monicamondini
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sabato 15 marzo 2008
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il film ci è piaciuto perché era da grandi
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Cari Valeria e Fulvio,
sono Monica, insegnante di scuola elementare. Ci siamo fugacemente conosciuti dopo la proiezione del vostro film alla Multisala Novecento di Cavriago (Reggio Emilia). Per prima cosa desidero farmi portavoce del sincero apprezzamento da parte della mia classe (la 5^B) per la vostra opera. L’indomani ho chiesto loro di redigere, in piccoli gruppi, una “recensione” del film. Ho trascritto i loro elaborati senza operare correzioni sostanziali e li ho allegati a questa mail.Vi invito a leggerli, perdonerete qualche imprecisione, qualche zoppia sintattica, ma coglierete senz’altro la spontaneità dei loro commenti e giudizi. Io ne sono rimasta stupita. Ecco qui di seguito alcuni estratti:GRUPPO 1 (…)Un episodio del film che ci ha molto colpito è stata la scena quando con padelle i due compagni scivolavano giù dalle montagne di carbone sfidando i loro nuovi amici.
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Cari Valeria e Fulvio,
sono Monica, insegnante di scuola elementare. Ci siamo fugacemente conosciuti dopo la proiezione del vostro film alla Multisala Novecento di Cavriago (Reggio Emilia). Per prima cosa desidero farmi portavoce del sincero apprezzamento da parte della mia classe (la 5^B) per la vostra opera. L’indomani ho chiesto loro di redigere, in piccoli gruppi, una “recensione” del film. Ho trascritto i loro elaborati senza operare correzioni sostanziali e li ho allegati a questa mail.Vi invito a leggerli, perdonerete qualche imprecisione, qualche zoppia sintattica, ma coglierete senz’altro la spontaneità dei loro commenti e giudizi. Io ne sono rimasta stupita. Ecco qui di seguito alcuni estratti:GRUPPO 1 (…)Un episodio del film che ci ha molto colpito è stata la scena quando con padelle i due compagni scivolavano giù dalle montagne di carbone sfidando i loro nuovi amici. Secondo noi gli autori hanno realizzato questo film per rappresentare la povertà in Italia molto tempo fa. Per noi questa proiezione è stata attraente e istruttiva, ma l’ultima parte è stata un po’ deludente perché è finita improvvisamente. (…)Lucrezia Arianna Wafaa Giovanni
GRUPPO 2 (…) La scena che ci piace di più è quando esplode la miniera, perché è la più coinvolgente e la più avventurosa. Questo film ci insegna che lavorare nelle miniere era una crudeltà e che per colpa del bisogno dei soldi si era disposti a rischiare la propria vita. Secondo noi gli autori hanno realizzato questo film pe farci rendere conto come era faticoso, difficile e rischioso lavorare in miniera. Questo film, per noi, è in parte istruttivo, in parte avventuroso e in parte drammatico. (…) Matilde Michele Anass
GRUPPO 3 (…) La scena che ci ha colpito di più è stata quella della scuola in Belgio. Il film spiega che negli anni sessanta molti padri italiani migravano in Belgio e spiega il duro lavoro dei minatori.
Noi daremmo al film un sei per il montaggio perché le scene si tagliavano troppo presto. (…) Hajar Lorenzo Vanessa William
GRUPPO 4 (…) Armando è un bambino orgoglioso del suo paese e parla anche in dialetto lucano.
Sua mamma (l’attrice Valeria Vaiano) era speranzosa. Un alunno intervistato ci ha riferito:”La scena che mi ha colpito di più è stata quando il padre di Armando (Franco Nero), tornato dalla miniera, piangeva per il mal di schiena.” Secondo la 5° B il film spiega la fatica dei nostri antenati italiani emigrati delle miniere ognuno per la propria famiglia. Gli autori l’hanno realizzato per spiegare la storia dell’Italia negli anni 60. Un’alunna intervistata ci dice:”E’stato un film molto interessante, che mi ha colpito ed io l’ho trovato piacevole” (…) Elena Ilaria Sabrina Alessandro
GRUPPO 5 (…) Per noi è stata istruttiva la scena in cui è crollata la miniera. Questo film spiega com’era dura la vita ai vecchi tempi. Il film è proprio educativo. Manuel Mark Luca
GRUPPO 6(…) Il film parla di famiglie povere che emigrano in Belgio per fare fortuna. Questa è la vita negli anni sessanta nella Lucania. La madre di Armando, Vitina, si occupa della famiglia mentre il padre lavora in miniera con i figli maggiori. Armando ed Egidio, intanto, vanno a scuola con compagni stranieri e si fidanzano. La scena che ci ha colpito di più è quella in cui gli emigrati telefonano al paese dal Belgio. Questo film insegna che è difficile adattarsi a culture diverse e gli autori lo hanno realizzato per far capire che siamo tutti di culture diverse. Il film ci è piaciuto perché era da grandi. Giulia Niccolò Antonio Tarnvir
GRUPPO 7 (…) La scena che ci ha colpito di più è stata quando hanno detto la parola “cagasotto”.
