tutto ma in realtà è innamorato di Lila, la figlia timida e fragile del ristoratore cinese; e una volta sottrae i soldi dalla cassa del carcere per darli al padre temendo che possa essere costretto a far prostituire la ragazza per pagare un debito di gioco. Dal quel momento inizia a proteggere la ragazza, a difenderla da tutto, e a causa del suo amore inizia a perdere forti cifre al gioco ed è costretto a scendere a compromessi nella speranza di poter scappare via con lei.
Incerti ci racconta un microcosmo sociale, la Napoli del Centro Direzionale e di Poggioreale, che è quasi territorio di confine cittadino come è di confine, tra legalità e illegalità, l’esistenza di Gorbaciof. Il racconto richiama a uno stile naturalistico ma sceglie modalità che rasentano il lirismo. C’è in alcuni momenti una rarefazione narrativa che assume sfumature quasi fiabesche ( il modo in cui Gorbaciof e Lila comunicano senza dialoghi, anche gli stati d’animo si manifestano con descrizioni brevi e delicate: la bottiglia di birra che la ragazza tiene in mano ci fa capire che sta pensando a lui e la presenza di una donna orientale sul posto di lavoro di lui ci fa intuire che sta pensando alla ragazza ).
Leggerete della magistrale interpretazione di Toni Servillo; beh, noi non siamo del tutto d’accordo. Forse perchè ci ha abituati a interpretazioni alte e fuori dal comune, Il grande attore napoletano ci sembra un po’ lasciato da solo dal regista e in certi momenti sembra caricaturare troppo il personaggio, in brevi momenti sembra anche macchiettizzarlo. Un altro grande attore, come Volontè ( che per meticolosità e tecnica ci ricordano Servillo ) sarebbe stato più accorto se non misurato. Altra cosa da segnalare per noi è che il personaggio di Lila non ha alcun respiro, vive di riflesso a Gorbaciof e serve solo a giustificare le scelte di lui.
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zulu51
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martedì 19 ottobre 2010
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ottimo film italiano
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Ho appena visto questo film di Stefano Incerti, "Gorbaciof" e ne sono riamato favorevolmente colpito e sorpreso.
Il film inizia con una lunga seguenza senza dialogo, peraltro poco presente anche nel resto del film, di Gorbaciof al lavoro, dietro allo sportello della banca del carcere di Poggioreale di Napoli, lunghe seguenze di conteggi di soldi e registrazioni, che i famigliari dei detenuti consegnano a Gorbaciof, molti rumori di chiavistelli, chiavi posate, porte e cancelli che si aprono, lunghi corridoi del carcere, fruscio di soldi e di buste dove vengono sistemati.
Gorbaciof, non guarda in faccia i clienti, non comunica con i colleghi, quello che lo attira sono solo i soldi, che conta e riconta, sistema in buste, prende appunti , fà calcoli.
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Ho appena visto questo film di Stefano Incerti, "Gorbaciof" e ne sono riamato favorevolmente colpito e sorpreso.
Il film inizia con una lunga seguenza senza dialogo, peraltro poco presente anche nel resto del film, di Gorbaciof al lavoro, dietro allo sportello della banca del carcere di Poggioreale di Napoli, lunghe seguenze di conteggi di soldi e registrazioni, che i famigliari dei detenuti consegnano a Gorbaciof, molti rumori di chiavistelli, chiavi posate, porte e cancelli che si aprono, lunghi corridoi del carcere, fruscio di soldi e di buste dove vengono sistemati.
Gorbaciof, non guarda in faccia i clienti, non comunica con i colleghi, quello che lo attira sono solo i soldi, che conta e riconta, sistema in buste, prende appunti , fà calcoli.
