leonardo mazzei
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mercoledì 12 settembre 2007
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dylan visto dal caleidoscopio di haynes.
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Non una biografia di Bob Dylan ma solo una pellicola ispirata ai suoi lavori. Sei “storie” che si intersecano per quattro modi di fare cinema, ambiente, fotografia e costumi.
Il film, realizzato e diretto in modo encomiabile, da parte di Haynes, risulta sicuramente di scarsa digeribilità per i non conoscitori di Dylan, uno degli artisti, probabilmente, più criptici, complessi e sfuggenti dei nostri tempi. Le virtù della pellicola diventano, infatti, un arma a doppio taglio proprio perché il film è ispirato alla vivacità artistica di Dylan ed in particolare a personaggi delle sue liriche, a sue poesie ed a sue dichiarazioni. Todd Haynes dimostra, realizzandolo, di essere un vero conoscitore del soggetto, cosa lampante dalla scelta della colonna sonora, con pochissime canzoni davvero conosciute e molto spazio a “scarti” di produzione, che, in Dylan sono spesso superiori, per raffinatezza e ricercatezza, alla produzione originale.
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Non una biografia di Bob Dylan ma solo una pellicola ispirata ai suoi lavori. Sei “storie” che si intersecano per quattro modi di fare cinema, ambiente, fotografia e costumi.
Il film, realizzato e diretto in modo encomiabile, da parte di Haynes, risulta sicuramente di scarsa digeribilità per i non conoscitori di Dylan, uno degli artisti, probabilmente, più criptici, complessi e sfuggenti dei nostri tempi. Le virtù della pellicola diventano, infatti, un arma a doppio taglio proprio perché il film è ispirato alla vivacità artistica di Dylan ed in particolare a personaggi delle sue liriche, a sue poesie ed a sue dichiarazioni. Todd Haynes dimostra, realizzandolo, di essere un vero conoscitore del soggetto, cosa lampante dalla scelta della colonna sonora, con pochissime canzoni davvero conosciute e molto spazio a “scarti” di produzione, che, in Dylan sono spesso superiori, per raffinatezza e ricercatezza, alla produzione originale. Ma del resto “Io è un altro”…
Lo spettatore medio, invece, si troverà di fronte a riferimenti, citazioni ed a volte addirittura scene che risultano estremamente bizzarre e sconclusionate … non lo sono, in fondo. Ma forse il 5% degli spettatori si accorgerà che Jude (Cate Blanchett) e Coco, discutendo in un giardino, stanno parafrasando le liriche di “She’s Your Lover Now”, canzone scartata da Dylan per l’album “Blonde On Blonde” del 1966; o che quel paesino da Ministrel Show nel quale vive Billy (Richard Gere) è una specie di rappresentazione della descrizione visionaria della musica tradizionale che Dylan diede nell’intervista a Playboy del 1966 (dichiarazioni riprese verso la fine del film, da Jude in auto). Ma sarà probabilmente solo l’1% degli spettatori, che si renderà conto che la telecamera che inquadra un cavallo bianco morto, sta solo strizzando l’occhio alle liriche della canzone in sottofondo (ma della quale non sentiamo mai la parte cantata …).
Insomma, il film è realizzato bene, ma probabilmente è per pochi intimi. Ci sono, è chiaro, varie note dolenti, come la rappresentazione del Dylan predicatore, che rasenta il patetico, la scena dei Beatles e Dylan allucinati o l’idea di ingigantire la figura di Mr. Jones (il giornalista che si scaglia contro Jude).
Cate Balchett, ahimé, rientra nelle note negative. Nonostante il premio a Venezia, la sua parte viene fuori come una caricatura del Dylan in versione Londra 1966, forse il periodo di maggiore magnetismo della sua figura, ma impossibile da ricreare in “laboratorio”. Quello che meglio rende la figura di Dylan è probabilmente Heat Ledger (l’attore Robbie). Quello più vicino a Dylan, come personaggio, è probabilmente Ben Whishaw (Artur Rimbaud) che “cita” e fuma. Quello che recita meglio è Richard Gere (Billy). Colonna sonora splendida, da intenditori. Se vi è piaciuto, si consiglia “Don’t Look Back” di D.A. Pennebaker e “No Direction Home” di Martin Scorsese. Se non vi è piaciuto, non ve la prendete. Voi non eravate lì.
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(di watchtower)
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francesco
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mercoledì 12 settembre 2007
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da vedere.
