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Quando il cinema non si limita a guardare

Piccolo fratello, un progetto di cinema umanitario di Fabio Ilacqua e Roberto Pelitti.
di Pino Farinotti

Cinema davvero utile

lunedì 9 giugno 2008 - Focus

Cinema davvero utile
A volte il cinema può essere utile, utile davvero. Succede raramente. La sua funzione è quella di raccontare guardando, rappresentare inventando. In questo caso il cinema diventa documento. Diventa indicazione tale da non aver bisogno di nessuna licenza di fiction. Perché non c'è fiction che possa aggiungere qualcosa alla vita, al dolore impossibili raccontati in questo documentario Ndugu Mdogo – Piccolo fratello.
I registi Fabio Ilacqua e Roberto Pelitti sono andati laggiù, in Kenya, non si sono limitati a guardare, hanno messo le mani dentro, e se le sono anche sporcate. Il film racchiude un'iniziativa benemerita, forse eroica, che ha coinvolto personaggi di tutto il mondo, che ci hanno messo del proprio. Estraggo solo qualche nome da una lista molto lunga: Nannini, Vanoni, Paoli, Dalla, Brilli, Pomodoro, Paladino, Mondadori. Martedì 3 giugno, al Teatro Franco Parenti, a Milano, il film è stato presentato. Un paio di relatori (Giammarco Elia, Anna Nenna), senza cravatta, facce stanche, lì quasi in prestito, pronti a ripartire verso cose serie, hanno raccontato la vicenda del e intorno al film. La platea, "qualificata" come si dice, ha ascoltato e poi visto, muta e commossa. È davvero un'opportunità, per MYmovies, in anteprima, per tutti, partecipare a questo programma umano.
Mi fermo qui. La "scheda", che segue, del film, è firmata da Fabio Ilacqua. Chi meglio di lui?

Piccolo fratello
Regia di Fabio Ilacqua e Roberto Pelitti. Con Padre Kizito Sesana, Boniface Okada Buluma, i bambini del 'Ndugu Mdogo Project'. Ricavato da una serie televisiva che ha documentato con cruda lucidità e dato trasparenza all'operato della NGO 'Koinonia', in Kenya, Piccolo Fratello è stato interamente girato a Nairobi nello spaventoso slum di Kibera, il più grande di tutta l'Africa sub-sahariana, dove un milione di persone e ottantamila orfani vivono in condizioni di estrema indigenza e degrado in un'area di soli due chilometri quadrati. Padre Kizito è un missionario comboniano che ha dedicato la sua vita al recupero di bambini di strada. Incarica Boniface - un ragazzo che in passato ha aiutato a riscattarsi dalla vita di strada e che è oggi il suo migliore collaboratore - di selezionare un gruppo di bambini senza famiglia da inserire in un nuovo progetto umanitario chiamato 'Ndugu Mdogo' Piccolo Fratello in kiswahili. Con costanza quotidiana, Boniface inizia a stabilire una relazione di fiducia coi primi venticinque, sottraendoli dal contesto di degrado in cui vivono accanto a giovani e adulti per i quali la realtà violenta della vita di strada è ormai un paradossale sinonimo di libertà. Ospitati temporaneamente in una casetta sul confine di Kibera, i bambini si affrancano dalla dipendenza della colla e ricostruiscono una propria identità: grazie al lavoro di uno staff di educatori, il gruppo ha finalmente la possibilità di accedere ad una vita dignitosa: lavarsi, mangiare con regolarità, dormire al sicuro, studiare e ristabilire corrette relazioni sociali e affettive. Fra di loro, però, Cristopher e Philip fanno fatica ad accettare le regole e l'impegno che questa nuova condizione gli impone e decidono di abbandonare il progetto. Mentre il primo sceglierà di restare definitivamente in strada, il secondo, tornato sulla sua decisione, rinuncerà alla 'falsa libertà' della vita randagia per continuare l'esperienza insieme ai compagni ed entrare con loro nella nuova struttura permanente che diventerà la loro casa. Elemento di particolarità nella realizzazione del film è stata la creazione della "Ndugu Mdogo Crew", una piccola troupe formata dagli autori con l'intento di allargare l'esperienza e condividere il proprio sguardo con otto giovani africani provenienti dalle stesse aree urbane di profondo degrado scelte per il set. Il gruppo ha collaborato alle riprese imparando – come nella tradizione africana – 'facendo', in una sorta di scuola del cinema di strada dove il suo apporto creativo e umano si è potuto esprimere come elemento di autenticità del film.

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