ucciolibero
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venerdì 5 marzo 2010
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una piccola storia che si fa storia.
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"La bocca del lupo" è un film piccolo, a basso budget, che narra la storia di due persone ai margini. Al margine della società, al margine della storia e che si aggrappano con rabbia alla vita (o a quel che resta della vita) per dare significato alle loro esistenze, alle loro sofferenze, ai loro errori. Il regista Pietro Marcello focalizza l'attenzione dello spettatore su Enzo e Mary (uno sbandato che è entrato e uscito dal carcere più volte e un trans)e sul loro amore (così poco convenzionale e così autentico). L'azione, a tratti documentaristica, si sviluppa in un crescendo di memorie e di racconti dopo aver attraversato con la cinepresa lo scoglio di Quarto dei Mille e i quartieri più degradati di Genova, tra le grotte e le baracche in cui oggi trovano rifugio gli sbandati come Enzo, ma anche i clandestini, i barboni, gli ultimi, i derelitti, quelli che fingiamo di non vedere (durante il giorno) agli angoli delle nostre strade.
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"La bocca del lupo" è un film piccolo, a basso budget, che narra la storia di due persone ai margini. Al margine della società, al margine della storia e che si aggrappano con rabbia alla vita (o a quel che resta della vita) per dare significato alle loro esistenze, alle loro sofferenze, ai loro errori. Il regista Pietro Marcello focalizza l'attenzione dello spettatore su Enzo e Mary (uno sbandato che è entrato e uscito dal carcere più volte e un trans)e sul loro amore (così poco convenzionale e così autentico). L'azione, a tratti documentaristica, si sviluppa in un crescendo di memorie e di racconti dopo aver attraversato con la cinepresa lo scoglio di Quarto dei Mille e i quartieri più degradati di Genova, tra le grotte e le baracche in cui oggi trovano rifugio gli sbandati come Enzo, ma anche i clandestini, i barboni, gli ultimi, i derelitti, quelli che fingiamo di non vedere (durante il giorno) agli angoli delle nostre strade. La storia dei due protagonisti (nella realtà come nella "finzione" scenica) si colloca tra le pieghe (o meglio le piaghe) di una città che si sta spegnendo pian piano. Il declino di Genova è vissuto però con una delicatezza e una tenerezza straordinarie, lo sguardo di Pietro Marcello (che non è di Genova) è lo sguardo di chi comprende, di chi non giudica, è lo sguardo di chi assolve senza condizioni. Certe immagini, certe sequenze, crude e violente e allo stesso tempo alte e sublimi, rievocano maestri come Pasolini e Olmi. Succede così che la piccola storia di due persone diventa la Storia con la esse maiuscola. Le immagini (spesso amatoriali) di Genova nel corso del secolo appena passato intersecano la vicenda raccontata dai protagonisti dando al film lo spessore e la dimensione del grande film d'autore. Alla fine lo spettatore si sente un po' più ricco e un po' meno solo, scorgiamo la luce in fondo al tunnel, perché il sogno di Enzo e Mary si è avverato e, forse, per ognuno di noi c'è ancora un sogno, oltre la bocca del lupo.
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roberto simeoni
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domenica 28 febbraio 2010
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fra pasolini e van sant
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Una storia vera, una storia d'amore, raccontata attraverso i veri protagonisti che l'hanno vissuta. Lui, un emarginato, che ha vissuto ben quattordici anni in prigione, lei un transessuale, che ha trovato la forza di uscire dalla droga grazie all'amore per quest'uomo, duro, ma tenero dentro; infine Genova, la città dove la vicenda si svolge, la terza fondamentale protagonista. Film straordinario e inclassificabile, che oscilla fra il documentario e l'opera di finzione, con riprese dal vero e spezzoni di repertorio commentati dalle voci dei protagonisti e da una voce off esterna, che introduce e chiude la narrazione. Chiaramente ispirato dall'insegnamento di Pasolini, aggiornato dalle sperimentazioni del Van Sant più ispirato (Paranoid Park) e con imprevedibili echi linchyani (in certi momenti il film sembra un noir allucinato reso ancora più inquietante dalla consapevolezza che i personaggi sullo schermo sono veri, non attori che interpretano una parte) "La bocca del lupo" è un film ipnotico e affascinante, disturbante nel suo realismo, ma anche commovente nella sincerità del sentimento.
