Michael

Film 2011 | Drammatico 94 min.

Regia di Markus Schleinzer. Un film con Michael Fuith, Christine Kain, Gisella Salcher, Ursula Strauss, Victor Tremmel. Genere Drammatico - Germania, Austria, 2011, durata 94 minuti. - MYmonetro 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento mercoledì 18 maggio 2011

Il film di Markus Schleinzer partecipa, in Concorso, al Festival di Cannes 2011. Il film ha ottenuto 1 candidatura agli European Film Awards,

Consigliato sì!
3,00/5
MYMOVIES 3,00
CRITICA
PUBBLICO 3,00
CONSIGLIATO SÌ
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Trailer
Michael: un 'mostro normale'.
Recensione di Giancarlo Zappoli
domenica 15 maggio 2011
Recensione di Giancarlo Zappoli
domenica 15 maggio 2011

Michael, 35 anni, lavora in una società assicurativa in cui è considerato un dipendente affidabile. Michael vive da solo in una villetta a schiera e incontra molto raramente la madre e la sorella a cui racconta di avere una compagna in Germania. Michael non ha una compagna oltre confine. Ha invece un bambino di 10 anni chiuso nello scantinato insonorizzato della sua abitazione che tiene prigioniero e di cui abusa sessualmente.
Markus Schleinzer, già collaboratore di Michael Haneke (e si vede), affronta nella sua opera prima un tema scabroso che avrebbe potuto indurlo a cadere in più di una trappola. Avrebbe potuto proporci un film ad effetto da mandare in onda in tv prima del consueto e narcisistico dibattito oppure realizzare una di quelle opere in cui il pedofilo non viene giustificato ma si finisce comunque con l'indagare, più che sul suo agire, sui traumi da lui subiti nell'infanzia. Schleinzer sceglie la strada della descrizione di un 'mostro normale'. Sembra un ossimoro ma è questa la realtà. Michael non è l'assolutamente diverso da noi di cui liberarsi con un'operazione di ablazione risolutiva. È invece uno come tanti, che viene invitato a una gita in montagna, che una collega va simpaticamente a trovare (dovrà ricredersi), che ottiene una promozione. Michael non è neanche un segregatore assoluto. Porta ogni tanto il suo prigioniero fuori quando è sicuro di non essere visto e di averlo sotto totale controllo. Lo nutre, lo fa giocare, lo 'possiede' nel senso più pieno e più aberrante del termine e il piccolo instaura con lui quel rapporto di dipendenza studiato dalla psicologia che fa sì che l'odio e lo sconforto vengano a tratti sostituiti da un barlume di fiducia.
Schleinzer pedina Michael mostrandolo, alla Arendt, nella quotidiana banalità del male. Al contempo riesce a coinvolgere lo spettatore rendendolo partecipe dell'esigenza di liberazione di un piccolo che (come ci ricorda un estratto di telegiornale) fa parte della schiera delle migliaia di bambini scomparsi nel nulla. Ci si ritrova così a pensare a strategie che ne possano favorire l'uscita da un carcere che ha un solo, onnipotente guardiano che decide anche del giorno e della notte. Nel finale sarà facile trovarsi a suggerire d'istinto una soluzione quasi che non di un film si tratti ma di un fatto reale che si è sviluppato dinanzi ai nostri occhi. Qualcuno parlerà di costruzione narrativa 'furba'. Noi parleremmo piuttosto di sensibile razionalità..

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