Come dio comanda |
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Un film di Gabriele Salvatores.
Con Elio Germano, Filippo Timi, Fabio De Luigi, Angelica Leo, Vasco Mirandola, Ludovica Di Rocco, Alvaro Caleca, Alessandro Bressanello
Drammatico,
durata 103 min.
- Italia 2008.
- 01 Distribution
uscita venerdì 12 dicembre 2008.
MYMONETRO
Come dio comanda
valutazione media:
2,96
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Incontro ravvicinato con i sentimenti estremi
di Paolo D'Agostini La Repubblica
Gabriele Salvatores torna a collaborare con Niccolò Ammaniti e a ispirarsi a un suo romanzo. Dopo Io non ho paura, il Premio Strega Come Dio comanda. Tra le centinaia di pagine del libro, che ha un avvio superbamente incisivo (conservato alla lettera dal film) ma un epilogo che non lo è altrettanto (e il film ci ha messo del suo, una conclusione più rotonda e anche più ottimista), tra le sue molte situazioni e digressioni, il regista ha scelto e ha escluso con piglio sicuro. Parecchi i motivi portanti della storia. L' ambiente e il clima, opposti a quelli del romanzo e del film precedenti: sud dalla luce abbagliante e dal caldo soffocante lì, nordest buio, freddo e bagnato qui. E poi la violenza, l' odio, la rabbia di chi non ha verso chi ha, di tutti contro tutti. Ma soprattutto l' amore esclusivo, fondato sull' ostilità, la sfiducia, il disprezzo verso il mondo, malato e malsano tra un padre e suo figlio: malato ma sicuramente intenso e profondo. Punto di convergenza del resto, sia pur in contesti ribaltati, con la stessa attenzione portata da Ammaniti nell' altro romanzo alle aspettative che un figlio rivolge al padre. È qui che Salvatores si è concentrato. Sui due personaggi di Rino e Cristiano Zena (Filippo Timi e Alvaro Caleca): un giovane uomo spiantato ed emarginato, cultore della forza e attaccabrighe, xenofono, misogino e nazista, pazzamente innamorato solo di suo figlio che, sia pur temendolo, lo ricambia e lo asseconda in tutto. Lo considera il suo modello, il suo Dio. Conserva però dal libro molto rilievo anche il personaggio di Quattro Formaggi, un povero infelice affiliato alla famiglia Zena che sarà causa di un tragico precipitare di eventi (Elio Germano). L' impressione d' insieme è che Io non ho paura (film) fosse più compatto e compiuto, più felice. Detto con tutta la consapevolezza e l' apprezzamento per un film di fattura elaborata e di soluzioni visive (fotografia di Italo Petriccione) ricavate da situazioni difficili e contrarie: notte, pioggia. Salvatores ha assecondato l' ispiratore e collaboratore (Ammaniti firma anche il copione) aggiungendo la propria sensibilità a un incontro ravvicinato con le forme più estreme e pericolose, nocive per l' altro e autolesioniste, che può assumere un sentimento autentico. La premura di un padre, la devozione di un figlio. L' amore insomma. Comunque riscattato, forse con una determinante sfumatura - aggiunta dal regista - di ripensamento verso le (proprie, generazionali: Gabriele è del ' 50) rivoluzionarie ripulse giovanili antifamiliari che hanno lasciate in sospeso domande cui non si è poi saputo rispondere se non con superficiali e ipocriti atteggiamenti libertari e permissivi, in fin dei conti indifferenti. A lasciare qualche dubbio è l' inevitabile curiosità verso i segreti di bottega: l' immaginare una composizione del cast entusiasmante ma anche sofferente. Potevano essere gli eccellenti, perfino perfezionisti Timi e Germano, ma potevano essere anche altri. Che avrebbero condotto i loro personaggi altrove, chissà con quale esito. Ottimo Fabio De Luigi nel suo ruolo laterale di assistente sociale.
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