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Una storia vera, una storia d'amore, raccontata attraverso i veri protagonisti che l'hanno vissuta. Lui, un emarginato, che ha vissuto ben quattordici anni in prigione, lei un transessuale, che ha trovato la forza di uscire dalla droga grazie all'amore per quest'uomo, duro, ma tenero dentro; infine Genova, la città dove la vicenda si svolge, la terza fondamentale protagonista. Film straordinario e inclassificabile, che oscilla fra il documentario e l'opera di finzione, con riprese dal vero e spezzoni di repertorio commentati dalle voci dei protagonisti e da una voce off esterna, che introduce e chiude la narrazione. Chiaramente ispirato dall'insegnamento di Pasolini, aggiornato dalle sperimentazioni del Van Sant più ispirato (Paranoid Park) e con imprevedibili echi linchyani (in certi momenti il film sembra un noir allucinato reso ancora più inquietante dalla consapevolezza che i personaggi sullo schermo sono veri, non attori che interpretano una parte) "La bocca del lupo" è un film ipnotico e affascinante, disturbante nel suo realismo, ma anche commovente nella sincerità del sentimento.
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domenico a
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sabato 20 febbraio 2010
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cinema antico e modernissimo
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Vedere questo docu-film è come essere folgorati sulla via di Damasco. E’ come entrare nelle viscere di un certo mondo sia esistenziale che culturale. Siamo nei carrugi di Genova, al termine del mondo perché un mondo esiste. Un viaggio al centro della Terra, fatto da esseri marginali, puri nella loro immediatezza senza alcun archetipo di sovrastruttura, bisognosi di quell’affetto e di quella solidarietà che nessun mondo borghese può chiedere o sa pretendere più. Siamo in quello stesso perimetro di Terra che ha cantato in direzione ostinata e contraria De Andrè con le sue Anime Salve, che abbiamo letto nei libri di Genet e di Franco Fortini, che abbiamo trovato ( in questo caso senza ideologie culturali ) nel pensiero di Pasolini e nelle poesie di Victor Cavallo, che cinematograficamente ci ricorda l’interezza morale di Straub e Danielle Huillet, di Nico D’Alessandria de “ L’Imperatore di Roma “, ma anche del Wenders pentito de “ Il Cielo sopra Berlino “ e parafrasando il suo autore-sceneggiatore Handke “ … Quando l’uomo era uomo era il tempo di queste domande… “.
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Vedere questo docu-film è come essere folgorati sulla via di Damasco. E’ come entrare nelle viscere di un certo mondo sia esistenziale che culturale. Siamo nei carrugi di Genova, al termine del mondo perché un mondo esiste. Un viaggio al centro della Terra, fatto da esseri marginali, puri nella loro immediatezza senza alcun archetipo di sovrastruttura, bisognosi di quell’affetto e di quella solidarietà che nessun mondo borghese può chiedere o sa pretendere più. Siamo in quello stesso perimetro di Terra che ha cantato in direzione ostinata e contraria De Andrè con le sue Anime Salve, che abbiamo letto nei libri di Genet e di Franco Fortini, che abbiamo trovato ( in questo caso senza ideologie culturali ) nel pensiero di Pasolini e nelle poesie di Victor Cavallo, che cinematograficamente ci ricorda l’interezza morale di Straub e Danielle Huillet, di Nico D’Alessandria de “ L’Imperatore di Roma “, ma anche del Wenders pentito de “ Il Cielo sopra Berlino “ e parafrasando il suo autore-sceneggiatore Handke “ … Quando l’uomo era uomo era il tempo di queste domande… “. E’ un film duro, rigorosissimo, senza concessioni e quindi poetico e folle; amorevole nei confronti dei protagonisti come solo Tod Browning. con Freaks è riuscito a rendere. Dopo aver visto questo docu-film anche i migliori film italiani di questa decade ci sembrano prodotti confezionati e cellofanati che sanno un po’ di plastica.
