
Un'opera problematica che conferma il grande genio dell'autore. Uno dei film scelti dalla retrospettiva curata dal Festival di Locarno.
di Giancarlo Zappoli
Un film di Douglas Sirk riesce a essere personale anche quando tutto (o quasi) lavora contro. Perché la sceneggiatura era nata sotto i migliori auspici. L'aveva scritta Samuel Fuller e Sirk l'aveva immediatamente accettata. La produzione però pensò bene di chiedere ad Helen Deutsch di rivederla.
Costei acquisì anche ulteriore potere in materia divenendo coproduttrice. A Sirk era piaciuto il personaggio di Marat. Un poliziotto che per amore mette in crisi tutto quanto aveva acquisito sino allora. Al punto di ritrovarsi in uno scontro a fuoco con un collega quindi con una condizione interiore completamente mutata. C'erano anche dei legami con degli spettacoli teatrali visti dal regista in Germania.
Purtroppo tutto questo venne vanificato dalla Deutsch che si prese anche l'incarico di modificare il finale con l'happy ending che si può vedere con un certo compatimento. Nonostante ciò Sirk realizza un film che spingerà Richard Hamilton a realizzare dei quadri da alcuni frame del film. Perché nonostante i non pochi problemi di sceneggiatura Sirk riesce a valorizzare.