tiamaster
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martedì 29 maggio 2012
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il capolavoro di bergman
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Il settimo sigillo....probabilmente non esiste un film più bello,struggente e angosciante sul tema del rapporto tra l'uomo e la morte.Con questo CAPOLAVORO ingmar bergman non solo si afferma come uno dei più grandi registi di sempre,che ha regalato al mondo decine e decine di capolavori intramontabili,ma scrive la storia del cinema,creando più di un film,un opera d'arte.Ingmar bergman racconta questa grandissima storia in modo mai superficiale,con tale forza da riuscire a far pensare lo spettatore ancora oggi,a 56 anni dalla sua uscita.Infatti le opere d'arte non invecchiano mai,e il settimo sigillo è efficace come allora,non meno angosciante,non meno universale e potente.
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Il settimo sigillo....probabilmente non esiste un film più bello,struggente e angosciante sul tema del rapporto tra l'uomo e la morte.Con questo CAPOLAVORO ingmar bergman non solo si afferma come uno dei più grandi registi di sempre,che ha regalato al mondo decine e decine di capolavori intramontabili,ma scrive la storia del cinema,creando più di un film,un opera d'arte.Ingmar bergman racconta questa grandissima storia in modo mai superficiale,con tale forza da riuscire a far pensare lo spettatore ancora oggi,a 56 anni dalla sua uscita.Infatti le opere d'arte non invecchiano mai,e il settimo sigillo è efficace come allora,non meno angosciante,non meno universale e potente.più che da vedere DA VIVERE.Grandissima la fotografia,grandissima la regia e grandissimo Max Von Sydow.Straordinario.
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lucaguar
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domenica 26 maggio 2013
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la spiritualità umana raccontata con le immagini
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Definire "Il settimo sigillo" un capolavoro è perfino riduttivo.
In questa pellicola del 1957 il geniale e taciturno Bergman riesce magistralmente a descrivere e ad esprimere i tumulti e i tormenti che l'animo umano da sempre si trova ad affrontare:la ricerca di Dio, la paura della morte, il senso e lo scopo delle fatiche della vita. Il cineasta svedese (che qui, a mio parere,tocca il punto più alto della sua carriera) entusiasma grazie ad un'atmosfera tutta particolare che aleggia sul film: un'atmosfera di mistero e di cupezza,trasmessa grazie ad una ambientazione medievale(epoca ideale quella del Medioevo per rappresentare il cupo,l'arcano e il misterioso) che immerge e coinvolge inevitabilmente lo spettatore nel vortice di domande e di dubbi esistenziali che stradafacendo si pone il cavaliere crociato Antonius Block (eccezionale Max Von Sydow),che rappresenta ogni uomo in ogni tempo.
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Definire "Il settimo sigillo" un capolavoro è perfino riduttivo.
In questa pellicola del 1957 il geniale e taciturno Bergman riesce magistralmente a descrivere e ad esprimere i tumulti e i tormenti che l'animo umano da sempre si trova ad affrontare:la ricerca di Dio, la paura della morte, il senso e lo scopo delle fatiche della vita. Il cineasta svedese (che qui, a mio parere,tocca il punto più alto della sua carriera) entusiasma grazie ad un'atmosfera tutta particolare che aleggia sul film: un'atmosfera di mistero e di cupezza,trasmessa grazie ad una ambientazione medievale(epoca ideale quella del Medioevo per rappresentare il cupo,l'arcano e il misterioso) che immerge e coinvolge inevitabilmente lo spettatore nel vortice di domande e di dubbi esistenziali che stradafacendo si pone il cavaliere crociato Antonius Block (eccezionale Max Von Sydow),che rappresenta ogni uomo in ogni tempo.
La straordinaria fotografia in bianco e nero di Gunnar Fischer fa da splendido contorno ad una magistrale scelta dei personaggi, tra i quali troviamo, oltre al tormentato ed introspettivo crociato Antonius, anche il suo cinico e nichilista scudiero Jons e ovviamente la Morte,rappresentata da Bergman in modo semplice ma perfetto attraverso l'ottima interpretazione di Bengt Ekerot.Ogni personaggio è una gemma incastonata in una miniera di emozioni, dubbi e mancate risposte, che però culminano, alla fine del film, con una sensazione: Bergman attraverso la "danza macabra della Morte"della scena finale vuol forse far capire che i nostri dubbi rimarranno sempre tali e che l'unica soluzione al mistero della vita è quella dell'accettazione serena della Morte quale realtà immutabile,un passaggio necessario ma non necessariamente doloroso e disperato.
