Titolo originale Chi bi.
Azione,
durata 148 min.
- Cina 2008.
- Eagle Pictures
uscita venerdì 23ottobre 2009.
MYMONETROLa battaglia dei tre regni
valutazione media:
3,71
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
John Woo ritorna in patria e, ispirandosi ad uno dei Quattro grandi romanzi classici della letteratura cinese, Il romanzo dei tre regni (XIV secolo), concernente una celebre battaglia combattuta nel III secolo d.C., notissima in Asia come in Europa può esserlo quella delle Termopili, realizza il suo miglior film dai tempi di Face/Off.
Un kolossal mastodontico, epico e imponente (anche nella durata), dal respiro potente e dall’incredibile sfarzo stilistico (diverse scenografie sono semplicemente magnifiche). Un kolossal che supera, per portata ed ambizioni, qualsiasi produzione recente di Zhang Yimou, e che non ha nulla da invidiare agli omologhi hollywoodiani.
[+]
John Woo ritorna in patria e, ispirandosi ad uno dei Quattro grandi romanzi classici della letteratura cinese, Il romanzo dei tre regni (XIV secolo), concernente una celebre battaglia combattuta nel III secolo d.C., notissima in Asia come in Europa può esserlo quella delle Termopili, realizza il suo miglior film dai tempi di Face/Off.
Un kolossal mastodontico, epico e imponente (anche nella durata), dal respiro potente e dall’incredibile sfarzo stilistico (diverse scenografie sono semplicemente magnifiche). Un kolossal che supera, per portata ed ambizioni, qualsiasi produzione recente di Zhang Yimou, e che non ha nulla da invidiare agli omologhi hollywoodiani.
Woo dirige magistralmente un film ricco di invenzioni visive e virtuosismi stilistici, un film d’intrattenimento grandioso nelle scene d’azione quanto imprevedibile e stravagante nelle pause tra una e l’altra (vedi la scena della nascita del cucciolo di cavallo, o quella della “sfida” musicale tra il personaggio di Leung e quello di Kaneshiro).
Il regista gestisce saldamente tanto le scene di massa (comunque ampliate in computer-graphic) quanto le scene di dialogo e strategia (per larga parte tagliate dalla versione internazionale), e non manca di inserire i suoi consueti marchi di fabbrica (immancabile la presenza delle colombe, che stavolta hanno però una funzione ben più che ornamentale).
Dirige bene anche gli attori (oltre a Leung e Kaneshiro, meritano una menzione speciale almeno Fengyi, interprete di Cao Cao, e soprattutto Zhao Wei, interprete di Sun Shangxiang, la giovane sorella di Sun Quan, il sovrano del Regno di Wu).
Il suo film ha forse una sceneggiatura un po’ prolissa, ma il risultato finale sorprendentemente non ne risente e non annoia neppure per un secondo (anche nella versione integrale).
La battaglia dei tre regni si rivela un ottimo film di genere, con almeno cinque sequenze memorabili (quella, sull’inizio, degli scudi che riflettono la luce del sole, il già citato duetto musicale tra Zhou Yu e Zhuge Liang, la formazione labirintica ispirata al bagua [storico simbolo millenario cinese] entro cui viene sonoramente sconfitta l’avanguardia di Cao Cao, il “recupero” delle frecce [geniale], e il finale [con l’importante scena della cerimonia del tè]).
Costato l’equivalente di 80 milioni di dollari, risultando di conseguenza il film più costoso mai prodotto in Cina al momento dell’uscita, è un grandissimo successo di pubblico in patria. Non altrettanto nel resto del mondo, dove peraltro è stato distribuito in una versione quasi dimezzata che, rispetto all’originale, è monca di diversi episodi emblematici, interessanti e commoventi (ad esempio, la scena della caccia alla tigre, o tutto l’importante segmento riguardante la principessa Sun che, travestita da uomo, s’infiltra nel campo nemico e fraternizza con un ingenuo soldato, Shucai). E’ pertanto consigliabile la visione della versione originale, reperibile in home-video.
