colin2
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venerdì 22 febbraio 2008
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interessante
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Film di non facile visione ma visionario e credibile allo stesso tempo. Sorretto da grandi interpretazioni da parte di tutto il cast e soprattutto di Christian Bale, Cate Blanchett, Heath Ledger e Charlotte Gainsbourg la pellicola scorre via come un viaggio intenso fra le strade della memoria recente americana (Vietnam e anni '60) sulle note del musicista di Duluth.
Pur chi non conosce Dylan e ama solo pellicole realiste dovrebbe guardare questo film per ricordare che il cinema puo' essere anche sogno.
Buono
[+] il vietnam
(di robert)
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linus2k
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lunedì 18 febbraio 2008
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entusiasmante!
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Pensate di prendere un famoso cantautore, la sua vita e le sue canzoni.. scomoponete tutto come in un suggestivo caleidoscopio da cui nascono personaggi indipendenti, con nomi e vite proprie e tutti rappresentano aspetti di vita o canzoni di questo cantante.. sommate tutto in un film dinamico e visionario in cui documentario, biografia, videoclip si fondono in maniera magistrale e mettete a disposizione del film attori straordinari come Cate Blanchett, Richard Gere, Heath Ledger e Charlotte Gainsbourg, tutti al servizio della poesia di uno dei più grandi cantastorie dei nostri tempi: Bob Dylan
Il film è maginifico! Poetico, drammatico, divertente, mai noioso ed estremamente vivace.. Un film in cui non ti scandalizzi a vedere un personaggio maschile recitato da una donna (e che donna: una gradissima Cate Blanchett), in cui rimani affascinato dalla capacità di passare da un personaggio all'altro con una fluidità unica.
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Pensate di prendere un famoso cantautore, la sua vita e le sue canzoni.. scomoponete tutto come in un suggestivo caleidoscopio da cui nascono personaggi indipendenti, con nomi e vite proprie e tutti rappresentano aspetti di vita o canzoni di questo cantante.. sommate tutto in un film dinamico e visionario in cui documentario, biografia, videoclip si fondono in maniera magistrale e mettete a disposizione del film attori straordinari come Cate Blanchett, Richard Gere, Heath Ledger e Charlotte Gainsbourg, tutti al servizio della poesia di uno dei più grandi cantastorie dei nostri tempi: Bob Dylan
Il film è maginifico! Poetico, drammatico, divertente, mai noioso ed estremamente vivace.. Un film in cui non ti scandalizzi a vedere un personaggio maschile recitato da una donna (e che donna: una gradissima Cate Blanchett), in cui rimani affascinato dalla capacità di passare da un personaggio all'altro con una fluidità unica..
eppoi che dire della colonna sonora? canzoni senza tempo del grande Dylan
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charles
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lunedì 11 febbraio 2008
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la maestria nella frammentazione
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IO NON SONO QUI resta certamente uno dei film più interessanti dell'anno.
Folk e Rock&Roll, poesia e beat generation, classe operaia e party lisergici raccontano ed interpretano l'essenza e le contraddizioni del genio assoluto di Bob Dylan in un'opera corale, a volte colta e quasi sempre molto ben recitata.
Tra le note più convincenti, merita una citazione particolare l'uso sapiente operato da Haynes del concetto di frammentazione. Quello che spesso viene visto solo come un vero e proprio vizio della nuova cultura di MTV e di YouTube, della televisione e del "mordi e fuggi", stavolta diviene anima e corpo di un film intenso ed incisivo. Haynes evita il film autobiografico e sceglie di farne uno d'interpretazione, soggettivo e per niente banale che ruota, nel senso letterale del termine, intorno alla persona\personaggio Bob Dylan raccontato in sei episodi che vanno avanti parallelamente nel corso dell'opera.
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IO NON SONO QUI resta certamente uno dei film più interessanti dell'anno.
Folk e Rock&Roll, poesia e beat generation, classe operaia e party lisergici raccontano ed interpretano l'essenza e le contraddizioni del genio assoluto di Bob Dylan in un'opera corale, a volte colta e quasi sempre molto ben recitata.