La vita di Marino Pacileo, soprannominato Gorbaciof, per via della vistosa voglia sulla fronte, procede monotona, lavoro, soldi, cassa del carcere da aprire e richiudere, da cui prelevare ogni tanto delle somme, per poter giocare a carte, nel retro di un ristorante cinese, in compagnia del proprietario e di un losco avvocato, ottimamente interpretato dall'attore teatrale Gepy Geijeses, una vita triste e monotona, ravvivata solo dall'amore che nasce tra il protagonista e la figlia cinese del proprietario del ristorante, molto bella.
I due quasi non parlano, si capiscono poco, ma si sentono comunque vicini e progettano di fuggire assieme, da una realtà in cui si sentono entrambi ingabbiati.
Significativa la seguenza in cui i due tentano di comunicare, allo zoo di notte ,entrati di nascosto, davanti ad una tigre, la ragazza cinese dice a Gorbaciof: "quando le tigri non ci sono, le scimmie diventano tigri....tu sei una tigre" e lui risponde: "non capisco".
I movimenti della macchina da presa, sono molto interessanti ed il film scorre veloce, nonostante la quasi assenza di dialoghi, sembra quasi un film noir americano od orientale, e per certi versi mi ricorda il film cileno: "Tony Manero", sopratutto nella somiglianza del personaggio Gorbaciof con Manero, entrambi vivono una vita grigia e sono violenti e decisi a raggiungere il loro scopo, senza scrupoli, anche se in Gorbaciof prevale una diverssa umanità.
L'interpretazione di Tony Servillo è di grande spessore, riuscire a rendere convincente il personaggio, solo attraverso sguardi, gesti, atteggiamenti, è prova di grande spessore.
Le lunghe riprese che lo vedono camminare per la strada, con passo sciolto, sicuro, in una città degradata, spesso notturna e piena di insidie, ne fanno un film vivo, reale, sincero.
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nino pell.
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lunedì 18 ottobre 2010
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cogliere l'attimo fuggente
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Il regista Stefano Incerti riesce a tessere una trama ed uno stile nella sceneggiatura che sembrano calzare praticamente a pennello con l'indiscutibile originalità interpretativa dell'attore Tony Servillo. Un attore, appunto, che riesce da solo, con innate doti di gestualità e di comportamento, a donare potenza e spessore anche ad un film che, come in questo caso, ci mostra una storia narrativa alquanto essenziale e con un finale in cui se il protagonista Gorbaciof fosse stato interpretato da un qualsiasi altro attore, sicuramente non avrebbe retto. Ed invece eccolo ancora una volta il buon Tony Servillo. Dopo averlo visto, ad esempio, nel ruolo dello sconfinato contabile della mafia in "Le conseguenze dell'amore" (anche qui se ci facciamo caso, l'amore spezzerà il suo pacato equilibrio psicologico e, naturalmente, la sua incolumità fisica), del riflessivo ed intuitivo commissario di polizia in "La ragazza del lago" e dopo aver perfino interpretato il personaggio di Giulio Andreotti conferendogli carisma e spessore dal grande piglio interpretativo, ecco l'ultima maschera che questo attore ci offre su di un piatto d'argento.
