Vajont |
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Un film di Renzo Martinelli.
Con Michel Serrault, Daniel Auteuil, Laura Morante, Jorge Perugorría.
continua»
Drammatico,
durata 98 min.
- Italia, Francia 2001.
MYMONETRO
Vajont
valutazione media:
3,16
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Roberto Nepoti
La Repubblica
Dietro il progetto di Vajont s'intravede l'eredità del "cinema civile" italiano dei Petri e dei Rosi: raccontare la verità su un evento a suo tempo rappresentato come "fatale", in realtà dipendente da precisi interessi, ricerca di profitto, arroganza, cinismo, disprezzo della vita altrui. Il film comincia nel 1959, durante la costruzione della diga di 263 metri nella valle del Vajont, e presenta con tratti nitidi i personaggi principali: gli ingegneri Semenza (Michel Serrault) e Biadene (Daniel Auteuil), responsabili della società di costruzione e dell'alluvione che costerà duemila vite; il titubante Mario Pancini (Leo Gullotta), diviso tra obbedienza e senso di responsabilità; il geometra Olmo (Jorge Perugorria), fautore del progresso nella valle ma destinato a ricredersi; Tina Merlin (Laura Morante), giornalista "pasionaria" che dalle colonne de L'Unità lancia allarmi, inascoltati, sulla sciagura imminente. Malgrado la scoperta di una spaccatura sul fianco del monte Toc, che minaccia di far franare nel bacino un'enorme massa di terreno, i dirigenti fingono che tutto proceda per il meglio, spingendosi fino a falsificare i risultati delle perizie: vogliono rivendere la diga allo Stato, che sta nazionalizzando le industrie idroelettriche. Il 9 ottobre 1963 la tragedia annunciata si consuma. Ai tempi del cinema di denuncia civile Vajont sarebbe stato narrato, con ogni probabilità, nella forma di una cronaca semidocumentaria; e a sentire il regista Renzo Martinelli, che parla di un "thriller politico pieno di suspense" ma senza nulla d'immaginario nella sceneggiatura, già scritta nei documenti e nelle testimonianze, ci si poteva aspettare il ritorno a quella, tutt'altro che disprezzabile, tradizione. Rispetto alla quale, invece, Martinelli conserva solo l'uso delle didascalie temporali, preferendo rappresentare i fatti come (sono ancora parole sue) "un evento di proporzioni bibliche", un epic rivolto più alle emozioni che alla ragione dello spettatore. Anziché nello stile del cinema citato, insomma, siamo dalle parti degli Ultimi giorni di Pompei o del film catastrofico anni 70: buoni e cattivi, innamorati divisi, lotta contro il tempo e così via, fino all'epilogo spettacolare. Il tutto sa di vecchiotto, ma è ben diretto e corredato di efficaci effetti speciali. Peccato che il cast multinazionale, composto di ottimi attori, resti inferiore alla somma delle sue parti.
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