[-]
[+] lascia un commento a laurence316 »[ - ] lascia un commento a laurence316 »
John Woo (Face Off, Windtalkers) lascia momentaneamente il suo regno Hollywoodiano per tornare in madre patria Cina a dirigere il suo lavoro più studiato, voluto e probabilmente il migliore. Dopo anni in cui lo spettatore medio viene sommerso da pellicole epico-storiche a dir poco mediocri a livello stilistico e contenutistico (“Troy”, “Alexander”, “300”, “L’ultima legione” per citare le più, aimè, note), il regista di Hong Kong sforna un kolossal leggendario, con un impiego di mezzi e di attori mai visto in Cina (le spese di produzione ammontano a 80 milioni di dollari).
[+]
John Woo (Face Off, Windtalkers) lascia momentaneamente il suo regno Hollywoodiano per tornare in madre patria Cina a dirigere il suo lavoro più studiato, voluto e probabilmente il migliore. Dopo anni in cui lo spettatore medio viene sommerso da pellicole epico-storiche a dir poco mediocri a livello stilistico e contenutistico (“Troy”, “Alexander”, “300”, “L’ultima legione” per citare le più, aimè, note), il regista di Hong Kong sforna un kolossal leggendario, con un impiego di mezzi e di attori mai visto in Cina (le spese di produzione ammontano a 80 milioni di dollari). “La battaglia dei tre regni” mette in scena un conflitto illustre dell’epos cinese, noto come la battaglia di Red Cliff, e lo fa con un risultato mirabile e memorabile. Nel 213 d.C. il primo ministro Cao Cao è pronto a usurpare il trono dell’imperatore, ma per farlo deve solo conquistare i due regni del sud della Cina. Sarà compito dell’astuto stratega Zhuge Liang proporre e ottenere un’alleanza tra i regni, in modo da resistere all’invasore e riportare la pace nell’impero. E allora guerra sia: battaglie campali, navali, sottili stratagemmi, inganni, epidemie e imboscate per un film che rispolvera il meglio del genere e lo rimette a lucido con un risultato incommensurabile. Si passa dagli scudi a specchio archimedei alle testuggini romane, senza dimenticare la consueta saggezza orientale, che assegna ancora una volta alla natura il ruolo di supremo giudice. L’esame “kolossal” per John Woo è superato a pieni voti; del resto il regista di Hong Kong ci mette la solita tecnica e meticolosità nel padroneggiare la macchina cinematografica. Il cast è all’altezza della prova, attori che, sconosciuti a noi, sono tra i più noti in Oriente. Durata di 150’ minuti, non si sentono ma si vivono. Che dire...Epico. [-]
[+] lascia un commento a dave gore »[ - ] lascia un commento a dave gore »
Il regista John Woo ha voluto presentare quella che per i cinesi ancora oggi rappresenta una delle battaglie più famose e ricordate della storia: l'esempio dell'eroismo e fratellanza di pochi contro un avversario decisamente superiore. Non a caso alcuni dei personaggi protagonisti (realmente esistiti) sono entrati a far parte del pantheon di divinità e santi della tradizione cinese, considerati sia come guerrieri dalle abilità leggendarie sia come veri e propri dei della guerra.
Va detto che nel film non si accenna in modo completo alla situazione storica nella quale ci si trova. Allo spettatore occidentale, spesso inconsapevole della storia dell'estremo oriente, viene presentata una sintesi fortemente semplificata di un complesso di disgregazione e tentativi di riunione dell'impero più grande di tutti i tempi.
[+]
Il regista John Woo ha voluto presentare quella che per i cinesi ancora oggi rappresenta una delle battaglie più famose e ricordate della storia: l'esempio dell'eroismo e fratellanza di pochi contro un avversario decisamente superiore. Non a caso alcuni dei personaggi protagonisti (realmente esistiti) sono entrati a far parte del pantheon di divinità e santi della tradizione cinese, considerati sia come guerrieri dalle abilità leggendarie sia come veri e propri dei della guerra.
Va detto che nel film non si accenna in modo completo alla situazione storica nella quale ci si trova. Allo spettatore occidentale, spesso inconsapevole della storia dell'estremo oriente, viene presentata una sintesi fortemente semplificata di un complesso di disgregazione e tentativi di riunione dell'impero più grande di tutti i tempi. Non importa quasi sapere chi appartiene al regno di Wei, Wu o Shu nè come si sono formati tali stati. Tutto è focalizzato sui protagonisti della battaglia.
