Probabilmente è il miglior film di un artigiano del cinema, che pure ci ha regalato cose interessanti come "Prima del tramonto" o il (Semi?)sconosciuto "Waking Life", ma anche
malriuscite come "Fast Food, Fast Nation". E' fin troppo banale ipotizzare che il regista stesso sia maturato, come -Forse- il padre dei ragazzini, o come sarebbe dovuto
crescere lo stesso Hawke nel ventennio intercorso nella trilogia che l'ha visto protagonista insieme alla Delpy.
Ed a proposito di tempo intercorso, è lecito- Sempre restando nel campo delle ipotesi- pensare che, per Linklater, l'ambizione di realizzare un film che documenti la crescita
pesasse almeno come quella di realizzare il suo "Film importante": o anche, che gli interessasse DOCUMENTARE, anno dopo anno, la sua crescita come artista -E, magari,
anche quella degli attori che hanno lavorato con lui- in un film che DOCUMENTA il percorso di un bambino durante la propria adolescenza.
Resta, però, da chidersi se "Boyhood" sia davvero il gioiellino di cui hanno parlato varie recensioni italiane. Il messaggio forse è moderatamente "Democratico", anche nel
senso politico statutinense -Ed ormai non solo- che ha assunto il termine, con genitori abbastanza permissivi e di vedute aperte, in un ambiente decisamente "Obamiano", che
però fissano dei paletti. La (filo) sofia del film, poi, viene a volte esplicitata -Appunto- tramite didatticismi che tenderebbero a formare il giovane, quali ad esempio le prediche -
Probabilmente meritate- sull'umiltà e sulle regole da seguire, o lo sfogo finale della madre. Ed il finale, dopo una storia che forse ha avuto la pretesa di trascinarsi troppo a
lungo, se in parte è molto intelligentemente amarostico -E non è il solo momento- rafforza ulteriormente il sospetto di una saggezza in pillole, anche un tantino piramidale:
in fondo è soprattutto la sorella, peraltro piuttosto antipatica, a lanciare antipatiche provocazioni: il protagonista, come già detto, si lascia -Meritatamente- tirare le orecchie, ma
non apporta nulla: ciò ha delle ricadute sul piano estetico, oltre che "Etico" -allora, forse, il messaggio così "Progressista" non è.
Il film, invece, tocca livelli più alti quando lascia -Più o meno- capire, col primo marito della Arquette, per esempio, o quando lancia mesaggi autenticamente provocatori, come
quello sui Beatles. Ma da qui a fare di "Boyhood" un classico...........
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