Insomma un film che per profondità delle tematiche trattate,fotografia ed efficacia nel trasmettere interesse su temi così importanti forse non ha eguali nella storia del cinema.
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aristoteles
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lunedì 3 agosto 2015
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scacco matto
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Poetico ,intenso , drammatico,emozionante.
La vita e la morte ,fragole appena raccolte e una partita a scacchi.
L'inevitabile si puo' rimandare ma non per sempre.
Tutto il film e' un'immensa opera teatrale, e forse l'unico appunto che si puo' fare e' che, in quanto tale, il ritmo dei dialoghi e dell'azione e' molto lento.
Meravigliosi i volti e le interpretazioni dei due protagonisti principali:il cavaliere e la morte.
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byrne
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sabato 9 novembre 2013
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ricordi di un altro cinema
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Verboso, ridondante e macchinoso, il film più noto all'estero dell'immenso regista scandinavo si ispira ad una sua propria pièce teatrale per portare sullo schermo un bagaglio di inquietudini, timore e impressioni in grado di spaventare il più incallito dei cinici. Con la sua particolarissima messinscena in continua imitazione e straordinaria travalicazione dei modus operandi dell'arte pittorica, narra la storia di un Crociato che, di ritorno da una guerra di cui sappiamo ben poco, avendo persa la ragione di vita incontra la Morte in persona che, su una spiaggia tormentata da onde feroci, sarà da lui impunentemente sfidata a scacchi, nella scena forse più celebrata della storia del cinema.
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Verboso, ridondante e macchinoso, il film più noto all'estero dell'immenso regista scandinavo si ispira ad una sua propria pièce teatrale per portare sullo schermo un bagaglio di inquietudini, timore e impressioni in grado di spaventare il più incallito dei cinici. Con la sua particolarissima messinscena in continua imitazione e straordinaria travalicazione dei modus operandi dell'arte pittorica, narra la storia di un Crociato che, di ritorno da una guerra di cui sappiamo ben poco, avendo persa la ragione di vita incontra la Morte in persona che, su una spiaggia tormentata da onde feroci, sarà da lui impunentemente sfidata a scacchi, nella scena forse più celebrata della storia del cinema. La partita durerà a lungo..
Allegorìa solenne e perentoria sulla ricerca della pace e della divinità. Come in un Dante in celluloide, al più tremendo dei drammi psicologici si affiancano pungenti stoccate satiriche in un cammino attraverso le tenebre in cui il protagonista, etereo fantasma in cotta di maglia interpretato da un Max Von Sydow pressochè perfetto, troverà la sua ragione e la sua fede in una felice e pezzente famiglia di dolcissimi artisti circensi. Per quanto riguarda le riprese e il lato visivo, Bergman ha gettato nel mare del cinema un monolite di forza vertiginosa ed autorità inamovibile. La bella fotografia in bianco e nero, tutta giocata su contrasti tra bianchi abbacinanti e neri cupissimi, serve su un piatto d'argento alcune delle sequenze più memorabili e strazianti che si ricordino. La partita a scacchi, ma anche la processione di fustigati, lo spettacolino degli artisti, l'allucinante corteo di morti della scena finale. Il montaggio è insolitamente fresco e moderno, l'ispirazione poetica innegabile. Con tutte le sue pecche, merita indubbiamente la gran fama che lo circonda. Grande film.
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dario fireman
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giovedì 30 gennaio 2014
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tanto inquietante quanto inevitabile
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Il cavaliere Antonius Blok incontra la morte e la sfida. Cerca di evitarla, allontanandola tramandole contro e sfidandola in una partita a scacchi dove lei diceva di essere imbattibile. Alla fine il protagonista, cavaliere che non crede in Dio ed ha fatto dell'egoismo uno dei suoi punti di forza nella vita, si rende conto di non poter aggirare la morte e farà in modo di sacrificare se stesso, piuttosto che l'allegra famigliuola incontrata sul suo percorso. Tutte le scene e tutti i personaggi hanno un significato. Rappresentano i silenzi dell'uomo, i suoi malesseri, la sua pochezza, la sua fede, le sue paure. Bergman riflette molto probabilmente la sua figura nel protagonista, da uomo laico che si interroga sulla presenza di Dio e sull'impossibilità di di coglierlo con la propria mente.
