"Nanny McPhee", Emma Thompson fa la maestra di buone maniere
di Roberto Nepoti La Repubblica
Certo che, con le dosi di civiltà e bon ton che ci arrivano ogni giorno dalla realtà, una fiaba basata sull'importanza dell'educazione risulta particolarmente fiabesca. Il personaggio centrale è una fata dalle sembianze di strega: verruche pelose, sopracciglia attaccate, dentone da coniglio. Cala in una famiglia dove sette fratelli praticano lo sport di mettere in fuga le tate; il loro scopo è farsi notare da un papà vedovo e depresso, che dovrebbe trovarsi a breve una nuova moglie onde non perdere la rendita della zia Angela Lansbury. La nuova venuta comincia a mettere ordine nel caos famigliare, servendosi di un bastone magico e di precetti che oggi suonano un po' esoterici: del genere "bisogna assumersi le conseguenze dei propri atti". Sarà che la storia si svolge in epoca vittoriana ma i ragazzini ribelli, poco a poco, imparano.
Sperimentando gli effetti collaterali del processo di crescita, che sono due. Il primo: quanto più le loro maniere si affinano, tanto più la governante perde i suoi orrendi tratti, fino a diventare carina. L'altro: Nanny resta vicina a chi la detesta, ma se ne va alla fine del compito. Tratto da una serie di libri per l'infanzia di Christianna Brand, Nanny McPhee ruota intorno a un character che ricorda sia Mary Poppins sia la Maria di Tutti insieme appassionatamente, portati sullo schermo quarant'anni fa da Julie Andrews. Emma Thompson ne raccoglie l'eredità, aggiungendovi spirito.
Da La Repubblica, 7 aprile 2006
di Roberto Nepoti, 7 aprile 2006