Il racconto si svolge nel labirinto dei carrugi del porto di Genova, tra la Croce Bianca, via Pré, via del Campo e Sottoripa, vicoli antichi di un posto che non sarà mai moderno e dove anche il Novecento non sembra ancora giunto. Fortificato da splendide immagini di repertorio che la montatrice Sara Fgaier ha scelto anche con la collaborazione dell'Archivio storico Ansaldo e di molti documentari d’epoca. La storia è quella di un amore forte e intenso tra due “ irregolari “ che si sono conosciuti in carcere, uno ha aspettato l’altro per dieci anni nella speranza di un futuro assieme. I due protagonisti, che vedremo l’uno accanto all’altra solo nel finale del film come nella vita reale, nell’intervista-confessione, sono Vincenzo, un catanese che ha passato ventisette anni in carcere e Mary anche lei in carcere nella sezione transessuali. Si sono aspettati e voluti sin dal tempo del loro primo incontro dietro le sbarre, quando ancora si mandavano bigliettini e messaggi registrati su cassette di straforo. La terza protagonista assoluta è Genova, barbarica e splendente, quasi testimone e complice del loro amore e del loro destino. Con una voce in off e con molte fratture spazio-tempo seguiamo l’oggi dei due protagonisti, vivono entrambi liberi, spensierati e innamorati; sereni nel confronto della vecchiaia che sta per sopraggiungere e abbastanza riconciliati con i loro passati burrascosi e sventurati. Intorno a loro il mondo semplice e disgregato degli emarginati visti con amorevole oggettività e senza alcun accenno di giudizio positivo o negativo che sia.
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laulilla
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martedì 16 febbraio 2010
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una bella e poetica storia d'amore
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Queste sono le prime impressioni, dopo l'anteprima di questa sera su My movies, ma mi riprometto di vedere il film anche sul grande schermo, perché la visione al computer lo ha certamente penalizzato.
E' davvero una "cronaca di poveri amanti", quella girata da Pietro Marcello in una Genova popolata da umilissimi personaggi, uomini e donne marginali che prospettano l'altra faccia della città ricca e turistica dal nobile e signorile passato di regina del mare. In una realtà urbana alquanto squallida si situa la storia vera dell'amore fra Enzo, dal vissuto violento che gli è costato ventisette anni di galera, e Mary, transessuale dolcissima, che lo ha conosciuto in carcere, dove scontava una pena più lieve per reati legati a un' apparentemente invincibile tossico-dipendenza.
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Queste sono le prime impressioni, dopo l'anteprima di questa sera su My movies, ma mi riprometto di vedere il film anche sul grande schermo, perché la visione al computer lo ha certamente penalizzato.
E' davvero una "cronaca di poveri amanti", quella girata da Pietro Marcello in una Genova popolata da umilissimi personaggi, uomini e donne marginali che prospettano l'altra faccia della città ricca e turistica dal nobile e signorile passato di regina del mare. In una realtà urbana alquanto squallida si situa la storia vera dell'amore fra Enzo, dal vissuto violento che gli è costato ventisette anni di galera, e Mary, transessuale dolcissima, che lo ha conosciuto in carcere, dove scontava una pena più lieve per reati legati a un' apparentemente invincibile tossico-dipendenza. L'innamoramento è vero e profondo, di quelli destinati a cambiare la vita, tanto che entrambi, riuscendo a trovare un senso alle loro rispettive esistenze, riescono a reinserirsi nella società, certamente migliorati. Mary lo ha atteso per molti lunghi anni, gli ha registrato messaggi in cui egli potesse, udendo la sua voce, trovare la forza per resistere alla desolazione del carcere e del tempo che che non passa mai, ha viaggiato in lungo e in largo per la penisola, in modo che la sua presenza non gli venisse a mancare. Ora che sono insieme, finalmente, affrontano le numerose difficoltà che ogni giorno la vitapresenta loro, con la serenità che il reciproco sostegno permette, dispensando amore anche a tre affettuosissimi e deliziosi cagnolini.
