dandy
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mercoledì 13 settembre 2023
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c''era una volta il west di cimino...
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Cimino(anche sceneggiatore) replica la formula di "Il cacciatore" (dalle tematiche come perdita dell'innocenza e disgregazione dei valori alla megalomania sul set nella certezza di poter fare tutto senza porsi limiti di sorta)per narrare(e distruggere)il mito della Frontiera tracciando un ritratto desolante dell'America nascente già corrotta e basata sul sopruso per profitto ad ogni costo,dove i potenti sfruttano e calpestano sottoposti e poveri e il singolo che non si piega è inghiottito e destinato alla tragedia.Travagliatissimo nella lavorazione,oltre a floppare tragicamente al botteghino(decretò il fallimento della United Artists fondata da Chaplin e Griffith con meno di due milioni di incasso contro i 44 del budget,lievitato a dismisura dai 7 e mezzo di partenza)la critica lo stroncò senza pietà condannando in primis il ferocissimo attacco all'american dream e al capitalismo(con l'imminente arrivo del reaganesimo).
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Cimino(anche sceneggiatore) replica la formula di "Il cacciatore" (dalle tematiche come perdita dell'innocenza e disgregazione dei valori alla megalomania sul set nella certezza di poter fare tutto senza porsi limiti di sorta)per narrare(e distruggere)il mito della Frontiera tracciando un ritratto desolante dell'America nascente già corrotta e basata sul sopruso per profitto ad ogni costo,dove i potenti sfruttano e calpestano sottoposti e poveri e il singolo che non si piega è inghiottito e destinato alla tragedia.Travagliatissimo nella lavorazione,oltre a floppare tragicamente al botteghino(decretò il fallimento della United Artists fondata da Chaplin e Griffith con meno di due milioni di incasso contro i 44 del budget,lievitato a dismisura dai 7 e mezzo di partenza)la critica lo stroncò senza pietà condannando in primis il ferocissimo attacco all'american dream e al capitalismo(con l'imminente arrivo del reaganesimo).E la carriera di Cimino subì un brusco d'arresto da cui non si sarebbe mai più ripresa totalmente.Negli anni era destino che diventasse uno dei film maledetti per eccellenza,e ha giustamente ottenuto la rivalutazione che merita,anche se è ben lungi dalla perfezione.Se la versione originale(325',che si sperava avrebbero rieditato dopo la scomparsa del regista ma nisba)doveva esserlo senza dubbio,la sedicente director's cut odierna(219' poi ridotti a 216' dallo stesso Cimino per l'uscita a Venezia nel 2012)presenta numerosi squilibri sia nella storia che nei personaggi.Prevalgono troppo i tempi dilatati,le sequenze d'azione risentono dei drastici ridimensionamenti e il finale è quantomai posticcio e sbrigativo.Ma allo stesso tempo è impossibile non ammirarne la magniloquenza e il senso di tragedia epica,forse persino più dirompente che nel precedente film del regista.Visivamente monumentale:sbalorditiva la messa in scena della vita dell'epoca sempre all'insegna di caos e frenesia travolgente,con i quasi onnipresenti fumo e polvere che avvolgono tutto e tutti rinforzando ulteriormente l'aura funesta della vicenda.E le sequenze di ballo(il valzer nel prologo e la pattinata nel tendone "Heaven's Gate")sono autentici pezzi di cinema,le gemme più splendenti di quello che al pari delle pellicole di Von Stroheim,è il meraviglioso frammento di un capolavoro che non vedremo mai.Eccellente fotografia di Vilmos Zsigmond.Il semiesordiente Mickey Rourke interpreta Nick Ray.Willem Dafoe(al suo debutto) e Sam Peckinpah erano rispettivamente Willy e un boia,ma le loro scene sono state totalmente espunte dalle versioni correnti(e pare che Dafoe venne addirittura licenziato da Cimino per averlo irritato ridendo a una barzelletta sul set).
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donato maselli
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giovedì 12 agosto 2021
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vexata quaestio : capolavoro o flop secolare?
