il doge
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domenica 18 maggio 2008
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una realtà parallela...
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E' proprio un'altra realtà che ci mostra Garrone dal suo ultimo film...una realtà che dal mondo delle persone "normali" tutto sembra tranne che realtà...sentiamo più vicine realtà come la guerra in Iraq o in Libano ma quella in casa nostra non ci viene mai mostrata.
Un film che lascia senza respiro e che fa sentire fortunati a vivere in un mondo diverso...
Ma poi una domanda ce la poniamo: "Ma forse la realtà è stata sempre nascosta?"
Ma dove finisce la Camorra ed inizia lo Stato?
Qual è la differenza tra Tangentopoli e il processo Spartacus?
Quello che voglio dire è che forse bisognerebbe prendere il film ed il libro Gomorra come punto di partenza e non di arrivo...
Cosa accomuna poi tutti quei personaggi più o meno collusi.
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E' proprio un'altra realtà che ci mostra Garrone dal suo ultimo film...una realtà che dal mondo delle persone "normali" tutto sembra tranne che realtà...sentiamo più vicine realtà come la guerra in Iraq o in Libano ma quella in casa nostra non ci viene mai mostrata.
Un film che lascia senza respiro e che fa sentire fortunati a vivere in un mondo diverso...
Ma poi una domanda ce la poniamo: "Ma forse la realtà è stata sempre nascosta?"
Ma dove finisce la Camorra ed inizia lo Stato?
Qual è la differenza tra Tangentopoli e il processo Spartacus?
Quello che voglio dire è che forse bisognerebbe prendere il film ed il libro Gomorra come punto di partenza e non di arrivo...
Cosa accomuna poi tutti quei personaggi più o meno collusi...La voglia di vivere...che offre solo Il Sistema in quei posti e non lo Stato...
Veramente alcuni pensano che chi nasce ai Parioli e a Scampia hanno le stesse possibilità nella vita...?
Credo inoltre che soltanto la cultura può fare uscire dal quel sistema di violenza e sopraffazione...di falsi miti...di facile guadagno che fa confondere il significato del denaro...
Le organizzazioni criminali vivono di questo, questo vedono le nuove leve...
Cominciamo a formare persone che vivono in una nuova società fatta di valori diversi...e la mafia, la camorra, la 'ndrangheta...spariranno...
Pensiamo al futuro e non al presente....
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roberto
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martedì 27 maggio 2008
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iceberg
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Un'iceberg il film di Garrone, nel film mancano i respiri profondi che si fanno quando si passa per quelle zone, bellissime che come una bella donna soffre lo sguardo di mille uomini che la vorrebbero. Una terra abbandonata prima di tutto dallo stato che a volte si mescola con la camorra, ma non quella che spara il mafioso o che spaccia droga, ma quella che si muove silenziosa ed elegante tra gli organi dello stato.
Un film che come il libro non ti lascia dare commenti personali, che forse per la prima volta fa sentire colpevoli ogni italiano. Il giorno dopo la visione del film mi sono svegliato e ancora ci pensavo e per una notte sono ritornato alla mia terra con un sogno meraviglioso, quello di poter parlare di una cosa chiamata camorra che esisteva una volta e che finalmente è stata battuta.
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Un'iceberg il film di Garrone, nel film mancano i respiri profondi che si fanno quando si passa per quelle zone, bellissime che come una bella donna soffre lo sguardo di mille uomini che la vorrebbero. Una terra abbandonata prima di tutto dallo stato che a volte si mescola con la camorra, ma non quella che spara il mafioso o che spaccia droga, ma quella che si muove silenziosa ed elegante tra gli organi dello stato.
Un film che come il libro non ti lascia dare commenti personali, che forse per la prima volta fa sentire colpevoli ogni italiano. Il giorno dopo la visione del film mi sono svegliato e ancora ci pensavo e per una notte sono ritornato alla mia terra con un sogno meraviglioso, quello di poter parlare di una cosa chiamata camorra che esisteva una volta e che finalmente è stata battuta. Questo mio sogno utopico non è nient'altro che la voglia di ritornare nella mia terra e la speranza che tutti isolino queste persone fino a farle morire di solitudine e tristezza cosa che la loro arroganza non gli darà mai. Ottimo film, bravissimi attori e grande coraggio!!