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Sono entrato in sala convinto di assistere alla ennesima celebrazione di un mito..e così è stato. Forse mi aspettavo qualcosa di più biografico,qualcosa di....gia visto..ecco. Ci potevano servire sul piatto il solito tributo alla star...vita, morte e miracoli. Ma non è così, a parte forse per i miracoli, perchè questo è un film surrealista, un esperienza visiva e musicale.
Lo spettatore è chiamato in causa ad interpretare e rilflettere sulle surreali situazioni dei personaggi. Non dico che sia un capolavoro, ma di sicuro è un buon film, con una regia appropiata al fine ed un ottima fotografia. Haynes è riuscito a centrare il discorso...raccontando arte ed illusioni attraverso arte ed illusioni.
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Sono entrato in sala convinto di assistere alla ennesima celebrazione di un mito..e così è stato. Forse mi aspettavo qualcosa di più biografico,qualcosa di....gia visto..ecco. Ci potevano servire sul piatto il solito tributo alla star...vita, morte e miracoli. Ma non è così, a parte forse per i miracoli, perchè questo è un film surrealista, un esperienza visiva e musicale.
Lo spettatore è chiamato in causa ad interpretare e rilflettere sulle surreali situazioni dei personaggi. Non dico che sia un capolavoro, ma di sicuro è un buon film, con una regia appropiata al fine ed un ottima fotografia. Haynes è riuscito a centrare il discorso...raccontando arte ed illusioni attraverso arte ed illusioni.
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jules
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martedì 11 settembre 2007
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notevole
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lucia
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martedì 11 settembre 2007
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offlagadiscopax
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per Federik:
"eviedentemente non ci capisci nulla di cinema e prendi in giro chi invece ci capisce..." e tu pensi di capirci? Come direbbero gli Offlaga: "arrogante bottegaio indegno della roba che vendi...quando io ascoltavo Mark Lanegan tu nemmeno ti facevi le pippe..." il concetto è più o meno lo stesso.
Il cinema deve in primis comunicare...non puoi sindacare su cosa arriva al prossimo e soprattutto non puoi giudicare della cultura di qualcuno che nemmeno conosci...ti senti colto ma non rispetti nemmeno i Principi basilari del vivere civile...(cd. libertà di pensiero, espressione ed opinione)
Impara a non sentirti risentito se chi hai di fronte la pensa in maniera diversa da te...la cultura non livella le idee rendendoci tutti uguali.
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per Federik:
"eviedentemente non ci capisci nulla di cinema e prendi in giro chi invece ci capisce..." e tu pensi di capirci? Come direbbero gli Offlaga: "arrogante bottegaio indegno della roba che vendi...quando io ascoltavo Mark Lanegan tu nemmeno ti facevi le pippe..." il concetto è più o meno lo stesso.
Il cinema deve in primis comunicare...non puoi sindacare su cosa arriva al prossimo e soprattutto non puoi giudicare della cultura di qualcuno che nemmeno conosci...ti senti colto ma non rispetti nemmeno i Principi basilari del vivere civile...(cd. libertà di pensiero, espressione ed opinione)
Impara a non sentirti risentito se chi hai di fronte la pensa in maniera diversa da te...la cultura non livella le idee rendendoci tutti uguali...la cultura è rispetto per le diversità...tutte!
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(di federik81)
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carmelo56
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martedì 11 settembre 2007
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perchè???
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Assolutamente incomprensibile, schizofrenico, allucinato.
Una boiata pazzesca. Le canne fanno male!!!
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(di watchtower)
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bob
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martedì 11 settembre 2007
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innovativo ma permeato di poco calore
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Per raccontarci non solo i diversi volti dell'uomo e dell'artista Dylan, ma anche il trascorrere del tempo, l'infrangersi dei sogni di un'intera generazione, il regista Todd Haynes, sempre piu' interessante, si serve di diversi attori (ottima la scelta del bambino di colore e geniale quella di Cate Blanchett, che lo ripaga di una prova "elettrica" e formidabile per mimetismo) e compone un mosaico insolito e visionario. Non tutte le parti di cui e' composto convincono pero' francamente alla stessa maniera. Ad esempio quella con Richard Gere aggiunge ben poco. Ma non per colpa dell'attore (che ha la faccia giusta e si cala anch'egli bene come tutti gli altri nel personaggio) ma per colpa della scrittura di Haynes (anche autore del soggetto) qui meno felice.
