La bocca del lupo |
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Un film di Pietro Marcello.
Con Vincenzo Motta, Mary Monaco, Franco Leo
Documentario drammatico,
durata 76 min.
- Italia 2009.
- Bim Distribuzione
uscita venerdì 19 febbraio 2010.
MYMONETRO
La bocca del lupo
valutazione media:
3,49
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Torino sforna sorprese ecco un film-gioiello costato 50mila euro
di Paolo D'Agostini La Repubblica
Che il 27esimo Torino Film Festival sia stato vinto da La bocca del lupo di Pietro Marcello non può che far piacere. Fa piacere che sia un film italiano (uno dei due in concorso). Ma soprattutto l'esito indica quell'attenzione alla novità e all'originalità che costituisce lo spirito fondante della manifestazione. Marcello è al suo primo lungometraggio narrativo ma si era già fatto conoscere per un singolare documentario "poetico", Il passaggio della linea, realizzato su e giù per l'Italia a bordo dei treni "espressi", cioè poveri. In questa struggente storia d'amore tra un ex galeotto e un travestito nel ventre fatiscente della vecchia Genova, storia di reietti ed esclusi, dà prova di possedere uno sguardo personale. Il suo, a contrasto con l'oggetto ma alla fine dei conti esaltando la speciale sensibilità dei suoi "ultimi", è un cinema aristocratico, colto e raffinato. Contiene tanti riferimenti (De André) ma fatti propri, mai repertorio di citazioni esibite. Una parola sull'altro italiano, altrettanto rappresentativo della missione del festival centrata dal neodirettore Gianni Amelio. È Santina di Gioberto Pignatelli. Niente di "coloristico" nel segnalare che questo ragazzo (32 anni) si divide tra il lavoro di receptionist in un albergoe la passione per il cinema. Che ha affrontato da autodidatta. Con 50mila euro (neanche mezzo di provenienza statale) ha avviato quello che vorrebbe essere un progetto. Ha preso poche pagine di un grande romanzo, "La Storia" di Elsa Morante, dal capitolo "1946", e vorrebbe proseguire con altri frammenti dello stesso testo. Colpisce una modalità di rappresentazione alla quale ha dato personalità capovolgendo l'indigenza produttiva in ricchezza creativa. Si tratta della digressione sull'attempata prostituta del titolo e il suo sfruttatore-innamorato-assassino Nello. La padronanza di una scenografia che non poteva permettersi lussi eppure restituisce un sapore d'epoca senza nascondere le trasformazioni di Roma, la libertà di un commento sonoro che passa imprevedibilmente da "Chitarra romana" alla musica elettronica, l'utilizzazione dei brani letterari scritti sui corpi degli attori, gli inserti di animazione: tutto denota matura capacità di usare al meglio l'esiguità dei mezzi. Alla domanda su quanto abbia influito il primo cinema pasoliniano, il regista risponde che quella visione faceva già parte della scrittura della Morante. Passaggio fluido di consegne dopo il biennio morettiano con il suo brillante riscontro mediatico. Era prevedibile che la "festa" sarebbe stata breve. E c'era da mettere in conto che quel riscontro fosse, a fin di bene e non "per colpa" del direttore-guru, piuttosto "drogato". Concentrato sull'impronta personale del patron e quasi indifferente ai contenuti. Tuttavia il risveglio poteva risentire della depressione post-esaltazione. E invece ecco proseguire intatta l'allegra e orgogliosa identità di questa kermesse esploratrice del cinema giovane: di domani. Che ha trovato il suo cuore almeno in due momenti. La segnalazione di un regista di confine, il danese Nicolas Winding Refn. Il cui titolo "cult" è Bronson. Ritratto del più malvagio e violento detenuto mai ospitato dalle carceri britanniche, che ha scelto come "nome d'arte" quello del celebre giustiziere hollywoodiano. E l'omaggio a Coppola, venuto a ritirare un Gran Premio Torino nella cui denominazione il cinefilo non può non cogliere un ammiccante inchino a Clint Eastwood, faro di testarda indipendenza proprio come il grande regista di "Apocalypse Now".
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