
Uno sguardo sul domani, dopo la crisi, con la speranza che si riempiano presto i cinema.
di Samuele Rossi
Le sale cinematografiche sono chiuse. Un tema che lentamente con il passare dei mesi sembra essere scivolato verso un’accettabile nuova normalità. In Italia, come in Europa, per non parlare di buona parte del mondo, i cinema, multiplex o sale cittadine che siano, spesso anima di buona parte della vita di quartiere, sono consegnati all’impossibilità di assolvere al loro ruolo. È chiaro che l’emergenza sanitaria, oltre che la salute delle persone, siano primari e vadano collocati al di sopra di tutto. Ed il mio intervento non vuole eludere il fatto che sia probabilmente impossibile in questo momento aprire le sale e accordare la spesso difficile gestione economica degli esercenti con la complessa programmazione dei distributori.
Ma ciò nonostante colpisce il silenzio, a tratti presente anche in alcune istituzioni e segmenti economicamente rilevanti della nostra industria, che mi sembra avvolgere questa significativa assenza nella nostra vita, nonché primario passaggio della distribuzione cinematografica, quasi a suggerire tacitamente l’accettazione di un modello futuro dove la sala rappresenti un momento parallelo o addirittura un passaggio secondario o marginale.
Non posso dunque che scrivere nel tentativo, nel mio piccolo, di accendere una luce su un aspetto che è invece centrale, stimolando un dibattito che possa sostituire un silenzio che ritengo stia diventando anticamera di una strana normalità. Il concetto che va affermato è molto semplice: guardare film in streaming non rappresenta la normalità cinematografica, non puo’ esserla e non potrà mai esserla.
Fuori dai nostri confini il dibattito è intenso. Molti importanti registi sono in prima linea (basti pensare ai recenti interventi di Loach, Villeneuve e Nolan che rendono ancora più stonato il silenzio dei nostri registi più affermati). Lo streaming è un anello della distribuzione, consente un ulteriore passaggio nella vita di un prodotto audiovisivo; in questo momento di emergenza consente a tutti noi di vedere film che altrimenti non potrebbero essere visti o di vivere emozioni che diversamente sarebbero precluse.
Ma credo sia necessario essere chiari. Sento di doverlo alla mia passione, ai professionisti del nostro settore come agli spettatori, alla verità di un’arte che ho studiato con dedizione assoluta e la cui conoscenza mi ha, da sempre, confermato una sola cosa: la sala cinematografica è l’unico spazio dove sia realmente possibile fruire di un film al massimo delle sue potenzialità e nel rispetto della volontà di chi l’ha pensato, creato, realizzato. Su questo non possiamo, soprattutto noi che apparteniamo al settore cinematografico, avere tentennamenti, né creare equivoci, meno che mai alimentare abitudini che sono oggi una lieta e stimolante possibilità e un domani, come in precedenza, un passaggio all’interno della filiera distributiva del settore dell’audiovisivo, sicuramente non la normalità. Pensare anche minimamente il contrario è un atto lesivo della nostra professione.
La sala cinematografica rimane l’unico luogo da dove un film possa iniziare il proprio percorso e questo periodo è e rimane solo una parentesi che non puo’ in nessun modo intaccare il valore della sala, che non è solo artistico, ma anche economico e ancor di più sociale e culturale. Nella sala avviene l’incontro, la condivisione, la costruzione di una socialità dove l’opera d’arte o il prodotto d’intrattenimento mette in moto meccanismi di confronto, di reciproco scambio, di apertura e cre- scita dalla persona come della collettività. E a questo non solo il nostro presente, ma soprattutto il nuovo domani che ci aspetta, occorre guardare con convinzione assoluta. Per essere pronti, dopo questa crisi, a riempire di nuovo l’unico luogo dove il cinema si compie realmente: la sala.
Auguro a tutti un 2021 spettacolare e buon cinema (in sala) a tutti!
Samuele Rossi