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Per raccontarci non solo i diversi volti dell'uomo e dell'artista Dylan, ma anche il trascorrere del tempo, l'infrangersi dei sogni di un'intera generazione, il regista Todd Haynes, sempre piu' interessante, si serve di diversi attori (ottima la scelta del bambino di colore e geniale quella di Cate Blanchett, che lo ripaga di una prova "elettrica" e formidabile per mimetismo) e compone un mosaico insolito e visionario. Non tutte le parti di cui e' composto convincono pero' francamente alla stessa maniera. Ad esempio quella con Richard Gere aggiunge ben poco. Ma non per colpa dell'attore (che ha la faccia giusta e si cala anch'egli bene come tutti gli altri nel personaggio) ma per colpa della scrittura di Haynes (anche autore del soggetto) qui meno felice. La frammentarieta' della narrazione e suoi diversi registri colpiscono per la maestria sia del montaggio che della fotografia. E ottima e' la direzione dgli attori. Ma il film pur se tecnicamente ineccepibile e chiaramente sentito, finisce per dilungarsi eccessivamente e per essere permeato da troppo poco calore. Molto belle le immagini e le parole della scena finale. A cui seguono, sullo scorrere dei titoli di coda, le note della celeberrima e bellissima "Like a Rolling Stone". Non c'era scelta migliore per chiudere in modo classico e tradizionale un film affascinante e innovativo. Voto 7/8
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ale2000
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martedì 11 settembre 2007
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sgangherato e confuso
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Un film sgangherato e confuso, che vuole dire troppo ma non trova una scusa per dirlo in modo coerente.
Storie e personaggi scollegati tra loro senza un motivo per trovarsi nella stessa pellicola; storie e personaggi che avrebbero un loro motivo di esistere e delle storie belle e affascinanti da farci vedere, ma che mescolati così perdono senso e logica e soprtattuto perdono il filo di se stessi.
Il film avrebbe potuto essere almeno tre diverse pellicole, indipendenti ma con un tema comune, che avrebbero costituito qualcosa di davvero notevole e probabilmente memorabile. Ma così, miscelate come se si andasse di fretta per fare tutto risparmiando su tutto... non va bene, non lega, non ha coerenza.
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Un film sgangherato e confuso, che vuole dire troppo ma non trova una scusa per dirlo in modo coerente.
Storie e personaggi scollegati tra loro senza un motivo per trovarsi nella stessa pellicola; storie e personaggi che avrebbero un loro motivo di esistere e delle storie belle e affascinanti da farci vedere, ma che mescolati così perdono senso e logica e soprtattuto perdono il filo di se stessi.
Il film avrebbe potuto essere almeno tre diverse pellicole, indipendenti ma con un tema comune, che avrebbero costituito qualcosa di davvero notevole e probabilmente memorabile. Ma così, miscelate come se si andasse di fretta per fare tutto risparmiando su tutto... non va bene, non lega, non ha coerenza.
Unico momento davvero memorabile, la rappresentazione dei Beatles che giocano con Dylan e che fuggono dalle fan impazzite alla ridolini, in un gioiellino di gioia psichedelica.
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charly movie
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lunedì 10 settembre 2007
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misura e realta'
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Come i fratelli COHEN in "The man who wasn't there" anche HAYNES applica il Principio di Indeterminazione di Heisenberg: se si cerca di descrivere la posizione della particella Bob Dylan non è possibile valutare la velocità (di cambiamento,modificazione,evoluzione,trasformazione ma NON di adeguamento) dello stesso. Per quanto ci si sforzi di determinarne natura,composizione e sostanza, la sfida è perduta in partenza,come nelle migliori imprese impossibili. L'importante però è provarci,con metodo paradigmatico ma,soprattutto,inconvenzionale.
Non c'è etichetta che tenga alla sua classificazione, ma quel che davvero conta in ogni tipo di esperienza sensibile,magari cinematografica invece che scientifica, è assicurato ampiamente ne 'The Ears/Eyes Show' che ricerca la ricostruzione spirituale,più che biografica, del cantastorie minnesotino che, per evitare di essere intrappolato nello star-system e rimanere invischiato nel gorgo delle proprie radici culturali,non esita a rinnegare e tradire le aspettative dei suoi adoratori pagani,lesti a non riconoscergli cittadinanza civile-sociale-musicale nel pieno del cortocircuito dei valori e dei costumi di una nazione che prima lo fa germogliare incensandolo come il più genuino Vate Illuminato e poi lo fa essicare urgentemente come il più lisergico dei Profeti Maledetti.
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Come i fratelli COHEN in "The man who wasn't there" anche HAYNES applica il Principio di Indeterminazione di Heisenberg: se si cerca di descrivere la posizione della particella Bob Dylan non è possibile valutare la velocità (di cambiamento,modificazione,evoluzione,trasformazione ma NON di adeguamento) dello stesso. Per quanto ci si sforzi di determinarne natura,composizione e sostanza, la sfida è perduta in partenza,come nelle migliori imprese impossibili. L'importante però è provarci,con metodo paradigmatico ma,soprattutto,inconvenzionale.