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paolo pasetti
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mercoledì 4 giugno 2008
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un'altissima voce nel deserto: gomorra
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Il Matteo Garrone di “Gomorra” è stato spesso paragonato a Rosi. Se il paragone è certo interessante da un punto di vista di storia “comparata” del cinema, è comunque improprio. Se, infatti, possiamo certamente supporre simili le motivazioni morali dei due autori, sul piano stilistico ed espressivo Garrone è diversissimo da Rosi. Di più, il cinema di Rosi, grandissimo, sarebbe impossibile oggi. Il cinema di Rosi, militante nel senso alto del termine, coltivava una speranza, perché si trattava di un epoca in cui il cinema, come la “cultura” in genere, era parte di ciò che si chiamava “pensiero critico”. La cultura era quella che spingeva il vecchio Goebbels, al solo nominarla, ad estrarre la pistola.
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Il Matteo Garrone di “Gomorra” è stato spesso paragonato a Rosi. Se il paragone è certo interessante da un punto di vista di storia “comparata” del cinema, è comunque improprio. Se, infatti, possiamo certamente supporre simili le motivazioni morali dei due autori, sul piano stilistico ed espressivo Garrone è diversissimo da Rosi. Di più, il cinema di Rosi, grandissimo, sarebbe impossibile oggi. Il cinema di Rosi, militante nel senso alto del termine, coltivava una speranza, perché si trattava di un epoca in cui il cinema, come la “cultura” in genere, era parte di ciò che si chiamava “pensiero critico”. La cultura era quella che spingeva il vecchio Goebbels, al solo nominarla, ad estrarre la pistola. Rosi poteva dire: “Ecco, vedete, vi mostro la realtà”. E come la mostrava! Affreschi indimenticabili, chiarissimi, nei quali i nessi erano tutti evidenti. “Le mani sulla città” è quasi un film tecnico, un manuale del “moderno principe”, al quale tutti i futuri palazzinari potevano attingere con profitto (e forse qualcuno lo ha fatto…). Però, però. Quale era l’”extratesto” dei film di Rosi? L’extratesto era il pensiero critico oppure, per usare un termine oggi pornografico, era, udite! Udite!: la politica. Rosi diceva: “Vi ho mostrato la realtà. Vi ho dato tutte, ma proprio tutte, le chiavi di lettura dei sordidi fenomeni che avvengono nella realtà. Adesso tocca a voi: cambiatela!” Rosi assolveva, da grande artista, a un compito allora importantissimo: quella che si chiamava, con un brutto termine, la “documentazione”. Il “movimento”, una volta letto il film, poteva iniziare un “percorso” di discussioni, rivendicazioni, denunce, azioni. Insomma era la “vita democratica” che si muoveva: ah! Le magnifiche sorti e progressive!
Ma il mondo di Rosi è lontanissimo da ciò che accade oggi. I film di Rosi era un “momento di civiltà” all’interno dell’universo del ”politico”: un vasto mondo che andava dal “cattolico inquieto” fino all’extraparlamentare di sinistra (allora si era extraparlamentari per scelta). Laddove i personaggi di Rosi erano totalmente, ontologicamente, politici, gli “eroi” di Garrone sono tutti pre- (o forse post?) politici. Sono soli, proprio nel senso di soli al mondo, monadi. Garrone ce lo comunica con un formidabile strumento stilistico: la macchina a mano. Sono inquadrature “solidali” – tecnicamente e moralmente – con i personaggi che Garrone segue. Ognuno dei personaggi delle cinque storie del film si muove in totale solitudine. Leoni o gazzelle (ma i leoni stanno tutti altrove…), tutti, appena sorge il sole, devono cominciare a correre. E corrono, eccome, corrono seguendo logiche ferree, immutabili, geometriche, alle quali è impossibile sfuggire. Lo spettatore che abbia un briciolo di cuore è lì con loro, dalla stessa parte del regista, che lo ha chiamato a vivere per un paio d’ore in questo inferno. Nel film di Garrone è impossibile qualunque “distacco”: come qualcuno giustamente ha detto: “Se io fossi lì, mi comporterei allo stesso modo”. Ma questa qualità drammaturgica ed estetica nasconde un significato politico: il film sa di non poter dare speranze, di non avere – o di non avere ancora – alcun interlocutore.
