Eva

Bo sta ritornando in famiglia dopo il servizio militare quando un episodio dell'infanzia gli torna alla mente: dodicenne, dopo la fuga da casa, si unisce ad un gruppo di saltimbanchi e conosce la figlia cieca di uno di loro provocandone accidentalmente la morte. Adulto, lo vediamo stringere un rapporto d'amore con Eva e poi andare a vivere in città in un piccolo appartamento insieme ad una coppia di amici. In fuga su un'isola, Bo e Eva aspettano un bambino.
Nel 1948, stesso anno di Città portuale, suo quarto film da regista, Ingmar Bergman è incaricato dalla Svensk Filmindustri di scrivere un'ulteriore sceneggiatura, dopo La furia del peccato, per Gustaf Molander. Con il senno di poi, Eva appare più legato alla sensibilità giovanile del futuro autore di Il settimo sigillo che al sicuro mestiere di Molander, cineasta influente e di pregio, firmatario di una serie di titoli interpretati da una Ingrid Bergman ancora in patria. I temi del primo periodo del maestro svedese ci sono tutti: dal rapporto conflittuale con il padre alla voglia di fuga, dalla fascinazione per gli artisti di strada fino alla decisione di andare a vivere su un'isola come in Monica e il desiderio. Storia di un trauma antico e delle sue terribili conseguenze nella vita di un uomo, il film si impregna di disperazione dopo un prologo che sembra quasi vertere sui toni della commedia con l'atteso ritorno di Bo a casa. Dal flashback dell'incidente della bambina cieca, Molander incupisce i toni mediante la sottolineatura di situazioni in cui il protagonista viene a contatto con il concetto di morte, come nella visita allo zio di Eva o nell'incubo, tipicamente bergmaniano, dell'uccisione dell'amico Göran. Tra pendoli di orologi che segnano l'ineluttabile avvicinarsi della fine e un'insensatezza dell'esistere rappresentata da una vita cittadina fatta di sbornie e insicurezze, la fuga da tutto sembra essere l'unica via d'uscita. Ma anche sull'isola la morte arriverà sotto la forma del cadavere di un soldato portato dalla marea, un ragazzo della stessa età di Bo che non ha alcuna colpa specifica se non quella di essere stato messo al mondo. Stringendo sul nodo tragico, la storia si scioglie con la nascita di un bambino visto come salvezza, futuro uomo come Bo che dovrà attraversare la sofferenza per comprendere l'importanza dell'esistenza. Generalmente sicuro a livello stilistico, nonostante la ridondante successione di immagini durante la traversata verso la casa della levatrice a spiegare il malessere del protagonista, Eva è un film importante per capire la forza della scrittura di un autore che di lì a poco si sarebbe imposto come nome fondamentale per il cinema mondiale. Tra gli attori si distingue, per impressione e sensualità, Eva Dahlbeck, tra le attrici più amate da Bergman. 