Questo film vuole spiegare come era dura la vita in Italia quaranta anni fa.Gli autori l’hanno realizzato per far vedere la povertà in Italia. Il film era commovente ma anche bello perché realistico. Asia Sara Erika
Ricordete forse che accennai al fatto che con la mia e altre classi stiamo lavorando a un progetto di recupero della “memoria”, del suo significato e del suo valore, insieme con gli anziani del ricovero e del centro diurno del paese. E’ un’esperienza tutto sommato semplice, ma molto coinvolgente. Certo questo territorio ha un passato fortemente contadino, ma dai racconti degli anziani di famiglia e della Casa Protetta, sono emerse dal tempo realtà come il lavoro femminile e lo sfruttamento delle mondine, l’artigianato e il commercio e l’emigrazione. Da qui i più andavano in Francia, ma non solo. Anche noi abbiamo avuto i nostri mineurs! Stupefacente, poi, come le pratiche dell’agricoltura e dell’allevamento a livello familiare siano affini a quelle narrate dai nonni dei numerosi alunni stranieri (nordafricani e indiani). Molte e molte memorie, oggetti, foto e riflessioni sono saltati fuori in un’atmosfera di grande tenerezza negli incontri tra vecchi e bambini. Se dovessero interessarvi, potremo approfondire Intanto vi saluto, augurandovi un grosso in bocca al lupo per il successo del vostro film (la scolara Matilde si è sincerata di poter assistere alla premiazione dei David alla tele…) Grazie Monica Mondini
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stensen 2
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martedì 8 aprile 2008
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i cafoni siamo noi italiani brava gente.
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La storia dell’Italia del dopoguerra. Che passa dal sud e arriva al nord. Non solo Torino e Milano, le grandi fabbriche. Passa le Alpi e sfocia in Belgio. Le plat pays di Jacques Brel. Che più triste non si può. Che ci fa un sudista mediterraneo, sole e cuore, in quella terra di nessuno, battuta dal vento e intrisa di piogge e nuvole grigie? Ci va a sopravvivere, a mandare i soldi a casa, a mantenere la famiglia. I cafoni siamo noi italiani brava gente. Gli emigranti. I clandestini. I poveracci nelle baracche e sprofondati nelle miniere di carbone. Dove si muore di grisu e ci si ammala di silicosi. Neanche un’epoca fa. Appena dietro l’angolo. Anni sessanta. Tanta forza lavoro e tanto carbone per la nostra economia in odore di boom.
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La storia dell’Italia del dopoguerra. Che passa dal sud e arriva al nord. Non solo Torino e Milano, le grandi fabbriche. Passa le Alpi e sfocia in Belgio. Le plat pays di Jacques Brel. Che più triste non si può. Che ci fa un sudista mediterraneo, sole e cuore, in quella terra di nessuno, battuta dal vento e intrisa di piogge e nuvole grigie? Ci va a sopravvivere, a mandare i soldi a casa, a mantenere la famiglia. I cafoni siamo noi italiani brava gente. Gli emigranti. I clandestini. I poveracci nelle baracche e sprofondati nelle miniere di carbone. Dove si muore di grisu e ci si ammala di silicosi. Neanche un’epoca fa. Appena dietro l’angolo. Anni sessanta. Tanta forza lavoro e tanto carbone per la nostra economia in odore di boom. Il fi lm di Wetzl sta dalla parte e dall’occhio dei bambini. Come insegnava il neorealismo i bambini ci guardano. E guardano cosa succede in questa metafora dell’esistenza con la loro ottica disinvolta, coraggiosa, sanamente possibilista. Dalla Lucania in Belgio il viaggio è lungo. Tre giorni di sofferenza, sudore e immane fatica. Da un vagone all’altro. Da una stazione all’altra. Sradicati dalla loro terra gli uomini e le donne e i bambini di Wetzl, che nascono da storie vere e testimonianze dirette, vivono una quotidianità dura e epocale, semplice e crudele, mista di rabbia, dolore, passione, povertà, voglia di farcela. Wetzl fa un cinema civile. Impegnato. Sollecito. Documentato. Trasparente. Attento alle storie e alle psicologie dei suoi personaggi. Mai abbandonati e sorteggiati a caso. Una sensazione di coerenza morale prima che visiva emana dal suo cinema, visto e contrappuntato dallo sguardo “debole” dell’infanzia. Prodotto coinvolgendo diciassette
istituzioni, dalla Basilicata al Limburgo, girato nei luoghi veri che quegli uomini videro in casa e stranieri, addolcito dai riferimenti ai versi del poeta Sinisgalli e alle immagini di Paul Meyer (celebre documentarista fi ammingo), Mineurs, che nel titolo francese raccoglie emblematicamente la doppia valenza di signifi cato “minori” e “minatori”, è interpretato oltre che da un gruppo di ragazzini tra i dieci e i dodici anni, da Valeria Vaiano (che firma anche la sceneggiatura) e da Franco Nero in gran forma.