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Ho rivisto per l'ennesima volta il film su Rai Movie, curioso di capirne, una volta per tutte, il pregio, qualora fosse emerso. Premetto che i western postumi o crepuscolari, sono estremamente difficili da realizzare. Recentemente anche i Cohen Brothers, con " Il Grinta" di qualche hanno fa, ci sono cascati. Troppo difficile essere creativi utilizzandi vecchi ferri del mestiere che furono di Ford, Sturges, Zinneman & Co. conferendo loro l'originalità e il carisma dell'opera d'arte. Roy Hill e Peckimpah sono tra i pochi che siano riusciti , amio modesto avviso,nell'intento con Butch Cassidy e il Mucchio Selvaggio, forse anche Jarmusch, Dead man, anche se qui siamo in un ambito che non può propriamente definirsi western.
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Ho rivisto per l'ennesima volta il film su Rai Movie, curioso di capirne, una volta per tutte, il pregio, qualora fosse emerso. Premetto che i western postumi o crepuscolari, sono estremamente difficili da realizzare. Recentemente anche i Cohen Brothers, con " Il Grinta" di qualche hanno fa, ci sono cascati. Troppo difficile essere creativi utilizzandi vecchi ferri del mestiere che furono di Ford, Sturges, Zinneman & Co. conferendo loro l'originalità e il carisma dell'opera d'arte. Roy Hill e Peckimpah sono tra i pochi che siano riusciti , amio modesto avviso,nell'intento con Butch Cassidy e il Mucchio Selvaggio, forse anche Jarmusch, Dead man, anche se qui siamo in un ambito che non può propriamente definirsi western. Ebbene se è un capolavoro Il Cacciatore, perchè non dovrebbe esserlo anche I Cancelli del cielo?
La ricostruzione del contesto storico è perfetta, tanto da scatenare le ansie del governo USA che veniva titillato, dopo gli anni dei complessi di colpa verso i nativi, sui periodi bui del tumultuoso sviluppo del paese più ricco del mondo. Non era bastato Sacco e Vanzetti, di qualche anno prima?
Cimino riprende il tema sociale arricchendolo di spunti che, ame, richiamano il miglior Visconti: la festa di laurea di Harvard e la saga popolare a Johnson County, ricordano il Gattopardo per l'ossessione dei particolari.
Dei protagonisti forse solo l'Hupperl è sopravvissuta con una carriera inportante, Khris Kristofferson e Watken sono diventati dei buoni caratteristi. Purtroppo perchè specie il primo nel film è straordinariamente dentro il ruolo. Forse al secondo non giova un trucco molto pesante, tuttavia l'interpretazione è all'altezza del Cacciatore o di Vieni a prendermi.
Musica e fotografia sono all'altezza della miglior Hollywood per cui, talvolta, tra i chiaroscuri cruenti e i momenti idilliaci, il film trova pagine di autentico equilibrio lirico. Suggerisco ai detrattori di rivederlo come ho fatto io, arrivando infine a una sua completa rivalutazione.
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giovanni
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martedì 10 agosto 2021
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assurdo
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Assurdità dall'inizio alla fine. Ovvio che sia stato un flop: gli spettatori non sono bambini che si esaltano per un misto di Tom Mix + Ridolini + Liala, in salsa truculenta e masochistica. Certo le scene di moimento sono notevoli, ma il resto - la storia e i sentimenti - risulta falso e noioso.
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carloalberto
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giovedì 21 gennaio 2021
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si perde tra le sottane della huppert
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I cancelli del cielo appartiene a quella parte della cinematografia americana che, senza retorica e senza timore reverenziale, ha rievocato il passato della propria nazione, collocandosi idealmente accanto a capolavori girati con lo stesso sguardo critico, ultroneo dire assente in Italia verso il Risorgimento, come Piccolo grande uomo e Dodici anni schiavo. Cimino così aggiunge un altro tassello alla non tanto illustre storia del paese a stelle strisce, nato dal genocidio dei nativi americani, arricchitosi sulla pelle degli schiavi neri ed infine, come mostra il film, spietato e crudele persecutore degli immigrati europei, provenienti negli ultimi decenni dell’ottocento in gran parte dell’Europa dell’est, rei di voler coltivare la terra, acquistata regolarmente dal governo, sottraendola di fatto ai fertili pascoli delle grandi famiglie lobbiste degli allevatori di bestiame.