Stavolta possiamo dirlo: si tratta di un capolavoro. Un’operazione fenomenologica, una altissima testimonianza estetica e morale. Non, però, politica. I film di Rosi erano dialoghi, che si rivolgevano a un mondo ancora aperto. Il film di Garrone è uno struggente, magnifico, assordante monologo.
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coachc
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martedì 20 maggio 2008
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il sole non illumina napoli
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I primi 15" di un singolo, le prime righe di un libro, il primo fotogramma di un film. Quanto conta l'inizio di una rappresentazione, cosa lascia nella nostra immaginazione il modo in cui "lo spettacolo" inizia? Gomorra contraddice le regole del rappresentare, o almeno una: la luce abbagliante, con cui il film di Matteo Garrone inizia, non trova replica, non introduce nel "colore" del film. Gomorra è livido, vive nei toni opachi, scuri della pellicola, è il dolore strisciante che si dipana dal reticolo plurale delle sue storie. Ed ha una sola logica, biochimica, inarrestabile, la propagazione rizomatica della metastasi. Gomorra non conosce luce. L'abbagliare violento del suo inizio "a raggi uva" funziona a rovescio, non indroduce a qualcosa, chiude, sbarra le porte dietro i protagonisti, li porta nel girone dantesco del Texas-partenopeo.
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I primi 15" di un singolo, le prime righe di un libro, il primo fotogramma di un film. Quanto conta l'inizio di una rappresentazione, cosa lascia nella nostra immaginazione il modo in cui "lo spettacolo" inizia? Gomorra contraddice le regole del rappresentare, o almeno una: la luce abbagliante, con cui il film di Matteo Garrone inizia, non trova replica, non introduce nel "colore" del film. Gomorra è livido, vive nei toni opachi, scuri della pellicola, è il dolore strisciante che si dipana dal reticolo plurale delle sue storie. Ed ha una sola logica, biochimica, inarrestabile, la propagazione rizomatica della metastasi. Gomorra non conosce luce. L'abbagliare violento del suo inizio "a raggi uva" funziona a rovescio, non indroduce a qualcosa, chiude, sbarra le porte dietro i protagonisti, li porta nel girone dantesco del Texas-partenopeo. Il prosieguo è tutto un saltellare cinematografico, un pogo dodecafonico nello scontro tra povertà e ricchezza. La povertà economica, culturale, esistenziale dei personaggi, tutti; e la ricchezza, solo economica del "sistema" e di chi lo rappresenta. Storie invece che storia. Perchè la Storia, quella con la maiuscola, il film la spiega solo indirettamente: è la storia del "Sistema", di un qualcosa che è riassunto indistinto della trama, la tela di un ragno, la propagazione di una metastasi che riesce ad entrare, prima ancora che nel sistema di relazioni umane, interpersonali, economiche, politiche, nel sangue, nei tessuti, nel cervello delle persone. Il cuore no, quello Garrone e Saviano lo tengono fuori. Lasciano in preda alla totale solitudine l'unico personaggio che osa dire no, "l'assitente" di Toni Servillo, e non per chiudere ogni spiraglio alla speranza. A quel punto il film è oltre la metastasi, è divenuto una autopsia, ed il cuore in quel momento non può più battere. Farlo pulsare ancora avrebbe avuto il valore di un happy ending che non vogliono proprio concedere e concedersi. Meglio tornare allora alla luce iniziale, alle lampade abbrozzanti del primo fotogramma: lo scintillio fatuo di quella luce-non luce è forse la misura di come non possa esserci, e bene sottolinearlo, "ancora", oggi, qui ed ora, liberazione dal sistema. Quella luce è feticcio, è la matrice dispersa di Braudillard. Non riuscire a distinguere la sua natura artificiale, l'evidenza di come, all'interno di un film livido e scuro, essa sia la sola luce, rappresenta la metafora di un qualcosa che nel libro è debordante e nel film complemamente assente, il rapporto tra "Il Sistema" e la politica. Il film di Garrone è metapolitico, traduce perfettamente la distorsione dei comportamenti individuali, micropolitici, del Sistema, ma lascia solo immaginare il resto, lo presenta sotto forma di luce/rolex-finto. Il resto, la liberazione, è nella luce, quella vera, ora assente. E mai metafora fu più appropriata.
