Gomorra |
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Un film di Matteo Garrone.
Con Toni Servillo, Gianfelice Imparato, Maria Nazionale, Salvatore Cantalupo, Gigio Morra.
continua»
Drammatico,
durata 135 min.
- Italia 2008.
- 01 Distribution
uscita venerdì 16 maggio 2008.
MYMONETRO
Gomorra
valutazione media:
4,02
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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iL SOLE NON ILLUMINA NAPOLIdi coachCFeedback: 0 |
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martedì 20 maggio 2008 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
I primi 15" di un singolo, le prime righe di un libro, il primo fotogramma di un film. Quanto conta l'inizio di una rappresentazione, cosa lascia nella nostra immaginazione il modo in cui "lo spettacolo" inizia? Gomorra contraddice le regole del rappresentare, o almeno una: la luce abbagliante, con cui il film di Matteo Garrone inizia, non trova replica, non introduce nel "colore" del film. Gomorra è livido, vive nei toni opachi, scuri della pellicola, è il dolore strisciante che si dipana dal reticolo plurale delle sue storie. Ed ha una sola logica, biochimica, inarrestabile, la propagazione rizomatica della metastasi. Gomorra non conosce luce. L'abbagliare violento del suo inizio "a raggi uva" funziona a rovescio, non indroduce a qualcosa, chiude, sbarra le porte dietro i protagonisti, li porta nel girone dantesco del Texas-partenopeo. Il prosieguo è tutto un saltellare cinematografico, un pogo dodecafonico nello scontro tra povertà e ricchezza. La povertà economica, culturale, esistenziale dei personaggi, tutti; e la ricchezza, solo economica del "sistema" e di chi lo rappresenta. Storie invece che storia. Perchè la Storia, quella con la maiuscola, il film la spiega solo indirettamente: è la storia del "Sistema", di un qualcosa che è riassunto indistinto della trama, la tela di un ragno, la propagazione di una metastasi che riesce ad entrare, prima ancora che nel sistema di relazioni umane, interpersonali, economiche, politiche, nel sangue, nei tessuti, nel cervello delle persone. Il cuore no, quello Garrone e Saviano lo tengono fuori. Lasciano in preda alla totale solitudine l'unico personaggio che osa dire no, "l'assitente" di Toni Servillo, e non per chiudere ogni spiraglio alla speranza. A quel punto il film è oltre la metastasi, è divenuto una autopsia, ed il cuore in quel momento non può più battere. Farlo pulsare ancora avrebbe avuto il valore di un happy ending che non vogliono proprio concedere e concedersi. Meglio tornare allora alla luce iniziale, alle lampade abbrozzanti del primo fotogramma: lo scintillio fatuo di quella luce-non luce è forse la misura di come non possa esserci, e bene sottolinearlo, "ancora", oggi, qui ed ora, liberazione dal sistema. Quella luce è feticcio, è la matrice dispersa di Braudillard. Non riuscire a distinguere la sua natura artificiale, l'evidenza di come, all'interno di un film livido e scuro, essa sia la sola luce, rappresenta la metafora di un qualcosa che nel libro è debordante e nel film complemamente assente, il rapporto tra "Il Sistema" e la politica. Il film di Garrone è metapolitico, traduce perfettamente la distorsione dei comportamenti individuali, micropolitici, del Sistema, ma lascia solo immaginare il resto, lo presenta sotto forma di luce/rolex-finto. Il resto, la liberazione, è nella luce, quella vera, ora assente. E mai metafora fu più appropriata.
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