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stensen
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mercoledì 2 aprile 2008
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da un vagone all'altro
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E’ la storia dell'Italia del dopoguerra. Che passa dal sud e arriva al nord. Non solo Torino e Milano, le grandi fabbriche. Passa le Alpi e sfocia in Belgio. Dalla Lucania in Belgio il viaggio è lungo. Tre giorni di sofferenza, sudore e immane fatica. Da un vagone all'altro. Da una stazione all'altra. Sradicati dalla loro terra gli uomini e le donne e i bambini di Wetzl, che nascono da storie vere e testimonianze dirette, vivono una quotidianità dura e epocale, semplice e crudele, mista di rabbia, dolore, passione, povertà, voglia di farcela. Wetzl fa un cinema civile. Impegnato. Sollecito. Documentato. Trasparente. Attento alle storie e alle psicologie dei suoi personaggi. Mai abbandonati e sorteggiati a caso.
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E’ la storia dell'Italia del dopoguerra. Che passa dal sud e arriva al nord. Non solo Torino e Milano, le grandi fabbriche. Passa le Alpi e sfocia in Belgio. Dalla Lucania in Belgio il viaggio è lungo. Tre giorni di sofferenza, sudore e immane fatica. Da un vagone all'altro. Da una stazione all'altra. Sradicati dalla loro terra gli uomini e le donne e i bambini di Wetzl, che nascono da storie vere e testimonianze dirette, vivono una quotidianità dura e epocale, semplice e crudele, mista di rabbia, dolore, passione, povertà, voglia di farcela. Wetzl fa un cinema civile. Impegnato. Sollecito. Documentato. Trasparente. Attento alle storie e alle psicologie dei suoi personaggi. Mai abbandonati e sorteggiati a caso. Mineurs, che nel titolo francese raccoglie emblematicamente la doppia valenza di significato "minori" e "minatori", è interpretato oltre che da un gruppo di ragazzini tra i dieci e i dodici anni, da Valeria Vaiano (che firma anche la sceneggiatura) e da Franco Nero in gran forma.
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ciccio capozzi
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mercoledì 9 aprile 2008
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il cuore della memoria
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In pieno accordo Italia-Belgio(1946),per cui ogni 50mila immigrati italiani,2500tn di carbone venivano date all’Italia,dalla Basilicata alcune famiglie si spostano nel Limburg,dove affrontano con dignità la sofferenza di essere immigrati.Ma con la forza di chi vuole riconosciuti i propri diritti.Il titolo ha una doppia traduzione:minatori,ma anche minori.E difatti l’occhio con cui il regista,anche sceneggiatore insieme a Valeria Vaiano,guarda è quello dei bambini.Nella prima parte,ambientata in Basilicata,descrive la vita di una comunità attraversata dal dramma della povertà e dell’emigrazione:ma senza pietismi.Si sofferma con attenta efficacia sull’insieme delle famiglie e degli ambienti sociali,ivi presenti, sempre letti dai bambini:inquadrati all’interno di quell’apparente linearità esistenziale che coglie il nesso profondo della vita di una collettività.