Tra le note più convincenti, merita una citazione particolare l'uso sapiente operato da Haynes del concetto di frammentazione. Quello che spesso viene visto solo come un vero e proprio vizio della nuova cultura di MTV e di YouTube, della televisione e del "mordi e fuggi", stavolta diviene anima e corpo di un film intenso ed incisivo. Haynes evita il film autobiografico e sceglie di farne uno d'interpretazione, soggettivo e per niente banale che ruota, nel senso letterale del termine, intorno alla persona\personaggio Bob Dylan raccontato in sei episodi che vanno avanti parallelamente nel corso dell'opera. In questo senso la frammentazione del racconto sembra la sceltà editoriale più azzeccata per descrivere, da punti di vista diversi, la stessa persona, per esprimere la confusione del genio e trasmettere la complessità del cantante. Haynes quindi sceglie la frammentazione per motivi d'ordine narrativo e segue, valorizzandole, tutte le opportunità tecniche ed estetiche che offre questo moderno concetto audiovisivo(la fotografia personalizzante e diversa in ogni episodio, veri e propri videoclip all'interno dell'opera, sensazione di aderenza costante tra musica ed immagini).
In sintesi complimenti al film, che non è solo questo ma è molto altro, e alla convincente lezione che sembra impertire sull'argomento "evoluzioni estetiche del cinema contemporaneo"...
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[+] ciao charles...
(di francesco manca)
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gericho
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lunedì 4 febbraio 2008
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che dire...
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Amo i film psichedelici e il cinema di un certo spessore, ma questo no lo è assolutamente come qualcuno del forum lo ha definito. Il regista se ne frega altamente dei non fan di Dylan e poco anche dei suoi fan sfegatati. Irritante e inguardabile già dopo pochi minuti.
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ivan
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domenica 3 febbraio 2008
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io non sono qui! ..al cinema guardando sta ...!
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Scriverò poco perchè sti commenti non li legge più nessuno. Sicuramente questo è il peggiore, criptico e impersonale film-documento che abbia mai visto, da troppe cose per scontate. Come se tutti entrando al cinema potessero capirne qualcosa, ma sfido anche i fans sfegatati di Dylan a capirlo fino in fondo. Questo non è un film che esalta la cinematografia, ma solo un caleidoscopico budino di immagini. Un carosello di flash di poca profondità artistica che saltano di palo in frasca. Ma se voleva far conoscere Dylan, non poteva scegliere qualche altro modo? Sul genere... vedetevi La vie en Rose sul Edith Piaf. Tutto un'altro mondo!
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fabio t.
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domenica 27 gennaio 2008
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finalmente un signor film
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Un film simile di questi tempi è quel daybreak cantato da Beth Orton che non ti aspetti, un inno al cinema anzitutto e alle tante vite di Bob Dylan, ricco di significati e spunti interpretativi. Certamente un film difficile e spiazzante, specie per chi non conosce abbastanza della vita del poeta cantastorie ma, a onor del vero, coraggioso, controcorrente e affascinante. Sei personaggi in cerca d'autore, diremmo, sei frammenti significativi del cantante-poeta e dei suoi tempi, interpretati con maestria recitativa, con così tante citazioni e alchimie culturali da considerarsi degnamente un'opera da vedere e rivedere per cogliere e approfondire sempre nuovi messaggi. Benché non tolleri ignoranza nei confronti di chi non sappia alcunché di Bob Dylan, forse l'unica vera pecca del film, sono da segnalare, oltre alla stupenda fotografia e alle indimenticabili musiche (scelte tra le meno note di Dylan), almeno due scene memorabili: le allucinazioni nell'acqua del povero ragazzino di colore e Jude Quinn/Cate Blanchett, ossia lo stesso Dylan, trattenuto da una cordicella mentre tenta di librarsi nell'aria come un palloncino, a dire che la libertà di sognare e che ci eleva, ci lega inesorabilmente a un realtà pesante e immutabile.
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Un film simile di questi tempi è quel daybreak cantato da Beth Orton che non ti aspetti, un inno al cinema anzitutto e alle tante vite di Bob Dylan, ricco di significati e spunti interpretativi. Certamente un film difficile e spiazzante, specie per chi non conosce abbastanza della vita del poeta cantastorie ma, a onor del vero, coraggioso, controcorrente e affascinante. Sei personaggi in cerca d'autore, diremmo, sei frammenti significativi del cantante-poeta e dei suoi tempi, interpretati con maestria recitativa, con così tante citazioni e alchimie culturali da considerarsi degnamente un'opera da vedere e rivedere per cogliere e approfondire sempre nuovi messaggi. Benché non tolleri ignoranza nei confronti di chi non sappia alcunché di Bob Dylan, forse l'unica vera pecca del film, sono da segnalare, oltre alla stupenda fotografia e alle indimenticabili musiche (scelte tra le meno note di Dylan), almeno due scene memorabili: le allucinazioni nell'acqua del povero ragazzino di colore e Jude Quinn/Cate Blanchett, ossia lo stesso Dylan, trattenuto da una cordicella mentre tenta di librarsi nell'aria come un palloncino, a dire che la libertà di sognare e che ci eleva, ci lega inesorabilmente a un realtà pesante e immutabile. Davvero un film riuscito, dunque, tanto strano quanto fascinoso, in quanto ha saputo rendere l'essenza di Dylan senza nominarlo nemmeno una volta. Proprio per questo il film, come il nostro signor Zimmerman, o lo si ama o lo si detesta.