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Il cavaliere Antonius Blok incontra la morte e la sfida. Cerca di evitarla, allontanandola tramandole contro e sfidandola in una partita a scacchi dove lei diceva di essere imbattibile. Alla fine il protagonista, cavaliere che non crede in Dio ed ha fatto dell'egoismo uno dei suoi punti di forza nella vita, si rende conto di non poter aggirare la morte e farà in modo di sacrificare se stesso, piuttosto che l'allegra famigliuola incontrata sul suo percorso. Tutte le scene e tutti i personaggi hanno un significato. Rappresentano i silenzi dell'uomo, i suoi malesseri, la sua pochezza, la sua fede, le sue paure. Bergman riflette molto probabilmente la sua figura nel protagonista, da uomo laico che si interroga sulla presenza di Dio e sull'impossibilità di di coglierlo con la propria mente. Il cavaliere sentirà il desiderio di salvare da una morte precoce la famiglia di saltimbanchi., l'unica senza particolari macchie o cattiverie verso il prossimo. Per tutti gli altri non ci sarà nulla da fare (epica la scena del taglio dell'albero da parte della morte, che fa presagire ad un gran finale). Verranno portati via tutti insieme dalla morte, con Antonius in testa, La morte, che lo ha beffardamente atteso e riusciva a scoprire i suoi pensieri, le sue mosse, le sue paure, non gli darà scampo. Magnifica interpretazione di Max Von Sydow e di Bergt Ekerot (nei panni della morte), che in una delle frasi più significative risponde alla domanda del cavaliere, riguardo segreti da svelargli in punto di morte. Lei risponde che non ha segreti da svelare. Perchè? "Non gli serve sapere". Monumento del cinema, capolavoro assoluto
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antonio tramontano
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sabato 28 febbraio 2015
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gli enigmi universali della condizione umana
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Siamo in pieno Medioevo. Il cavaliere Antonius Block al ritorno dalle Crociate incontra la Morte. Ella gli si presenta bianca e vestita di nero, scaltra e riservata, annunciandogli che la sua ora è giunta. Antonius ha perso la propria fede, è ossessionato da quesiti a cui il mondo risponde soltanto con il silenzio, domande che rivolge alla stessa Morte affinché gli
sveli i propri segreti. Ma l’unica ricompensa che ella può offrire al coscienzioso cavaliere è una sfida, e ciò si concretizza nella celebre partita a scacchi con la quale il momento temuto potrà essere, tramite una vittoria, solo rinviato.
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Siamo in pieno Medioevo. Il cavaliere Antonius Block al ritorno dalle Crociate incontra la Morte. Ella gli si presenta bianca e vestita di nero, scaltra e riservata, annunciandogli che la sua ora è giunta. Antonius ha perso la propria fede, è ossessionato da quesiti a cui il mondo risponde soltanto con il silenzio, domande che rivolge alla stessa Morte affinché gli
sveli i propri segreti. Ma l’unica ricompensa che ella può offrire al coscienzioso cavaliere è una sfida, e ciò si concretizza nella celebre partita a scacchi con la quale il momento temuto potrà essere, tramite una vittoria, solo rinviato. Questo l’incipit di uno tra i più grandi capolavori della settima arte firmato dal maestro svedese, un filosofo e drammaturgo che ha fatto del cinema il luogo in cui esternare la sua visione della condizione umana. Il film in questione, come molti altri della sua lunga filmografia, presenta temi come la solitudine dell’uomo, la ricerca di senso, la reazione agli eventi traumatici che la vita ci pone di fronte. Non manca un’intelligente ironia (qui rappresentata dal personaggio dello scudiero Jons) e una speranza esclusivamente terrena che trova risposta nell’amore, quello espresso da una famiglia di saltimbanchi, la cui bellezza è di ostacolo alla morte. Risposta tutta umana all’assenza di un Dio.
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renato c.