Battaglia che rischia di far credere allo spettatore ignaro della realtà storica, che tutto si risolva con il lieto fine rappresentato.
Qui si potrebbero fare due appunti storici di notevole peso contrastivo. Il primo riguarda proprio il finale.
La battaglia non è altro che l'ennesimo tentativo di Wei di annettere Wu e Shu, senza riuscirci, e non l'epico scontro finale che segna la sconfitta del nord. Anzi, chi ha studiato la storia antica della Cina saprà sicuramente che i tanto acclamati ideali di alleanza ed amicizia tra Wu e Shu non erano altro che semplici legami opportunistici, tanto che sconfitto momentaneamente Wei i due regni di Wu e Shu hanno iniziato ben presto a combattere fra loro.
Liu Bei si autoproclamerà imperatore di Shu e 14 anni più tardi "l'eroe buono" attaccherà gli ex alleati del regno di Wu, perdendo e morendo l'anno dopo nel 223 d.C.
Grazie a questa nuova guerra logorante, il regno di Wei ha avuto il tempo di riarmarsi e di attaccare ed annettere dapprima Shu (dopo la morte dello stratega Zhuge Liang) e successivamente Wu, riunendo l'impero per mano del figlio di Cao Cao: Cao Pi.
Ma di tutto questo niente nel film lascia trasparire il minimo indizio. Pare soltanto che il "cattivo" di turo, Cao Cao, sia stato sconfitto per sempre.
Ed il secondo appunto, che gli storici cinesi e tutti coloro che hanno memoria del personaggio hanno dibattuto con la ragione dalla loro parte, è che la figura di Cao Cao non è certo ricordata come quella di uno scellerato sanguinario disposto a tutto per vincere la guerra. Era un condottiero che partecipava attivamente alle battaglie, ed era dotato anche lui di grandi qualità strategiche. Il motivo della sua guerra era certamente più elevato di quello proposto dalla pellicola di John Woo.
La riunificazione dell'impero e probabilmente l'ambizione di diventarne l'imperatore erano sicuramente i veri motivi del suo attacco verso i regni del sud.
Non certo l'amore o il desiderio di possessione di una donna, seppur storicamente riconosciuta di una bellezza notevole, hanno mosso le sue intenzioni.
Lo spettatore ignaro potrebbe fin troppo facilmente confondere la qui presente "battaglia di Chibi" con quella della guerra di Troia combattuta leggendariamente per Elena. Un proposito romantico, forse più spettacolare ed accattivante agli occhi del pubblico occidentale, ma inesatto e quasi offensivo verso l'autentico movente idealistico e patriotticamente elevato di un ritorno ad una Cina unita, sotto un'unica corona.
[-]
[+] . (di trick'r treat)[ - ] .
[+] lascia un commento a ivan nisi »[ - ] lascia un commento a ivan nisi »
Il racconto di un'epica guerra che segnò il futuro dell'immensa e lontana Cina. Come è normale che sia per un racconto epico, la narrazione non si limita alla cronaca ma la arricchisce di sentimenti e, perchè no, di quegli eccessi che trasformano i condottieri in eroi e la storia in leggenda. John Woo ci mostra una realtà per molti sconosciuta: una Cina culturalmente e temporalmente lontana, ma governata da sentimenti e filosofie universali: amore, amicizia, potere, astuzia. Un film di guerra, quindi, ma non solo.
La recitazione è a livelli eccellenti, i personaggi sono ben costruiti: il cattivo Cao Cao che ricerca nel predominio in guerra l'antidoto alla mancanza di amore e sincera amicizia, la delicata ed eterea Sun Shangxiang che per amore del proprio popolo attuerà una sofferta e astuta scorrettezza, una squadra di eroi buoni e dediti alla musica quanto alla guerra.
[+]
Il racconto di un'epica guerra che segnò il futuro dell'immensa e lontana Cina. Come è normale che sia per un racconto epico, la narrazione non si limita alla cronaca ma la arricchisce di sentimenti e, perchè no, di quegli eccessi che trasformano i condottieri in eroi e la storia in leggenda. John Woo ci mostra una realtà per molti sconosciuta: una Cina culturalmente e temporalmente lontana, ma governata da sentimenti e filosofie universali: amore, amicizia, potere, astuzia. Un film di guerra, quindi, ma non solo.