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Il regista Stefano Incerti riesce a tessere una trama ed uno stile nella sceneggiatura che sembrano calzare praticamente a pennello con l'indiscutibile originalità interpretativa dell'attore Tony Servillo. Un attore, appunto, che riesce da solo, con innate doti di gestualità e di comportamento, a donare potenza e spessore anche ad un film che, come in questo caso, ci mostra una storia narrativa alquanto essenziale e con un finale in cui se il protagonista Gorbaciof fosse stato interpretato da un qualsiasi altro attore, sicuramente non avrebbe retto. Ed invece eccolo ancora una volta il buon Tony Servillo. Dopo averlo visto, ad esempio, nel ruolo dello sconfinato contabile della mafia in "Le conseguenze dell'amore" (anche qui se ci facciamo caso, l'amore spezzerà il suo pacato equilibrio psicologico e, naturalmente, la sua incolumità fisica), del riflessivo ed intuitivo commissario di polizia in "La ragazza del lago" e dopo aver perfino interpretato il personaggio di Giulio Andreotti conferendogli carisma e spessore dal grande piglio interpretativo, ecco l'ultima maschera che questo attore ci offre su di un piatto d'argento. Gorbaciof è all'apparenza un metodico e tranquillo contabile del carcere di Poggioreale e che trascorre la sua esistenza seguendo le abitudini di una ripetitiva quotidianità metodica. Ad interrompere la sua solita routine di tutti i giorni ci sono il vizio per il gioco e poi l'amore nei riguardi di una bella ragazza orientale di nome Lila. A volte fare un passo più lungo della gamba potrebbe risultare fatale. Per Gorbaciof ciò si sarebbe tradotto nella sua vita col fuggire via con la sua Lila lasciandosi alle spalle una vita di monotonia e di evanescente felicità. Ma a volte le carte del destino e, nel caso di questo film, della fortuna non sempre permettono di cogliere l'attimo fuggente. Nel finale in aereoporto, ci viene mostrato la giovane Lila che aspetta arrivare Gorbaciof e un aereo che sta per decollare. Ma quel volo, tanto sperato, il buon Gorbaciof, ahimé, non lo prenderà mai.
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antus
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lunedì 18 ottobre 2010
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realtà cruda e nuda
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film che mantiene uno standard del cinema italiano elevatissimo...non è la solita minestra americana sicuramente. servillo è bravissimo nei gesti un pò meno nelle smorfie visive che caratterizzano il personaggio. un film in sostanza per gli appassionati del genere che mette in luce una realtà possibile in alcuni ambienti con linguaggi e modi di fare davvero reali..finale forse scontato ma con una perla di originalità.
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gianmarco.diroma
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martedì 19 ottobre 2010
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le conseguenze dell'amore#2
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Se non ci fossero di mezzo "Le conseguenze dell'amore" di Paolo Sorrentino, probabilmente il giudizio sull'ultima fatica di Stefano Incerti sarebbe diverso: non si vivrebbe la figura di Gorbaciof come l'ennesima variazione sul modello di Titta De Girolamo, il ruolo più famoso di Toni Servillo al cinema. Non si vivrebbe l'amore che Gorbaciof prova per una candida cinese (priva di qualsiasi reale sfumatura) come l'ennesimo percorso di redenzione di un personaggio votato al fallimento esistenziale ormai da troppo tempo. Lo stesso ambiente della malavita napoletana forse non sembrerebbe così pittoresco, con i suoi spazi squallidi, i suoi vizi e le sue prepotenze. Gorbaciof morirà, è sicuro. Un po' come Carlito Brigante in Carlito's Way di Brian De Palma, si aggira per un Napoli ripresa spesso con camera a mano (tra clacson invadenti, motorini che sfrecciano, sporcizia un po' dappertutto) con quel piglio intraprendente tipico di uno che non ha bisogno di parlare molto.