Il film si avvale di una eccellente fotografia dei quartieri degradati, a cui si alternano spezzoni di film amatoriali della Genova d'un tempo che va dai primi anni del 1900 alla fine del secolo scorso, cosicché è probabilmente, almeno a parer mio, la città di Genova, con la sua storia, la protagonista del film, quella che ancora conserva le tracce del suo passato soprattutto nella memoria custodita dalle vecchie pellicole.
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reservoir dogs
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domenica 12 dicembre 2010
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un fiore tra le rocce
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Nella Genova più povera ed emarginata vivono due persone che condividono un unico sogno, quello di una casetta immersa nel verde; Enzo, ex carcerato siciliano e Mary, transessuale ed ex tossicodipendente.
Ed è proprio in carcere che nasce il loro amore, un colpo di fulmine, un pò come un fiore tra le roccie, Amore che durerà anche quando Mary uscita allieterà le giornate di Enzo grazie alle sue lettere.
Scena finale dedicata ad una confessione/intervista che Enzo e Mary fanno davanti alla cinepresa.
Ispirato al libro omonimo di Remigio Zena, film a metà tra melodramma e documentario, storia di anti-eroi in una Genova in continuo mutamento; mentre l'amore di due non sembra essere colpito dal tempo la città che li ospita cambia continuamente.
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Nella Genova più povera ed emarginata vivono due persone che condividono un unico sogno, quello di una casetta immersa nel verde; Enzo, ex carcerato siciliano e Mary, transessuale ed ex tossicodipendente.
Ed è proprio in carcere che nasce il loro amore, un colpo di fulmine, un pò come un fiore tra le roccie, Amore che durerà anche quando Mary uscita allieterà le giornate di Enzo grazie alle sue lettere.
Scena finale dedicata ad una confessione/intervista che Enzo e Mary fanno davanti alla cinepresa.
Ispirato al libro omonimo di Remigio Zena, film a metà tra melodramma e documentario, storia di anti-eroi in una Genova in continuo mutamento; mentre l'amore di due non sembra essere colpito dal tempo la città che li ospita cambia continuamente.
La scena iniziale richiama quella finale de"L'Avventura", "divisa a metà" tra mare e rocce.
La presenza filmica di Vincenzo Motta colpisce il fruitore così come lo facevano "i volti Pasoliniani".
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alespiri
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martedì 16 febbraio 2010
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il sogno è sempre
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Film documento suggestivo ed emozionante. Dal fondo di un'emarginazione che sembra inghiottire tutto, come la bocca di un vorace lupo, si erge un amore che attraversa le "miserie" del tempo. Coraggioso e diretto, costruisce la sua forza narrativa nel racconto verità di Enzo, pluriomicida e Mary, trans eroinomane. Un amore che nasce in carcere e vive di un sogno: un giorno abitare insieme in una casa in campagna, con i cagnolini e un orto di cui prendersi cura. E farsi forza l'un l'altro nelle difficoltà della vita.
Le immagini sono evocative, a volte struggenti nel montaggio nostalgico di filmati di repertorio, che danno al film un taglio realistico ma anche poetico con la voce narrante che ci conduce nei i vicoli, tra passato e presente, di una Genova degradata e miserabile, da cui trasuda però un fascino che incanta.
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Film documento suggestivo ed emozionante. Dal fondo di un'emarginazione che sembra inghiottire tutto, come la bocca di un vorace lupo, si erge un amore che attraversa le "miserie" del tempo. Coraggioso e diretto, costruisce la sua forza narrativa nel racconto verità di Enzo, pluriomicida e Mary, trans eroinomane. Un amore che nasce in carcere e vive di un sogno: un giorno abitare insieme in una casa in campagna, con i cagnolini e un orto di cui prendersi cura. E farsi forza l'un l'altro nelle difficoltà della vita.