Non c'è etichetta che tenga alla sua classificazione, ma quel che davvero conta in ogni tipo di esperienza sensibile,magari cinematografica invece che scientifica, è assicurato ampiamente ne 'The Ears/Eyes Show' che ricerca la ricostruzione spirituale,più che biografica, del cantastorie minnesotino che, per evitare di essere intrappolato nello star-system e rimanere invischiato nel gorgo delle proprie radici culturali,non esita a rinnegare e tradire le aspettative dei suoi adoratori pagani,lesti a non riconoscergli cittadinanza civile-sociale-musicale nel pieno del cortocircuito dei valori e dei costumi di una nazione che prima lo fa germogliare incensandolo come il più genuino Vate Illuminato e poi lo fa essicare urgentemente come il più lisergico dei Profeti Maledetti... @ Autodidatta,Autodistruttivo,Autoesiliante,Autorigenerante il tamburino FOLK diventa cantautore ROCK,ma quante cicatrici dell'anima devono essere sopportate solo per sostituire 2 consonanti nella patente spirituale che ogni 5 anni obbligatoriamente deve rinnovarsi!
La cella esagonale che custodisce e sorregge l'esoscheletro in questione è antisismica, ed il miele che produce costituisce il miglior antidoto artistico in grado di rendere accettabile,se non condivisibile, la compagnia di un giullare imprevedibile,mai banale e nemico dell'autocompiacimento,disposto a pensare,creare,comporre,esprimersi,comunicare anche per chi non condivide,non crede,non comprende la differenza tra essere e avere, tra etica e morale, tra vero e falso, tra vivere ed esistere.
Grazie Todd per aver bussato alle porte del paradiso e aver scoperto che non erano chiuse a chiave.
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la velenosa
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lunedì 10 settembre 2007
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domanda...
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mi domando e dico:
perchè prima di pretendere di essere dei critici cinematografici non imparate l'italiano?
ok, come film può non esserti piaciuto ma se mi scrivi "i critici HA ricevuto", onestamente non sei credibile.
Perlomeno ai miei occhi
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venusinfurs
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lunedì 10 settembre 2007
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tu.forse-
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oh ma fa proprio sKifo.. ecco come si esprimono i giovani d'oggi. E poi non spiegano neanche per quale motivo abbiano trovato questo film in tal modo REpellente.( o sKifo come viene descritto antecedentemente). Io l'ho trovato un film molto diverso dal solito tradizionalismo posticcio che viene propinato la maggior parte delle volte in sala. Vengono mostrati diversi personaggi che interpretano durate i vari periodi della sua vita, Bob Dylan.Facilmente si può immediatamente intuire che non è un film di facile comprensione, soprattutto per chi conosce Dylan solo come l'Hippy che cantava Blowing in the wind e si faceva di anfetamine.
Questo film fa riflettere.
Ne fa riflettere ogni parola, ogni atteggiamento che viene usato dai protagonisti per rapportarsi alla vita, dal bimbo di colore che canta il folk,fino al vecchio cantastorie che si è rintanato in mezzo agli alberi per sfuggire ad una popolarità insopportabilmente disarmante.
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oh ma fa proprio sKifo.. ecco come si esprimono i giovani d'oggi. E poi non spiegano neanche per quale motivo abbiano trovato questo film in tal modo REpellente.( o sKifo come viene descritto antecedentemente). Io l'ho trovato un film molto diverso dal solito tradizionalismo posticcio che viene propinato la maggior parte delle volte in sala. Vengono mostrati diversi personaggi che interpretano durate i vari periodi della sua vita, Bob Dylan.Facilmente si può immediatamente intuire che non è un film di facile comprensione, soprattutto per chi conosce Dylan solo come l'Hippy che cantava Blowing in the wind e si faceva di anfetamine.
Questo film fa riflettere.
Ne fa riflettere ogni parola, ogni atteggiamento che viene usato dai protagonisti per rapportarsi alla vita, dal bimbo di colore che canta il folk,fino al vecchio cantastorie che si è rintanato in mezzo agli alberi per sfuggire ad una popolarità insopportabilmente disarmante.
Quindi per evitarle sforzi inutili, critiche et insulti irrisori, Lei, fautore o fautrice del commento dica solamente: " IO qst Film nn l'ho cpt."
Mi eviterà sforzi inutili.
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