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I cancelli del cielo appartiene a quella parte della cinematografia americana che, senza retorica e senza timore reverenziale, ha rievocato il passato della propria nazione, collocandosi idealmente accanto a capolavori girati con lo stesso sguardo critico, ultroneo dire assente in Italia verso il Risorgimento, come Piccolo grande uomo e Dodici anni schiavo. Cimino così aggiunge un altro tassello alla non tanto illustre storia del paese a stelle strisce, nato dal genocidio dei nativi americani, arricchitosi sulla pelle degli schiavi neri ed infine, come mostra il film, spietato e crudele persecutore degli immigrati europei, provenienti negli ultimi decenni dell’ottocento in gran parte dell’Europa dell’est, rei di voler coltivare la terra, acquistata regolarmente dal governo, sottraendola di fatto ai fertili pascoli delle grandi famiglie lobbiste degli allevatori di bestiame.
Dopo un inizio folgorante che introduce suggestivamente lo spettatore nell’ambiente dei giovani rampolli delle classi agiate dell’America del 1870, nel giorno di festa della loro laurea ad Harvard, in cui si celebra la fine degli studi e l’ingresso nella società degli adulti, grazie alla spettacolarità delle sequenze girate a Cambridge, con la macchina da presa, collocata al centro del grande piazzale dell’università, che ruota su se stessa, accompagnando e mimando il vorticoso turbinio delle coppie danzanti sulle note di uno spumeggiante valzer e le inquadrature nostalgiche degli ultimi giochi goliardici, gioiosi e violenti dei maschi, mentre alla finestra, fino a tarda notte, le ragazze guardano divertite, il film si infila, inopinatamente, nel letto di una prostituta sui generis, interpretata da una sofisticata Huppert, improbabile nei panni di una meretrice, e la vicenda rimane invischiata, è il caso di dire, per interminabili minuti, vista la durata del film nella versione director’s cut, nei patemi d’animo e nei dilemmi amorosi della giovane maitresse, indecisa tra due spasimanti, il killer a pagamento, al soldo delle famiglie di allevatori, Christopher Walken, reduce dall’oscar per il più fortunato dei film di Cimino, Il Cacciatore, e lo sceriffo della contea, il musicista country Kris Kristofferson,dalle capacità attoriali non proprio all’altezza del suo estro di cantautore di successo.
In sospeso resta l’affresco corale, appena abbozzato, della vita cittadina dell’epoca, con la ferrovia che porta il treno nel mezzo della città, con la nube di vapore nero che appesta l’aria vergine ed incontaminata Wyoming, bellissimo nella fotografia di Zsigmond, con le polverose strade affollate di migranti ed i bambini issati su poveri carretti sospinti a forza di braccia tra gli insulti dei passanti, appartenenti alla schiera delle prime ondate migratorie di inizi ottocento. La guerra tra poveri scatenata ad arte dalle ricche famiglie di allevatori, tra poveri mandriani e contadini neo insediati sfocia nello scontro armato tra le due fazioni. Il classico carosello attorno ai mercenari della lobby degli allevatori spalleggiati dalle complici autorità governative, con contadini, bottegai ed artigiani al posto degli indiani, risolleva un poco le sorti del film. Nel complesso la pellicola si rivela lenta, prolissa e noiosa, nonostante il cast, nel quale figura, in una particina, anche un giovane,Mickey Rourke e la magistrale interpretazione del dandy americano, che si trova suo malgrado al centro della battaglia, di John Hurt.
Il finale, che si discosta di molto dalle vicende dei personaggi leggendari cui si ispira il film, Ella Watson e Jim Averill, che fecero entrambe una brutta fine, ambientato su un piccolo e lussuoso yacht, con un invecchiato e malinconico Averill, alias Kristofferson, sopravvissuto alla donna amata, in compagnia ora di un elegante dama della sua età, propone allo spettatore,i ntorpidito da un’estenuante visione durata più di tre ore, un grosso punto interrogativo sul significato da attribuire a quest’ultima scena, che ovviamente, causa sfinimento, si lascia in sospeso come domanda retorica o enigma da risolvere per i cinefili del futuro.
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giovedì 21 gennaio 2021
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i cancelli del cielo
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Non l'avevo mai visto, sono molto d'accordo col suo giudizio. Un capolavoro crepuscolare e grandioso.
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etmovie
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mercoledì 9 settembre 2020
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un film fuori tempo dall''inizio alla fine
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veramente un film sgangherato, e davvero non c'entra nulla con il suo insuccesso il fatto che si riprometta di far luce in modo negativo su ciò che è stato l'accumulo di capitale del sogno americano (come nessuno l'avesse mai fatto e in modo ben più efficace). Il film è sempre fuori tempo, le facce degli attori sono sbagliate (davvero nè cris walken nè isabelle huppert c'entrano nulla). La battaglia finale poi è un omaggio all'improbabile (i contadini che prima si lanciano alla brutta contro i mercenari e poi si fanno organizzare dal protagonista e in una notte costruiscono macchine da guerra e grappoli di bombe lascia interdetti).