Le immagini sono evocative, a volte struggenti nel montaggio nostalgico di filmati di repertorio, che danno al film un taglio realistico ma anche poetico con la voce narrante che ci conduce nei i vicoli, tra passato e presente, di una Genova degradata e miserabile, da cui trasuda però un fascino che incanta. Città di mare, porto che allontana ed avvicina, luogo di addii e d'incontri che ci invita, nonostante tutto, alla speranza triste di un'ultima accoglienza, come riparo dal resto che la vita non può più offrire.
P. S. : un grazie a mymovies per averci dato questa opportunità originale ed intrigante della visione in streaming del film, in prima assoluta. E' stato come costruire un ponte dal virtuale verso la possibilità di vivere emozioni dirette, interattive con gli altri spettatori, coinvolti in quest'evento e raccolti in una websala dove si poteva "guardare" e "sentire" anche l'energia di chi ti stava accanto.
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ondacinema
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domenica 21 febbraio 2010
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dritto nella storia del documentario italiano
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Il primo dei protagonisti della favola a lieto fine - questo, in fondo, è "La bocca del lupo" - ai chiama Enzo, il suo accento non può nascondere l'origine siciliana, le rughe sul volto tradiscono le difficoltà di un esistenza ai margini, lo sradicamento dalla propria terra, il duro lavoro manuale, soprattutto i lunghi anni trascorsi in carcere. E' qui che ha modo di conoscere Mary, rinchiusa in una sezione apposita, perché quelli come lei non vengono messi né con gli uomini né con le donne. I due si innamorano presto, si frequentano nelle ore d'aria, comunicano attraverso nastri registrati che diverranno preziosissimi per il regista che avrà deciso di ripercorrere la loro vicenda quando lei, dopo aver pazientemente atteso per tanti anni, potrà ricongiungersi in libertà con il suo amato.
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Il primo dei protagonisti della favola a lieto fine - questo, in fondo, è "La bocca del lupo" - ai chiama Enzo, il suo accento non può nascondere l'origine siciliana, le rughe sul volto tradiscono le difficoltà di un esistenza ai margini, lo sradicamento dalla propria terra, il duro lavoro manuale, soprattutto i lunghi anni trascorsi in carcere. E' qui che ha modo di conoscere Mary, rinchiusa in una sezione apposita, perché quelli come lei non vengono messi né con gli uomini né con le donne. I due si innamorano presto, si frequentano nelle ore d'aria, comunicano attraverso nastri registrati che diverranno preziosissimi per il regista che avrà deciso di ripercorrere la loro vicenda quando lei, dopo aver pazientemente atteso per tanti anni, potrà ricongiungersi in libertà con il suo amato.
Insieme a Mary ed Enzo, però, è protagonista anche la città teatro della loro passione. La Genova che vediamo è la stessa cantata da Fabrizio De André, coi suoi vicoli malfamati, la prostituzione, le fabbriche sempre più dismesse, le persone scelte oculatamente tra le vittime della società contemporanea. Ma l'apertura e la chiusura a Quarto dei Mille allargano idealmente lo sguardo a tutte le regioni italiane di origine dei nuovi cittadini della Lanterna; anche se le facce scure che talvolta scorgiamo ci suggeriscono che un porto così importante è l'approdo delle culture più disparate, ben oltre i confini nazionali.
Marcello, che cura anche la fotografia, sa immortalare la città con colori lividi dal grande fascino, ma è altrettanto abile a lavorare sul tempo e sulla narrazione. La vicenda è svelata per gradi, solo a film ampiamente inoltrato, ma è necessario mettere insieme gli indizi che sono stati fin lì seminati, che comprendono anche un vasto materiale di repertorio, mentre una voce over colloca poeticamente storia e personaggi (tuttora viventi) in quella simbolica era passata già richiamata dal titolo, tratto da un romanzo tardo ottocentesco di Remigio Zena. La lunga inquadratura frontale, macchina fissa, quasi senza stacchi, è infine il regalo più bello fatto ai due protagonisti, che finalmente possono, uno a fianco all'altra, parlare di loro e di ciò che vogliono senza la mediazione del cinema.