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domenica 31 ottobre 2010
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bergman alla ricerca di dio
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Non è facile recensire un film di Bergman specialmente per uno più di gusti hollywoodiani che da cinama d'essai, comunque lo trovo veramente un ottimo film, bello nel suo bianco e nero che sembra di una vecchia pellicola con difetti delle vecchie sale d'oratorio di un tempo, ma che rende bene il suo effetto! Debbo comunque dire che, a mio parere, il personaggio più affascinante è "la morte", magistralmente interpretata da Bengt Ekerot! Va dallo sguardo freddo e terribile come appare nella locandina e quando dice "La prossima volta che ci incontreremo sarà giunta la tua ultima ora, per te e per i tuoi compagni" al volto beffardo e quasi comico di quando fa morire il capocomico appolaiato su un albero e arriva con un sorriso ironico con una sega in mano e si mette a tagliare il tronco! Del resto il film alterna momenti altamente drammatici a momenti di humor.
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Non è facile recensire un film di Bergman specialmente per uno più di gusti hollywoodiani che da cinama d'essai, comunque lo trovo veramente un ottimo film, bello nel suo bianco e nero che sembra di una vecchia pellicola con difetti delle vecchie sale d'oratorio di un tempo, ma che rende bene il suo effetto! Debbo comunque dire che, a mio parere, il personaggio più affascinante è "la morte", magistralmente interpretata da Bengt Ekerot! Va dallo sguardo freddo e terribile come appare nella locandina e quando dice "La prossima volta che ci incontreremo sarà giunta la tua ultima ora, per te e per i tuoi compagni" al volto beffardo e quasi comico di quando fa morire il capocomico appolaiato su un albero e arriva con un sorriso ironico con una sega in mano e si mette a tagliare il tronco! Del resto il film alterna momenti altamente drammatici a momenti di humor. Subdola poi quando si traveste da monaco confessore per carpire le mosse del cavaliere alla partita a scacchi. Gli altri sono tutti ottimi personaggi: dal cavaliere Antonius Block che rimugina nei suoi dubbi sull'esistenza di Dio, al suo scuduero che si ribella alla mentalità del tempo! Dalla famiglia perfetta dei due comici (stupendamente bella Bibi Andersson!), al maniscalco con la moglie fedifraga, pronta poi, falsamente, a chiedere perdono in ginocchio! Altro personaggio particolare è la presunta strega, distrutta fisicamente e psicologicamente dai sui inquisitori, ma che pronta a dire "Vuoi vedere il diavolo? Guarda nei miei occhi!" quindi, nonostante la paura, non nega le accuse che le sono state fatte! Bellissima la risposta del cavaliere "Vorrei parlare col diavolo per incontrare Dio! Nessuno può conoscerlo meglia di lui!" Ed è questo binomio bene-male che continua a perseguitare i problemi del mondo! In barba a certi moderni teologi (almeno così si fanno chiamare!) che negano l'esistenza del diavolo come persona dicendo che il male arriva tutto dall'egoismo dell'uomo! Bella roba! L'uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio sarebbe, secondo loro, all'origine di tutti i mali! Meglio che tornino a seguire bene le Sacre Scritture che, come viene detto in ogni Santa Messa sono "Parola di Dio"!
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luca scial�
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lunedì 5 agosto 2013
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la cupezza del medioevo, tra ansie e paure
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Antonius Blok è un cavaliere che torna dalla Crociata stanco e deluso, insieme al suo scudiero. S'imbatte in un villaggio dove la peste dilaga. Timoroso della morte, decide di sfidarla a scacchi. Durante la partita s'imbatte in vari personaggi, tra cui una coppia di attori che gli infondono nuova fiducia nel prossimo. Ma la morte e la cupezza la fanno sempre da padrona.
Uno dei lungometraggi più conosciuti e rappresentativi del cinema di Bergman. Cupo, oscuro, qui la Morte si manifesta nella propria totalità e filosofia. Non è un pericolo nascosto ma una certezza con la quale fare i conti. Il regista svedese ben dipinge quanto si respirava nel Medioevo, tra fanatismo religioso, peste e costante paura dell'aldilà.