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In pieno accordo Italia-Belgio(1946),per cui ogni 50mila immigrati italiani,2500tn di carbone venivano date all’Italia,dalla Basilicata alcune famiglie si spostano nel Limburg,dove affrontano con dignità la sofferenza di essere immigrati.Ma con la forza di chi vuole riconosciuti i propri diritti.Il titolo ha una doppia traduzione:minatori,ma anche minori.E difatti l’occhio con cui il regista,anche sceneggiatore insieme a Valeria Vaiano,guarda è quello dei bambini.Nella prima parte,ambientata in Basilicata,descrive la vita di una comunità attraversata dal dramma della povertà e dell’emigrazione:ma senza pietismi.Si sofferma con attenta efficacia sull’insieme delle famiglie e degli ambienti sociali,ivi presenti, sempre letti dai bambini:inquadrati all’interno di quell’apparente linearità esistenziale che coglie il nesso profondo della vita di una collettività.In cui le stesse divisioni sociali sono presentate con un approccio non drammatico, ma quasi giocoso.Non è che la povertà o il dramma non esistano;anzi,il film le illustra con chiarezza.Ma qui si vuole giustamente mettere in evidenza l’appartenenza sociale e collettiva che essi riuscivano a comporre.Non ha senso parlare di radici se non si mette in corrispondenza la memoria con l’analisi e il confronto delle realtà che le formano:in questo senso la scelta degli autori del film,di far preludere questa articolata descrizione alle vicende migratorie,ha una sua giustificazione narrativa profonda. In questa chiave sono da leggere come un omaggio alla consapevolezza storica di appartenenza,insieme alle vicende,alle descrizioni di vita povera,anche l’attenta,direi amorevole cura con cui l’occhio attento del regista si è posato e ha descritto,e ci ha trasmesso la struttura fisica degli ambienti vitali dei suoi personaggi.Non è un mero abbellimento,ma la capacità di suggerirci le idee e le linee materiali del vissuto che appartengono al “cuore della memoria”(Omero)di chi lascia e deve andar via.Perchè anche la povertà vissuta entro un cuore antico,ma proprio,qual è quello della comunità di appartenenza,lascia meno strazio che vivere,con una relativa disponibilità di mezzi,ma lontani,“strappati” da quel cuore.Questa sofferenza non è oggetto di parole,ma è trasportata in profondità silenziose, ma sempre aperte:brava la Vaiano,anche attrice nel film,in alcune sfumature a riguardo.Questo sentire appartiene maggiormente alla sensibilità delle donne del film che,nella II parte,insieme ai bambini ne sono le protagoniste.Ma anche qui,pur nel focalizzare i protagonisti,il regista riesce sempre a cogliere la valenza collettiva.Così anche lo sguardo è attento e partecipe agli assetti materiali del vivere.La descrizione delle strutture è asciutta,ma incide profondamente sulla memoria:questo è il senso metanarrativo del confronto col film Già vola il fiore magro di Paul Meyer.La vita nel Limburg,nel suo esserci resa dall’immaginario infantile,ci è consegnata come una preziosa testimonianza storica.Ma la forza della storia,perché è fatta di carne e sangue,è di appartenere contemporaneamente alla fantasia e alla sua forza evocativa sotto forma di ideali utopici,di voglia di futuro.In questa prospettiva il film,oltre ad avere il suo fascino visivo,ha una sua precisa funzione di “agente di futuro”.Ci aiuta a non annullare la memoria dall’orizzonte del nostro futuro, quando abbiamo a che fare coi migranti di altre nazioni:essi oggi sono la personificazione del nostro sofferto passato collettivo di nazione.
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massimogiraldi
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giovedì 27 marzo 2008
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adolescenze aspre eppure piene di coraggio
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Una didascalia iniziale ricorda l'accordo intervenuto tra il governo italiano guidato da De Gasperi e quello belga per accogliere in Belgio un numero elevato di mano d'opera da impiegare in miniera in cambio della fornitura di gas all'Italia. E'un dato che non tutti conoscono (o ricordano) e delinea bene fin dall'inizio la cornice storica nella quale si muove il resto del racconto. La ricostruzione del piccolo paese lucano all'aprirsi dei Sessanta é di forte efficacia e inquadra con vivido, asciutto realismo quelle condizioni di precarietà sociale che obbligarono ad 'andare via', a farsi emigranti anche coloro che forse non volevano. Il copione ristabilisce il giusto equilibrio tra le due facce dell'Italia contemporanea, quella tutta lustrini del boom economico, e questa dove non si poteva pensare alle vacanze ma si guardava a come mantenere in piedi la famiglia, la casa, una vita dignitosa.