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marco m
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sabato 17 maggio 2008
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gomorra impone una presa di coscienza nazionale.
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Fare un film di uno dei libri che ha segnato di più le coscienze degli italiani non è impresa facile. Non lo è perchè "Gomorra" di Roberto Saviano è un viaggio raccontato seguendo precisi percorsi invisibili, che lo scrittore ci ha illustrato sotto forma di romanzo, che romanzo vero e proprio non è. Così non scadere nella banalità delle storie di camorra, che in genere vengono trattate da cinema e tv come mere vendette sanguinarie o motorini che corrono all'impazzita per i vicoli di una città controversa, è impresa ardua e soprattutto molto delicata. La sceneggiatura di Gomorra lascia sapientemente parlare le immagini, reali e crude, girate direttamente nei luoghi caldi delle piazze di spaccio, nelle Vele della 167 di Secondigliano.
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Fare un film di uno dei libri che ha segnato di più le coscienze degli italiani non è impresa facile. Non lo è perchè "Gomorra" di Roberto Saviano è un viaggio raccontato seguendo precisi percorsi invisibili, che lo scrittore ci ha illustrato sotto forma di romanzo, che romanzo vero e proprio non è. Così non scadere nella banalità delle storie di camorra, che in genere vengono trattate da cinema e tv come mere vendette sanguinarie o motorini che corrono all'impazzita per i vicoli di una città controversa, è impresa ardua e soprattutto molto delicata. La sceneggiatura di Gomorra lascia sapientemente parlare le immagini, reali e crude, girate direttamente nei luoghi caldi delle piazze di spaccio, nelle Vele della 167 di Secondigliano. Dove l'iniziazione di ragazzini alle attività camorristiche è pane quotidiano, dove sparare in fronte a traditori e nemici è un'opera leggitima, che assume connotati di preoccupante normalità, perdendo ogni traccia di delittuosità. Gli attori professionisti svolgono quasi un ruolo marginale rispetto a quelli "presi dalla strada", che impreziosiscono una pellicola senza bisogno alcuno di recitare, mettere in scena qualcosa. La loro naturalezza è il modo migliore per apprezzare a pieno una periferia controversa e pericolosa.
Garrone gioca sapientemente con i primi piani dei protagonisti e con i contrasti di alcuni paesaggi inquadrati. Bellissima la scena delle Vele dall'alto presidiate dai giovani camorristi, dove c'è un unico terrazzo colorato da bambini intenti a schizzarsi in una piscina gonfiabile.
E' appunto il contrasto l'elemento pregnante di Gomorra film, come di Gomorra libro. Il contrasto tra il giusto e l'ingiusto, in queste terre del tutto capovolto. Inoltre la camorra per la prima volta con quest'opera diventa pane quotidiano di tutti. Dal macellaio dell'aversano all'imprenditore veneto. Nessun tassello di quest'Italia è escluso dalla bramosia della Camorra. Finalmente un'opera che diventa spartiacque tra visioni antiche e nuove della criminalità organizzata, non più problema paesano, cittadino, regionale. Ma nazionale, europeo, mondiale. Un vortiche che parte dall'acqua per impastare il cemento e si conclude nei più grandi cartelli di spaccio di droga, non più unico business camorristico nell'immaginario collettivo. Infatti la nuova visione che si ha di questi ex-sanguinari napoletani è quella di moderni e vincenti imprenditori, che per accumulare potere e ricchezza usano le più avanzate tecniche di marketing e amministrazione.