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slowfilm.splinder.com
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martedì 16 febbraio 2010
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la storia con la esse minuscola
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Come spesso succede, le storie più reali, a contatto con l’uomo e con la terra, col mare e con la strada, sono quelle che più chiamano alla sperimentazione. In questo modo si riconosce che la vita di ogni uomo, e al tempo stesso il sudore o la sofferenza di un popolo o di una classe, per essere raccontati hanno bisogno di vera passione, e della capacità del cinema di farsi linguaggio complesso, per raccontare tutto quel che c’è dietro un volto o un paesaggio (post)industriale.
La Bocca del Lupo parla attraverso i filmati della Genova del ‘900, dove si ritrovano scene di lavoro operaio che ricordano la frenesia di Vertov, e anche di vita rurale, cittadina, e naturalmente tuffi nelle acque livide del mare.
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Come spesso succede, le storie più reali, a contatto con l’uomo e con la terra, col mare e con la strada, sono quelle che più chiamano alla sperimentazione. In questo modo si riconosce che la vita di ogni uomo, e al tempo stesso il sudore o la sofferenza di un popolo o di una classe, per essere raccontati hanno bisogno di vera passione, e della capacità del cinema di farsi linguaggio complesso, per raccontare tutto quel che c’è dietro un volto o un paesaggio (post)industriale.
La Bocca del Lupo parla attraverso i filmati della Genova del ‘900, dove si ritrovano scene di lavoro operaio che ricordano la frenesia di Vertov, e anche di vita rurale, cittadina, e naturalmente tuffi nelle acque livide del mare. Il regista Pietro Marcello riesce ad integrare le immagini con le sue riprese originali, montando la pellicola rovinata e sovraesposta accanto agli arancioni di un tramonto, o il grigio di grossi massi accostato ai colori smorti di alcuni scorci genovesi. La Bocca del Lupo parla ricostruendo la storia di Enzo, siciliano emigrato a Genova da piccolo, col padre venditore di accendini e di sigarette di contrabbando. Gran parte della storia che si vede nei filmati di repertorio, Enzo l’ha vissuta in carcere, divenendo estraneo ad un mondo che si evolve durante le sue assenze. In prigione ha conosciuto Mary, un transessuale, e nella loro eccezionalità non desiderano altro che la realizzazione di una vecchiaia tranquilla e “banale”. La Bocca del Lupo parla con i versi di una voce narrante, con le voci rovinate e dignitose di Enzo e Mary, e con i silenzi, che contribuiscono alla realizzazione di un’atmosfera sospesa, spesso eterea rispetto alla concretezza e la durezza di quel che il film mostra e racconta. È difficile rendere, con le parole, come La Bocca del Lupo sia un realtà un film diverso rispetto a quanto poche righe di sinossi possano lasciar credere: un film assolutamente e a volte ostentatamente artefatto (fino a sentire il bisogno, in una scena, d'uscire dalla finzione, scoprendola e accentuandola), che costruisce attentamente immagini, ma cerca anche manie ed espressioni spontanee, raggiungendo una sincerità che, però, non è mai improvvisazione o pura testimonianza, quanto costruzione di un documento sul tempo, sugli emarginati, sulla sofferenza e la speranza, e, finalmente, sulla storia con la esse minuscola. slowfilm.splinder.com
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luca scialò
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lunedì 15 febbraio 2010
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i sogni e le speranze degli ultimi
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Storia di Enzo, emigrato siciliano che come il padre ha vissuto di escamotage, finendo poi per ben 27 anni in carcere. Qui però ha conosciuto un trans, l'unica persona alla quale riesce a dare il proprio amore e ricevere rispetto, perchè è proprio lui ad essere l'unico a darne a lei. Hanno un sogno, semplice, ma per le proprie difficoltà, anche molto difficile: vivere in una casetta in campagna insieme ai propri cani.