La recitazione è a livelli eccellenti, i personaggi sono ben costruiti: il cattivo Cao Cao che ricerca nel predominio in guerra l'antidoto alla mancanza di amore e sincera amicizia, la delicata ed eterea Sun Shangxiang che per amore del proprio popolo attuerà una sofferta e astuta scorrettezza, una squadra di eroi buoni e dediti alla musica quanto alla guerra.
L'ambientazione è sempre ricercata e realistica, contribuendo a farci calare in un epoca lontanissima nel tempo, nello spazio e nella cultura. Il sud della Cina appare come un paradiso perduto che a tratti toglie il fiato.
Se prima di entrare in sala si accetta l'assunto "assisteremo a un racconto epico, non a una cronaca storica", se ne esce molto soddisfatti.
[-]
Il maestro torna a casa. E lo fa in grande stile, realizzando il film (più sentito) della sua carriera, un autentico, sovrumano ritorno alle proprie origini epiche, alle radici della Cina imperiale storico-mitografica (con squarci d’ambiente accoratamente trasfigurati attraverso suggestive, calde dissolvenze), un paese dall’anima pragmaticamente riconoscibile eppur inafferabilmente evanescente per (noi) occidentali, una terra convulsa e maestosa, divisa (eh sì) tra odi atavici e sommi(?)strateghi limitrofi rabbiosamente inaciditi (e didascalicamente “introdotti”), pronti a sguinzagliarsi famelici contro il qualsivoglia regno propinquo più flebilmente deboluccio:è il caso del primo ministro Cao Cao, che muove guerra con pretestuose accuse ai regni del sud per annetterli all’Impero, facendo leva sulla malferma, inconsistente personalità del suo sovrano.
[+]
Il maestro torna a casa. E lo fa in grande stile, realizzando il film (più sentito) della sua carriera, un autentico, sovrumano ritorno alle proprie origini epiche, alle radici della Cina imperiale storico-mitografica (con squarci d’ambiente accoratamente trasfigurati attraverso suggestive, calde dissolvenze), un paese dall’anima pragmaticamente riconoscibile eppur inafferabilmente evanescente per (noi) occidentali, una terra convulsa e maestosa, divisa (eh sì) tra odi atavici e sommi(?)strateghi limitrofi rabbiosamente inaciditi (e didascalicamente “introdotti”), pronti a sguinzagliarsi famelici contro il qualsivoglia regno propinquo più flebilmente deboluccio:è il caso del primo ministro Cao Cao, che muove guerra con pretestuose accuse ai regni del sud per annetterli all’Impero, facendo leva sulla malferma, inconsistente personalità del suo sovrano. Il primo film girato in Cina da John Woo dopo i mediamente fertili sedici anni hollywoodiani, si pone teoricamente all’interno della gloriosa tradizione asiatica del wu xia pian, ampiamente caldeggiata ed esplorata da Woo, che insieme ad Ang Lee, Zhang Yimou e Feng Xiaogang ne è forse l’interprete dal più piglio ispirato.“Rad Cliff” é però (in più) pervaso da respiro epico e da una pomposa magniloquenza bucaschermo, intrisa di un’imponenza tale da risultare pressoché inedita all’interno del genere, ma che sembra di fatto concepita “apposta” per (sublimare) lo stile a tratti ipercinetico a tratti pieghettevolmente raffinato e finemente tratteggiato dell’autore dei manualisticamente folgoranti (e mai eguagliati in Usa,“Face/Off” a parte) “The Killer” e “A better Tomorrow”. L’action touch dell’ex ragazzo prodigio del cinema di Hong Kong, che alla smanettosa, sovraesposta violenza del più puro dei distillati actionpulp (impressasi sulle sue cornee durante l’inferno di “small gangs” patito per le “strade violente” della sua infanzia e preadolescenza) ha saputo abilmente (contr)apporre (e cosa più importante, organicamente) il suo personalissimo gusto per il balletto voluttuosamente coreografato, si trova qui in solidale connubio con alcuni rimandi “occidentalizzanti” di scenografia (le testuggini, zoologiche e non, e gli