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Una didascalia iniziale ricorda l'accordo intervenuto tra il governo italiano guidato da De Gasperi e quello belga per accogliere in Belgio un numero elevato di mano d'opera da impiegare in miniera in cambio della fornitura di gas all'Italia. E'un dato che non tutti conoscono (o ricordano) e delinea bene fin dall'inizio la cornice storica nella quale si muove il resto del racconto. La ricostruzione del piccolo paese lucano all'aprirsi dei Sessanta é di forte efficacia e inquadra con vivido, asciutto realismo quelle condizioni di precarietà sociale che obbligarono ad 'andare via', a farsi emigranti anche coloro che forse non volevano. Il copione ristabilisce il giusto equilibrio tra le due facce dell'Italia contemporanea, quella tutta lustrini del boom economico, e questa dove non si poteva pensare alle vacanze ma si guardava a come mantenere in piedi la famiglia, la casa, una vita dignitosa. Pagine amare e dolorose che Wetzl ha il merito di riportare alla memoria non per farne ennesimo oggetto di lamento ma occasione per una riflessione seria, equilibrata, concreta. Senza urlare nè strepitare, il ricordo delle vite difficili di questi italiani dimenticati arriva diretto, immediato, affidato a repentini, palpitanti scatti di orgoglio, di rabbia, di non rassegnazione. E alla presenza di ragazzi che ricordano adolescenze aspre eppure piene di coraggio. La voglia di tenere comunque unita la famiglia, la presenza in Belgio di strutture ecclesiali molto solidali, l'accenno ai contrasti tuttora non sopiti tra italiani di diverse regioni, sono tutti spunti che si muovono tra cronaca e storia e compongono un affresco che lancia segnali di piccola, convinta autenticità.
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cinemagora
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martedì 1 luglio 2008
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une histoire pour comprendre et ne pas oublier
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Armando et Egidio sont de famille pauvre, Mario est le fils du médecin et Vito celui d'un sculpteur restaurateur athée d'œuvres religieuses. Ils jouent ensemble dans les ruelles et les placettes du village. Fernando, le maître d'école, est très proche des enfants, il les ouvre à la poésie tout en éduquant leur sens civique et moral. La Belgique est omniprésente dans la vie du village du fait du rapport avec les émigrants : il y a les conversations téléphoniques au poste public, mais aussi les conséquences des maladies causées par le travail dans la mine, telles la silicose.
Pour Armando et Egidio le jour du départ arrive. Le premier part avec sa mère retrouver les grands frères et le père qui sont mineurs depuis deux ans ; le second part avec toute sa famille.
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Armando et Egidio sont de famille pauvre, Mario est le fils du médecin et Vito celui d'un sculpteur restaurateur athée d'œuvres religieuses. Ils jouent ensemble dans les ruelles et les placettes du village. Fernando, le maître d'école, est très proche des enfants, il les ouvre à la poésie tout en éduquant leur sens civique et moral. La Belgique est omniprésente dans la vie du village du fait du rapport avec les émigrants : il y a les conversations téléphoniques au poste public, mais aussi les conséquences des maladies causées par le travail dans la mine, telles la silicose.
Pour Armando et Egidio le jour du départ arrive. Le premier part avec sa mère retrouver les grands frères et le père qui sont mineurs depuis deux ans ; le second part avec toute sa famille. Ce petit groupe emmène un grand crucifix, sculpté par le père de Vito et destiné aux processions des Italiens en Belgique.Les premiers contacts avec la communauté flamande sont plutôt délicats, tant pour les adultes que pour les enfants. Les adultes arrivent à se faire accepter grâce aux relations que nouent les femmes ; les enfants, eux, sont aidés par une institutrice progressiste qui tempère les méfiances initiales. Toutefois, leur intégration est définitivement acquise grâce aux jeux, les grandes courses sur les pentes des terrils, les seules collines dans la plaine du Limbourg. Puis, un jour, Armando convainc son père de l'emmener au fond de la mine, à plus de mille mètres sous terre. Un autre parcours initiatique.
J'ai vu ce film hier soir à Varese, tout près de Milan. Au début, j'ai apprecié tout de suite la musique et les mots des chansons d' Adamo, ainsi très touchants qui s'épousent bien avec l'histoire des émigrants italiens racontée et vécue par des enfants. Ces garçons protagonistes m'ont chargée d'emotion, car les souvenirs de ma jeunesse sont affleuris immédiatement.
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sonia bitonte
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mercoledì 18 marzo 2009
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emigrazione raccontata con equilibrio e generosità
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MINEURSdi Fulvio Wetzl Negli anni ’50 un gran numero di minatori cominciò ad emigrare dalla Basilicata verso il Belgio, terra ricca di distretti minerari e, proprio per questo, meta ambita per coloro che dovevano fare i conti con un’ esistenza disagiata. Una realtà comune a parecchie regioni dell’Italia meridionale del dopoguerra: perché allora non partire e mettere da parte i soldi necessari per garantire – a se stessi, ma soprattutto ai propri figli – un futuro più dignitoso? E’ da questa pagina di storia italiana che Fulvio Wetzl prende spunto per realizzare Mineurs ( scritto insieme a Valeria Vaiano), film dal taglio intimista il cui titolo indica già la doppia valenza sociale dei protagonisti: “minatori” ma anche “minori”.