Uno svecchiamento necessario all'immagine della Camorra, rimasta troppo ancora alle immagini de "Il Camorrista" di Tornatore e filtrata malamente da speciali in seconda serata delle più svariate emittenti televisive, buoni per ghettizzare e infamare solo una piccola parte della Nazione. Sbagliando mira e, soprattutto, creando un odio e un disprezzo per una cultura che non è dominata dalla camorra per esigenza, ma solo per mancanza d'alternativa. Giovani camorristi si diventa per necessità unica, non per vanità. E' la risposta a tutto questo è la mancanza di alternative, di cultura. La stessa che ha regnato l'informazione italiana prima del libro di Saviano.
Un sentito grazie prima di tutto a lui.
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(di giuseppe)
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antonello villani
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mercoledì 18 giugno 2008
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realismo estremo per un film necessario
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Ci voleva il talento di Matteo Garrone per trasformare le intense pagine di Roberto Saviano in angoscia filmica. Oltre due ore di realismo esasperato tra le strade di Scampia e le discariche abusive dove vengono regolarmente sversati rifiuti tossici con la connivenza delle istituzioni. Perché il dramma della spazzatura a Napoli e dintorni ha radici lontane, trova terreno fertile negli ambienti malavitosi che pur di ingrossare i portafogli sono disposti ad avvelenare la Campania Felix. Le vicissitudini di un cassiere che per conto della camorra paga gli “assegni familiari”, un sarto che rischia la vita facendo lezioni di taglio e cucito ai cinesi, il battesimo di sangue per un ragazzino che passa dalla parte dei cattivi, due cani sciolti che giocano a fare i duri con armi in pugno e piccole rapine, un imprenditore che fa affari con le aziende del Nord Italia: storie di straordinaria follia, il crimine sembra la regola in un territorio che non conosce leggi se non quella del più forte.
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Ci voleva il talento di Matteo Garrone per trasformare le intense pagine di Roberto Saviano in angoscia filmica. Oltre due ore di realismo esasperato tra le strade di Scampia e le discariche abusive dove vengono regolarmente sversati rifiuti tossici con la connivenza delle istituzioni. Perché il dramma della spazzatura a Napoli e dintorni ha radici lontane, trova terreno fertile negli ambienti malavitosi che pur di ingrossare i portafogli sono disposti ad avvelenare la Campania Felix. Le vicissitudini di un cassiere che per conto della camorra paga gli “assegni familiari”, un sarto che rischia la vita facendo lezioni di taglio e cucito ai cinesi, il battesimo di sangue per un ragazzino che passa dalla parte dei cattivi, due cani sciolti che giocano a fare i duri con armi in pugno e piccole rapine, un imprenditore che fa affari con le aziende del Nord Italia: storie di straordinaria follia, il crimine sembra la regola in un territorio che non conosce leggi se non quella del più forte. Dove non arrivano le pistole ci pensano i camorristi in doppio petto a completare l’opera di un sistema che ha fatto 4.000 mila morti in meno di trent’anni. Garrone è stupefacente nel raccontare il dramma quotidiano di chi vive nella paura di essere ammazzato o gira per le strade con il giubbotto antiproiettile. Alla fine è tutto un contare di soldi, per quelle banconote si è disposti a vendere l’anima al diavolo. E a sparare il vicino di casa.
Antonello Villani
(Salerno)
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gigihno
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mercoledì 18 giugno 2008
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riflettiamo...
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Vogliamo parlare del film in se stesso?
GOMORRA è un film crudo, tosto, appassionante e è anche un documento coinvolgente (che male c'è in questa fusione?), girato con una tecnica "viva" che scende nei particolari, che fa sentire le emozioni, il respiro affannato dei personaggi e che personalmente trovo molto più adatta a descrivere questo tipo di situazioni di quelle tradizionali dalle inquadrature standard.
Vogliamo parlare della realtà di cui tratta?
Sicuramente la reltà descritta è dura da accettare per napoletani e non, ma gli scugnizzi di scampia che aspirano a diventare boss non affollano le vie tutte della Campania fortunatamente. Qui è raccontata la melma, il lato peggiore di Napoli proprio per farne una denuncia:nei confronti degli italiani, delle istituzioni, dei napoletani stessi.