Se posso dare un consiglio a chi decide di vederlo per la prima volta su DVD, acquistate la versione con doppio disco e libro incluso ("Canzoni d'amore e misantropia" di A. Carrera) o, comunque, leggete prima qualcosa sulla vita e i contenuti delle canzoni di Dylan; vi aiuterà ad apprezzare meglio questo bellissimo e bizzarro film.
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francesco manca
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sabato 26 gennaio 2008
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"psichedelia, musica e percezione visiva"
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Non è facile buttare giù qualcosa su un film di questa portata, specialmente se il film in questione racconta la storia schizofrenica, anfetaminica, reale, fittizia di uno dei più grandi miti della storia della musica e della poesia: Bob Dylan, e ancora meno facile è spiegare il titolo di questo film: "Io non sono qui", che oltre a lasciare stupiti e incantati non può fare.
Questa biopic su Dylan, complessa ed enigmatica, anche se può alla maggior parte del pubblico risultare pedante e noiosa, suscita, almeno al sottoscritto, un senso di solituine inaudita, di totale sconvolgimento, di allucinazione, di perversione, di amore, di sentimenti e tanto altro; a farla da padrone è naturalmente la musica, che vanta pezzi e brani di inestimabile valore, una su tutti, la leggendaria "I want You", che il regista Todd Haynes, utilizza nella frazione in cui Ledger e la Gainsbourg, vivono le loro giovani avventure per la strada, in macchina, in moto, da soli, contro il mondo.
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Non è facile buttare giù qualcosa su un film di questa portata, specialmente se il film in questione racconta la storia schizofrenica, anfetaminica, reale, fittizia di uno dei più grandi miti della storia della musica e della poesia: Bob Dylan, e ancora meno facile è spiegare il titolo di questo film: "Io non sono qui", che oltre a lasciare stupiti e incantati non può fare.
Questa biopic su Dylan, complessa ed enigmatica, anche se può alla maggior parte del pubblico risultare pedante e noiosa, suscita, almeno al sottoscritto, un senso di solituine inaudita, di totale sconvolgimento, di allucinazione, di perversione, di amore, di sentimenti e tanto altro; a farla da padrone è naturalmente la musica, che vanta pezzi e brani di inestimabile valore, una su tutti, la leggendaria "I want You", che il regista Todd Haynes, utilizza nella frazione in cui Ledger e la Gainsbourg, vivono le loro giovani avventure per la strada, in macchina, in moto, da soli, contro il mondo.
"Io non sono qui", come dice il titolo della recensione, è un film psichedelico, impegnato, che ti entra in testa e ti impedisce di pensare ad altro, perchè vuole che tu rimanga concentrato sul momento, sull'attimo, sull'istante in cui hai sentito che eri veramente coinvolto nella storia, in cui hai sentito l'energia che la musica ha esercitato su di te, trasmettendoti passione, tristezza, felicità, malinconia...
La pellicola si divide in sette diverse vicende, che tra loro hanno in comune tutte e niente, splendidamente interpretate da un cast magistrale, ove spiccano uno stupendo e magnifico Christian Bale, un meraviglioso e compianto Heath Ledger(1979-2008), un vecchio ma forte leone come Richard Gere, una bellissima ed ottima Charlotte Gainsbourg, insieme ad un prodigioso Marcus Carl Franklin, e in ultimo luogo, non a caso, una criptica, sinfonica, mitologica, immensa, misteriosa, antologica Cate Blanchett, occasionalmente "vestita da maschio"...e che maschio...scusate, ma credo che neanche Liz Taylor avrebbe saputo interpretare meglio la figura di un mostro sacro come Bob Dylan, per di più trasformandosi da donna a uomo.
La parte di film che forse mi ha colpito maggiormente, è appunto quella che vede protagonista la Blanchett, che in qualche modo, rappresenta anche il vero ed unico protagonista dell'opera, perchè è tanto mistificatoria quanto surreale e fantastica, raffigura la musica folk con tanta maestria e sfacciatezza tanto da rendere il tutto come una sorta di dipinto variegato di quante più allucinazione e ossessioni.
Il modo di vedere la realtà, di camminare e viaggiare senza meta, di scrivere canzoni, di parlare, di urlare, di abbricciare l'universo dei sogni e dei sognatori, perchè è questo "Io non sono qui"...un sogno lungo una vita, un sogno interminabile e non interpretabile, pieno di colori, di passaggi al bianco e nero, di fotografie, di illusioni...