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MINEURSdi Fulvio Wetzl Negli anni ’50 un gran numero di minatori cominciò ad emigrare dalla Basilicata verso il Belgio, terra ricca di distretti minerari e, proprio per questo, meta ambita per coloro che dovevano fare i conti con un’ esistenza disagiata. Una realtà comune a parecchie regioni dell’Italia meridionale del dopoguerra: perché allora non partire e mettere da parte i soldi necessari per garantire – a se stessi, ma soprattutto ai propri figli – un futuro più dignitoso? E’ da questa pagina di storia italiana che Fulvio Wetzl prende spunto per realizzare Mineurs ( scritto insieme a Valeria Vaiano), film dal taglio intimista il cui titolo indica già la doppia valenza sociale dei protagonisti: “minatori” ma anche “minori”. I primi attori della storia, perlomeno nella fase iniziale, sono quattro bambini prossimi all’ adolescenza: Armando ed Egidio, di estrazione popolare; Vito, figlio di un miscredente restauratore di artefatti religiosi; Mario, figlio del medico del paese. E’ attraverso il loro sguardo che lo spettatore segue lo sviluppo delle vicende. Il loro vissuto quotidiano si divide tra la strada (scenario naturale, spesso condiviso con cani, gatti, cavalli) e la scuola, dove vengono formati da Fernando, maestro fuori dagli schemi, dalla faccia pulita e dai buoni sentimenti, che racconta loro delle gesta di Garibaldi e che recita la poesia di Leonardo Sinisgalli “Monete rosse”, tanto amata dai bambini proprio perché parla di cose che capiscono…i giochi (che come le poesie circolano dappertutto e tutti li imparano). Con la trama poetica prendono vita racconti, Il “miracolo” di Vito che tinge l’ acqua dell’ acquasantiera con la tintura del sarto, il “sogno” di Violetta che vuole mandare al marito defunto l’occorrente per la barba e i sigari cubani, usando come corriere la bara di una conoscente. Wetzl, comunque, mantiene “vivo” il tema della migrazione verso il Belgio…Le telefonate al posto pubblico (che duravano intere giornate), gli strascichi delle malattie, dovute alla polvere, contratte in Belgio (la silicosi), che culminerà nella morte improvvisa dello zio Salvatore; le lezioni di storia del maestro Fernando (Garibaldi era emigrante). Dei quattro bambini solo Armando ed Egidio partono. Armando con la madre Vitina (Valeria Vaiano), si ricongiunge con il padre (Franco Nero) ed i due fratelli che lavorano in miniera da due anni, Egidio parte con l’ intera famiglia, suo padre Rocco (Cosimo Fusco) il sarto, sua madre Amelia e la sorellina Ilaria. Le due famiglie portano con esse due statue, un crocefisso ed una madonna, realizzate e regalate da mastro Giovanni, il padre di Vito. Queste statue, destinate alle processioni italiane in Belgio, simboleggiano l’ unione esistente tra Lucania e Fiandre, dimostrando la capacità delle comunità italiane nel ritrovare in qualsiasi parte del mondo, coordinate di identità ed appartenenza. Sarà proprio il lungo viaggio in treno verso le terre del Limburgo a giocare all’ interno del film, il ruolo di spartiacque: il mondo degli adulti, fino a quel momento “scavalcato” dalle gesta dei ragazzini, assume un ruolo più deciso. Arrivati in terra fiamminga, sono infatti i genitori a dover gestire per primi la difficile integrazione con i cittadini locali. (segue)
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arcireport
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sabato 14 marzo 2009
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quotidianità di scuola e giochi presto travolta
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Sul tema dell'emigrazione italiana in Belgio
segnaliamo un altro film che ha recentemente
riportato all'attenzione del pubblico questo
capitolo di storia nazionale: Mineurs (114',
2007), frutto della collaborazione del regista
Fulvio Wetzl con l'attrice Valeria Vaiano. Il titolo
ha una doppia valenza, significando, in
francese, sia 'minatori' che 'minori'. La scelta
non è casuale, perché il film, ambientato nei
primi anni ‘60, si sofferma in particolare sul
punto di vista di quattro bambini lucani, la cui
quotidianità di scuola e giochi è presto travolta
dal viaggio che porta due di loro verso le
miniere di carbone del Limburgo, dove vivono
da tempo i padri emigrati.
La chiave intimista che caratterizza Mineurs,
e la limitatezza del budget con cui è stato realizzato,
non hanno impedito che si riuscisse a
documentare una pagina che a stento si rintraccia
nei libri di storia: quella di un flusso
migratorio alimentato da una grande campagna
propagandistica, che spinse migliaia di
italiani ad abbandonare la propria terra per le
baracche umide e fangose di un Belgio ben
poco accogliente.