schieramenti pseudoplitici che rimandano al conflitto tra ateniesi e persiani) e di sceneggiatura (l’allusione a una NeoElena di Troia, che scatena anche qui un conflitto campale). Accorgimenti questi ultimi interamente preposti a rimarcare la natura e le aspirazioni “sincretiche” che da sempre contraddistinguono l’arte di John Woo, il quale all’interno del panorama cinematografico mondiale sembra quasi l’Herman Hesse dell’ action fracassone ma patinato, fulmineo ma tirato a lucido: contraddizioni (solo) in termini, basti vedere il mellifluo, emblematico stile maneggiato da Woo nelle scene di sesso, esteticamente assai meno grottesche&macchiettistiche di quelle che (tanto per fare un nome) ci ha proposto/schiaffeggiato dinanzi agli occhi un altro grande maestro del cinema orientale, Johnnie To, nel suo ultimo “Vendicami”. Sarà dunque solo un caso se uno è Leone NERO a Courmayuer e l’altro Leone D’ORO a Venezia?. Sempre e comunque con un occhio pedissequamente rivolto in patria, e l’altro teso ad restituire il favore, manco a dirlo omaggiante, ai vari ammiratori occidentali, tra cui Tarantino (immancabile) e Scorsese (oltre a un pizzico del Raimi più sanguigno). In fin dei conti, nel (complesso del) cinema di Woo, il marchio ideologico kurosawiano non è (poi) così lontano.
[-]
[+] lascia un commento a davidestanzione »[ - ] lascia un commento a davidestanzione »
John Woo si ispira al poema epico “Le Cronache dei tre regni” di Luo Guanzhong,scritto nel XIV secolo,che racconta lo scontro sulle Scogliere Rosse del fiume Yangtze avvenuto nel 208 dC tra i due regni coalizzati di Wu,della Cina del sud e Xu,situato nel territorio occidentale,contro l’immensa armata dell’imperatore Han Xiandi,al comando del Primo Ministro Cao Cao,ambizioso uomo di forte peso politico nella gerarchia del regno dinastico.
La Cina era frazionata in molti regni in continuo conflitto fra loro e Cao Cao premeva sul debole carattere dell’imperatore,debole figura plagiata dal nerbo del primo consigliere,per raggiungere il suo scopo di riunire l’intero territorio cinese sotto un unico impero,alla cui testa Cao Cao intendeva insediarsi,scalzando la mediocrità dell’imperatore regnante.
[+]
John Woo si ispira al poema epico “Le Cronache dei tre regni” di Luo Guanzhong,scritto nel XIV secolo,che racconta lo scontro sulle Scogliere Rosse del fiume Yangtze avvenuto nel 208 dC tra i due regni coalizzati di Wu,della Cina del sud e Xu,situato nel territorio occidentale,contro l’immensa armata dell’imperatore Han Xiandi,al comando del Primo Ministro Cao Cao,ambizioso uomo di forte peso politico nella gerarchia del regno dinastico.
La Cina era frazionata in molti regni in continuo conflitto fra loro e Cao Cao premeva sul debole carattere dell’imperatore,debole figura plagiata dal nerbo del primo consigliere,per raggiungere il suo scopo di riunire l’intero territorio cinese sotto un unico impero,alla cui testa Cao Cao intendeva insediarsi,scalzando la mediocrità dell’imperatore regnante.
“La battaglia dei tre regni” narra la storia di questo scontro,disegnando con tratti precisi e convincenti il profilo degli individui che ne furono protagonisti. Le immagini in apertura mostrano chiaramente chi sia in realtà il Primo Ministro e che posto occupi nell’organigramma del regno. Una panoramica nelle sale del palazzo imperiale mostra l’intera corte riunita per discutere dell’importante decisione da prendere a proposito dell’intervento nei territori di conquista,con l’imperatore assiso sul trono in stato di semiveglia,ministri,diplomatici e l’intero dicastero in attesa di Cao Cao,figura determinante per le sentenze. Poche immagini ed un quadro introduttivo di valore contestuale è rapidamente formato con grande effetto. Lo spettatore non tarda a comprendere a che genere di film sta per assistere.