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Vogliamo parlare del film in se stesso?
GOMORRA è un film crudo, tosto, appassionante e è anche un documento coinvolgente (che male c'è in questa fusione?), girato con una tecnica "viva" che scende nei particolari, che fa sentire le emozioni, il respiro affannato dei personaggi e che personalmente trovo molto più adatta a descrivere questo tipo di situazioni di quelle tradizionali dalle inquadrature standard.
Vogliamo parlare della realtà di cui tratta?
Sicuramente la reltà descritta è dura da accettare per napoletani e non, ma gli scugnizzi di scampia che aspirano a diventare boss non affollano le vie tutte della Campania fortunatamente. Qui è raccontata la melma, il lato peggiore di Napoli proprio per farne una denuncia:nei confronti degli italiani, delle istituzioni, dei napoletani stessi.
Io sono napoletano e questo film lo avverto come una sveglia, un campanello d'allarme che dovrebbe suonare alle orecchie di chi ha il potere di intervenire per cambiare le cose e ridare nuova dignità a quella che unanimamente potrebbe essere riconosciuta come la città più bella del mondo...Nel film non è ben accentuato il contrasto stridente tra la bellezza intrinseca della città, dei luoghi e della genuinità dei "veri" napoletani e quello che viene invece sbattuto in faccia allo spettatore...una scelta ben precisa di Garrone che ha preferito non riproporre la solita icona, fin troppo utilizzata, che vede il panorama vesuviano stagliarsi sullo sfondo di cumuli di immondizia: grazie.
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catullo
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martedì 9 novembre 2010
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un capolavoro neorealista
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Si può certamente affermare che "Gomorra" sia un film neorealista che rappresenta una realtà drammatica in modo diretto e scarno e il film per la sua forza espressiva ti coinvolge al punto che è come se noi seguissimo personalmente questa realtà dall'interno del film . E' incredibile che vi sia della gente che sia rimasta scandalizzata e indignata per questa rappresentazione cruda di una realtà nota.... gente che evidentemente vive in un altro pianeta o chiude gli occhi di fronte all'evidenza. Purtroppo ciò che succede nel film succede nella realtà ogni giorno e non solo a Napoli ma in tante altre città in particolare al sud anche se il nord non ne è certamente esente.Il film scorre velocemente togliendo a volte il respiro col susseguirsi delle scene crudemente violente fino alla conclusione drammatica dei due ragazzi che da soli hanno voluto fare concorrenza al potere camorrista.
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Si può certamente affermare che "Gomorra" sia un film neorealista che rappresenta una realtà drammatica in modo diretto e scarno e il film per la sua forza espressiva ti coinvolge al punto che è come se noi seguissimo personalmente questa realtà dall'interno del film . E' incredibile che vi sia della gente che sia rimasta scandalizzata e indignata per questa rappresentazione cruda di una realtà nota.... gente che evidentemente vive in un altro pianeta o chiude gli occhi di fronte all'evidenza. Purtroppo ciò che succede nel film succede nella realtà ogni giorno e non solo a Napoli ma in tante altre città in particolare al sud anche se il nord non ne è certamente esente.Il film scorre velocemente togliendo a volte il respiro col susseguirsi delle scene crudemente violente fino alla conclusione drammatica dei due ragazzi che da soli hanno voluto fare concorrenza al potere camorrista. I personaggi quasi tutti presi dalla strada rappresentono se stessi in modo convincente sotto l'abile regia di Garrone che con questo capolavoro si rivela grande regista da cui ci si aspetta altri capolavori futuri.