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veramente un film sgangherato, e davvero non c'entra nulla con il suo insuccesso il fatto che si riprometta di far luce in modo negativo su ciò che è stato l'accumulo di capitale del sogno americano (come nessuno l'avesse mai fatto e in modo ben più efficace). Il film è sempre fuori tempo, le facce degli attori sono sbagliate (davvero nè cris walken nè isabelle huppert c'entrano nulla). La battaglia finale poi è un omaggio all'improbabile (i contadini che prima si lanciano alla brutta contro i mercenari e poi si fanno organizzare dal protagonista e in una notte costruiscono macchine da guerra e grappoli di bombe lascia interdetti). Gli intermezzi romantici sono altrettanto disarmonici e noiosi. Da morire anche la festa di poveri mandriani, tutti virtuosi pattinatori artistici, davvero grottesco. E tutte le scene di insieme, a partire dala cerimonia iniziale ad Harvard, sono di una noia mortale. Andrei avanti fino a domattina... diciamo che paesaggi fotografia e costumi non possono certo bastare a salvarlo (anche la colonna sonora è davvero modesta). Mymovies abbina ad una stella "decisamente mediocre". Non è il giudizio adatto. Io direi più "gigantescamente e terribilmente brutto".
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ennio
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venerdì 10 novembre 2017
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un deja-vu, ma ne è valsa la pena
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Quando uscì questo film ero un ragazzino, e sia per gusti personali sia perchè fu etichettato rapidamente come "fiasco" e quindi bannato da molte sale, non ebbi modo di vederlo mai. Visto adesso, da 50enne, si tratta di un ottimo film, si capiscono però anche i motivi del suo fallimento commerciale in America. Qui, a differenza del "cacciatore", si scava in un'autocritica delle proprie origini fin troppo sgradevole al patriottismo americano. E il film è indubbiamente, nella sua struttura, pesante allo spettatore desideroso di colpi di scena ritmati. Ha ragione chi dice che fu l'ultimo film "d'epopea", in tutti i sensi, vista la maniacale (e costosissima) ricostruzione della realtà del far west.
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Quando uscì questo film ero un ragazzino, e sia per gusti personali sia perchè fu etichettato rapidamente come "fiasco" e quindi bannato da molte sale, non ebbi modo di vederlo mai. Visto adesso, da 50enne, si tratta di un ottimo film, si capiscono però anche i motivi del suo fallimento commerciale in America. Qui, a differenza del "cacciatore", si scava in un'autocritica delle proprie origini fin troppo sgradevole al patriottismo americano. E il film è indubbiamente, nella sua struttura, pesante allo spettatore desideroso di colpi di scena ritmati. Ha ragione chi dice che fu l'ultimo film "d'epopea", in tutti i sensi, vista la maniacale (e costosissima) ricostruzione della realtà del far west.
Fa strano vedere grandi attori ormai anziani se non disoccupati, riproiettati nella loro giovinezza in un contesto ai più sconosciuto. Mai avrei immaginato un mio idolo, Christopher Walken, con tanto di baffetti, nel ruolo di cacciatore di taglie spietato ma dal cuore tenero. E un giovanissimo Mickey Rourke, e Kris Kristofersson finora mai apprezzato in ruoli tanto pregni. E il Sam Waterston di "urla dal silenzio" trasformato in cattivissimo. Isabelle Huppert chiude da protagonista una serie di ottime interpretazioni.
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lbavassano
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venerdì 25 novembre 2016
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grandiosità dell'immagine, profondità di pensiero
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Grazie al pregevole restauro curato dalla Cineteca di Bologna, e, per gli amici astigiani, all’ottima iniziativa di Marie Christine Garetti, il cui “Nuovo Splendor” si sta da anni affermando come luogo deputato al cinema di qualità, abbiamo potuto assistere alla proiezione de “I cancelli del cielo” di Michael Cimino. Film “maledetto”, a causa del disastro commerciale che ebbe ripercussioni estremamente negative sulla carriera del giustamente acclamato regista de “Il cacciatore”, ma anche su tutta la filosofia, e la pratica, produttiva hollywoodiana.