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Se non ci fossero di mezzo "Le conseguenze dell'amore" di Paolo Sorrentino, probabilmente il giudizio sull'ultima fatica di Stefano Incerti sarebbe diverso: non si vivrebbe la figura di Gorbaciof come l'ennesima variazione sul modello di Titta De Girolamo, il ruolo più famoso di Toni Servillo al cinema. Non si vivrebbe l'amore che Gorbaciof prova per una candida cinese (priva di qualsiasi reale sfumatura) come l'ennesimo percorso di redenzione di un personaggio votato al fallimento esistenziale ormai da troppo tempo. Lo stesso ambiente della malavita napoletana forse non sembrerebbe così pittoresco, con i suoi spazi squallidi, i suoi vizi e le sue prepotenze. Gorbaciof morirà, è sicuro. Un po' come Carlito Brigante in Carlito's Way di Brian De Palma, si aggira per un Napoli ripresa spesso con camera a mano (tra clacson invadenti, motorini che sfrecciano, sporcizia un po' dappertutto) con quel piglio intraprendente tipico di uno che non ha bisogno di parlare molto. Ed infatti la sua vera, prima battuta arriva dopo quasi mezz'ora di film, ed è la sua condanna a morte, un po' come il sedersi al banco del bar dell'hotel svizzero in cui Titta De Girolamo è recluso, era "la cosa più pericolosa che forse io abbia mai fatto". L'illusione dell'amore, l'innamoramento, la voglia di fuggire, sono tutti elementi che accomunano Titta De Girolamo e Gorbaciof. Per entrambi l'innamorarsi diventa (come l'erotismo nei film di Wong Kar-wai) il modo per smarrire la propria identità, fatta di solitudine, disciplina, distacco, indifferenza. E non importa che solitudine, disciplina, distacco ed indifferenza siano soltanto delle maschere per nascondere invece una profonda sensibilità e fragilità d'animo (come il cinismo di Daniele Dominici in "La prima notte di quiete" di Valerio Zurlini, non era altro che un cinismo di facciata, un modo per sfuggire le sofferenze che la vita elargisce a tutti con grande generosità ed abbondanza): sono gli strumenti necessari affinché Gorbaciof possa continuare a vincere ai tavoli da gioco, che per lui sono tutta la vita.
Se non ci fossero però state "Le conseguenze dell'amore", forse non si sarebbe formato un certo filone nel cinema italiano (penso a "L'amico di famiglia" sempre di Sorrentino o "Il dolce e l'amaro" di Andrea Porporati - quest'ultimo con le dovute differenze -), e in molti non avrebbero conosciuto la maestria di Toni Servillo (anche nel ripetersi nello stesso ruolo).
Rimane come punto di forza in "Gorbaciof" una gestione del suono che va sottolineare la manualità del protagonista, il suo feticismo nel maneggiare carte, buste, soldi e chiavi di cassaforte. Per non parlare dei suoi passi: un suono prepotente, dotato di un timbro vigoroso, di un'intensità alta, che esercita una pressione notevole sulle orecchio del pubblico...quella stessa pressione che obbliga Gorbaciof a volere sognare una fuga impossibile, che la sorte, un po' come una mano di carte sbagliata, gli precluderà.
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alessio trerotoli
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mercoledì 17 novembre 2010
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servillo e le conseguenze dell'amore
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Toni Servillo, continuando a sottovalutare le conseguenze dell’amore, giganteggia in una Napoli impicciata e malandrina nella quale risuonano lontani echi di “Carlito’s Way”, fino alla beffarda conclusione che non può non far pensare a “Pulp Fiction”. Stefano Incerti è bravo, e sa bene che con grandi silenzi e la purezza dello sguardo può creare emozioni potenti (come insegna il cinema orientale). “Gorbaciof” colpisce pienamente nel segno, grazie ad un antieroe né bello né simpatico, ma al quale inevitabilmente ci si affeziona, anche per merito di tutti gli sforzi da lui compiuti in funzione di un amore quasi assurdo.
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Toni Servillo, continuando a sottovalutare le conseguenze dell’amore, giganteggia in una Napoli impicciata e malandrina nella quale risuonano lontani echi di “Carlito’s Way”, fino alla beffarda conclusione che non può non far pensare a “Pulp Fiction”. Stefano Incerti è bravo, e sa bene che con grandi silenzi e la purezza dello sguardo può creare emozioni potenti (come insegna il cinema orientale). “Gorbaciof” colpisce pienamente nel segno, grazie ad un antieroe né bello né simpatico, ma al quale inevitabilmente ci si affeziona, anche per merito di tutti gli sforzi da lui compiuti in funzione di un amore quasi assurdo.
