
Il racconto intimo di Pino Farinotti del compianto stilista che amava dire: “la vita è un film e i miei capi di abbigliamento sono i costumi”.
di Pino Farinotti
Lo dico senz’altro, questo è un racconto strettamente personale. Riguarda il mio rapporto con Giorgio Armani. Allo stilista devo una parte decisiva della mia vita, si chiama Daniela, mia moglie, che ha sfilato per lo stilista piacentino. Anni fa un mio amico, inserito in quel mondo, volle portarmi a una sfilata di Armani. Dico che non era davvero il mio genere, sono uno da jeans e maglione. Comunque andai. Ecco la sfilata, le indossatrici bellissime, professionali, con una in particolare che si muoveva oltre la professione, qualcosa in più. La indicai al mio amico e gli dissi “chi è? vorrei conoscerla.” “Lo credo, è la ragazza più bella di Milano”. Sembrava un modo di dire, ma Daniela lo era davvero. “Va bene. Ti dico che quella è la donna della mia vita”. La faccio brevissima, lo è diventata: famiglia e figlie e tutto il resto. E aggiungo: senza di lei non sarei io. In tutti i sensi.
Detto questo, grazie a Daniela ho incontrato Armani alcune volte. L’ultima abbastanza recente, in via Manzoni davanti a uno dei molti Spazi Armani. Camminava davanti a noi, Daniela gli andò vicino e gli toccò una spalla. Si abbracciarono e cominciarono a parlare. Lei presentò il marito ma “Giorgio” era più concentrato sulla sua ex indossatrice, mi sorrise e mi squadrò per qualche secondo.
Collaboravo allora con Libero e scrissi il pezzo. Qualche giorno dopo arrivò in redazione una lettera con una scatola. Era di Armani. Conteneva una borsa per Daniela e una giacca per me. Mi andava benissimo. Era bastato quel veloce sguardo per prendermi le misure.
Poco fa ho sentito della morte, Daniela, che era uscita, è rientrata e le ho dato la notizia. Si è subito commossa. E qualcosa di più.
Cosa posso aggiungere all’urto mediatico che si sta realizzando, più che legittimo.
Posso parlare di cinema, certo, ma anche lì mi metterò in coda. Comunque. Armani diceva “la vita è un film e i miei capi di abbigliamento sono i costumi”. E il cinema lo ha assediato. Ha “vestito” oltre duecento film. Starò agli indispensabili.
American Gigolò è evocato di getto. Richard Gere dedica davvero molto tempo all’abbigliamento, un vero canto in favore dello stilista. Si disse che Richard era diventato quel sex symbol proprio grazie agli abiti di Armani.
L’omologa femminile di Gere è stata Jessica Chastain, che nella parte di Anna Morales nel film Indagine a New York si veste “alla maschio” ma senza perdere femminilità. È stato uno dei mantra dello stilista.
Ancora: Gli intoccabili, che con i modelli malavitosi della Chicago anni trenta, indossati da attori non banali come Costner e De Niro, “armanizzò” l’America.
Quei bravi ragazzi: sempre con attenzione ai gangster di epoca successiva. Con la regia di un grande estimatore e amico di Armani, Martin Scorsese, che gli dedicato il film Made in Milan.
Lascio l’utente alla tivù.