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thebalrog
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sabato 17 maggio 2008
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un bel film... reale
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Non è il solito film di mafia, qui lo spettatore sembra assistere in prima persona a ciò che accade, si assorbe tutta la cupezza e la disperazione che c'è nei luoghi in cui sono ambientate le storie (peraltro tutte vere visto che gran parte di quello che c'è scritto nel libro è preso da documenti ufficiali). Sono della provincia di Caserta ed è da quando ho imparato a leggere che so che la mia è una delle zone più pericolose e degradate credo d'Europa; ma bastava uscire fuori provincia, per accorgermi di come nessuno sapesse niente perché i fatti di cronaca erano (e continuano ad essere) relegati alla stampa locale. Con questo film tutta l'Italia conoscerà cosa accade da queste parti e credo che sarà un bene perché l'attenzione non è mai gradita da chi deve lavorare di nascosto.
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Non è il solito film di mafia, qui lo spettatore sembra assistere in prima persona a ciò che accade, si assorbe tutta la cupezza e la disperazione che c'è nei luoghi in cui sono ambientate le storie (peraltro tutte vere visto che gran parte di quello che c'è scritto nel libro è preso da documenti ufficiali). Sono della provincia di Caserta ed è da quando ho imparato a leggere che so che la mia è una delle zone più pericolose e degradate credo d'Europa; ma bastava uscire fuori provincia, per accorgermi di come nessuno sapesse niente perché i fatti di cronaca erano (e continuano ad essere) relegati alla stampa locale. Con questo film tutta l'Italia conoscerà cosa accade da queste parti e credo che sarà un bene perché l'attenzione non è mai gradita da chi deve lavorare di nascosto... Anche se ieri, per l'ennesima volta, proprio nel giorno di uscita del film, c'è stato un omicidio a Castelvolturno, a distanza di una settimana da quello del padre di un pentito, e la stampa nazionale non ne ha dato notizia, si trattava di un imprenditore che aveva denunciato i suoi estorsori...
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michele ghiotti
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domenica 18 maggio 2008
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gomorra, una retropoli verghiana
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L'ho trovato così "verghiano".
Si viene catapultati in un altro mondo, un ecosistema alternativo, un sistema chiuso impenetrabile. Geniale la scelta dei sottotitoli: sia per la volontà documentaristica che (soprattutto)per il senso di estraneità.
Siamo spettatori passivi, cerchiamo un personaggio in cui
identificarci o con cui schierarci, ma non ci riusciamo.
Una "morale dell'ostrica" moderna regola tutti gli eventi: gli ordini sono indiscutibili, imperversa la guerra fra le bande e bisogna schierarsi. C'è che ci cerca di allontanarsi dal suo scoglio, ma viene inghiottito dall'oceano. Come Marco e Ciro, che non vogliono stare "sotto alla gente", che vogliono farsi la propria banda e sparano, sparano, sparano, giocando, forse, ma col fuoco.
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L'ho trovato così "verghiano".
Si viene catapultati in un altro mondo, un ecosistema alternativo, un sistema chiuso impenetrabile. Geniale la scelta dei sottotitoli: sia per la volontà documentaristica che (soprattutto)per il senso di estraneità.
Siamo spettatori passivi, cerchiamo un personaggio in cui
identificarci o con cui schierarci, ma non ci riusciamo.
Una "morale dell'ostrica" moderna regola tutti gli eventi: gli ordini sono indiscutibili, imperversa la guerra fra le bande e bisogna schierarsi. C'è che ci cerca di allontanarsi dal suo scoglio, ma viene inghiottito dall'oceano. Come Marco e Ciro, che non vogliono stare "sotto alla gente", che vogliono farsi la propria banda e sparano, sparano, sparano, giocando, forse, ma col fuoco.
E poi c'è Totò, che avrà al massimo sedici anni e che risponde agli scissionisti "vediamo cosa si può fare", Totò che vuole lavorare per i grandi e che indossa il giubotto anti-proiettili per il "colloquio di lavoro", Totò che è un po' Pin di Calvino e un po' Rosso Malpelo di Verga.
Garrone ferma la macchina e ci fa scendere a Gomorra con una pistola puntata alla tempia. Non abbiamo tempo di pensare: la realtà è davanti ai nostri occhi e basta.
Gomorra, un mondo a parte, un campo di battaglià, una retropoli, una città che sta dietro, una città che a differenza di quella biblica non vede nessun angelo dalla spada di fuoco.
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