Pacileo, detto Gorbaciof a causa di una grande voglia sulla fronte, lavora come contabile nel carcere napoletano di Poggioreale. Spesso e volentieri sottrae dalle casse del carcere qualche biglietto da investire a poker, giocando nel retrobottega del ristorante dove lavora Lila, una bellissima ragazza cinese della quale è innamorato. Per pagare i debiti di gioco del padre di lei, ed evitare che Lila venga sfruttata in cambio di denaro, Gorbaciof comincia a rubare sempre più soldi dalle casse del carcere, invischiandosi in giri sempre più pericolosi pur di coronare il suo sogno d’amore: una fuga lontano da Napoli insieme alla sua Lila.
Silenzioso e deciso, testa sempre alta, sguardo crucciato e rari sorrisi: è così che Toni Servillo regala al suo Gorbaciof l’immagine di “una tigre fra le scimmie”, come recita la locandina del film. C’è una Napoli come sempre piena di traffici e trafficanti, ma che potrebbe essere qualunque città del mondo, da sfondo a questa storia fatta di piccoli eroi e grandi amori silenziosi, intensi e distanti al tempo stesso (culturalmente e fisicamente). Un film italiano di cui possiamo essere fieri.
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cinefila
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sabato 12 febbraio 2011
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straordinario servillo!
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Che delizia questo film!
Siamo nella Napoli moderna, non tanto lontana dagli stereotipi e dai luoghi comuni.
"Gorbaciof" è un ragioniere sui generis di un carcere partenopeo di giorno, la sera giocatore d'azzardo, a volte fortunato, altre volte meno. Sua consuetudine è quella di prelevare i soldi dalla cassa del carcere per "investirli" nel gioco, per poi restituirli in caso di eventuali vincite!
Le bische si consumano nel retrobottega di un ristorante cinese. Attorno al tavolo, oltre al protagonista, anche un giudice piuttosto fortunato e il proprietario del locale. Quest'ultimo, a corto di soldi, rischia di dover "vendere" la propria figlia per saldare i debiti.
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Che delizia questo film!
Siamo nella Napoli moderna, non tanto lontana dagli stereotipi e dai luoghi comuni.
"Gorbaciof" è un ragioniere sui generis di un carcere partenopeo di giorno, la sera giocatore d'azzardo, a volte fortunato, altre volte meno. Sua consuetudine è quella di prelevare i soldi dalla cassa del carcere per "investirli" nel gioco, per poi restituirli in caso di eventuali vincite!
Le bische si consumano nel retrobottega di un ristorante cinese. Attorno al tavolo, oltre al protagonista, anche un giudice piuttosto fortunato e il proprietario del locale. Quest'ultimo, a corto di soldi, rischia di dover "vendere" la propria figlia per saldare i debiti.
Gorbaciof, che in un' occasione aveva salvato la ragazza da alcuni giovani molestatori entrati nel ristorante, prende a cura le sorti della giovane. Tra i due inizia a nascere una tenera amicizia fatta di sguardi e di poco altro..è l'unico modo che hanno per comunicare poichè parlano due lingue diverse.
La bellezza del film sta proprio nel fatto che il protagonista dispensa pochissime parole: lui parla col corpo, con le espressioni del viso, col suo modo sfrontato di camminare. Il vestito è sempre lo stesso, la stessa camicia, la stessa giacca con le spalle larghe e stretta ai fianchi. Eppure il suo animo cambia, si ammorbidisce al solo pensiero di lei, tanto che decide di regalarle dei biglietti d'aereo per fuggire via insieme.
Un imprevisto però bloccherà la loro fuga!
Grandissimo Tony Servillo, un eccelso trasformista del nostro cinema!
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silvianovelli
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martedì 9 novembre 2010
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l'antieroe e la farfalla
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In questo periodo ho bisogno di poesia. Per questo ho voglia di scrivere di questo film. L'ho visto ormai più di una settimana fa al Cinema Eliseo a Milano, in un giorno di pioggia battente e con un po' di scetticismo sul tema, anche se consapevole della grandezza di Toni Servillo, che mi ha stregato nell'interpretazione di Andreotti nel Divo di Sorrentino.