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Antonius Blok è un cavaliere che torna dalla Crociata stanco e deluso, insieme al suo scudiero. S'imbatte in un villaggio dove la peste dilaga. Timoroso della morte, decide di sfidarla a scacchi. Durante la partita s'imbatte in vari personaggi, tra cui una coppia di attori che gli infondono nuova fiducia nel prossimo. Ma la morte e la cupezza la fanno sempre da padrona.
Uno dei lungometraggi più conosciuti e rappresentativi del cinema di Bergman. Cupo, oscuro, qui la Morte si manifesta nella propria totalità e filosofia. Non è un pericolo nascosto ma una certezza con la quale fare i conti. Il regista svedese ben dipinge quanto si respirava nel Medioevo, tra fanatismo religioso, peste e costante paura dell'aldilà.
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oblivion7is
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lunedì 29 agosto 2011
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innanzitutto una poesia sulla morte, e poi un film
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Cos'è la morte? È l'unica certezza che si ha della vita. Ma se si vive per morire, come fa ad esistere un Dio, come fa ad essere così crudele? E non esistendo Dio non esiste nemmeno la vita dopo la morte, che già non avrebbe scopo: se vivere serve a morire cosa serve un'altra vita dopo di essa nella quale non si muore? E qui possono nascere riflessioni filosofiche religiose che durano millenni. Ed è proprio per questo che Il Settimo Sigillo è un film così bello! Perché fa ragionare tanto, dice poche semplici cose che però ne rivelano tante e complesse dalle quali ne nascono tante altre ancora sulle quali si può parlare all'infinito tirando fuori la morte, l'amore, la vita, la religione.
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Cos'è la morte? È l'unica certezza che si ha della vita. Ma se si vive per morire, come fa ad esistere un Dio, come fa ad essere così crudele? E non esistendo Dio non esiste nemmeno la vita dopo la morte, che già non avrebbe scopo: se vivere serve a morire cosa serve un'altra vita dopo di essa nella quale non si muore? E qui possono nascere riflessioni filosofiche religiose che durano millenni. Ed è proprio per questo che Il Settimo Sigillo è un film così bello! Perché fa ragionare tanto, dice poche semplici cose che però ne rivelano tante e complesse dalle quali ne nascono tante altre ancora sulle quali si può parlare all'infinito tirando fuori la morte, l'amore, la vita, la religione. Antireligioso fino al midollo, questo diciassettesimo (su oltre 40, senza contare quelli minori e quelli per la TV) film di Bergman ci mostra un pessimismo lucido e a tratti quasi leggera, tant'è che ci propina delle scene comiche che sfiorano l'esilarante, in particolare quella del maniscalco che becca Jonas con sua moglie mentre in sottofondo Jöns anticipa tutte le loro mosse e battute. Ma le scene più cupe e cattive sono dietro l'angolo, che aspettano ad attaccare lo spettatore al divano e a fargli pensare "Meno di 5 minuti di fa ridevo, ma adesso mi chiedo... perché?" (situazione che si trova, tra l'altro, nella scena prima descritta). Un cavaliere appena tornato dalle Crociate, mentre torna a casa con scudiero e un gruppo di saltimbanchi, deve contrattare con la Morte la sua vita, tramite una partita a scacchi. Il protagonista perde di proposito per salvare i saltimbanchi, ma in compenso la Morte porta fuori sia lui che il suo scudiero, la moglie e altri tre tra conoscenti e amici che lo accompagnavano nel viaggio. Pieno di scene memorabili che hanno fatto la storia del cinema (molte parodiate nel cereberrimo "Sacro Graal" dei Monty Python), tra le quali una che è stata citata in molteplici film, ovvero quella della ragazza fintamente indemoniata che, mentre viene bruciata, viene apostrofata da Jöns, non credente, che, rivolgendosi al protagonista, dice "Guarda i suoi occhi. Sono vuoti, come Dio" e cose simili (tra i film che l'hanno citato nomino l'horror-drama "Martyrs" di Pascal Laugier del 2008, dove un'associazione crudele tortura vittime casuali fino a far loro sfiorare la morte per poi cercare di vedere nei loro occhi - "È stata torturata per tre mesi, guardi i suoi occhi. Lei, 1914, è stata torturata dai nazisti dopo essere andata a letto con un ebreo. Guardi i suoi occhi!" - se si può capire dov'è l'aldilà). Le riflessioni poi sono un sacco e potrebbero prendere l'intera recensione, quindi passo alla tecnica. La regia è molto bella, la sceneggiatura è azzeccata e, ovviamente, la fotografia è il punto forte. Premetto che di Bergman per ora conosco solo questo e "Sussurri e grida" (i suoi due film più famosi oltre che a "Il Posto delle Fragole"?), quindi non posso giudicare benissimo. Però urlo comunque al capolavoro. Nella top 50 di ogni appassionato che si rispetti.
