La battaglia dei tre regni |
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Un film di John Woo.
Con Tony Chiu-Wai Leung, Takeshi Kaneshiro, Zhang Fengyi, Chen Chang, Zhao Wei.
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Titolo originale Chi bi.
Azione,
durata 148 min.
- Cina 2008.
- Eagle Pictures
uscita venerdì 23 ottobre 2009.
MYMONETRO
La battaglia dei tre regni
valutazione media:
3,71
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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L'epic action di Woo, "sincretico" alla Kurosawadi davidestanzioneFeedback: 22976 | altri commenti e recensioni di davidestanzione |
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domenica 5 settembre 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il maestro torna a casa. E lo fa in grande stile, realizzando il film (più sentito) della sua carriera, un autentico, sovrumano ritorno alle proprie origini epiche, alle radici della Cina imperiale storico-mitografica (con squarci d’ambiente accoratamente trasfigurati attraverso suggestive, calde dissolvenze), un paese dall’anima pragmaticamente riconoscibile eppur inafferabilmente evanescente per (noi) occidentali, una terra convulsa e maestosa, divisa (eh sì) tra odi atavici e sommi(?)strateghi limitrofi rabbiosamente inaciditi (e didascalicamente “introdotti”), pronti a sguinzagliarsi famelici contro il qualsivoglia regno propinquo più flebilmente deboluccio:è il caso del primo ministro Cao Cao, che muove guerra con pretestuose accuse ai regni del sud per annetterli all’Impero, facendo leva sulla malferma, inconsistente personalità del suo sovrano. Il primo film girato in Cina da John Woo dopo i mediamente fertili sedici anni hollywoodiani, si pone teoricamente all’interno della gloriosa tradizione asiatica del wu xia pian, ampiamente caldeggiata ed esplorata da Woo, che insieme ad Ang Lee, Zhang Yimou e Feng Xiaogang ne è forse l’interprete dal più piglio ispirato.“Rad Cliff” é però (in più) pervaso da respiro epico e da una pomposa magniloquenza bucaschermo, intrisa di un’imponenza tale da risultare pressoché inedita all’interno del genere, ma che sembra di fatto concepita “apposta” per (sublimare) lo stile a tratti ipercinetico a tratti pieghettevolmente raffinato e finemente tratteggiato dell’autore dei manualisticamente folgoranti (e mai eguagliati in Usa,“Face/Off” a parte) “The Killer” e “A better Tomorrow”. L’action touch dell’ex ragazzo prodigio del cinema di Hong Kong, che alla smanettosa, sovraesposta violenza del più puro dei distillati actionpulp (impressasi sulle sue cornee durante l’inferno di “small gangs” patito per le “strade violente” della sua infanzia e preadolescenza) ha saputo abilmente (contr)apporre (e cosa più importante, organicamente) il suo personalissimo gusto per il balletto voluttuosamente coreografato, si trova qui in solidale connubio con alcuni rimandi “occidentalizzanti” di scenografia (le testuggini, zoologiche e non, e gli schieramenti pseudoplitici che rimandano al conflitto tra ateniesi e persiani) e di sceneggiatura (l’allusione a una NeoElena di Troia, che scatena anche qui un conflitto campale). Accorgimenti questi ultimi interamente preposti a rimarcare la natura e le aspirazioni “sincretiche” che da sempre contraddistinguono l’arte di John Woo, il quale all’interno del panorama cinematografico mondiale sembra quasi l’Herman Hesse dell’ action fracassone ma patinato, fulmineo ma tirato a lucido: contraddizioni (solo) in termini, basti vedere il mellifluo, emblematico stile maneggiato da Woo nelle scene di sesso, esteticamente assai meno grottesche&macchiettistiche di quelle che (tanto per fare un nome) ci ha proposto/schiaffeggiato dinanzi agli occhi un altro grande maestro del cinema orientale, Johnnie To, nel suo ultimo “Vendicami”. Sarà dunque solo un caso se uno è Leone NERO a Courmayuer e l’altro Leone D’ORO a Venezia?. Sempre e comunque con un occhio pedissequamente rivolto in patria, e l’altro teso ad restituire il favore, manco a dirlo omaggiante, ai vari ammiratori occidentali, tra cui Tarantino (immancabile) e Scorsese (oltre a un pizzico del Raimi più sanguigno). In fin dei conti, nel (complesso del) cinema di Woo, il marchio ideologico kurosawiano non è (poi) così lontano.
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