Gorbaciof è un film che fa la differenza. Il regista è Stefano Incerti, poco conosciuto anche se non esordiente. Si potrebbe dire che sia un film muto, o quasi, fatta eccezione per alcune battute in napoletano e in cinese (ahimè con i sottotitoli tagliati dallo schermo del cinema!). Questo particolare mi aveva non poco preoccupato, invece devo dire che non si avverte la mancanza dei dialoghi: la presenza scenica di Servillo e la forza che dà al personaggio di Gorbaciof reggono tutto il film, l'impianto narrativo non mostra cedimenti nè concede spazio alla noia.
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In questo periodo ho bisogno di poesia. Per questo ho voglia di scrivere di questo film. L'ho visto ormai più di una settimana fa al Cinema Eliseo a Milano, in un giorno di pioggia battente e con un po' di scetticismo sul tema, anche se consapevole della grandezza di Toni Servillo, che mi ha stregato nell'interpretazione di Andreotti nel Divo di Sorrentino.
Gorbaciof è un film che fa la differenza. Il regista è Stefano Incerti, poco conosciuto anche se non esordiente. Si potrebbe dire che sia un film muto, o quasi, fatta eccezione per alcune battute in napoletano e in cinese (ahimè con i sottotitoli tagliati dallo schermo del cinema!). Questo particolare mi aveva non poco preoccupato, invece devo dire che non si avverte la mancanza dei dialoghi: la presenza scenica di Servillo e la forza che dà al personaggio di Gorbaciof reggono tutto il film, l'impianto narrativo non mostra cedimenti nè concede spazio alla noia.
GorbacioF è Marino Pacileo - soprannominato così per una grossa voglia sulla fronte che lo accomuna al GorbacioV originale - ed ha tutte le caratteristiche dell'antieroe. E' un contabile del carcere di Napoli, solitario e decisamente eccentrico, la cui unica distrazione sembra essere il gioco d'azzardo, in cui è un fuoriclasse. Proprio giocando d'azzardo nel retrobottega puzzolente di un ristorante cinese conosce Lila (Yang Mi), la figlia del proprietario, di cui - a modo suo - si innamora. Soprattutto prova un istinto di protezione per la sua purezza in mezzo a tanta bruttura, teme che possano sfruttarla e inizia a proteggerla, così fra i due comincia un rapporto tutto particolare: due persone tanto diverse che iniziano a camminare - quasi a volare - fianco a fianco con grazia sublime, come farfalle.
Lila è bellissima. La sua pelle perfetta, il sorriso bianchissimo che si schiude raramente e che quando succede sembra una magia, sono quasi un miraggio in una Napoli caotica e violenta, multietnica come non mai. Gorbaciof dal canto suo non è certo un romantico, è rude e inselvatichito, eppure è rapito da lei e riesce a sua volta a rapirla.
C'è poesia in questo film e molta forza nei personaggi e nelle immagini, che sopperisce alla mancanza delle parole. Cè una Napoli multietnica e vitale, anche se violenta, che per una volta viene mostrata da un punto di vista non strettamente connesso alla mafia. Non è un capolavoro, ma un film che non lascia indifferenti e mostra scenari diversi, con l'esplorazione di nuovi codici espressivi e narrativi. Il finale è l'unico possibile.
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dario
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lunedì 21 febbraio 2011
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speciale
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Storia convenzionale, si sa già tutto dopo dieci minuti, ma non si sa il tocco con cui il regista riesce a raccontare. E lo si scopre pian piano, non potendo che ammirarlo. Tutto misurato, tutto ben dosato, un cinema italiano sorprendente, una recitazione essenziale (Servillo giogioneggia un po', ma poi il personaggio ha la meglio): qualcosa di dolente, a livello esistenziale, trattenuto pudicamente, meditato, scientemente insuperabile. Nuoce il dialetto, nel senso che si capisce veramente poco. Ma i dialoghi sono al risparmio e in fondo va bene così. Personaggi di contorno favolosi (la ragazzina cinese è perfetta nella sua ingenuità).
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