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Sul tema dell'emigrazione italiana in Belgio
segnaliamo un altro film che ha recentemente
riportato all'attenzione del pubblico questo
capitolo di storia nazionale: Mineurs (114',
2007), frutto della collaborazione del regista
Fulvio Wetzl con l'attrice Valeria Vaiano. Il titolo
ha una doppia valenza, significando, in
francese, sia 'minatori' che 'minori'. La scelta
non è casuale, perché il film, ambientato nei
primi anni ‘60, si sofferma in particolare sul
punto di vista di quattro bambini lucani, la cui
quotidianità di scuola e giochi è presto travolta
dal viaggio che porta due di loro verso le
miniere di carbone del Limburgo, dove vivono
da tempo i padri emigrati.
La chiave intimista che caratterizza Mineurs,
e la limitatezza del budget con cui è stato realizzato,
non hanno impedito che si riuscisse a
documentare una pagina che a stento si rintraccia
nei libri di storia: quella di un flusso
migratorio alimentato da una grande campagna
propagandistica, che spinse migliaia di
italiani ad abbandonare la propria terra per le
baracche umide e fangose di un Belgio ben
poco accogliente.
La produzione del film, dopo un lavoro di
ricerca in Basilicata come nel Limburgo durato
più di un anno, è riuscita a coinvolgere oltre
cinquecento persone, tutte legate sul piano
emotivo alle vicende rappresentate: figli e
nipoti di minatori, che si sono impegnati affinché
il progetto fosse portato a termine.
Accanto ai molti attori non professionisti,
anche un volto noto come Franco Nero, oltre
che la stessa Valeria Vaiano, interprete e
coautrice del film.
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davide rossi
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mercoledì 18 marzo 2009
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superare con slancio educativo le difficoltà
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Tra le tante e meritorie pellicole selezionate va segnalato Minatori di Fulvio Wetzl, tra le attici Chiara Lostaglio, solare giovane volto lucano. La storia ben ricostruita, si dipana tra la Basilicata e il Belgio, era ieri, in un’Europa lontana, lontanissima, sebbene i temi affrontati siano in nuove forme assolutamente attuali. Da una parte la decorosa vita di paese del nostro meridione dei primi anni sessanta, dal telefono pubblico che porta raramente la voce degli emigrati ai loro cari, al negozietto di prodotti alimentari, alla vita con le sue umili professioni e le processioni popolari, dall’altro la durezza di una terra di carbone e di cieli lividi e grigi, di profonde miniere, ma anche di precari e stentati alloggi, di “terril”, collinette formate dagli scarti dell’estrazioni, come solo luogo di gioco per i ragazzi.
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Tra le tante e meritorie pellicole selezionate va segnalato Minatori di Fulvio Wetzl, tra le attici Chiara Lostaglio, solare giovane volto lucano. La storia ben ricostruita, si dipana tra la Basilicata e il Belgio, era ieri, in un’Europa lontana, lontanissima, sebbene i temi affrontati siano in nuove forme assolutamente attuali. Da una parte la decorosa vita di paese del nostro meridione dei primi anni sessanta, dal telefono pubblico che porta raramente la voce degli emigrati ai loro cari, al negozietto di prodotti alimentari, alla vita con le sue umili professioni e le processioni popolari, dall’altro la durezza di una terra di carbone e di cieli lividi e grigi, di profonde miniere, ma anche di precari e stentati alloggi, di “terril”, collinette formate dagli scarti dell’estrazioni, come solo luogo di gioco per i ragazzi. Stringe il cuore vedere quelle scuole, in Lucania come in Belgio, in cui la cultura si trasforma in un diritto grazie alla buona volontà di docenti che cercano di superare con slancio educativo le difficoltà dei loro ragazzi, o ancora quei treni che per tre giorni trasbordano gli emigranti, sino al freddo nord. Se il film ha il sapore sincero della ricostruzione storica, ci auguriamo che alla memoria aggiunga, associ e promuova una rinnovata attenzione per tutti quei cittadini del sud del mondo che, partendo ad esempio dall’Europa dell’est e dall’Africa compiono viaggi, sacrifici, esperienze del tutto simmetriche, seppur in un nuovo contesto, a quelle dei nostri concittadini di allora e trovano nell’Europa occidentale e nella penisola, mille difficoltà, quando semplicemente chiedono il pane per garantire a loro stessi e alle loro famiglie una vita dignitosa.