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[+] non so perché non c'è un voto
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claudus
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martedì 11 agosto 2009
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la morte senza sigilli e' maltrattata !
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Una fotografia strabiliante ( questa si davvero meritevole )e un bianco e nero meraviglioso.
Dal punto di vista strettamente formale è un film con alcuni passaggi perfetti,oltre che particolare,c'è chi paragona i primi piani dei volti ai ritratti di Durer,forse perchè Piera Detassis l'aveva fatto notare,a torto.
Queste sono invece iconografie di tipo Mantegnano o ricordano piuttosto un Piero della Francesca.
La Detassis citava Durer perchè è l'unico pittore di ritratti di cui ha memoria.
A parte questo, resta la delusione profonda per chi gioca con i saltimbanchi sul filo dell'abisso dopo che di saltimbanchi avevano parlato Picasso e Rilke,pertanto non si può non sentire questo confronto impossibile.
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Una fotografia strabiliante ( questa si davvero meritevole )e un bianco e nero meraviglioso.
Dal punto di vista strettamente formale è un film con alcuni passaggi perfetti,oltre che particolare,c'è chi paragona i primi piani dei volti ai ritratti di Durer,forse perchè Piera Detassis l'aveva fatto notare,a torto.
Queste sono invece iconografie di tipo Mantegnano o ricordano piuttosto un Piero della Francesca.
La Detassis citava Durer perchè è l'unico pittore di ritratti di cui ha memoria.
A parte questo, resta la delusione profonda per chi gioca con i saltimbanchi sul filo dell'abisso dopo che di saltimbanchi avevano parlato Picasso e Rilke,pertanto non si può non sentire questo confronto impossibile.
Anzitutto è discreta la lirica ,i dialoghi, specie quello confessionale con la morte sono alti,i tagli dei primi piani affascinanti.
Alla fine del film, quando il gruppo si gira e vede in fondo alla sala la morte quella sì è un'immagine pittorica,ma ricorda ,per contrasto, " la vocazione di San Matteo" di Caravaggio,qui,certo, in bianco e nero,ma l'uso della luce è identico.
E' difficile fare un film come questo senza farlo morire, soprattutto quando i dialoghi vogliono farsi così fastosamente abbondanti ,per il cinema questo risultato è fin troppo alto.
Forse sì,bisognava far morire il film,per disperazione di non rendere la morte.
Il cinema non può fare poesia in questo modo,nè tantomeno musica.
Del resto Bergman dice che " la musica è l'arte più vicina al cinema ", affermazione questa,dal punto di vista filosofico prossima all'eresia,semmai è il suo opposto,il finire stesso di ogni immagine ne squalifica il parallelo.
E' proprio il non-vedere della musica,aldilà di ciò che ci fa immaginare,a rendere infinita la musica,il cinema nel momento in cui mostra diventa il contrario della musica uscendo dalla sua possibilità di infinito.
Ma il film mi ha dato qualcosa che non sapevo,anzi, mi ha offerto,credo, una scoperta:
Ho potuto vedere dove George Lucas ,credo,si sia ispirato per Anakin Skywalker e per l'imperatore Sith:
proprio con i volti della morte di questo film: il volto è identico: quando vediamo Anakin finalmente senza maschera ne : "Il ritorno dello jedi" ci specchiamo nel volto della morte scelto da Bergman,analogamente quando la morte è di profilo, incappucciata, sembra l'imperatore , quello che vediamo sempre nel VI° capitolo della saga.
Ma qui sì stiamo parlando di un capolavoro.
P:S - A chi viene attacato per idee differenti dalla banalità sensitiva del gruppo di ammiratori consiglio,per questo film (specie ai più ignoranti) di rispondere seraficamente con un lapidario: " Non mi serve sapere ".
Saranno tutti felici di aver parlato con la morte.
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