Hope Springs

Colin è un disegnatore inglese che ha lasciato la madrepatria dopo che la sua fidanzata da sempre, Vera, gli ha fatto pervenire un invito alle sue nozze (con un altro ovviamente). Ora Colin è a Hope, una cittadina nel New England scelta per il nome. La proprietaria della pensione in cui va a vivere gli presenta Mandy, che è nota per la sua capacità di assistere chi ha problemi. Tra i due nascerà in breve una complicità che, passando attraverso il sesso, diventerà amore. Ma Vera non è del tutto scomparsa.
Quando gira questo film Colin Firth è reduce da due anni dl successo mondiale de Il diario di Bridget Jones e finisce con il riproporre il personaggio a tutti noto del bell'uomo un po' introverso che molte (se non tutte) vorrebbero poter coccolare. Il problema è che qui alle spalle del film non c'è un romanzo, per quanto leggero, di sicura presa. C'è invece un autore come Charles Webb, divenuto noto con il suo esordio letterario divenuto film universalmente visto e citato: Il laureato.
Il suo "New Cardiff" a cui il film di Mark Herman si ispira non ha lo stesso appeal. Si vorrebbe giocare sugli stereotipi e sulle differenze tra britannici e yankee ma alla lunga la ripetitività diventa noia (se si esclude forse il tormentone per l'ossessione statunitense nei confronti del fumo). Se Firth non ha guizzi fa invece troppe scintille Heather Graham che immette nel suo personaggio un guazzabuglio di elementi (infantilismo, nudismo, alcolismo, attenzione per gli anziani, romanticismo, esuberanza sessuale ... e si potrebbe proseguire) che fanno sì che risulti più una caricatura che una persona.
Finiscono così per sembrare più realistici i due proprietari della pensione interpretati da una Mary Steenburgen, accorta paraninfa, e Frank Collison che, come si dice nel film, ha un volto che sembra un incidente stradale. 