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ciccio capozzi
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lunedì 6 aprile 2009
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preziosa testimonianza storica
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In pieno accordo Italia-Belgio(1946),per cui ogni 50mila immigrati italiani,2500tn di carbone venivano date all’Italia,dalla Basilicata alcune famiglie si spostano nel Limburg,dove affrontano con dignità la sofferenza di essere immigrati.Ma con la forza di chi vuole riconosciuti i propri diritti.Il titolo ha una doppia traduzione:minatori,ma anche minori.E difatti l’occhio con cui il regista,anche sceneggiatore insieme a Valeria Vaiano,guarda è quello dei bambini.Nella prima parte,ambientata in Basilicata,descrive la vita di una comunità attraversata dal dramma della povertà e dell’emigrazione:ma senza pietismi.Si sofferma con attenta efficacia sull’insieme delle famiglie e degli ambienti sociali,ivi presenti, sempre letti dai bambini:inquadrati all’interno di quell’apparente linearità esistenziale che coglie il nesso profondo della vita di una collettività.
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In pieno accordo Italia-Belgio(1946),per cui ogni 50mila immigrati italiani,2500tn di carbone venivano date all’Italia,dalla Basilicata alcune famiglie si spostano nel Limburg,dove affrontano con dignità la sofferenza di essere immigrati.Ma con la forza di chi vuole riconosciuti i propri diritti.Il titolo ha una doppia traduzione:minatori,ma anche minori.E difatti l’occhio con cui il regista,anche sceneggiatore insieme a Valeria Vaiano,guarda è quello dei bambini.Nella prima parte,ambientata in Basilicata,descrive la vita di una comunità attraversata dal dramma della povertà e dell’emigrazione:ma senza pietismi.Si sofferma con attenta efficacia sull’insieme delle famiglie e degli ambienti sociali,ivi presenti, sempre letti dai bambini:inquadrati all’interno di quell’apparente linearità esistenziale che coglie il nesso profondo della vita di una collettività.In cui le stesse divisioni sociali sono presentate con un approccio non drammatico, ma quasi giocoso.Non è che la povertà o il dramma non esistano;anzi,il film le illustra con chiarezza.Ma qui si vuole giustamente mettere in evidenza l’appartenenza sociale e collettiva che essi riuscivano a comporre.Non ha senso parlare di radici se non si mette in corrispondenza la memoria con l’analisi e il confronto delle realtà che le formano:in questo senso la scelta degli autori del film,di far preludere questa articolata descrizione alle vicende migratorie,ha una sua giustificazione narrativa profonda. In questa chiave sono da leggere come un omaggio alla consapevolezza storica di appartenenza,insieme alle vicende,alle descrizioni di vita povera,anche l’attenta,direi amorevole cura con cui l’occhio attento del regista si è posato e ha descritto,e ci ha trasmesso la struttura fisica degli ambienti vitali dei suoi personaggi.Non è un mero abbellimento,ma la capacità di suggerirci le idee e le linee materiali del vissuto che appartengono al “cuore della memoria”(Omero)di chi lascia e deve andar via.Perchè anche la povertà vissuta entro un cuore antico,ma proprio,qual è quello della comunità di appartenenza,lascia meno strazio che vivere,con una relativa disponibilità di mezzi,ma lontani,“strappati” da quel cuore.Questa sofferenza non è oggetto di parole,ma è trasportata in profondità silenziose, ma sempre aperte:brava la Vaiano,anche attrice nel film,in alcune sfumature a riguardo.Questo sentire appartiene maggiormente alla sensibilità delle donne del film che,nella II parte,insieme ai bambini ne sono le protagoniste.Ma anche qui,pur nel focalizzare i protagonisti,il regista riesce sempre a cogliere la valenza collettiva.Così anche lo sguardo è attento e partecipe agli assetti materiali del vivere.La descrizione delle strutture è asciutta,ma incide profondamente sulla memoria:questo è il senso metanarrativo del confronto col film Già vola il fiore magro di Paul Meyer.La vita nel Limburg,nel suo esserci resa dall’immaginario infantile,ci è consegnata come una preziosa testimonianza storica.Ma la forza della storia,perché è fatta di carne e sangue,è di appartenere contemporaneamente alla fantasia e alla sua forza evocativa sotto forma di ideali utopici,di voglia di futuro.In questa prospettiva il film,oltre ad avere il suo fascino visivo,ha una sua precisa funzione di “agente di futuro”.Ci aiuta a non annullare la memoria dall’orizzonte del nostro futuro, quando abbiamo a che fare coi migranti di altre nazioni:essi oggi sono la personificazione del nostro sofferto passato collettivo di nazione.
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