Film grandioso, ma di una grandiosità ancora tradizionale, artigianale, fondata sulla perizia di tutte quelle figure minori (scenografi, costumisti, tecnici del suono e dell’immagine, assistenti, operai di scena…) che fanno del cinema un’opera collettiva.
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Grazie al pregevole restauro curato dalla Cineteca di Bologna, e, per gli amici astigiani, all’ottima iniziativa di Marie Christine Garetti, il cui “Nuovo Splendor” si sta da anni affermando come luogo deputato al cinema di qualità, abbiamo potuto assistere alla proiezione de “I cancelli del cielo” di Michael Cimino. Film “maledetto”, a causa del disastro commerciale che ebbe ripercussioni estremamente negative sulla carriera del giustamente acclamato regista de “Il cacciatore”, ma anche su tutta la filosofia, e la pratica, produttiva hollywoodiana.
Film grandioso, ma di una grandiosità ancora tradizionale, artigianale, fondata sulla perizia di tutte quelle figure minori (scenografi, costumisti, tecnici del suono e dell’immagine, assistenti, operai di scena…) che fanno del cinema un’opera collettiva. Di una grandiosità non affidata ai miracoli degli effetti speciali elettronici come ormai di regola per le mega-produzioni d’evasione.
Film grandioso, ma che in nome della spettacolarità (straordinarie fra tutte le scene di massa) non rinuncia ai contenuti, tutt’altro, offrendo un punto di vista critico sulla storia degli Stati Uniti, sull’intreccio dei poteri realmente forti che ne hanno segnato miserie e grandezze. Un punto di vista che però può applicarsi anche alla storia più recente, non solo americana, al passaggio dall’idealismo progressista degli anni sessanta (non a caso il film si apre con la festa per la fine dell’anno accademico) al nuovo egoismo degli ottanta, con una consapevolezza estremamente precoce (1980). Un punto di vista che può applicarsi alla vita di ciascuno di noi, al passaggio dall’età studentesca a quella del “principio di realtà”.
Sono diversi i possibili finali del film, e Cimino non ha voluto rinunciare a nessuno di essi. La scena desolata del campo di battaglia spazzato dal vento, l’epilogo più forte dal punto di vista dell’immagine. Quella, romantica, della protagonista esanime fra le braccia dell’amato, il più consono alla trama sentimentale della vicenda. Cimino ha però scelto una terza via, la meno retorica, la più sottotono, forse proprio a ribadire come il senso autentico del film sia l’ineluttabilità dell’imborghesimento, dell’invecchiare.
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jacopo b98
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lunedì 2 febbraio 2015
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un'opera mutilata, incompiuta e ingiudicabile
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Nel Wyoming nel 1890 i ricchi proprietari terrieri decidono di mettere una taglia sui poveri ladri di bestiame. James Averill (Kristofferson), di origine agiata, si schiera con i poveri, Nathan Champion (Walken) è invece un killer al soldo dei ricchi, ma sono entrambi innamorati della prostituta Ella (Huppert). Quello che sta per cominciare è una lotta tra ricchi e poveri che lascerà solo sconfitti. Colossale western scritto e diretto da Cimino, a due anni dal Cacciatore che lo consacrò, è uno dei più grandi fiaschi della storia del cinema. La United Artist spese 44 milioni di dollari per incassarne appena 1 e mezzo, segnando il proprio fallimento, Cimino fu ostracizzato dalle major, Kristofferson, attore in ascesa, distrusse la sua carriera.