John Woo,tornato in madre patria sembra recuperare le sue esperienze di filmaker made in Hollywood per coniugarle con l’arte peculiare del suo cinema asiatico,mai sopito in lui,creando un corredo di immagini e visioni intimistiche di raro valore e grande dignità nel trionfo coreografico di questo immenso dipinto dai colori della tradizione orientale.
I personaggi che vengono man mano presentati,i generali dei due stati alleati,i vicerè,le figure femminili,la principessa,il rappresentante Zhu-Ge Liang,sono magistralmente descritti nella loro complessa qualità morale,con decise e delicate pennellate che mettono in risalto i risvolti della loro personalità,la fermezza dell’uomo di comando,la tenerezza dei rapporti d’amore,la purezza dell’amicizia,la fedeltà delle intese.
La bellezza fisica e morale di Zhu-Ge Liang assurge ad una rappresentazione di una natura quasi magica del consigliere,elevandolo a uomo dotato di doni trascendentali e la sua possibilità di vedere negli eventi atmosferici e di poterli interpretare diventa chiave di una profonda saggezza e di equilibrio interiore che Woo ha saputo descrivere con grande efficacia nella disinvolta espressività di Takeshi Kaneshiro. La bellezza fisica,i volti nobili e gli sguardi aperti traducono una intima bellezza che si impone come anima di un film che racconta di uomini,delle loro relazioni e dei sentimenti che li uniscono nel loro grido di aspirazione alla libertà.
Con grande impiego di mezzi e comparse,un abbondante ma saggio ricorso alla CGI e tanti omaggi a Sergio Leone,il film si dilata in un superbo affresco storico-umano tradotto in splendide immagini di ampio respiro,illuminate da vibranti dialoghi mai verbosi,ma vivificati di una nobile ricchezza d’animo e di un’armonia umana suffragata da una profonda pace esistenziale,pur contestualizzata in un evento bellico che ritrae due eserciti in assetto di guerra.
Nessuna violenza abusa dell’attenzione dello spettatore,neppure nelle scene di battaglia,rappresentate come dipinti in un’arte grafica di grande dinamismo in scene di scontri che restano conflitti fra gli ideali di libertà e una oppressione che non avrà la meglio e dove non si coglie mai il senso visivo del sangue versato dai corpi di vittime straziate dalla guerra,quanto la linfa che vitalizza l’anelito alla libertà.
Sono immagini maestose,con riprese al basso,o ravvicinate ad altezza d’uomo ed intervallate da ampi scorci dall’alto,in panoramiche da kolossal epico.
Difficile riconoscere il John Woo abituale,compreso quello del bellissimo “Face Off”,nelle scene che illustrano come i rappresentanti di due popoli ratificano una alleanza bellica in uno stupefacente (guardarlo ed ascoltarlo più volte sarebbe raccomandabile) confronto musicale (si colgano le sonorità delle musiche tradizionali asiatiche ed americane).
Qui l’unione porta indiscutibilmente alla pace tra i re di due regni fino ad allora in conflitto fra loro ed ora entrambi ricchi di un’armonia interiore che solo alla pace potrà condurre. E infatti “Pace” (=Pi-Nan),è il nome del bambino che cresce nel grembo della regina Xiao Qiao,a spiegazione di una calma e di una concordia che regneranno nei territori liberati.
Nel film non appaiono eroi idealizzati,ma persone di valore umano ed etico,spirituale ed intellettuale,integri nella loro solidità di soldati e uomini “gentili come una foresta, spietati come il fuoco,forti come le montagne e veloci come il vento”.
Scenografie affascinanti rapiscono in continuazione gli sguardi,in ariose suggestioni visive,intervallate da acuti simbolismi dei quali,purtroppo,non sempre il pubblico internazionale è in grado di percepire il significato più profondo,come la presenza di volatili,costante nel film come portatori di pace o consiglio (la colomba) o di azioni strategiche (le ali nelle mani di Zhu-Ge Liang),o l’eclissi,con la luna che nasconde il suo volto all’invio dei corpi dei soldati di Cao Cao morti di tifo tra le fila dell’esercito alleato,come una luce che non vuole splendere sull’ abominio di una spregevole azione,o ancora,le lanterne illuminate che prendono il volo nella notte durante i funerali di quegli stessi militari.