Un film che non si può e non si deve cercare di capire, per una semplice ragione: perchè questa è arte, è l'arte è immaginazione, l'immaginazione di ognuno di noi, che non riusciamo e non riusciremo mai a capire...
Se volete una mia previsione di come si concluderà questa stagione cinematografica, vi posso sicuramente dire che "Io non sono qui" sarà uno dei trionfatori, e avrà senza dubbio il mio sostegno, perchè senza dubbio, è uno dei migliori film degli ultimi dieci anni.
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[+] recensione smisuratamente calzante
(di charles)
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jayan walter
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giovedì 24 gennaio 2008
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i tanti volti di dylan e dell'america - splendido!
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Un capolavoro sulla vita di Bob Dylan attraverso le storie delle sue canzoni, tendendosi libro di reinventare il tutto in un clima quasi surreale ma certamente autentico e ben combinato. Davvero splendido questo film, in particolare per la regia, ma anche per le superbe ed ineguagliabili interpretazioni, oltre che per le immagini e le famose musiche del "menestrello" rock.
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mario scafidi
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sabato 5 gennaio 2008
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esperimento alchemico
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Come in un lungo videoclip, “Io non sono qui” racconta la dimensione pubblica e privata dell’artista della musica Bob Dylan. Lo spettatore non entra mai troppo in contatto con il protagonista, lo osserva a distanza e dietro le quinte. Ottima scelta registica per mantenere l’aura di fascino ed irraggiungibilità di cui può degnamente ammantarsi soltanto uno dei pochi veri miti viventi. Dopo l’esperimento più che riuscito di “Lontano dal Paradiso”, del 2002, Todd Haynes si conferma grande tecnico dell’immagine ed esteta ispirato: tratta e rifinisce i fotogrammi come fossero tessuti di alta sartoria, ricerca spasmodicamente l’impatto visivo inedito ed è capace di ottenerlo. La sceneggiatura, disordinata in maniera programmatica e composta, risulta seguibile come fosse stata concepita in maniera lineare, le canzoni di Dylan accompagnano la narrazione e gli episodi che si susseguono come coronamento ed allo stesso tempo come strumento di duplice integrazione del contenuto: i testi dei brani riempiono di senso le immagini, e le immagini definiscono e chiarificano il significato delle canzoni.
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Come in un lungo videoclip, “Io non sono qui” racconta la dimensione pubblica e privata dell’artista della musica Bob Dylan. Lo spettatore non entra mai troppo in contatto con il protagonista, lo osserva a distanza e dietro le quinte. Ottima scelta registica per mantenere l’aura di fascino ed irraggiungibilità di cui può degnamente ammantarsi soltanto uno dei pochi veri miti viventi. Dopo l’esperimento più che riuscito di “Lontano dal Paradiso”, del 2002, Todd Haynes si conferma grande tecnico dell’immagine ed esteta ispirato: tratta e rifinisce i fotogrammi come fossero tessuti di alta sartoria, ricerca spasmodicamente l’impatto visivo inedito ed è capace di ottenerlo. La sceneggiatura, disordinata in maniera programmatica e composta, risulta seguibile come fosse stata concepita in maniera lineare, le canzoni di Dylan accompagnano la narrazione e gli episodi che si susseguono come coronamento ed allo stesso tempo come strumento di duplice integrazione del contenuto: i testi dei brani riempiono di senso le immagini, e le immagini definiscono e chiarificano il significato delle canzoni. Cate Blanchett, ventiquattro anni dopo Linda Hunt in “Un anno vissuto pericolosamente” si candida a favorita per l’Oscar come miglior attrice non protagonista in un ruolo maschile. “Io non sono qui” è il primo requiem scritto in omaggio di una persona vivente.
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boffese
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venerdì 4 gennaio 2008
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dylan a frammenti
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sicuramente, per capire la totale grandezza del film,bisogna capire la totale grandezza dell'artista. avendo una conoscenza un po' "scolastica" del personaggio ,mi sono lasciato trasportare dal regista in questo viaggio affascinante sui vari periodi dylaniani e americani. vedendo poi alcune recensioni ho capito cose, che durante la visione avevo perso, ma purtroppo non riavro' indietro le emozioni che avranno fatto rabbrividire i veri fan di dylan al momento della visione. detto questo, la regia è molto curata ma allo stesso tempo originale, ma cio' che fa veramente la differenza è il bellisimo bianco e nero sovrapposto a clip di pellicola anni 60, un gran bel cast con una fantastica Blanchett e una colonna sonora com'è normale che sia magnifica!
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