Sullo sfondo, la Genova dei vicoletti, quella che si vede nei pressi dei porti; quella della gente umile, emarginata, che si accontenta di quello che ha. ma che al contempo, ha i propri sogni. La stessa che viene raccontata nelle canzoni di De Andrè.
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Storia di Enzo, emigrato siciliano che come il padre ha vissuto di escamotage, finendo poi per ben 27 anni in carcere. Qui però ha conosciuto un trans, l'unica persona alla quale riesce a dare il proprio amore e ricevere rispetto, perchè è proprio lui ad essere l'unico a darne a lei. Hanno un sogno, semplice, ma per le proprie difficoltà, anche molto difficile: vivere in una casetta in campagna insieme ai propri cani.
Sullo sfondo, la Genova dei vicoletti, quella che si vede nei pressi dei porti; quella della gente umile, emarginata, che si accontenta di quello che ha. ma che al contempo, ha i propri sogni. La stessa che viene raccontata nelle canzoni di De Andrè.
Si alternano inoltre scene di una Genova del passato e del presente, legate da un unico filo conduttore: il mare.
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giorpost
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lunedì 15 febbraio 2010
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esperienza narrativa tra pasolini e wenders
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La prima cosa che mi è balzata al cuore è stata il volto di Enzo, tipico uomo "vissuto", nativo del profondo Sud trapiantato in una Genova dal sapore burlesco, sporca bella e pericolosa come solo le città di mare sanno essere. E forse proprio lo sfondo del capoluogo ligure mi ha fatto rivalutare un certo malcostume presente ancora oggi nella mia città, Napoli, che ho rivisto in quei vicoli fatti di "bassi" che altro non sono che covi di prostitute per vecchietti o ex galeotti.
Enzo è proprio uno di questi, con una vita passata per lo più nelle patrie galere, disgiunto dalla realtà che lo circonda, ex galeotto, ex analfabeta, ex duro che si addolcisce quando sente la voce registrata di Mary, transessuale conosciuta proprio in carcere, con la quale trascorrerà la parte finale della sua vita.
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La prima cosa che mi è balzata al cuore è stata il volto di Enzo, tipico uomo "vissuto", nativo del profondo Sud trapiantato in una Genova dal sapore burlesco, sporca bella e pericolosa come solo le città di mare sanno essere. E forse proprio lo sfondo del capoluogo ligure mi ha fatto rivalutare un certo malcostume presente ancora oggi nella mia città, Napoli, che ho rivisto in quei vicoli fatti di "bassi" che altro non sono che covi di prostitute per vecchietti o ex galeotti.
Enzo è proprio uno di questi, con una vita passata per lo più nelle patrie galere, disgiunto dalla realtà che lo circonda, ex galeotto, ex analfabeta, ex duro che si addolcisce quando sente la voce registrata di Mary, transessuale conosciuta proprio in carcere, con la quale trascorrerà la parte finale della sua vita.
Un film che è una storia vera, a metà tra un classico racconto pasoliniano ed una sceneggiatura alla Wim Wenders, tant' è che ho rivisto nel baffuto Enzo un po il Travis di "Paris, Texas", sperduto tra le lande americane in cerca dell' amore che fu. Ma a differenza di quella storia, in questo caso e seppur tra povertà, miseria e stenti di ogni tipo, ebbene si, signori miei che lo vogliate o no, c'è il lieto fine: quella casetta in campagna con veranda e panca da dove osservare l' orizzonte alla fine i due amanti riescono a trovarla.
Grazie a Pietro Marcello e al suo primo lungometraggio, sapientemente inframezzato da filmati d' epoca che sono un perfetto spaccato dell' Italia che fu e che, purtroppo, persiste.
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[+] wim wenders?
(di francesco2)
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