L’alleanza fra l’uomo e la natura è ratificata dalla possibilità di leggerne gli elementi,aria,fuoco,terra,vento,nuvole,nebbia,sabbia e di averne in prestito il simbolo come segno di collaborazione e sostegno in battaglia.
Le sequenze di sguardi profondi e i lunghi silenzi ove l’arte,i libri e le nobili cerimonie parlano molto più di complesse conversazioni,costituiscono nella limpida struttura filmica,il primo valore che il regista ha voluto porre l’accento,l’uomo,il suo onore e la fedeltà all’impegno per la libertà,diritto imprescindibile.
Difatti il commento finale di fronte al vuoto della desolazione che segue la battaglia,è un grido alla futilità della guerra (“…Qui nessuno ha vinto”),ed un ulteriore richiamo alla riconciliazione ed al recupero di quei valori che in una società debbono tessere la trama di una pace da perseguire ad ogni costo,qui intonata in un inno di indipendenza di un popolo in veglia all’alba di una nuova grande nazione. [-]
[+] lascia un commento a andyflash77 »[ - ] lascia un commento a andyflash77 »
Il film è tratto dal Romanzo dei Tre Regni, scritto nel XIV secolo, che racconta la guerra del III secolo fra il regno di Wei del nord e l’alleanza fra Wu e Shu, potenze del sud coalizzatesi per fronteggiare il progetto d’unificazione della Cina sotto un unico imperatore.
In una scena di Mezzogiorno e mezzo di Fuoco Mongo, dopo aver parcheggiato il suo bue in sosta vietata, stende con un pugno il cavallo di un tizio che gli contesta la manovra. Solo ne La Battaglia dei Tre Regni ho visto una cosa simile, quando un soldato grosso e brutto, durante il primo scontro fra l’esercito del Nord e quelli del Sud, esce di corsa dalle fila del suo schieramento e abbatte un altro cavallo con una spallata.
[+]
Il film è tratto dal Romanzo dei Tre Regni, scritto nel XIV secolo, che racconta la guerra del III secolo fra il regno di Wei del nord e l’alleanza fra Wu e Shu, potenze del sud coalizzatesi per fronteggiare il progetto d’unificazione della Cina sotto un unico imperatore.
In una scena di Mezzogiorno e mezzo di Fuoco Mongo, dopo aver parcheggiato il suo bue in sosta vietata, stende con un pugno il cavallo di un tizio che gli contesta la manovra. Solo ne La Battaglia dei Tre Regni ho visto una cosa simile, quando un soldato grosso e brutto, durante il primo scontro fra l’esercito del Nord e quelli del Sud, esce di corsa dalle fila del suo schieramento e abbatte un altro cavallo con una spallata. L’ho trovato estremamente divertente. Tutta la scena in cui si vede una formazione bellica a testuggine che funziona come un meccanismo perfetto, una macelleria di lance, spade e rampini nascosta in un labirinto umano, è piuttosto divertente. In realtà il film non vuole mai esserlo, divertente, ma sicuramente è cosciente nel caricare fino all’assurdo le lunghe e complesse scene d’azione. A fare da contorno alle stesse, però, le più trite raffigurazioni di laconica saggezza cinese e una manciata di personaggi scontornati attraverso aneddoti più o meno edificanti, a seconda del ruolo. E arrivati all’ultima, grossa parte del film, interamente occupata dalla battaglia di Red Cliff, non è facile sentirsi ancora tanto divertiti, né particolarmente motivati.
Red Cliff riporta la magniloquenza melodrammatica di John Woo, stavolta particolarmente patinata, senza accostarsi, come pure avevo sperato, alla fisicità e alla polvere di Tsui Hark. Il paradosso è nella sensazione d’aver visto un kolossal che vuole cibarsi d’epica, che alla fine lascia il ricordo poco significante di un film piccolo.
slowfilm.splinder.com
[-]
[+] lascia un commento a slowfilm.splinder.com »[ - ] lascia un commento a slowfilm.splinder.com »