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Nel Wyoming nel 1890 i ricchi proprietari terrieri decidono di mettere una taglia sui poveri ladri di bestiame. James Averill (Kristofferson), di origine agiata, si schiera con i poveri, Nathan Champion (Walken) è invece un killer al soldo dei ricchi, ma sono entrambi innamorati della prostituta Ella (Huppert). Quello che sta per cominciare è una lotta tra ricchi e poveri che lascerà solo sconfitti. Colossale western scritto e diretto da Cimino, a due anni dal Cacciatore che lo consacrò, è uno dei più grandi fiaschi della storia del cinema. La United Artist spese 44 milioni di dollari per incassarne appena 1 e mezzo, segnando il proprio fallimento, Cimino fu ostracizzato dalle major, Kristofferson, attore in ascesa, distrusse la sua carriera. La critica stroncò il film senza pietà e il pubblico non fu più buono nei confronti di un’opera che è innanzitutto una grande critica all’America e al sogno americano. Siamo lontani da John Ford e Howard Hawks, come anche da Leone e per certi versi da Peckinpah: Cimino realizza un film unico, complesso, ambiziosissimo e fluviale nella durata. Ed è qui che i problemi cominciano: il regista girò infatti un film da circa 325’, durata chiaramente inadatta per la sala cinematografica, che fu poi quindi costretto a ridurre di oltre metà del minutaggio per giungere al montaggio finale di 149’, troppo pochi! I cancelli del cielo è un film invalutabile in quanto è mutilato di oltre metà del suo corpo filmico. Sarebbe come se Leonardo dopo aver finito la Gioconda l’avesse segata in due: si può vederla e apprezzarla anche a metà, ma manca qualcosa. Anzi, forse più di qualcosa. È un’opera “incoerente” nel suo essere tagliuzzata e straziata. È inutile perciò tentare di sintetizzare un giudizio: mancano troppi elementi per farlo. Comunque il fascino di certe sequenze è indubbio, la fotografia di Vilmos Zsigmond magnifica e alcune trovate possono anche essere brillanti. Ma non basta questo a rendere il film il capolavoro che forse sarebbe stato. Di rado oggigiorno circola in una versione rimontata di 219’, ma è praticamente introvabile.
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minnie
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domenica 7 settembre 2014
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il sogno americano in frantumi
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7/9/2014
Ho visto "I cancelli del cielo" l'altra notte su Raimovie: una visione scioccanteper molti versi; a un certo punto il film ricomincia e poi, proprio quando sta per finire, fanno il telegiornale, io mi allontano un attimo e quando ritorno il film è finito! Non vale: tra pubblicità e ricominciamenti (ma il film è così?) , mi sono persa il finale e adesso chissà quando lo rifaranno. Si tratta di un film grandioso: non capisco perché sia tanto criticato, è un film sicuramente degno del Cacciatore. E tra l'altro mette in mostra un aspetto della storia americana decisamente trascurato: il celebrato melting pot, forse sarà stato valido a New York (ma nemmeno, basta vedere "C'era un volta in America"), ma certo non nelle distese degli allevatori di bufali, crudeli e responsabili di un genocidio (125 immigrati slavi da eliminare a colpi di fucile, fatto realmente accaduto nel 1890) rimasto per molti anni e per la gran parte dell'opinione pubblica segreto e poco noto.
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7/9/2014
Ho visto "I cancelli del cielo" l'altra notte su Raimovie: una visione scioccanteper molti versi; a un certo punto il film ricomincia e poi, proprio quando sta per finire, fanno il telegiornale, io mi allontano un attimo e quando ritorno il film è finito! Non vale: tra pubblicità e ricominciamenti (ma il film è così?) , mi sono persa il finale e adesso chissà quando lo rifaranno. Si tratta di un film grandioso: non capisco perché sia tanto criticato, è un film sicuramente degno del Cacciatore. E tra l'altro mette in mostra un aspetto della storia americana decisamente trascurato: il celebrato melting pot, forse sarà stato valido a New York (ma nemmeno, basta vedere "C'era un volta in America"), ma certo non nelle distese degli allevatori di bufali, crudeli e responsabili di un genocidio (125 immigrati slavi da eliminare a colpi di fucile, fatto realmente accaduto nel 1890) rimasto per molti anni e per la gran parte dell'opinione pubblica segreto e poco noto...sfido che nell'era reaganiana questo film abbia disturbato l'establishment: dopo gli indiani i bravi americani ci diedero sotto anche con gli immigrati e il sogno americano andò a farsi benedire...firmato Cimino, anche lui un immigrato da generazioni, come del resto tutti gli americani. Cimino evidenzia qui il peccato originale della grande nazione, dove spesso il diritto del più forte ha il sopravvento sulla forza del diritto (e non a caso tutto comincia a Harvard), un marchio di violenza che purtroppo continua ancor oggi, a dispetto dei premi Nobel della pace. Un gran film, tecnicamente poi stupendo. E non pensavo che la Huppert, sempre vista in ambienti borghesi, cavalcasse con tanta spericolatezza...Che dire poi del protagonista? L'erede vero di tanti sceriffi di buon senso, sempre impeccabili (vedi Mezzogiorno di fuoco con Gary Cooper), purtroppo perdenti di fronte alla violenza imperante dell'impero! la scena iniziale del valzer a velocità vorticosa è davvero da gran cinema! Michael Cimino, che genio!
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