Richard O.

Richard O. ha agganciato una donna in un bar. La porta in una camera dove lei gli chiede di essere stuprata nel sonno. L'uomo invece la riprende con una videocamera. Al risveglio la donna si infuria e lo getta a terra facendogli battere la testa. Richard O. è morto.
Non vi preoccupate. Non vi abbiamo raccontato la fine del film bensì l'inizio. È da qui che si parte per raccontare l'ossessione di un uomo per il sesso consumato in tutti i luoghi e modi possibili. Richard ha un amico decisamente alto e altrettanto decisamente poco attraente. È lui che gli procura le donne sembrando destinato a non averne una per sé. Ma le cose non vanno sempre come si pensa dovrebbero andare.
Mathieu Amalric offre il suo corpo alla ricerca sulla sessualità di Odoul. È interessante vedere come questo attore sia passato con naturalezza dalla rigidità coatta di un fisico immobilizzato dalla malattia di Le scaphandre et le papillon alla coazione a ripetere di coiti mostrati in tutta la loro materialità. Perché a Richard O. non interessano le persone. È il bisogno continuo di corpi nuovi da consumare in forme nuove che costituisce il suo motivo d'esistere ma, anche, di distruggersi. Il regista Odoul pensa che le forme della sessualità possano e debbano essere diverse. Il gioco e il sentimento non vanno esclusi. È su questa base che ci propone di osservare le dinamiche di un'attività compulsiva che non riesce mai a trovare soddisfazione completa, bisognosa com'è di un nuovo ostacolo da superare. Amalric ci propone una convincente performance attoriale e, perché no, sessuale in un film che non supera del tutto il rischio della prevedibilità. 